Guerra e vendetta
12
Ottobre
2023

Guerra e vendetta

Il commento di Marcella Delle Donne, autrice del volume “Voci dal conflitto”, al nuovo scenario di sangue tra Israele e Palestina.

Attacco di Hamas al cuore di Israele: la guerra di Netanyahu può annullare la Palestina?
Marcella Delle Donne
Premessa.
La strategia dello Stato di Israele che non ha mai definito i suoi confini, è stata quella di allargare il proprio territorio all’intera Palestina, col conseguente Nishul del popolo palestinese. Come ha chiarito l’israeliano Jeff Halper, antropologo, professore presso l’Università Ben Gurion: “Il concetto di displacement non è nuovo. I rifugiati palestinesi, come altri, sono stati a lungo descritti come “gente fuori posto”. Ma questo è uno spostamento in senso specifico: è un evento o un risultato, come la “creazione dei problemi dei rifugiati nel 1948. Il Nishul va oltre questa interpretazione restrittiva. Come concetto e come politica il Nishul deriva dal pensiero sionista, il cui principale obiettivo è costruire uno Stato esclusivamente ebraico nella terra di Israele/Palestina. Ciò implica, quasi per definizione, il displacement di chi avanza pretese rivali sul paese, i palestinesi.” (Halper J., 2021, Displacement, una forma israeliana di Apartheid, Roma Futura)

Capire l’attacco di Hamas
, l’organizzazione capillare del suo intervento sul territorio israeliano, senza che le agenzie di controspionaggio israeliano, Mossad, Shin Bet e le intelligence cibernetiche Unit 504 e Unit 8200 (agenzie tra le più sofisticate del mondo) rimanessero allo scuro di quanto Hamas stava pianificando, si può spiegare, forse, con l’arrogante illusione di Netanyahu e del suo Governo di estrema destra di avere il controllo assoluto sul territorio occupato della Cisgiordania e di Gaza. Di fatto il controllo e le informazioni delle agenzie di controspionaggio hanno fallito clamorosamente. Con l’avvento di Netanyahu al Governo sostenuto dall’estrema destra e dagli gli ultraortodossi del Sionismo religioso, si è inasprita la situazione dell’esistenza dei palestinesi, con attacchi, incendi, distruzioni e violenze dei coloni nelle città della Cisgiordania. I palestinesi che hanno tentato una difesa armata, considerati terroristi e jihadisti sono stati eliminati.

Da parte sua il partito Otzma Yehudit (tr.it. Potere ebraico) che fa parte del Governo presieduto da Netanyahu, caldeggia l’espulsione da Israele di tutti i suoi 2 milioni di abitanti palestinesi: “E’ tempo di essere padroni del nostro paese”, così afferma il capo del partito, Ben Gvir, incitando la popolazione israeliana all’odio.
Il quotidiano Haaretzh, al di là delle elezioni vinte dalla destra e ultradestra, ora al Governo, sotto la guida di Netanyahu ha pronosticato quanto segue: “Una minaccia alla democrazia”, che paventa scenari di guerra civile. Scenario che si sta verificando. (Delle Donne M., 2023, La Costruzione della Grande Israele, dal Sionismo laico al Sovranismo ebraico, Napoli, Guida Editori)

Scenario di guerra.

L’attacco di Hamas si può comprendere, anche se ha lasciato tutto il mondo stupito per la perfezione della strategia bellica, ma anche inorridito per la barbaria sulla popolazione civile israeliana, la carneficina di giovani israeliani disarmati e la brutalità dei rapimenti (almeno 100 israeliani, tra cui americani e non solo) deportati a Gaza come ostaggi. Di conseguenza c’è stata la riprovazione di tutti i Governi occidentali che si sono espressi con un sostegno incondizionato a Israele. La reazione del Governo israeliano viene espressa dallo stesso Netanyahu, ed è stata immediata: “Guerra e vendetta”. Dopodiché iniziano massicci bombardamenti per via aerea su Gaza, ma senza intervenire militarmente via terra per non mettere a repentaglio la vita degli ostaggi.

L’attacco di Hamas può considerarsi un suicidio, vista la sproporzione delle forze in campo? La Palestina con un territorio già ridotto in minimi termini per le occupazioni israeliane, scomparirà dalle mappe geografiche e con essa l’identità del popolo palestinese? A questo punto dobbiamo analizzare la situazione da un punto di vista geopolitico. Israele può essere considerato la testa di ponte degli interessi dei paesi occidentali nel Medio Oriente.
Nello scacchiere mediorientale convivono i paesi arabi: Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi, più o meno alleati degli Stati Uniti ma sostenitori di una nazione per i palestinesi. C’è l’Iran, che non ha mai riconosciuto lo Stato di Israele, il Libano, la Siria, la Giordania, filopalestinesi, pronti a mobilitarsi per i palestinesi in caso di guerra. C’è l’Egitto, importantissimo, tra l’altro, poiché al suo interno si trova il canale di Suez che connette il Mediterraneo all’Oceano Indiano, senza circumnavigare l’Africa. Via di comunicazione trafficatissima, fondamentale anche per i commerci occidentali. Non a caso Israele fu la prima ad intervenire militarmente insieme alla Francia e all’Inghilterra quando Nasser nazionalizzò il canale di Suez.

Non è improbabile che l’attacco di Hamas abbia avuto, tra le finalità, quella di annullare gli accordi di Abramo, sostenuti dagli USA per avviare rapporti di collaborazione tra Israele e i paesi arabi. Di fatto, Hamas ha agito anche in questo senso, forse sostenuto dall’Iran, che Israele considera il suo peggior nemico e milita in territorio iraniano con interventi armati per evitare il formarsi di un apparato nucleare.

Gli USA che considerano Israele il proprio braccio destro nello scacchiere mediorientale, stanno mobilitando le forze militari marittime e terrestri come deterrente nei confronti di possibili interventi da parte dei paesi favorevoli a sostenere la difesa armata di Hamas. Allo stato attuale delle cose non è possibile fare previsioni attendibili, molto dipende anche dalle decisioni dell’ONU in merito alla questione israelo-palestinese.
Credo comunque, per la complessità delle forze in gioco all’interno dello scacchiere mediorientale, che l’obiettivo delle destre israeliane del Nishul (vanificazione, annientamento) dei palestinesi non sia possibile.