Tipologia: sentenza
Regione: Toscana
La condotta censurata da parte datoriale è inidonea a ledere la fiducia alla base del rapporto di lavoro, così non integrando violazione del dovere di fedeltà posto dall’art. 2105 c.c. né, tantomeno, giusta causa di licenziamento. Infatti, le frasi attribuite al lavoratore possono costituire una reazione verbale giustificata dall’esasperazione per una condotta altrui omissiva, denotante sottovalutazione del fenomeno pandemico, accompagnata da frasi villane e sprezzanti della salute propria e degli altri clienti, oltreché del cassiere.
Nella fattispecie, il lavoratore si è limitato ad esercitare il proprio diritto, costituzionalmente garantito, a svolgere la propria prestazione in condizioni di sicurezza.
L’esimente dello stato di necessità gli consentiva del resto, pur in assenza di una specifica disposizione di legge, anche di astenersi dal lavoro poiché lo svolgimento della prestazione lo esponeva ad un rischio di danno alla persona.