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Innovazione, Intelligenza artificiale, bisogni sociali insoddisfatti. Nota introduttiva
Al clamore con cui è esplosa la questione dell’Intelligenza artificiale nella prima metà del 2023 non si è accompagnata una altrettanto pro-fonda analisi della sua natura e della sua dinamica. Il dibattito pubblico è rimasto alla superficie del fenomeno, alla ricerca più di espressioni eclatanti e di effetto che di appropriate analisi e approfondimenti. Per contribuire a correggere questa distorsione «la Rivista delle Politiche Sociali» ha promosso il 14 giugno 2023 un seminario dedicato a Innovazione, Intelligenza artificiale, bisogni sociali insoddisfatti, alle cui relazioni fanno riferimento i testi che presentiamo in questo focus. [...]
Per un cambio di paradigma sulla povertà: i primi 10 anni dell’Alleanza
[...] nonostante i passi avanti fatti dalla politica, bisogna ancora continua-re a lavorare per un cambio di paradigma culturale affinché la difficoltà ad uscire dal recinto del bisogno non venga ridotta solo ad un problema economico, di assenza di lavoro o, peggio ancora, di inve-stimenti sulle poste di bilancio dello Stato e delle sue articolazioni territoriali. Per questo cambiamento di visione occorre una riflessione lucida e lungimirante sulla povertà, che voglia essere d’ispirazione e d’indirizzo per politiche che siano davvero capaci di contrastarla. Di qui l’esigenza di continuare a produrre idee e proposte che sappiano difendere i principi non negoziabili come quello universalistico, da sempre a fondamento dell’iniziativa originaria dell’Alleanza, e far leva sui processi di capacitazione delle persone in difficoltà.
Una strategia per rafforzare il coinvolgimento dei lavoratori e consentire loro di creare un uso sostenibile dell'Intelligenza artificiale
L’intelligenza artificiale (IA) è una tecnologia statistico-algoritmica lontana dai processi intuitivi e coscienti propri dell’intelligenza umana. È, però, uno strumento potente che, se guidato esclusivamente dalla logica del profitto, è destinato a produrre danni gravissimi. È giusto, quindi, battersi per fargli cambiare strada, ma non si può restare indietro nell’uso di una tecnologia così innovativa. [...]
Bambini, adolescenti e giovani: quali bisogni e quali sfide. Nota introduttiva
Parafrasando un noto (e bel) film dei fratelli Cohen, l’Italia non solo non è un paese per vecchi, ma neanche per bambini, adolescenti, giovani e madri che lavorano. Lo è stata a lungo, ma da alcuni decenni il nostro paese si è inceppato. Da questo punto di vista, il cahier de doléances è relativamente lungo e preoccupante. Vi è innanzitutto un serio problema di denatalità. In Italia esiste un di-vario, fra i più ampi nei paesi occidentali, tra numero di figli desiderato, che rimane attorno a due, e numero effettivamente realizzato, che attualmente si attesta a 1,25. La denatalità in Italia non è, quindi, esclusivamente il frutto di cambiamenti nelle preferenze delle persone. Vi è un problema rilevante di aspirazioni non realizzate. Inoltre, il tema della denatalità si lega, più in generale, alle difficoltà concernenti una soddisfacente genitorialità che molte coppie sperimentano e alle difficoltà a trovare un sostegno a tale funzione genitoriale nei momenti delicati di passaggio (la nascita di un figlio, le fasi dell’adolescenza, altri momenti di difficoltà che i figli possono incontrare nel loro percorso di crescita ecc.). [...]
La povertà tra i minori
L’articolo ha due obiettivi: descrivere la dinamica dell’incidenza della povertà in Italia per classe di età negli ultimi due decenni, con un’attenzione particolare alla povertà tra i minori, e valutare l’effetto dei trasferimenti monetari del sistema di welfare italiano sull’incidenza della povertà tra i minori, verificandone l’adeguatezza anche attraverso un confronto con gli altri paesi europei. L’analisi è svolta sia attraverso una microsimulazione effettuata sul dataset Eu-Silc, sia con un confronto tra gli indicatori di efficacia e adeguatezza di alcuni trasferimenti dell’Italia e dei principali paesi europei. [...]
Il disagio abitativo tra i minori in Italia
La casa è uno dei pilastri fondamentali per le chances di inclusione sociale degli individui. Per i minori, la mancanza di una sistemazione abitativa adeguata influisce sulle opportunità e sulle traiettorie educative, sulla vita relazionale e sulle dinamiche di sviluppo fisico e men-tale così come sulla salute in senso lato. Il presente contributo, attraverso un’analisi secondaria di dati e di documenti, esplora le dimensioni della povertà abitativa dei minori in Italia, identificando le solu-zioni abitative non adeguate in cui i minori sono coinvolti maggior-mente e le conseguenze sulle loro chance di inclusione sociale. [...]
Adolescenza e disabilità: tra diritti e pratiche sociali
L’adolescenza è il tempo della transizione alla vita adulta segnata dall’acquisizione di autonomie nel reddito, nell’abitazione, nella rete relazionale e affettiva. Una transizione diventata negli ultimi decenni sempre più lunga e più segnata dalla digitalizzazione della società (Cavalli, 1997; Savonardo e Marino, 2021). Le politiche educative, formative e del lavoro si trovano in Italia, più che in altri contesti europei, di fronte a una palese inefficacia nell’accompagnare verso l’adultità, verso l’autonomia (Pavolini e Argentin, 2020). Se volgiamo lo sguardo verso gli ado-lescenti con disabilità si prospetta uno scenario sul quale studi e ricerche in prospettiva sociologica, in Italia, non sono ancora particolarmente sviluppati. Il tema è, infatti, dominato da analisi e riflessioni di stampo pedagogico e psicologico, oltre che medico. Possiamo, però, ipotizzare che per gli adolescenti con disabilità l’adolescenza e, quindi, il passaggio dalla scuola dell’obbligo al mondo del lavoro, e dalla casa dei genitori ad una casa propria possa presentare ulteriori livelli di com-plessità, ulteriori barriere. Questo contributo esplora il tema dei diritti, delle politiche e delle pratiche rivolte agli adolescenti con disabilità in Italia, attraverso l’analisi del contesto regolativo e la presentazione e discussione dei dati primari raccolti nell’ambito del progetto nazionale «Noi speriamo che ce la caviamo da soli» sulla sperimentazione dei pro-getti di autonomia in 12 regioni italiane. [...]
La crisi del Ssn richiede un cambiamento nelle scelte di politica sanitaria: il caso del rapporto tra ospedale e territorio
Il Servizio sanitario nazionale (Ssn) italiano è in una crisi che è ormai sotto gli occhi di tutti, ma che soprattutto è giornalmente sperimentata da cittadini e operatori. Le cause di questa crisi sono di solito giusta-mente identificate in alcune carenze quantitative e in particolare nella ca-renza di risorse economiche e quindi nel sottofinanziamento della sa-nità, nella carenza di personale e nell’inadeguato trattamento econo-mico dello stesso. Ricorre poi spesso il tema del peso eccessivo della componente privata del Ssn, che alcuni mettono tra le cause della crisi e che ne è in ogni caso una conseguenza. Scopo di questo intervento è invece quello di analizzare la crisi del Ssn in modo da mettere in luce l’effetto che hanno su di essa altri fattori tradizionalmente presi poco in considerazione che attengono alla «qualità» dei processi programma-tori e organizzativi. [...]
La crisi del Ssn richiede un cambiamento nelle scelte di politica sanitaria: il caso del rapporto tra ospedale e territorio
Il Servizio sanitario nazionale (Ssn) italiano è in una crisi che è ormai sotto gli occhi di tutti, ma che soprattutto è giornalmente sperimentata da cittadini e operatori. Le cause di questa crisi sono di solito giusta-mente identificate in alcune carenze quantitative e in particolare nella ca-renza di risorse economiche e quindi nel sottofinanziamento della sa-nità, nella carenza di personale e nell’inadeguato trattamento econo-mico dello stesso. Ricorre poi spesso il tema del peso eccessivo della componente privata del Ssn, che alcuni mettono tra le cause della crisi e che ne è in ogni caso una conseguenza. Scopo di questo intervento è invece quello di analizzare la crisi del Ssn in modo da mettere in luce l’effetto che hanno su di essa altri fattori tradizionalmente presi poco in considerazione che attengono alla «qualità» dei processi programma-tori e organizzativi. [...]
Gli immigrati in Italia: una realtà sempre più radicata, articolata e in trasformazione. Una nota introduttiva
Molti sono i cambiamenti intervenuti nell’immigrazione e nella presenza straniera da quando il fenomeno ha assunto (anche) in Italia una certa rilevanza numerica. A circa cinquant’anni dai primi arrivi abbastanza consistenti di immigrati, le provenienze principali, come le motivazioni più frequenti, sono cambiate, in relazione alle vicende politico-istituzionali e socio-economiche, internazionali e delle realtà di origine, ma anche alle necessità del sistema produttivo italiano, nonché alle effettive possibilità di accesso e permanenza nel paese attraverso i canali disponibili, sia ufficiali sia informali (Bonifazi, 2013; Strozza, 2018). [...]
L’evoluzione delle politiche immigratorie in Italia
Nell’ultimo trentennio le politiche migratorie hanno goduto in Italia di una visibilità pubblica e di un’attenzione retorica via via crescenti, cui ha però corrisposto, in misura spesso inversamente proporzionale, un’attenzione disordinata e priva di visione programmatoria alle reali esigenze di governo sociale e dei diritti da parte dei differenti decisori , se non limitatamente ad alcuni aspetti – dalle sanatorie di regolarizzazione alla gestione dei flussi – o momenti – in particolare quelli elettorali. [...]
Italiani e popolazioni con back-ground migratorio: caratteristiche de-mografiche e differenze nei livelli di istruzione
L’immigrazione straniera in Italia è iniziata almeno cinquant’anni fa ma ha assunto maggiore visibilità e rilevanza con l’inizio del nuovo secolo, trasformando il paese in una realtà sempre più multietnica e multicul-turale. Questa lunga storia, fatta di percorsi che si sono intrecciati nel tempo, ha dato origine a una sedimentazione delle presenze che ha reso la popolazione di origine straniera sempre più complessa, composta da una pluralità di profili demografici e sociali la cui individuazione neces-sita di criteri e strumenti informativi mirati. [...]
La transizione scuola-università degli alunni di origine straniera: un primo approccio esplorativo
I minori di origine straniera rappresentano una componente sempre più importante della popolazione studentesca italiana con un aumento nel tempo degli studenti stranieri nell’istruzione terziaria. Le aspirazioni sulla formazione personale svolgono un ruolo centrale, per determinare le possibili traiettorie degli studenti. Inoltre, il confronto tra aspirazione e risultati conseguiti permette di evidenziare possibili elementi di fragilità del sistema scolastico e anche dei percorsi di inclusione tout court. [...]
Integrazione e occupazione degli immigrati: alcune evidenze empiriche
Il numero di stranieri residenti in Italia è notevolmente aumentato nell’ultimo trentennio. Secondo il censimento del 1991 gli stranieri residenti in Italia erano circa 350mila, sono aumentati raggiungendo poco meno di 1.350.000 alla rilevazione del 2001 e hanno superato i 4 milioni dieci anni dopo. Inoltre, i dati di fonte censuaria indicano che nel corso del primo decennio di questo secolo gli occupati stranieri sono passati da meno di 640 mila a quasi 1.900.000. Tuttavia, in Italia, come in tutti i paesi dell’Europa occidentale, rispetto agli autoctoni, le persone con background migratorio, sono penalizzate in termini di reddito e prestigio professionale e, più in generale, evidenziano una condizione sfavorevole nelle opportunità di inserimento e realizzazione in occupazioni «di qualità», una volta controllate le altre variabili sociodemografiche (ethnic penalty). Inoltre, perdurano le profonde diversità che delineano la dicotomia tra Europa continentale e mediterranea. [...]
Madri immigrate in Italia, tra lavoro e cura dei figli: l’arte di arrangiarsi
La cura dei figli è un tema cruciale per le implicazioni con il sistema di welfare, la partecipazione femminile al mercato del lavoro e la fe-condità. In Italia, sebbene recentemente siano state introdotte nuove misure di sostegno alle famiglie (nel 2015 viene istituito il fondo per la povertà educativa e nel 2022 entra in vigore l’assegno unico e universale per i figli), il sistema di welfare è ancora fondamentalmente ancorato al modello «familistico» basato sulla solidarietà intergenerazionale, ca-ratterizzato da scarse politiche familiari e efficaci misure indirizzate alla conciliazione dei tempi del lavoro e della famiglia, con la conse-guente difficoltà di integrazione delle donne nel mercato del lavoro. L’offerta quantitativa di servizi socio-educativi per la prima infanzia si posiziona al disotto della media europea, inoltre tali servizi hanno spesso costi non accessibili per molte famiglie e la loro distribuzione territoriale non è uniforme, caratteristiche che risultano a discapito della conciliazione lavoro/cura, soprattutto nei contesti più poveri e marginali. [...]
La violenza di genere in Italia, tra popolazione femminile generale e immigrata. Una prima valutazione del Reddito di libertà
La pandemia ha aggravato le diseguaglianze e le emergenze politico-sociali esistenti, non da ultimo aggravando il fenomeno della violenza domestica sulle donne. In risposta, nel dicembre del 2020 il governo italiano ha approvato il Reddito di libertà (Rdl), una misura che desti-na alle donne vittime di violenza un contributo mensile diretto a so-stenerne l’autonomia economica e abitativa necessaria per sottrarsi al contesto di violenza. [...]
Il lavoro autonomo degli immigrati tra processi di sostituzione e di mobilità sociale
Pur rimanendo il lavoro subordinato il canale di inserimento preva-lente, negli ultimi vent’anni il lavoro indipendente degli immigrati è notevolmente cresciuto. Tuttavia, la propensione al lavoro autonomo è molto meno significativa tra gli immigrati (13%) che tra i nativi (23%), a differenza di quanto accade in molti paesi di vecchia immi-grazione. Bisogna inoltre ricordare che in Italia, paese a elevatissima diffusione del lavoro indipendente, il lavoro autonomo degli immi-grati non è circoscritto al fenomeno, relativamente nuovo, delle eco-nomie etniche ma interessa attività che non hanno connessione con le comunità di origine. Da un lato vi è il contributo degli immigrati alla riproduzione di attività indipendenti messe in crisi dalla mancata suc-cessione generazionale, in particolare quelle più faticose, meno quali-ficate e con minori costi di ingresso che i nativi abbandonano. Dall’altro, sempre più numerose imprese immigrate trovano spazio nelle catene di appalto e subappalto che caratterizzano alcuni settori, come l’edilizia, e alcuni modelli produttivi, come le aree distrettuali e i sistemi di piccola e media impresa. [...]
Autonomia differenziata e tutela della salute, tra improvvisazioni e omissioni pericolose
Il Governo italiano sta procedendo a dare attuazione all’autonomia regionale differenziata prevista dall’articolo 116 della Costituzione. Consiste nell’attribuzione alle regioni a statuto ordinario che ne fanno richiesta di «ulteriori forme e particolari condizioni di autonomia» in ambiti originariamente disciplinati in modo uniforme dallo Stato, co-sicché in tali ambiti, la regione che beneficia delle maggiori autono-mie può legiferare con competenza piena. La normativa prevede un ampio numero di materie attribuibili che vanno dalla sanità alla scuo-la, dall’ambiente alla ricerca, dal commercio estero all’energia. [...]
Le insidie della guerra: distruzioni e regressione civile. Introduzione
L’articolo propone una riflessione sulle implicazioni sociali generate dall’invasione russa dell’Ucraina e dal conflitto energetico che ne è scaturito. Quantità e qualità del lavoro, cioè «piena e buona occupazione», si ripropongono come assi dirimenti. Invece, Stati già molto provati dirottano ora gran parte delle loro risorse verso gli armamenti e gli sforzi bellici, la precarietà e le difficoltà occupazionali si accrescono, i servizi sociali vengono ristretti, la povertà torna ad aumentare, l’esclusione sociale si incrudelisce, si allargano le disugua-glianze, si rafforzano le mafie, la corruzione, la zona grigia intorno alla criminalità orga-nizzata. Ed è proprio in questo tempo drammatico che diviene urgente immaginare solu-zioni avanzate di «democrazia economica» finalizzate alla costruzione di un «nuovo mo-dello di sviluppo» con il quale porre mano profondamente a «cosa, per chi, come» produrre e in cui l’Europa ha un ruolo fondamentale da svolgere. [...]
Salute e sicurezza sul lavoro: un quadro di genere durante la pandemia
Nonostante il progressivo miglioramento del tasso di occupazione femminile registrato negli ultimi anni, il mercato del lavoro italiano è a tutt’oggi caratterizzato da profondi squilibri di genere. Il livello di occupazione del resto non può essere l’unico indicatore per misurare le disparità, bensì è importante considerare il tipo di occupazione svolta e le caratteristiche del contesto lavorativo. Nel 2020 il 50% dell’occupa-zione femminile si concentra in sole 19 professioni (gli uomini in 51 professioni). La differente struttura dell’occupazione maschile e fem-minile, con la forte segregazione orizzontale e verticale delle donne, ha effetti sulle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro. Uomini e donne hanno differenti probabilità di infortunarsi, di sviluppare problemi di salute lavoro-correlati e di essere esposti a fattori di rischio per la salute sia fisica sia psicologica anche a parità di professione. [...]
Le disuguaglianze: un approccio plurale. Nota introduttiva
Le disuguaglianze investono una pluralità di dimensioni. «Uguaglianza rispetto a che cosa?», si chiese Sen (1980) in un saggio diventato fa-moso. Il «cosa» può riguardare risorse materiali, risorse immateriali, po-teri, riconoscimento, risultati. Le risorse, poi, siano esse materiali o non materiali, possono essere riferite al singolo (dotazioni individuali) op-pure al contesto e possono concernere la dimensione monetaria oppure quella dei servizi. [...]
Potere di riconoscimento, diseguaglianze territoriali e politiche pubbliche
L’articolo analizza il rapporto tra potere di riconoscimento e diseguaglianze territoriali, alla luce delle politiche di sviluppo locale basate sulla capacitazione dei territori, degli innovatori e dei soggetti marginali. Nella prima parte si analizzano due meccanismi micro-fondati che presiedono la relazione tra potere di riconoscimento e diseguaglianze territoriali: il deficit di riconoscimento e il mis-conoscimento. Entrambi i meccanismi sono discussi alla luce delle relazioni di potere che presiedono e istituiscono. [...]
Territori e determinanti sociali delle disuguaglianze: il «lavoro territoriale» delle politiche pubbliche e del welfare di comunità
Le scienze sociali ed economiche hanno posto negli ultimi anni una nuova attenzione per il tema delle disuguaglianze, a partire da una nutrita letteratura internazionale che ne ha analizzato le determinanti economiche nei paesi più sviluppati. La dimensione territoriale rappresenta un interessante ambito di analisi delle determinanti economiche e sociali delle disuguaglianze. Si tratta di un interesse che riguarda l’evoluzione dei modelli teorici di riferimento e, in particolare, quelli delle politiche di coesione, da un lato, e delle politiche di welfare dall’altro. Numerosi cambiamenti strutturali, di natura economica e sociale, hanno inciso sulla riarticolazione territoriale delle politiche economiche e di quelle sociali, nelle quali la dimensione nazionale è stata per molto tempo prevalente sia nell’ambito regolativo che redistributivo. [...]
Modernizzazione ecologica e disuguaglianze: una prospettiva socio-territoriale
Nelle scienze sociali, una vasta letteratura sta analizzando la relazione tra transizione ecologica e disuguaglianze. Le ricerche ambiscono a mettere in luce gli effetti distributivi degli interventi di transizione, che producono una allocazione disuguale dei bads e dei goods ambientali. La maggior parte delle analisi si concentra sui conflitti che insorgono attorno a progetti di transizione ecologica e ricostruiscono i profili di disuguaglianza sottostanti le forme di mobilitazione collettiva. In queste ricerche i conflitti sono visti come finestre di opportunità, attraverso le quali guardare alle ragioni e alle parti del conflitto e alle diverse posizioni sull’oggetto di contestazione. A partire dalla ricostruzione dei conflitti, sarebbe possibile disvelare le forme di ingiustizia sottostanti: essi rendono esplicite le norme e i valori che stanno alla base di una determinata tensione sociale. Le aspettative e la loro violazione da parte di incentivi e vincoli diventano esplicite nel momento in cui generano conflitto. Viene pertanto assunto un legame logico tra ingiustizia, disuguaglianze e conflitto. In tutta questa letteratura ci sono due elementi problematici. [...]
Servizi educativi per la prima infanzia in Italia: disuguaglianze e proposte per contrastarle
Il contributo analizza le disuguaglianze nell’offerta e nell’accesso ai servizi educativi per la prima infanzia in Italia e presenta alcune politiche che potrebbero aiutare a contrastare tali diseguaglianze disegnando tali politiche in modo diverso e più partecipato. [...]
Brevetti, ricerca pubblica e disuguaglianza alla luce della pandemia da Covid-19
L’esistenza di una corrispondenza tra brevetti, innovazione e benessere sociale è spesso assunta come un dato inequivocabile nel dibattito pubblico, nonostante un'ampia letteratura economica, teorica ed empirica, abbia evidenziato i molti limiti del sistema brevettuale come strumento al servizio del benessere collettivo. Nel tempo, è fortemente aumentata la propensione a brevettare, sia in ambito privato che in ambito pubblico. Tuttavia, nonostante un gran numero di approfondimenti empirici, non è chiaro se questa proliferazione di brevetti corrisponda effettivamente ad un incremento della propensione ad innovare. Inoltre, la proliferazione dei brevetti orienta la direzione del cambiamento tecnologico e la distribuzione dei benefici ad esso associati, influenzando la natura delle innovazioni che vengono perseguite e realizzate. [...]
Accesso ai servizi per la prima infanzia in Toscana: opportunità, necessità, disponibilità, costi
In Toscana è stato ormai raggiunto e superato di due punti percen-tuali il target del 33% di posti autorizzati negli asili nido sulla popola-zione di riferimento, che l’Italia si è impegnata a garantire, entro il 2010, nell’ambito della Strategia di Lisbona. Osservando, tuttavia, altri paesi europei quali la Spagna, il Portogallo e la Francia, il divario è ancora significativo, attestandosi, i loro tassi, attorno al 50%. È im-portante, dunque, domandarsi come poter sostenere e incrementare l’accesso ai servizi socio-educativi per la prima infanzia. [...]
L’assegno unico e universale: alla ricerca della giusta misura tra equità e sostegno alla natalità
L’introduzione dell’Assegno unico e universale (Auu) per i figli in Italia ha rappresentato una importante novità nel panorama delle politiche familiari. Tradizionalmente le politiche a sostegno delle famiglie con figli in Italia erano pensate quasi esclusivamente a contrasto della povertà. L’Auu, invece, è stato disegnato come una politica a sostegno delle scelte e delle responsabilità genitoriali. Almeno alcune delle sue caratteristiche vanno, infatti, nella direzione di promozione della fecondità. [...] In questo contributo vengono esaminati i principali punti di forza e di debolezza dell’Auu, sia come impostazione che nella fase di implementazione. Viene, inoltre, offerta una comparazione internazionale con strumenti simili attivi in altri paesi europei.
Cooperazione sociale e welfare: scenari e sfide
Le cooperative sociali sono, al contempo: società cooperative, enti di Terzo settore, imprese sociali. I princìpi giuridicamente riconosciuti a cui si devono rifare, e sulla base dei quali si fonda il favor legis, sono: la mutualità, interna ed esterna; il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale; l’attuazione di tali finalità nella forma di impresa. La Legge n. 381 dell’8 novembre 1991 – Disciplina delle cooperative sociali – per prima ha riconosciuto questa formula giuridico-organizzativa di matrice economico-imprenditoriale vocata al perseguimento di finalità sociali. Grazie ad essa si è dato rilievo di pubblica utilità al perseguimento di scopi mutualistici da parte di un’impresa privata. Si è inoltre superato il concetto originario di mutualità. [...]
Solidarietà, mutualismo, resistenza: l’azione collettiva in Italia dalla crisi economica a quella pandemica
«Cura», «solidarietà» e «mutualismo» sono state tra le parole che hanno maggiormente caratterizzato il 2020 e il 2021. La pandemia di Covid-19, che ha colpito con particolare violenza l’Italia negli ultimi due anni, e le conseguenti misure di distanziamento sociale messe in campo in diverse fasi e a diversi livelli per contrastare la circolazione del virus hanno messo a dura prova il tessuto sociale del nostro paese, creando bisogni materiali e psicologici e allo stesso tempo le condizioni necessarie a un’attivazione di massa per affrontarli. La visibilità assunta da esperienze come quella delle Brigate volontarie per l’emergenza a Milano o i tanti altri progetti simili emersi in giro per l’Italia a partire dal marzo 2020 ha riportato alla luce il tema del mutualismo, della solidarietà dal basso, del far da sé solidale. [...]
Dopo la pandemia, cosa? Adattamenti e innovazioni nel volontariato organizzato in Italia
Il contributo propone una riflessione sugli adattamenti e le innovazioni che si sono manifestati nel complesso mondo del volontariato organizzato negli ultimi 15 anni, dalla crisi del 2008 alla pandemia da Covid- 19. Si compone di due parti. La prima ricostruisce i mutamenti più significativi nell’identità delle Organizzazioni di volontariato (Odv) in Italia, mettendo in evidenza l’eterogeneità interna e le tendenze nel campo delle attività e delle azioni di tutela dei diritti. La seconda parte, attraverso documenti e banche dati di fonte Caritas, propone un focus sul volontariato di base tra le due crisi ed esplora i cambiamenti registrati sia nell’ambito dei servizi, sia in quello dell’advocacy. [...]
Movimenti sociali e azione collettiva: strategie, ruoli ed esperienze nelle città del XXI secolo
L’articolo affronta le trasformazioni intervenute nelle forme di azione collettiva a partire dalla fine del secolo scorso. In particolare si sofferma sui movimenti sociali urbani, sulle forme di consumo critico e di autoproduzione, e su soluzioni innovative di abitare condiviso. L’ipotesi del contributo è che si stia assistendo alla nascita di un tertium a metà strada fra società e comunità sia in termini di forme che di strutture sociali. [...]
Protagonismo sociale e crisi pandemica: le risposte della società civile alle crescenti disuguaglianze. Nota introduttiva
Non v’è dubbio come la pandemia abbia messo a nudo molte criticità del nostro sistema di welfare: dall’impoverimento del nostro Ssn maturato negli ultimi anni, centrato sempre più su un approccio ospedalo-centrico, alla debolezza dei servizi socio-sanitari e socio-assistenziali territoriali; dalla insufficiente attenzione alle problematiche della non autosufficienza, della disabilità e della cronicizzazione di molte malattie alla fragilità delle strutture residenziali sanitarie assistenziali (Rsa); dal grave ritardo nella modernizzazione del nostro sistema scolastico verso una didattica in grado di fare buon uso delle tecnologie più avanzate e strutture edilizie in grado di assicurare ambienti stimolanti agli allievi alle carenze di una rete di sostegno al reddito delle persone in povertà, così come di un sussidio in grado di mantenere un livello minimo di consumi per chi perde il lavoro; dalla polarizzazione dei servizi fra centro e periferia nelle maggiori città al continuo depauperamento del wel-fare nelle zone interne. [...]
Fare rete nel contrasto alla violenza maschile contro le donne
La costruzione di relazioni stabili tra centri antiviolenza (Cav), case rifugio (Cr), servizi socioassistenziali, forze dell’ordine, servizi sociosanitari, istituzioni scolastiche, sistema giudiziario e società civile è considerata il presupposto fondamentale per la messa in atto di interventi integrati, efficaci e rispondenti ai bisogni e ai desideri delle donne in uscita dalla violenza. Questo approccio si pone in continuità con quell’«apertura verso l’esterno» (Borghi e al., 2007) che ha contraddistinto i centri antiviolenza fin dalla loro nascita. [...]
I Centri antiviolenza nelle politiche regionali: eterogeneità e prospettive
 Le Regioni costituiscono l’anello di congiunzione tra la dimensione nazionale e quella territoriale, ricoprendo il ruolo di raccordo nelle trasformazioni normative, organizzative e finanziarie (Kazepov e Barberis, 2013) concernenti numerose politiche, tra cui quelle sociali, ambito in cui generalmente vengono ricondotte le misure antiviolenza nelle iniziative regionali. In particolare, in riferimento alle misure di prevenzione e contrasto alla violenza contro le donne, se l’azione del legislatore a livello nazionale ha dato l’impulso al rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei Centri antiviolenza (Cav) e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza, a livello regionale hanno fatto eco politiche e azioni dal carattere eterogeneo. [...]
Violenza sulle donne e intersezionalità: la capacità di risposta degli interventi a supporto dell’empowerment socio-economico
Nel saggio sono presentati i risultati della ricerca di campo realizzata nell’ambito di un lavoro di valutazione del «Piano d’azione Straordinario contro la violenza sessuale e di genere 2015-2017» (d’ora in poi Piano Straordinario), e  di un Focus group realizzato per integrare il lavoro di analisi valutativa sia del Piano Straordinario che del successivo «Piano Nazionale Strategico sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020» (d’ora poi Piano Strategico), in una prospettiva che interroga le capacità di risposta degli interventi a supporto dei percorsi di empowerment socio-economico e lavorativo. [...]
La metodologia dei centri antiviolenza e delle case rifugio femministe come «politica sociale di genere»
Il lavoro dei centri antiviolenza (Cav) e delle case rifugio (Cr) si caratterizza per un’azione multidimensionale nel contrasto alla violenza maschile e nel sostegno alle donne che la subiscono, nonché per metodologie di intervento strutturate, specifiche e peculiari rispetto a quelle di altri tipi di «servizio». I Cav e le Cr, infatti, sono luoghi in cui le donne in situazioni di violenza e i/le loro figli/e possono trovare un sostegno esperto, qualificato e specializzato, ma sono anche spazi di elaborazione, attivazione e disseminazione di pratiche politiche di prevenzione e sensibilizzazione finalizzate alla rimozione delle radici socioculturali della violenza. [...]
Il contrasto alla violenza sulle donne: attori, processi e pratiche di un campo in evoluzione. Nota introduttiva
La violenza di genere, e nello specifico quella contro le donne, rappre-senta una questione complessa che richiede per essere affrontata e ri-mossa l’impegno da parte di molti soggetti (Hester e al., 2007): le ope-ratrici e gli operatori chiamati a sostenere i percorsi di superamento della violenza tanto nei centri antiviolenza (Cav) e nelle case rifugio (Cr) quanto nei programmi per uomini autori di violenza (Pav); coloro che operano nei servizi generali, ossia i servizi offerti dal settore pub-blico o del privato sociale che, pur non essendo specializzati sul pro-blema della violenza, possono intercettarla (ad esempio i servizi sani-tari, quelli sociali e socio-assistenziali, i servizi scolastici educativi, quelli per il lavoro, i sindacati), ai quali si sommano gli operatori delle forze dell’ordine, dell’ambito giudiziario e i decisori politici; più in ge-nerale è chiamata in causa la società tutta, nel processo di cambiamen-to volto a rimuoverne le cause strutturali, così come le persone che ne sono direttamente coinvolte, ovvero chi ne fa esperienza subendone gli effetti, i suoi figli e figlie, e chi la agisce. [...]
Il Servizio sanitario nazionale alla prova della pandemia. Cosa abbiamo appreso?
Il Covid, oltre a sconvolgere molti aspetti della nostra vita quotidiana, ha rappresentato un formidabile stress test, un epocale banco di prova per il nostro sistema sanitario. La gestione pandemica ha avuto l’effetto di portare il settore sanitario – solitamente ai margini del dibattito politico e ampiamente trascurato dai media – al centro della scena. Durante i mesi scorsi, tutti i riflettori sono stati puntati sul Servizio sanitario nazionale (Ssn), sul suo personale, sulla sua capacità ricettiva, sulle sue modalità operative e anche sulle sue performance. [...]
Stato e Regioni: le performance dei Sistemi sanitari regionali
I Sistemi di valutazione della performance sono strumenti che hanno lo scopo di definire, monitorare e gestire sia il raggiungimento dei risultati finali (output o outcome), sia i processi sottesi al loro conseguimento. Rappresentano quindi la precondizione di ogni esperienza di evidence-based management. Questo promuove l’utilizzo di metodologie e la raccolta di informazioni riguardanti la performance, al fine di fornire a tutti gli stakeholder le opportune evidenze riguardo ai bisogni, alle risorse utilizzate e ai risultati ottenuti. Senza il supporto dei Sistemi di valutazione della performance, i decision-maker non disporrebbero né delle prove fattuali rispetto all’allineamento tra strategie e risultati, né della bussola per orientare le scelte future. [...]
La sanità italiana di fronte al Covid-19: l’impatto, nuovi bisogni e compiti
La nuova malattia da Coronavirus 2019 (Covid-19) segnerà la nostra epoca e in futuro probabilmente parleremo di un prima e un dopo la pandemia. Per molti aspetti del vivere sociale, nell’economia, nella politica, nei rapporti commerciali, nell’educazione, nel sistema della comunicazione e anche nella promozione della salute individuale e collettiva vi è un prima e ci sarà un dopo la pandemia. È percezione di molti anche a livello individuale che stiamo vivendo infatti un periodo non comune perché più ambiti della nostra vita sono determinati dagli effetti della pandemia. [...]
Una pandemia disuguale (ma non troppo): perché e cosa si può fare
La posizione di una persona lungo il gradiente sociale costituisce uno dei principali determinanti per la salute: essere poveri, avere una scarsa istruzione, un lavoro non qualificato, poche relazioni sociali e scarse reti di supporto famigliare, così come vivere in contesti abitativi e residenziali più deprivati, sono noti indicatori di minor aspettativa di vita, di maggior probabilità di malattia e di invecchiamento non sano, di maggior esposizione a fattori di rischio comportamentali e ambientali, così come di minor accesso al sistema sanitario. In questo contesto, l’impatto della pandemia di Covid-19, nonostante la narrazione di un virus che non guardava in faccia nessuno, lontano dall’essere democratico, è stata semmai sindemico, ha colpito cioè in misura maggiore le persone che già prima dell’arrivo del virus avevano minori risorse, attraverso meccanismi innescati proprio dai fattori appena citati. Questo articolo mostra infatti come, in Italia, gli individui con un maggior numero di svantaggi sociali sono stati maggiormente esposti al virus e abbiano avuto una maggior incidenza, ospedalizzazione, ricovero in terapia intensiva e decesso. [...]
La contrattazione sociale territoriale per la non-autosufficienza tra path dependency ed emergenza sanitaria: due esperienze regionali a confronto
La contrattazione sociale territoriale ha il suo specifico nella negoziazione bilaterale tra i sindacati e le amministrazioni comunali, laddove agisce primariamente sui relativi bilanci e la spesa sociale, ma si sviluppa, altresì, mediante diverse forme di dialogo allargate ad altri attori del territorio, come avviene nella programmazione dei piani di zona. [... ]
La pandemia da Covid-19 come nuovo rischio socio-sanitario e come stress test per la sanità italiana. Nota introduttiva
Luoghi comuni e pregiudizi strumentali sulla condizione degli anziani
La pandemia sta mettendo in luce i problemi strutturali dell’assistenza agli anziani, in termini di qualità, efficacia e sicurezza della presa in carico, di disponibilità di professionisti e di qualità del lavoro. Molto resta ancora da fare per promuovere una cultura rispettosa delle persone anziane, per contrastare pregiudizi e luoghi comuni e per offrire supporto nelle comunità in cui vivono.
Sud e aree interne: lo scenario della nuova questione meridionale. Introduzione
L’ambizione di questo numero de La Rivista delle Politiche Sociali è contribuire a mettere nuovamente al centro del dibattito scientifico e politico il Sud come grande e irrisolta questione nazionale. Si tratta di un nodo problematico che, a partire dall’unità del Paese, accompagna i processi di sviluppo e di modernizzazione dello Stato e che riaffiora per ondate carsiche nel dibattito scientifico, sebbene le condizioni di affanno di un’ampia parte del Paese emergano costantemente dalle analisi di qualsiasi istituzione o ente di ricerca e su qualsivoglia indi¬catore socio-economico. [versione integrale]
La valorizzazione delle risorse umane nel Sistema sanitario nazionale: un principio disatteso
Nel 2008, il Ministero della Salute pubblica un «Libro bianco» sui principi del Servizio sanitario nazionale individuando nella «Valorizzazione delle risorse umane e professionali degli operatori» uno degli orientamenti fondanti delle politiche legislative e gestionali del comparto sanitario. A distanza di un decennio dalla pubblicazione del Libro bianco, ci si può chiedere se tale principio sia stato parzialmente disatteso e quali conseguenze ne siano derivate in occasione della pandemia da Sars-Cov2. Per rispondere a tale interrogativo, nelle prime due parti del contributo ci si concentra sul tema del ridimensionamento del personale del comparto sanitario dal 2009 al 2019, ricercandone le principali cause. Nella terza parte si considerano le misure adottate in merito al personale sanitario a seguito della infezione da Covid-19.
Lavoro di cura. Una nuova frontiera della diseguaglianza sociale
L’obiettivo dell’articolo è quello di indagare, con un focus specifico sul caso italiano, le condizioni di lavoro nel settore della cura con riferimento ai servizi pre-scolari rivolti alla prima infanzia e a quelli per il supporto alla popolazione anziana fragile e non autosufficiente. L’analisi intende rispondere alle seguenti domande di ricerca: quali sono le condizioni del lavoro di cura in questi due settori? Si riscontrano elementi di similarità o differenza tra di essi? In che modo si discostano o meno da ciò che si registra in altri settori del welfare? I risultati della ricerca mettono in evidenza l’esistenza di condizioni problematiche nel lavoro di cura, trasversali ai due settori analizzati, che si legano al grado di istituzionalizzazione e regolazione dell’offerta dei servizi così come – in parte anche conseguentemente – al livello di incidenza del mercato privato (formale e informale).
Nuovi attori, temi e conflitti: le relazioni industriali nel settore pubblico dopo la crisi finanziaria
Numerosi studi hanno messo in evidenza l’intensificarsi delle pressioni sulle relazioni di lavoro del settore pubblico, soprattutto dopo la crisi finanziaria. L’articolo, basato sui risultati di un progetto internazionale di ricerca, esamina i cambiamenti avvenuti, dalla crisi del 2008, nelle relazioni industriali nei sotto-settori della scuola primaria e degli ospedali, proponendo una comparazione tra cinque paesi europei (Danimarca, Paesi Bassi, Francia, Italia e Spagna). I risultati evidenziano diverse tendenze generali; insieme alla crescita dell’unilateralismo, una maggiore frammentazione della rappresentanza, con l’emergere di sindacati di mestiere e occupazionali, e una maggiore conflittualità; ma si osservano anche maggiori investimenti per alleanze e coalizioni con movimenti sociali e organizzazioni della società civile. E in tale ambito, l’erosione della qualità dei servizi pubblici è diventata una questione centrale nelle richieste dei sindacati, che enfatizzano il legame tra questa e la buona qualità del lavoro dei dipendenti pubblici.
Lavoratori e Rls garanti della sicurezza anticoronavirus
In un mondo del lavoro funestato dal coronavirus, è abituale concentrare l’attenzione su obblighi e responsabilità delle imprese. Eppure, più che mai, è oggi indispensabile porre in luce anche la posizione di garanzia dei lavoratori così come degli Rls. Non v’è adempimento, tra gli obblighi previsti dall’art. 20 d.lgs. n. 81/2008 a carico dei lavoratori, che non assuma rilievo nella prevenzione anticoronavirus: dall’utilizzo in modo appropriato dei dispositivi di protezione messi a loro disposizione all’immediata segnalazione di qualsiasi eventuale condizione di pericolo. Ma la responsabilità può gravare non necessariamente sul datore di lavoro, bensì anche o soltanto su altri garanti della sicurezza quali un dirigente, l’Rspp, il medico competente, e non escluso lo stesso lavoratore inadempiente agli obblighi contemplati dall’articolo.
La tutela dei lavoratori nell’emergenza Covid-19
Il saggio prende in esame le problematiche determinate dal complesso incrocio tra le misure normative emergenziali Covid-19 e la normativa generale e speciale sulla sicurezza del lavoro (art. 2087 c.c; d.lgs. n. 81/08) e gli infortuni e le malattie professionali (d.p.r. 1124/65). Tale incrocio ha determinato problemi interpretativi e applicativi quali: natura delle fonti di produzione delle regole cautelari e loro vincolatività; natura del rischio Sars-Cov-2 (rischio «generico», esterno all’azienda, o «specifico», interno all’azienda?), con importanti conseguenze a cascata sugli obblighi e le responsabilità, civili e penali, dei datori di lavoro. L’autore prende posizione sui diversi profili interpretativi, privilegiando una lettura rigorosa ma allo stesso tempo equilibrata, che contempera la tutela della salute dei lavoratori con la tutela dell’impresa e dell’occupazione.
Politiche sociali e istituzioni del benessere. Che cosa insegna la parabola del social investment
In questo contributo si argomenta che – come dimostrano i deboli risultati delle politiche sociali orientate al sostegno della competitività e della flessibilità – le politiche sociali possono conseguire obiettivi di perequazione soltanto entro un’architettura istituzionale che renda lo spazio economico meno incline alla produzione di disuguaglianze. In quest’ottica, si approfondiscono due questioni spesso sottovalutate: il carattere strutturale delle disuguaglianze in una sfera economica in cui domina l’orientamento alla massimizzazione della redditività degli investimenti e le crescenti difficoltà di accesso a beni e servizi essenziali quando il principio di massimizzazione della redditività viene adottato nello spazio dell’economia fondamentale.
La centralità dei dati per un welfare che cambia: una sfida per la ricerca sociale
Il cosiddetto welfare digitale dipende fortemente dai dati. Quale che sia la funzione loro attribuita – anticipare, stimare, localizzare fabbisogni o sostenere in modo più o meno automatizzato processi decisionali – la rinnovata centralità dei dati per il welfare, legata anche alle innovazioni tecnologiche che rendono possibili forme di rilevazione ed elaborazione delle informazioni inimmaginabili in passato, implica anche un’altra centralità: quella dei cittadini, principali stakeholders dei servizi di welfare e ora, nella cosiddetta «società digitale», anche fornitori insostituibili dei dati e delle informazioni di cui il welfare si serve. Tutto ciò rende l’etica della ricerca un campo strategico di riflessione e di intervento, non solo di per sé, ma anche fattore che influenza la qualità dei dati raccolti. Nel saggio si sostiene la tesi secondo cui l’etica dei mezzi – approccio deontologico, rispetto della persona e della riservatezza dei suoi dati – debba essere più sistematicamente affiancata da un’etica dei fini – approccio consequenzialista, condivisone con i cittadini delle beneficialità pubbliche, estese e democratiche delle campagne di raccolta dati.
Le trasformazioni dei modelli nazionali di politiche attive del lavoro per i giovani Neet in Italia, Germania e Regno Unito
Il presente contributo si inserisce nel dibattito della political economy comparata ed esamina le caratteristiche qualitative dei modelli di politica attiva del lavoro (Almp) rivolte espressamente ai giovani Neet in tre paesi: Regno Unito, Germania e Italia. I tre modelli di Almp sono esaminati alla luce delle riforme attuate dal 2000 al 2019. Il principale interrogativo di ricerca è comprendere se e come tali modelli siano cambiati nel tempo e se le trasformazioni siano state influenzate dall’azione sovranazionale europea. L’analisi qualitativa comparata mostra che i tre modelli di Almp presentano proprie specificità nazionali e i cambiamenti introdotti nella fase successiva alla crisi economica hanno contribuito a differenziare il modello inglese e tedesco. Tale processo di divergenza non è attribuibile all’influenza del programma comune europeo Garanzia giovani (Gg). Nel caso inglese, che non ha adottato il programma Gg, i cambiamenti del modello di Almp sono da ricondurre alle scelte politiche attuate dal governo conservatore. Nel caso tedesco i cambiamenti hanno riguardato la maggiore personalizzazione delle misure già erogate e l’influenza europea è limitata alla disponibilità di risorse aggiuntive europee per l’implementazione nel contesto tedesco del programma Gg. Infine il modello italiano di Almp ha compiuto importanti passi avanti che lo hanno avvicinato alle caratteristiche del modello inglese e tedesco della fase pre-crisi. In questo caso le trasformazioni che si verificano in particolare dal 2014 al 2019 sono state favorite dall’implementazione del programma europeo Gg. Ciononostante il modello italiano di Almp continua a rimanere «incompiuto».
Sei mesi per cambiare. La presidenza di turno tedesca nel Consiglio dell’Ue
Dopo il Brexit e la crisi del Covid-19, il semestre di presidenza tedesco segna il ritorno di un grande paese a coordinare le attività nel Consiglio dell’Unione europea. Si tratta di una risorsa da non sprecare, visti i limiti dello schema che assegna a tutti i governi continentali un turno semestrale di presidenza. La fragilità d’azione dimostrata ad oggi da paesi non ancora pronti a coordinare per sei mesi l’attività comunitaria, rischiava di mettere ancor più in crisi l’Ue in un momento d’emergenza socioeconomica e sanitaria che non si preannuncia di breve periodo.
Introduzione: il welfare come mercato del lavoro
Da circa un quarto di secolo nei paesi dell’Unione europea i servizi di welfare e, in particolare, quelli di cura alla persona sono stati interessati da profonde trasformazioni innescate da pressioni, non di rado contrastanti, tuttora in piena fase di svolgimento e che la recentissima crisi pandemica (in corso nel momento in cui si scrive) ha contribuito ad acutizzare in maniera repentina ed inaspettata.
Penalizzazione delle giovani generazioni e difficile realizzazione dei diritti sociali di cittadinanza. Nota introduttiva
1. La penalizzazione delle giovani generazioni
Non v’è dubbio come la fase che stanno attraversando le società post-industriali e i sentieri di sviluppo indotti dai processi di globalizzazione abbiano prodotto in pressoché tutte le cosiddette affluent societies una crescita non trascurabile delle disuguaglianze sociali, un processo di marginalizzazione di gruppi sociali significativi e una tendenziale esclusione dai sistemi economici e dai sistemi pubblici di welfare di quote di popolazione non irrilevanti.
Logoramento dei legami sociali, sistemi di welfare e solidarietà di base
Come definire i legami sociali, e in quali condizioni questi legami possono logorarsi? Solidarietà, valori e regole condivise, lo stare insieme e riconoscersi come membri della stessa comunità tengono unita la società e danno modo alle istituzioni di svolgere la loro funzione, ai cittadini di apprendere diritti e doveri. Per un complesso di motivi, le relazioni interpersonali possono logorarsi o collassare. Una causa frequente è l’aumento delle diseguaglianze.
Pratiche partecipative e relazioni solidali nel sostegno a distanza: il «posto della comunicazione»
Il saggio si inserisce nell’ambito di una ricerca sulla valutazione delle pratiche partecipative e delle attività di engagement dei sostenitori del servizio di sostegno a distanza (SaD) nell’Associazione Famiglie Nuove (AFN) Onlus. L’obiettivo del saggio è quello di illustrare i risultati principali della ricerca, focalizzando l’attenzione sul «posto della comunicazione» nel processo di promozione e diffusione della cultura etico-valoriale del SaD di AFN Onlus.
Sistemi di decisione algoritmica e disuguaglianze sociali: le evidenze della ricerca, il ruolo della politica
Aziende e pubbliche amministrazioni usano con sempre più frequenza algoritmi per prendere decisioni sulle vite di clienti, utenti, cittadini e pazienti. Numerosi studi hanno dimostrato che i sistemi di decisione automatizzata possono talvolta generare, e molto spesso amplificare, disuguaglianze sociali (Eubanks, 2017; Noble, 2018; O’Neil, 2017).
Così vicini, così lontani. I servizi specialistici di supporto alle donne vittime di violenza e i programmi rivolti ai maltrattanti
In Italia, il campo dell’antiviolenza si è costituito a partire dalla mobilitazione delle associazioni di donne e femministe che, sul finire degli anni ottanta, hanno dato vita ai primi centri antiviolenza e alle case rifugio. Oltre ad articolare un frame teorico e una metodologia di intervento specifici per il supporto delle donne sopravvissute alla violenza, questi attori hanno svolto un ruolo propulsivo nell’interazione coi decisori politici per la definizione di politiche di contrasto al fenomeno.
Il monitoraggio degli interventi contro la violenza sulle donne: nodi critici e proposte
La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica dell’11 maggio 2011, ratificata dall’Italia con legge n. 77/2013, prevede la designazione di uno o più organismi per il coordinamento, l’attuazione, il monitoraggio e la valutazione delle politiche e delle misure destinate a prevenire e contrastare ogni forma di violenza.
Violenza contro le donne: il ruolo del Progetto ViVa nel contesto delle politiche in Italia
Le politiche a contrasto della violenza maschile contro le donne richiedono un approccio di genere, capace di riconoscere le radici socioculturali del fenomeno e di comprendere nel complesso le conseguenze e i costi che la violenza comporta non solo sulle vite delle donne – e dei loro figli/e – che la subiscono, ma anche sulla società. Tale approccio permette una pianificazione di strumenti di intervento e contrasto innovativi e multidimensionali. Pertanto, tali politiche debbono essere capaci di pianificare interventi trasversali e al contempo personalizzati, che si compongono di misure di tipo sociale, socio-sanitario, educativo, abitativo, per il lavoro e la sicurezza, per le pari opportunità e i diritti di cittadinanza.
Rilanciare il legame sociale attraverso pratiche di condivisione abitativa
L’aspirazione alla condivisione coinvolge modi dell’abitare alternativi al modello di concezione razionalista pensato per la famiglia nucleare. Negli ultimi anni si sono sviluppate forme di utilizzo del bene casa e delle funzioni ad esso connesse che scardinano l’impianto «un nucleo-un alloggio». La condivisione abitativa è il frutto di almeno un doppio ordine di motivi. Il primo rimanda alla diffusione di una maggiore sensibilità ai bisogni di interconnessione: tra le ragioni che portano le persone a sperimentare modalità di coabitazione o di co-residenza, c’è il bisogno di cooperare ma anche il desiderio di sviluppare pratiche fiduciarie rafforzando i legami sociali. Il secondo ordine di motivi è composito.
Trasmissione delle disuguaglianze e persistenza nella condizione Neet
Nell’ultimo decennio la questione dei giovani Not in Education, Employment or Training (Neet) si è imposta all’attenzione pubblica italiana, vista la portata assunta dal fenomeno nel Paese. La letteratura ha mostrato come l’origine sociale guidi le scelte scolastiche, incida sul rendimento dell’istruzione e orienti la transizione dalla scuola al lavoro. Mentre la rilevanza di molteplici caratteristiche ascritte in relazione alla condizione Neet è stata costantemente valorizzata negli studi empirici in ambito europeo, nel nostro paese il fenomeno è stato spesso affrontato nei termini di una questione generazionale, dato anche il peculiare modello italiano di transizione all’età adulta, offuscando così il ruolo giocato dalla posizione dei giovani nella stratificazione sociale.
Giovani italiani: autonomamente dipendenti e debolmente inclusi
A fronte della centralità assunta negli ultimi decenni dalle trasformazioni del mercato del lavoro rispetto all’incremento delle disuguaglianze e all’acuirsi della polarizzazione sociale, l’articolo propone alcune linee di riflessione sulle ricadute sociali della precarietà lavorativa focalizzando l’attenzione sui giovani, in particolare sulle loro condizioni economiche e sulle forme della loro inclusione. La dimensione economica dell’autonomia è poco esplorata in letteratura, dove più spesso si ricorre a concetti che indicano un rapporto in negativo con le risorse economiche, quali deprivazione, povertà, o vulnerabilità finanziaria. Nel presente lavoro vengono privilegiati i risvolti soggettivi, i vissuti e le rappresentazioni dell’autonomia.
La solidarietà contro l’esclusione. Il caso del «Comitato di quartiere Quarticciolo» a Roma
La questione abitativa può essere analizzata da diverse prospettive, perché molteplici sono le forme con cui si manifesta. In Italia, come negli altri paesi dell’Europa mediterranea, gli interventi relativi alla casa rappresentano un ambito residuale delle politiche sociali. Insieme alla Grecia, al Portogallo e alla Spagna, il nostro paese si trova agli ultimi posti per quanto riguarda la quantità di euro spesa per abitante (9,6 euro per politiche abitative e circa 70 euro per housing ed esclusione sociale) e per la percentuale di spesa per la casa sul totale della spesa sociale (meno dell’1%).
Una lettura delle trasformazioni della solidarietà organizzata
La ricerca sociale è chiamata ad interrogarsi costantemente sulla coesione delle società e a monitorare i cambiamenti che interessano i suoi principali attori. Questo obiettivo acquista maggiore significato nella fase storica che viviamo, contraddistinta da un indebolimento del welfare, una riduzione della fiducia dei cittadini verso le istituzioni, un aumento delle disuguaglianze sociali, della povertà e dei rischi sociali.
Movimenti di tutela ambientale dal basso: un focus sulla città di Roma
Negli ultimi anni il tema della tutela ambientale è stato sempre più al centro nel dibattito politico nazionale ed internazionale. Esistono oggigiorno regolamentazioni ben precise, volte a fronteggiare i cambiamenti climatici in atto, in un’ottica di trasformazione dei sistemi di produzione dell’energia, di salvaguardia del territorio e di sensibilizzazione della popolazione. È proprio in questo contesto che si sta osservando un crescente sviluppo spontaneo di movimenti impegnati nella cura e protezione dell’ambiente a livello locale: si tratta di associazioni e di comitati di quartiere sempre più attivi e sensibili a questa tematica.
Costruire i legami sociali attraverso l’attivismo civico. Roma, la città che resiste
La crisi del dispositivo della cittadinanza, in corso da alcune decadi, è indiscutibilmente connessa all’indebolimento dei legami sociali che si registra da tempo con preoccupazione, e ne costituisce anzi un fattore rilevante.
Introduzione. Cambiano le famiglie, cambiano le istituzioni?
Mai come nel nuovo millennio la questione di che cosa sia la famiglia, di chi possa accedervi, chi debba regolarla, a che cosa e a chi «serva» è entrata nel dibattito pubblico, sollecitando modifiche sia nel diritto che nelle politiche sociali, interrogando le istituzioni e chi all’interno di esse si interfaccia quotidianamente con le famiglie, in primo luogo operatori, professionisti dei servizi, insegnanti nei servizi educativi e nella scuola. All’origine di questa attenzione, e dei conflitti e delle insicurezze che la attraversano, vi sono fenomeni diversi […]
Le politiche familiari italiane nel contesto europeo
Il contributo descrive i principali modelli di welfare o «famiglie di nazioni» presenti in Europa (Ue 15), ripercorrendo il dibattito politico e sociologico parallelo ai processi di mutamento dei sistemi di welfare, dalle prime analisi di political economy fino al più recente filone di studi sui «regimi di cura».
L’impatto delle politiche familiari sulla bassa fecondità europe
Da più di un ventennio, i paesi europei sono caratterizzati da una fecondità stabilmente al di sotto del livello di sostituzione, anche se con delle distanze dai 2,1 figli per donna più o meno ampie e con ricadute sul piano demografico di diversa intensità. La conseguenza è stata una crescente importanza degli interventi in tema di politiche familiari allo scopo di aumentare il numero delle nascite. Nel 2001 solo un terzo dei paesi europei dichiarava di avere politiche in questa direzione, nel 2009 erano diventati la metà e nel 2016, secondo l’ultima rilevazione delle Nazioni Unite, la percentuale è arrivata al 66%. 
I nuovi volti della famiglia italiana: dinamiche recenti e aspetti evolutivi
Sebbene le statistiche ufficiali non siano sempre in grado di descrivere compiutamente le nuove realtà familiari, le fonti più aggiornate sono qui utilizzate per evidenziare la varietà e la diffusione delle nuove forme di unione – libere unioni, relazioni Lat (Living apart together), unioni civili, convivenze di fatto, famiglie ricostituite – inserendole nel contesto di un vasto mutamento socioeconomico, culturale e legislativo e per descrivere alcuni tratti evolutivi delle famiglie straniere residenti nel nostro paese.
Pochi figli, troppi immigrati? La demografia italiana nel contesto europeo
La finalità dell’articolo è di fornire un quadro conoscitivo del contesto demografico italiano e europeo a partire da alcuni aspetti: la natalità, la fecondità, la mortalità, l’invecchiamento e l’immigrazione, con una particolare attenzione alle differenze territoriali con cui i processi stanno avendo luogo.  La situazione dell’Italia, demograficamente parlando, appare devastante: nel 2018, per il quarto anno consecutivo la popolazione residente è diminuita; da un quarto di secolo, quasi ogni anno il numero dei decessi ha superato quello delle nascite; è più di un lustro che il saldo migratorio con l’estero dei cittadini italiani supera in negativo le −50 mila unità; da più di quarant’anni l’indicatore di fecondità del momento è inferiore al livello di sostituzione (2,1 figli per donna, in media), mentre tutte le generazioni di donne nate dopo la Seconda guerra mondiale si sono riprodotte in misura insufficiente a una loro sostituzione numerica.
Fecondità delle italiane e immigrazione straniera in Italia: due leve alternative o complementari per il riequilibrio demografico?
Il quadro demografico europeo mostra problemi di dinamica e di struttura che stridono al confronto con la situazione dei paesi al di là del Mediterraneo. La popolazione residente in Italia li presenta accentuati, il che condiziona pesantemente il futuro non solo demografico, ma anche sociale, economico, produttivo e degli equilibri di finanza pubblica. È pertanto necessario intervenire agendo sulle due leve a disposizione dei decisori politici: la regolazione dei flussi di immigrazione di stranieri dall’estero e tutti quegli interventi attraverso i quali si cerca di incoraggiare le donne e le coppie a fare più figli. Le due politiche non sono intercambiabili, né nella loro configurazione, né nell’applicazione, perché sono diverse nell’efficacia, tempestività e negli effetti sulla dinamica e sulla struttura della popolazione.
Bisogni sociali e integrazione delle famiglie di origine immigrata
 Una delle più significative innovazioni della società italiana dal secondo dopoguerra ad oggi è rappresentata dall’ingresso e dalla stabilizzazione di una rilevante quota di popolazione straniera che ha reso l’Italia uno dei più importanti paesi europei di immigrazione e una società multiculturale. Tra tutti i processi connessi e al contempo derivati dalla stabilizzazione della presenza immigrata, quello con più ricadute sociali è rappresentato dalla diffusione delle famiglie immigrate.
La soluzione non è questa autonomia
Il Governo sta trattando con alcune Regioni - in applicazione dell’art. 116, terzo comma della Costituzione - il riconoscimento di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia in determinate materie, molte delle quali hanno una ricaduta nella vita quotidiana delle persone e sui loro diritti fondamentali.
Prima agli italiani: la spesa dei Comuni per i servizi sociali
La brusca frenata degli ingressi per motivi di lavoro e la contemporanea impennata degli arrivi via mare sposta e focalizza l’attenzione dell’opinione pubblica e della politica sulla novità rappresentata dal deciso aumento dei richiedenti asilo e dalla trasformazione dell’Italia in un paese di asilo. Questa novità oscura la maturazione dei processi di integrazione, la questione delle seconde generazioni e dei loro bisogni di cittadinanza, per ridurre questo composito fenomeno al tema dei rifugiati e alle problematiche dell’accoglienza. Ma è proprio sull’accoglienza dei richiedenti asilo e sui suoi costi che la retorica anti-immigrazione ha trovato il cavallo di Troia per fare breccia nell’elettorato italiano. Questo articolo prende in esame la spesa che i Comuni sostengono per l’implementazione dei servizi sociali a sostegno dei processi di integrazione della popolazione immigrata.
Regionalismo differenziato: una scorciatoia a favore di pochi
Il percorso con cui si sta cercando di dare attuazione al regionalismo differenziato, per Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, è un percorso in grado di modificare significativamente l’assetto istituzionale del nostro paese.  Dovrebbe allora essere oggetto di un confronto aperto, che permetta di metterne in luce criticità e opportunità. Al contrario lo si è rinchiuso in una mera contrattazione fra esecutivi, in larga parte bilaterale, da cui trapelano indiscrezioni molto spesso smentite e testi di volta in volta sconfessati. […]
Nuovi flussi migratori, accoglienza e diritti umani. Nota introduttiva
«Se l’analisi demografica permette di definire l’ampiezza delle migrazioni bisogna mobilitare altre discipline per avere il senso delle loro diverse dimensioni – geopolitiche, storiche, antropologiche, economiche ma anche giuridiche ed etiche. Ciò perché le migrazioni, legate all’origine ai bisogni delle economie nazionali, sono state sempre più alimentate dalla logica dei diritti universali: una mutazione decisiva e al contempo fragile». Così si espresse François Héran nella lezione al Collège de France in occasione della cattedra assegnatagli nel 2018 pubblicata da Fayard. Il processo che lo studioso francese mette in luce riguarda un periodo molto lungo. Ma in Italia esso si è mostrato nel giro di pochissimi anni. Si è verificata infatti nel corso di questo decennio una progressiva radicale modificazione dei flussi migratori spostando il focus delle politiche da quello tradizionale della gestione dell’ingresso e della collocazione dei migranti per lavoro – ambito sostanzialmente economico – a quello di gestione del flusso di rifugiati e richiedenti asilo – ambito prevalentemente dei diritti umani o meglio universali come ritiene Héran. […]
La riarticolazione securitaria del management migratorio: il contrasto dell’immigrazione e la vicenda Riace
Il saggio tematizza la configurazione dei confini e dei processi di confinamento e segregazione nel vigente regime migratorio, nella connessione tra politiche di regolazione dell’accesso e dell’insediamento nello spazio nazionale, concentrandosi in particolare sulla continuità della torsione autoritaria e razzista delle strategie (politiche e comunicative) adottate nel governo del fenomeno migratorio ai tempi del ministro Salvini.  Le vicende Diciotti e Riace sono analizzate quali esempi paradigmatici delle politiche di securizzazione delle frontiere e dei territori. La prima (Diciotti) consente di evidenziare i processi che si sono realizzati sui confini esterni, attraverso la marginalizzazione e la criminalizzazione dell’intervento umanitario delle ong, la chiusura dei porti e l’esternalizzazione dei controlli, l’affidamento degli interventi di soccorso e salvataggio a paesi «amici». L’altra (Riace) permette di riflettere sui processi di confinamento interni, cioè sulla drastica smobilitazione del sistema di seconda accoglienza, attraverso la stigmatizzazione e criminalizzazione di Mimmo Lucano e del modello integrato di accoglienza diffusa e di sviluppo locale realizzato nella piccola comunità calabrese.  […]
L’attività degli operatori sociali tra aiuto e controllo nel quadro del nuovo sistema di accoglienza
Come si coniugano gli interventi professionali volti al benessere delle persone in stato di necessità con le funzioni di controllo ed espulsione contenute nel Decreto Sicurezza? Quali i rischi di pratiche discriminatorie nell’intervento sociale all’interno dei centri di accoglienza? Come sfidare le politiche e le pratiche ingiuste e lavorare per una società inclusiva? Questi alcuni dilemmi che si trovano ad affrontare gli operatori delle strutture di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati e in particolare gli assistenti sociali, come professionisti dell’aiuto, espressione della solidarietà della Società. [...]
«Vengono per delinquere»: logiche e cicli di criminalizzazione dell’immigrazione
La ricerca sociologica sulla devianza ha mostrato negli ultimi decenni come la criminalità non sia qualcosa di oggettivo, che sta là fuori in attesa di essere identificato, misurato e combattuto, ma piuttosto un fenomeno costruito socialmente. L’aggettivo «criminale», ovvero il processo di criminalizzazione attraverso il quale comportamenti e individui sono trattati come crimini e criminali, è prodotto da decisioni politiche e procedure organizzative. Queste attività richiedono delle scelte, delle interpretazioni e delle allocazioni di risorse che sono fortemente condizionate dal modo in cui il problema sociale in oggetto è stato costruito e da quanto efficacemente esso ha fatto «carriera» nell’arena pubblica, anche grazie all’attività di gruppi di pressione che sono riusciti a etichettarlo con successo come un problema sociale prioritario, di natura criminale. […]
La transizione migratoria italiana negli anni della crisi
L’articolo intende mostrare i mutamenti e le persistenze del modello migratorio italiano negli ultimi dieci anni. Lo studio vuole mettere in evidenza due processi, uno riguarda il cambiamento degli indirizzi legislativi relativi alle politiche di ingresso e ai permessi di soggiorno, l’altro lo stato attuale dei processi di segregazione etnica nel mercato del lavoro. I due aspetti, apparentemente distinti, mostrano in realtà come il drastico restringimento dei canali di ingresso legali per motivi di lavoro abbia comportato anche degli effetti indiretti sul mercato del lavoro migrante. I processi di segregazione razziale – sebbene già presenti – si sono accentuati sensibilmente fino ad operare una sorta di «ghettizzazione» occupazionale dei migranti.  […]
Istituzioni del welfare e innovazione sociale: un rapporto conflittuale?
Il concetto di «innovazione sociale» (d’ora in poi: Is) viene utilizzato da più parti come la chiave di lettura per di progetti e iniziative che propongono soluzioni a carenze o nodi critici delle istituzioni di welfare nell’affrontare i bisogni sociali. In questo articolo proponiamo un’analisi delle definizioni di Is e del rapporto fra Is e welfare – un rapporto complesso, a tratti conflittuale.
L’amministrazione partecipata, dall’adempimento alla norma all’organizzazione per risultato
L’articolo è inerente la partecipazione dei lavoratori alla innovazione dei procedimenti amministrativi, da un lato, e dei portatori di interesse, dall’altro. L’intento per entrambi i casi è di conseguire l’innovazione dell’organizzazione e del servizio pubblico grazie l’utilizzo di percorsi di partecipazione inclusiva che interessano lavoratori e dirigenti di alcuni servizi e un campione di utenti interessati all’organizzazione e alle scelte pubbliche dell’amministrazione.
L’innovazione sociale urbana tra sperimentazione di nuove forme di governance e disimpegno del welfare
I tre Autori partono dal presupposto che l’attuale restringimento del perimetro di azione del pubblico – comune a tutti i paesi a capitalismo avanzato – si associ alla responsabilizzazione di players individuali e collettivi, che a volte addirittura partecipano del «brand istituzionale» e che localizzano la loro azione nella Città, la quale più di altri ambienti vive la contraddizione tra l’arrembaggio del mercato – ormai esteso a ogni ambito della vita sociale – e l’attivazione di pratiche collettive volte a migliorare le condizioni materiali e immateriali dell’esistenza degli individui.
Innovazione sociale, auto-organizzazione e azione pubblica. Integrazione o sostituzione? Nota introduttiva
Un ampio dibattito si è sviluppato in questi anni sul tema dell’innovazione sociale in relazione ai processi e alle pratiche di riorganizzazione delle reti di welfare territoriale. I concetti e le definizioni che in questo contesto sono associati all’innovazione sociale presentano un certo grado di eterogeneità, prestando il fianco a interpretazioni molto diverse tra loro. []
Le droghe, tra repressione e rimozione. La Relazione del governo e i Rapporti ombra della società civile
 Le Relazioni del governo al Parlamento sulle tossicodipendenze furono introdotte nella legge Jervolino Vassalli del 1990, frutto di uno specifico emendamento delle opposizioni durante la discussione parlamentare. Poiché la legge segnava un giro di vite repressivo, con la punizione del semplice consumatore, le opposizioni chiesero uno strumento che permettesse di monitorare e di valutare gli effetti delle nuove norme penali e più in generale le politiche antidroga. Infatti, la norma di legge chiede al governo non solo di riferire sui dati, ma anche sulle «strategie e gli obiettivi raggiunti» (art. 131 della legge 309/90).  Dunque, la raccolta di informazioni assolve a una precisa finalità politica, testimoniata peraltro dal fatto che l’interlocutore primo è il Parlamento. []
Abitare inclusivo: servizi di welfare tra emergenza e innovazione
La ristrutturazione delle politiche abitative sociali in Europa, negli anni della stagione neoliberale, ha dato origine a una riduzione dell’edilizia sociale. Nel tempo si è verificata da un lato una progressiva copertura dei livelli medio-bassi della domanda, dall’altro è aumentato un settore di offerta «molto sociale». Le forme convenzionali sono state sostituite da nuove forme di offerta abitativa sociale rivolte a situazioni di estrema povertà, tra queste: i centri di pronta accoglienza, le sistemazioni temporanee per il singolo nucleo o in coabitazione, gli alloggi di emergenza sociale. []
Un New Deal per l’Europa. Rilanciare le infrastrutture sociali
La grande pressione esercitata dalla recente crisi e dalle nuove sfide del XXI secolo richiede un ampliamento e un ammodernamento delle politiche sociali su molti livelli. Le infrastrutture sociali sono fondamentali per il nostro futuro perché plasmano la natura della nostra società e rendono possibili servizi sociali e investimenti in capitale umano. L’articolo evidenzia la necessità di rilanciare le infrastrutture sociali in Europa e come le riforme dei sistemi di protezione sociale europei, in particolare sanità, cura degli anziani e dei minori, istruzione, edilizia sociale, dovrebbero diventare i pilastri per affrontare le grandi trasformazioni che attendono l’Europa di domani. Ciò in virtù del fatto che infrastrutture sociali di alta qualità offrono benefici ai singoli cittadini ed alla collettività con ricadute positive sulla società e sull’attività economica aumentando la coesione sociale, l’occupazione e la crescita economica. Infine, vengono fatte alcune proposte innovative su come finanziarle, tra le quali la creazione di un nuovo Fondo europeo per le infrastrutture sociali che si finanzia tramite l’emissione di Euro Social Bond.
Il welfare, la casa, l’abitare: lo scenario nazionale. Nota introduttiva
Dopo decenni in cui la diffusione della proprietà aveva indotto a pensare che la «questione abitativa» fosse ormai superata, a partire dalla crisi economica del 2008 la casa e l’abitare sono tornati al centro del dibattito scientifico, mentre occupano uno spazio scarso nell’agenda politica.   […leggi la versione integrale]
Generazioni: dal conflitto alla sostenibilità
I rapporti intergenerazionali odierni e la questione pensionistica, che di quei rapporti è un pilastro importante, sono stati fortemente condizionati dalle scelte politico sociali del passato. Che queste scelte siano state da sempre in Italia condizionate da una visione dei legami familiari come realtà intangibile a interventi esterni è un dato, da cui é derivata una serie di effetti perversi che hanno contribuito a fiaccare la forza di quei legami: declino della fecondità, accelerazione dello squilibrio demografico, ostacolo alla partecipazione femminile al mercato del lavoro, atrofia dei servizi, delega delle funzioni di cura a figure surrogate (donne immigrate), allungamento della permanenza dei giovani nella famiglia d’origine, freno alla mobilità e quant’altro possa ricondursi a questa forzata «familizzazione» della domanda sociale. Familismo e «pensionismo» procedono in effetti in parallelo nella storia del nostro Welfare. [...]
Generazioni. Nota introduttiva
Uno dei temi ricorrenti – e solitamente assunti come scontati – nel dibattito pubblico, soprattutto in Italia, è quello del «conflitto fra generazioni». Si ritiene, in altri termini, che le opportunità che hanno ad oggi le generazioni più giovani, nel mercato del lavoro e nel loro corso di vita, siano condizionate, e generalmente peggiorate, dalle (troppe) opportunità concesse alle generazioni più anziane da un sistema di welfare troppo generoso e da un mercato del lavoro che in passato funzionava bene (anche perché non doveva subire il fardello del costo del welfare state). Questa sezione monografica della Rivista delle Politiche Sociali si occupa di «generazioni», soprattutto con riferimento al caso italiano, ma seguendo un’ottica del tutto antitetica rispetto a quella, purtroppo maggioritaria, che, semplicisticamente, imputa il progressivo impoverimento (in senso relativo) delle opportunità dei giovani nei redditi e nel mercato del lavoro alle troppe risorse che sono appropriate dagli avidi anziani. […]
Rps 4 2017_Le nuove migrazioni intra-europee nelle trasformazioni del mercato del lavoro_Sanguinetti_free text.pdf
Rps 4 2017_La mobilità degli studenti Erasmus_Cocorullo e Pisacane_free text.pdf
Rps 4 2017_La nuova emigrazione italiana. Nota introduttiva_Boffo e Pugliese_free text.pdf
Rps 1 2018_Le interruzioni lavorative delle donne migranti in transizione alla genitorialità in Italia_Santero e Solera_free text.pdf
Rps 1 2018_Tra famiglia e lavoro quattro sistemi a confronto_Migliavacca e Naldini_free text.pdf
osservatorio_europa_3_12.pdf
osservatorio_europa_2_12.pdf
osservatorio_europa_1_12.pdf
osservatorio_europa_4-2011pdf.pdf
osservatorio_europa_3-2011pdf.pdf
osservatorio_europa_2-2011pdf.pdf
osservatorio_europa_1-2011pdf.pdf
Rps 2 2016_Figli dell’immigrazione a scuola_Barberis_free text.pdf
RPS 2 2016_Una scuola in affanno_Ascoli_Pavolini_free text.pdf
Rps 1 2016_Welfare aziendale o contrattuale_Martini_free text.pdf
Rps 1 2016_Le metapolitiche per la città_De Nardis e Alteri_free text.pdf
Rps 1 2016_Tra innovazione e nuova rappresentanza_Bonini Lembo_free text.pdf
Rps 1 2016_Politiche, crisi e socialità_Alietti_free text.pdf
Rps 1 2016_Le aree militari nelle città italiane patrimonio_Artioli_free text.pdf
osservatorio_europa_4_12.pdf
Rps 3 4 2016_Pensioni al nodo equità_Jessoula_free text.pdf
Rps 3 4 2016_Pensioni_Geroldi_free text.pdf
Rps 3 4 2016_Relazioni industriali e politiche economiche_Sanna_free text.pdf
Rps 3 4 2016_Tagli agli enti locali e servizi sociali_Marano_free text.pdf
RPS 3-4 2016_Le tante facce della disuguaglianza economica. Nota introduttiva_Granaglia e Raitano_free text.pdf
Rps 2 2016_Le politiche educative in Italia_Ciarini e Gaincola_free text.pdf
Rps 2 2016_La sanità pubblica_Dirindin_free text.pdf
Rps 2 2016_Universalità del sistema sanitario e invecchiamento demografico_Giannelli_free text.pdf
Rps 2 2016_Classe sociale di origine e abbandoni universitari in Italia_Ghignoni_free text.pdf
Rps 2 2017_Welfare occupazionale_le sfide oltre le promesse_Una introduzione_.Jessolua_Free Text.pdf
Rps 1 2017_Politiche abitative pubbliche e welfare locale_Moretti_free text.pdf
Rps 1 2017_Politiche sociali e servizio sociale di comunità_Allegri_free text.pdf
Rps 1 2017_Servizio sociale e generatività_Gui_free text.pdf
Rps 1 2017_Il servizio sociale di fronte alle politiche neoliberiste e al managerialismo_Dellavalle_Cellini_free text.pdf
Rps 1 2017_Gli assistenti sociali di fronte alle trasformazioni delle politiche sociali_Sicora_free text.pdf
Rps 1 2017_Servizio sociale e welfare in Italia_Ascoli e Sicora_free text.pdf
Rps 3 4 2016_Riforma sistema imposte_Di Nicola e Paladini_free text.pdf
Rps 3 2017_Spunti di riflessionesu imposte, spesa e futuro del welfare_Turati_free text.pdf
Rps 3 2017_Riformare diritti sociali iniqui_Arlotti, Parma, Ranci_free text.pdf
Rps 3 2017_Reddito minimo nel Sud Europa_Natili_free text.pdf
Il futuro dei diritti sociali in Europa: investimenti, attori e nuove politiche per un (diverso) modello sociale europeo. Nota introduttiva
Le asimmetrie crescenti interne all’Europa stanno ponendo una seria minaccia al futuro del modello sociale europeo. Dati gli stretti vincoli di bilancio che si impongono sulle agende nazionali, il rischio che si intravede è l’affermarsi di una forte divaricazione tra paesi che, nonostante il consolidamento fiscale, mantengono uno spazio di manovra per investire risorse in risposta ai bisogni sociali vecchi e nuovi e paesi che, in condizioni di bilancio più critiche, non hanno alternative al mero taglio della spesa sociale. In questo quadro i processi di ricalibratura su cui negli anni precedenti alla crisi era emersa una prospettiva di convergenza, almeno sul piano degli obiettivi, appaiono fortemente indeboliti e con essi anche quell’agenda di riforme, codificata nell’approccio dell’investimento sociale (Esping-Andersen, 2002; Vandenbroucke, Hemerijck e Palier, 2011; Bonoli, 2012; Morel, Palier e Palme, 2012; Ascoli, Ranci e Sgritta, 2016; Hemerijck, 2013, 2017), che era stato ufficialmente riconosciuto dalle istituzioni europee. Come hanno scritto Ascoli, Ranci e Sgritta (2016), nonostante il cambio di passo invocato da più parti, le politiche sociali e il welfare sono sempre più concepiti come un costo da rendere compatibile con i tassi di crescita dell’economia, non certo come un investimento. […]
A due anni dal rapporto sull’Equità di salute in Italia: percorsi e prospettive
La popolazione italiana in media sta abbastanza bene: meglio rispetto al passato e spesso anche rispetto a chi vive nel resto d’Europa. Ma viviamo in una società stratificata, dove le persone più ricche stanno meglio, si ammalano di meno e vivono più a lungo. Queste differenze sono socialmente determinate e, come ormai assodato da tempo, almeno in parte modificabili ed evitabili. Per questo è rilevante l’indirizzo assunto dalla Commissione europea nel 2009, con la Comunicazione Solidarietà in materia di salute: riduzione delle disuguaglianze sanitarie nell’Ue, approvata nei mesi successivi dalle principali istituzioni comunitarie. […]
Rps 2 2017_Associazioni datoriali nelle politiche di welfare_Razetti_free text.pdf
Rps 2 2017_Il welfare aziendale e la sanità complementare_Granaglia_free text.pdf
Rps 2 2017_Associazioni datoriali nelle politiche di welfare_Pavolini e Seeleib-Kaiser_free text.pdf
Rps 2 2017_Sindacato, sindacati e la sfida del welfa-re contrattuale_Colombo_free text.pdf
La nuova emigrazione italiana. Nota introduttiva
È ormai noto che da anni c’è una ripresa dell’emigrazione degli italiani all’estero, che si è manifestata in maniera particolarmente evidente a partire dagli anni della crisi e della recessione, ma era già iniziata in maniera silenziosa, con alti e bassi, a partire dai primi anni del secolo. Tuttavia, attenzione e soprattutto comprensione del fenomeno, a partire dalla sua effettiva portata, sono ancora molto modeste. Si tratta di una emigrazione che in larga misura è frutto della crisi e della recessione, ma la portata e gli aspetti che la caratterizzano sembrano giustificare la tesi di un vero e proprio nuovo ciclo nella emigrazione italiana. […]
Divari sociali e mercato del lavoro: un approccio «macro-micro» e «micro-macro»
Il pieno sviluppo dei servizi sociali e socio-sanitari è parte integrante degli obiettivi posti alla base dell’agenda sociale europea e dell’approccio del social investment. Al pari della formazione continua, delle politiche attive del lavoro e degli investimenti in ricerca e sviluppo, questi servizi hanno una rilevanza strategica nell’approccio europeo, sia per rispondere ai nuovi rischi sociali, sia per il sostegno indiretto al mercato del lavoro. Un pieno sviluppo dei servizi favorisce tuttavia non solo l’inserimento nel mercato del lavoro ma anche la creazione diretta di nuovi impieghi nel sociale. [...]