Descrizione
Corte Costituzionale e «indennità di frequenza» per i minori extracomunitari non titolari di carta di soggiorno Revirement della Cassazione sulla responsabilità solidale per il Tfr in caso di trasferimento di azienda Contratto a progetto e Tribunale di RomaRestrizione della concorrenza operata dalla costituzione di un consorzio obbligatorio nel settore dei laterizi
L'Autorità Garante ha formulato alcune considerazioni in merito al contenuto
della legge 11 novembre 2011 n. 180,recante «Norme per la tutela della libertà d'impresa.
Statuto delle imprese». In particolare, l'articolo 14 dello Statuto delle imprese prevede
che sia costituito dalle imprese attive nel settore dei laterizi un consorzio obbligatorio
' denominato «consorzio obbligatorio per l'efficientamento dei processi produttivi nel
settore dei laterizi» (di seguito, Cosl) ' avente a oggetto l'efficientamento dei processi
produttivi, la riduzione del loro impatto e il miglioramento delle performance ambientali,
la valorizzazione della qualità e l'innovazione dei prodotti. Tale consorzio, senza fini di lucro
e con personalità giuridica di diritto privato, viene costituito per creare e gestire un
Fondo alimentato dai consorziati sulla base di un versamento obbligatorio ' commisurato
alle vendite di ciascun consorziato ' al fine di incentivare la chiusura di unità produttive
di laterizi più vetuste e meno efficienti, sia in termini di elevati costi energetici sia in termini
di impatto ambientale. Il consorzio può altresà essere destinatario di finanziamenti
nazionali o comunitari, di eventuali contributi di terzi, in caso di consulenze o servizi resi
dal Cosl stesso, di eventuali contributi straordinari dei consorziati, su delibera dell'assemblea.
In merito a tale previsione, l'Autorità ha richiamato l'assoluta e generale opportunità
che il sistema dei consorzi a fini ambientali risulti effettivamente improntato alla tutela e
promozione della concorrenza, attraverso la previsione di una pluralità di soggetti legittimati
a operare nelle attività alle quali sono destinati, anche in competizione tra loro, al fine
di ottenere maggiori efficienze di servizio, con conseguenti benefici anche sotto il profilo
ambientale. Nel caso specifico, l'Autorità ha rimarcato come, in contrasto con i principi
posti a tutela della concorrenza, la norma in esame dello Statuto delle Imprese preveda
invece un unico soggetto per l'efficientamento dei processi produttivi al fine di ridurre
l'impatto ambientale derivante dalla produzione dei laterizi, corrispondente al Cosl. A
fronte di ciò l'Autorità ha rilevato come tale previsione normativa determini la costituzione
di un unico consorzio obbligatorio, laddove la presenza di più sistemi alternativi destinati
allo svolgimento di tale attività ' e costituiti tra le varie aziende ' potrebbe invece consentire
dinamiche concorrenziali che concorrano all'efficientamento del settore
Tutela assicurativa degli allievi che attendono a esperienze tecnico- scientifiche, esercitazioni pratiche
La Corte di Cassazione, con una decisione che non conosce precedenti, ha respinto
il ricorso dell'Inailavverso la decisione della Corte di Appello di Cagliari che aveva
ritenuto indennizzabile l'infortunio in itinere accaduto a una studentessa di un istituto
professionale frequentante il corso di studi finalizzato all'acquisizione della qualifica di operatrice
tessile.
La ricorrente in prima istanza aveva dedotto che, in conseguenza dell'incidente stradale
subàto durante il tragitto ordinario tra il laboratorio artigiano presso il quale si svolgevano
le esercitazioni pratiche e la sua abitazione, tragitto non servito a quell'ora da mezzi
pubblici, aveva patito delle lesioni e pertanto rivendicava il riconoscimento del diritto alle
prestazioni dell'Inail.
L'Istituto assicuratore contestava l'indennizzabilità richiamandosi alla propria circolare n.
28/2003 ove si affermava testualmente che «a differenza degli insegnanti gli studenti sono
una particolare categoria di soggetti che non hanno un rapporto di lavoro e che sono
assicurati in via eccezionale solo per gli eventi che accadono nel corso delle attività previste
dalla legislazione, con esclusione quindi degli infortuni in itinere, non connessi alla
specifica attività per la quale sussiste l'obbligo di legge».
La Cassazione, invece, con la recente sentenza, ha osservato che le tutele assicurative a
carico dell'Inail riguardano tutte le persone assicurate e che la circostanza che tra le lavorazioni
specificamente indicate siano comprese quelle che prevedono lo svolgimento di esperienze
ed esercitazioni pratiche dimostra che il legislatore ha inteso estendere l'ambito
delle attività coperte dall'assicurazione sociale anche a «ipotesi di soggetti che, come
nel caso in esame, svolgono un'attività che si risolve in un inserimento, sia pure temporaneo,
nel mondo del lavoro e che, nell'espletamento di tale attività , vengono a trovarsi nelle
stesse condizioni di rischio del lavoratore subordinato».
Non vi sarebbe, pertanto, alcuna valida ragione di negare la completa tutela anche agli
studenti che attendano a esercitazioni pratiche solo sul presupposto dell'insussistenza di
un rapporto di lavoro subordinato.
Sulla base di tali argomentazioni è stato pertanto ritenuto indennizzabile l'infortunio in itinere
occorso alla studentessa.
Rivalutazione contributiva per esposizione al rischio da amianto negli ambienti di lavoro
La Sezione giurisdizionale per la Liguria della Corte dei Conti aveva riconosciuto
al ricorrente in prima istanzai benefici di cui all'art. 13, comma 8, legge n. 257/1992
sulla scorta della documentazione esibita e di una Ctu il cui espletamento aveva consentito
di ritenere ingiustificato il riconoscimento di soli quattro anni di esposizione ad amianto
certificato dall'Inail e integrato il dato normativo del superamento di dieci anni di esposizione.
Propone appello l'Inpdap sostenendo che la certificazione dell'Inail costituisce «un presupposto
imprescindibile per acquisire i benefici in questione», per cui non sarebbe ammessa
la prova equipollente nel giudizio.
Osserva la sez. II giurisdizionale di appello con la decisione richiamata che è ben vero che
la certificazione sull'esposizione all'amianto resa dall'Inail costituisce «un atto necessario
del procedimento amministrativo», ma che certamente non costituisce un presupposto indefettibile
dell'azione giudiziaria, giacché gli artt. 24 e 113 della Costituzione stabiliscono
rispettivamente che «tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi
» e che «contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale
dei diritti e degli interessi legittimi». Conclude la Corte dei Conti affermando,
pertanto, che «in caso di esito sfavorevole del procedimento di riconoscimento dell'esposizione
all'amianto è comunque possibile sottoporre a giudizio il diniego dell'amministrazione
e in tal modo superare, eventualmente, il contenuto della certificazione Inail» e richiamandosi
all'orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, che anche di recente ha ribadito: «la certificazione Inail non costituisce prova esclusiva dell'esposizione qualificata,
persistendo ovviamente la possibilità che questa venga dimostrata in giudizio
in attraverso gli ordinari mezzi di prova» (Cass. n. 12823/2011; cfr. ex aliis, Cass. Ss.Uu
n. 20164/2010
Irrilevanza della titolarità della rappresentanza legale della organizzazione sindacale proclamante ai fini sanzionatori
La Commissione ha affermato che è ininfluente sotto il profilo dei presupposti e
degli effetti della delibera di valutazione negativadi una astensione indetta in una
azienda di igiene urbana la questione della titolarità della legale rappresentanza della segreteria
provinciale dell'Organizzazione sindacale proclamante e del relativo contenzioso,
riguardante l'uso della sigla, del logo e del nome dello stesso sindacato, delle relative cariche
statutarie, dal momento che la competenza della Commissione è circoscritta alla valutazione
della regolarità dell'astensione collettiva proclamata da qualunque soggetto
collettivo, indipendentemente dalla qualificazione, dal grado di rappresentatività e persino
dalla natura spontanea del soggetto promotore dell'azione di protesta. Conseguentemente,
ciò che rileva, ai fini della sanzione da irrogare in conseguenza della valutazione
negativa del comportamento, è che vi siano, all'interno dell'azienda lavoratori iscritti al
soggetto collettivo che ha proclamato l'astensione e che a tale Organizzazione sindacale,
qualunque sia la denominazione utilizzata, siano devoluti, da parte dell'Azienda, i contributi
sindacali dei dipendenti iscritti. Nei confronti di questa organizzazione va adottata la
sospensione, ai sensi dell'art. 4, comma 2, della legge n. 146 del 1990 del pagamento da
parte dell'azienda dei contributi sindacali dovuti.
Tassatività dei motivi di deroga del preavviso e della durata massima dello sciopero
L'art. 2, comma 7, della legge n. 146 del 1990 consente di derogare al preavviso e
agli obblighi di durata massimadell'astensione solo in caso di astensioni in difesa dell'ordine
costituzionale (il cui presupposto consiste in una situazione di pericolo per le istituzioni
democratiche) ovvero in caso di protesta per «gravi eventi lesivi dell'incolumità e
della sicurezza dei lavoratori». Ad avviso della Commissione tali ipotesi non ricorrono nel
caso di astensioni dalle udienze degli avvocati per protestare contro la soppressione dei
tribunali «minori». Le eventuali situazioni di abnormità , di disservizi e di disagio denunciate
dagli avvocati possono essere rappresentate presso i competenti organi (Corte di Appello
e ministro della Giustizia). Pertanto i motivi che hanno indotto l'assemblea degli avvocati
a proclamare l'astensione, pur potendo rappresentare una situazione di pregiudizio,
ai fini del regolare funzionamento della amministrazione della giustizia, non permettono
di giustificare la violazione del termine legale del preavviso in quanto le ragioni addotte
non rientrano tra le gravi ipotesi tassative di deroga rispetto a tali obblighi.
Prova della imputabilità di un’astensione alla organizzazione sindacale cui sono iscritti i lavoratori scioperanti
Lavoro pubblico – Deliberazione dell’ente locale in merito alla determinazione del fabbisogno di personale
Contratti di lavoro successivi a tempo determinato – Ragioni obiettive che possono giustificare il rinnovo di contratti siffat
Convenzione di Roma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali – Contratto di lavoro – Scelta delle parti
Lavoratori migranti – Previdenza sociale – Accordo tra la Comunità europea e i suoi Stati membri e la Confederazione svizze
contratto a tempo determinato stipulato successivamente a un periodo di lavoro di fatto
Con ricorso al Tribunale del lavoro di Roma il lavoratore ha chiesto l'inclusione
nella base di computo di vari istituti indiretti(quali: indennità di anzianità ,
Tfr, tredicesima e quattordicesima mensilità , trattamento economico per ferie e
indennità sostitutiva del preavviso) dei compensi percepiti a titolo di lavoro straordinario
nonché per l'indennità di raggiungimento sede lavorativa, compenso per manutenzione
vestiario e indennità maggiore produttività , percepiti in modo fisso e continuativo.
Il giudice, nel valutare il caso concreto e alla luce del Ccnl applicato, ha ritenuto fondata
la domanda per la parte finalizzata a ottenere il computo dei compensi per lavoro
straordinario e delle indennità suddette ai fini della determinazione della tredicesima
e quattordicesima mensilità , della retribuzione per ferie e dell'indennità sostitutiva
del preavviso. Per quanto attinente alla indennità raggiungimento posto di lavoro,
l'indennità raggiungimento sede lavorativa e l'indennità manutenzione vestiario, il
giudice ha escluso la loro natura retributiva, trattandosi di rimborsi. E quindi non riconducibili
alla nozione di retribuzione globale prevista dal Ccnl applicato.
Con riferimento, poi, al compenso per lavoro straordinario e l'indennità di maggiore
produttività , il giudicante ' alla luce di un'interpretazione complessiva delle clausole
collettive ai sensi dell'art. 1363 cod. civ. ' ha valutato che non possono essere computati
ai fini della determinazione della tredicesima e quattordicesima mensilità , delle ferie
e dell'indennità sostitutiva del preavviso, in quanto la norma collettiva relativa alle
«indennità a carattere fisso e continuativo» non può essere interpretata in senso estensivo,
ma deve essere riferita necessariamente a quelle indennità specificamente
previste come tali dallo stesso contratto collettivo. Per quanto riguarda, infine, il trattamento
di fine rapporto, il giudice ha ritenuto che la contrattazione collettiva non abbia
derogato alla previsione di legge di cui all'art. 2120 cod. civ. e pertanto il compenso
per il lavoro straordinario fisso e continuativo deve essere ricompreso nel computo
del Tfr.
Nullità contratti di somministrazione – Riconoscimento rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore – Insussistenza
Lavoro pubblico – Comparto università – Stabilizzazioni contratti a tempo determinato – Diritto soggettivo condizionato
Lavoro pubblico – Comparto università – Trattamento economico integrativo – Nullità della clausola contrattuale –
Infortunio sul lavoro – Appalto attività a soggetti terzi – Normativa applicabile – Responsabilità datore lavoro
Fusione e incorporazione – Assunzione da parte dell’incorporante degli obblighi dell’incorporata, anche se sorti dopo la f
Cessione ramo azienda – Impugnazione cessione contratto di lavoro – Interesse ad agire dei lavoratori – Sussistenza
In presenza di giustificazioni esaustive l’azienda può intimare il licenziamento anche prima dello spirare del termine a dife
Revirement della Cassazione in tema di responsabilità solidale del cedente d’azienda ai fini del pagamento del Tfr
Continua il contrasto inconsapevole circa la legittimità dei pedinamenti disposti dal datore di lavoro
Un informatore scientifico veniva assoggettato a opera della sua azienda datrice
di lavoro a un pedinamentorealizzato da un'agenzia investigativa all'esito del quale
risultava una violazione del dipendente nel rispetto nel suo orario di lavoro.
Nell'impugnare il licenziamento intimatogli il dipendente contestava la legittimità dell'operato
aziendale.
La Corte di Appello di Firenze, nel riformare la decisione di primo grado, ritenuta l'illegittimità
del controllo, disponeva la reintegra del lavoratore nel posto di lavoro.
I giudici di legittimità nel respingere il ricorso promosso dall'azienda ha affermato in termini
assoluti e senza esaminare precedenti di contrario avviso della sezione il proprio convincimento
in forza del quale il controllo occulto da parte di investigatori privati del datore
di lavoro è legittimo solo e in quanto sia finalizzato all'accertamento di illeciti a carico
del patrimonio aziendale non ' come correttamente accertato dai giudici di merito ' di meri
inadempimenti contrattuali.
L’utilizzo promiscuo di lavoratori in appalto per attività non specialistiche costituisce prova della interposizione
È legittimo il rifiuto di svolgere le nuove mansioni in difetto di una specifica informazione e formazione sui rischi
Il complesso di lavoratori dotati di uno specifico know how su un determinato settore può costituire un ramo di azienda
Alcuni informatori tecnico-scientifici addetti a uno specifico settore di un'azienda
farmaceutica deputato alla commercializzazione di medicine gastro-cardiovascolariimpugnavano la cessione di ramo di azienda in forza della quale il complesso
di lavoratori era stato trasferito a un nuovo imprenditore. La Corte di Appello di
Milano respingeva la domanda dei lavoratori rilevando la legittimità della cessione del
ramo di azienda realizzata attraverso l'utilizzazione di un insieme organizzato di lavoratori
non configuranti una mera sommatoria di prestazioni lavorative individuali. La Corte
di Cassazione nel respingere il ricorso di legittimità promosso dai lavoratori ha affermato
che i giudici di merito hanno correttamente applicato la normativa sulla cessione di azienda
dal momento che il complesso ceduto, lungi dal costituire una mera sostituzione
di datore di lavoro dava luogo al passaggio di un'articolazione funzionalmente autonoma
di un'attività economica organizzata in modo stabile e non destinata all'esecuzione
di una sola opera. Nel respingere il ricorso i giudici di legittimità hanno infine ricordato
che il motivo del trasferimento ben può consistere nell'intento di superare uno stato di
difficoltà economica.
L’azienda risponde dei danni subiti dal lavoratore se interrompe le trattative in fase avanzata finalizzate a una assunzione
La recidiva quale elemento qualificante uno specifico illecito deve essere oggetto di specifica contestazione disciplinare
La Corte di Appello di Roma nel ritenere che l'addebito contestato a un lavoratore
configurasse la condotta più gravesanzionata dalla contrattazione collettiva
con il licenziamento, annullava il licenziamento intimato al lavoratore sul presupposto
che la recidiva non era stata oggetto di una specifica contestazione di addebito.
La Corte di Cassazione nell'accogliere il ricorso di legittimità promosso dalla società ha
affermato che per antica e costante giurisprudenza in tema di licenziamento disciplinare
la preventiva contestazione dell'addebito deve, a pena di nullità del provvedimento
disciplinare, riguardare la recidiva soltanto ove essa integri elemento costitutivo dell'infrazione
e non anche quando costituisca mero criterio determinativo della sanzione che
si ritiene proporzionata.
In altre parole, per fungere da elemento costitutivo dell'addebito disciplinare la recidiva
in una determinata mancanza deve essere tale da essere stata configurata, nella previsione
contrattuale applicabile, come condizione potenzialmente necessaria e sufficiente
della sanzione, in quanto le parti collettive l'abbiano considerata come di per sé
idonea a giustificare il provvedimento disciplinare, senza bisogno di ulteriori particolari
valutazioni del caso concreto.
Ove, invece, ' come nel caso assoggettato al vaglio dei giudici di merito ' la recidiva
venga utilizzata soltanto per evidenziare il particolare grado di gravità della mancanza,
tale da legittimare la scelta del provvedimento espulsivo, non è indispensabile che di
essa si faccia esplicita menzione nella contestazione disciplinare che apre il procedimento
disciplinare.
Il comune è tenuto a risarcire il proprio dipendente ove disponga l’affissione sull’albo del diniego della causa di servizi
Contribuzione gestione commercianti
Il socio di una Srl commerciale che lavora nella società e riveste anche la carica
di amministratore deve pagare,per la prima attività , i contributi alla gestione commercianti
Inps e, per la seconda, alla gestione separata dei collaboratori. Non è censurabile
dal punto di vista costituzionale la norma impugnata che ' fornendo un'interpretazione
autentica, quindi retroattiva ' ha stabilito l'inapplicabilità del principio dell'attività prevalente
per decidere qual è il fondo destinatario della contribuzione. La Corte Costituzionale
ha quindi dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla
Corte d'Appello di Genova. I giudici rimettenti avevano prospettato, tra l'altro, il contrasto
con gli artt. 3 della Costituzione (ragionevolezza della norme) e 117, comma 1 (vincoli
alla potestà legislativa dello Stato). La Corte Costituzionale ha rigettato tutte le argomentazioni,
ripercorrendo le tappe della vicenda, che parte dalla legge n. 335/2995 ' sull'obbligo
di iscrizione alla gestione separata Inps per i lavoratori autonomi e i collaboratori '
e dalla legge n. 662/1996 (articolo 1, comma 208), che ha stabilito l'iscrizione alla gestione
degli esercenti attività commerciali secondo il principio dell'attività prevalente. L'Inps
ha sempre interpretato le due discipline nel senso che i soci di Srl commerciali, che esercitano
anche il compito di amministratori, sono obbligati alla doppia contribuzione. Ne è
nato un ricchissimo contenzioso: le Corti di merito avevano dato ragione all'Inps, invece
la Cassazione con una sentenza a sezioni unite (3240/2010) aveva ridato speranza ai soci
lavoratori e amministratori. A quel punto è intervenuto il decreto legge n. 78, secondo
il quale il principio della prevalenza per definire la gestione destinataria della contribuzione
si applica solo per le attività autonome esercitate in forma d'impresa da commercianti,
artigiani e coltivatori diretti. Sono esclusi i rapporti di lavoro che richiedono l'iscrizione
alla gestione separata. Per la Corte Costituzionale la norma di interpretazione autentica
non viola l'art. 3 perché il legislatore non ha aggiunto elementi estranei alla legge originaria,
ma ha semplicemente esplicitato un significato già presente. La prova sta nelle numerose
sentenze dei tribunali. Il d.l. n. 78 non confligge neppure con l'articolo 24 della Costituzione:
il richiamo, in questo caso, non è pertinente, in quanto non sono in gioco diritti
processuali. Non c'è lesione neppure dell'art. 111, perché il decreto legge non interferisce
con la funzione giudiziaria, ma consiste in una disciplina generale e astratta di interpretazione
di un'altra norma. Infine, la contestazione in relazione all'art. 117: c'è ' secondo i
giudici ' uno spazio, delimitato, per un intervento dello Stato con efficacia retroattiva, se
«giustificato da motivi imperativi di interesse generale».
Totalizzazione contributiva enti privatizzati
La Corte Costituzionale, nel respingere la questione sollevata dalla Corte d'Appello
di Torino,ha stabilito che l'autonomia regolamentare delle Casse privatizzate soggiace
alla normativa nazionale: è, dunque, corretta la previsione del calcolo contributivo
con cui le casse di previdenza devono determinare gli spezzoni di pensione del professionista
in regime di totalizzazione, anche se riferiti a periodi rientranti nel vecchio regime retributivo.
Infatti il ricorso alla totalizzazione fa scattare automaticamente il passaggio al
calcolo col regime contributivo, come previsto dal d.lgs. n. 42/2006. Ad avviso della Corte
rimettente, la norma censurata, disponendo che per gli enti previdenziali privatizzati ai
sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994 n. 509 ' e, dunque, anche per la Cassa nazionale
di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali come nel
caso in specie) ' la misura del trattamento pensionistico dovuto a seguito di totalizzazione
dei periodi assicurativi è determinata con le regole del sistema di calcolo contributivo,
sulla base di parametri dettati dallo stesso art. 4, comma 3, contrasterebbe con l'art. 76
Cost., per violazione del principio direttivo dettato dall'art. 1, comma 2, lettera o), della legge 23 agosto 2004 n. 243, secondo il quale ogni ente presso cui sono stati versati i contributi
è tenuto pro quota al pagamento del trattamento pensionistico «secondo le proprie
regole di calcolo». Ad avviso della Corte, tuttavia, la prescrizione secondo la quale «Ogni
ente presso cui sono stati versati i contributi sarà tenuto pro quota al pagamento del trattamento
pensionistico, secondo le proprie regole di calcolo» dev'essere sà intesa nel senso
di una riaffermazione del principio generale secondo cui le quote di trattamento pensionistico
a carico di ogni gestione previdenziale interessata dalla totalizzazione debbono
essere calcolate in base ai criteri specifici della singola gestione, non escludendosi, però,
che il legislatore delegato fosse autorizzato dalla delega a determinare esso stesso in base
a quali criteri ogni ente previdenziale dovesse liquidare la quota di propria spettanza.
Si consideri ' prosegue la Corte Costituzionale ' che i criteri di calcolo previsti dal d.lgs. n.
42 del 2006 costituiscono applicazione del sistema contributivo, vale a dire di quello che
è il criterio di determinazione delle prestazioni previdenziali che ormai ha assunto una valenza
generale nel sistema previdenziale italiano. La scelta operata dal legislatore, pertanto,
è coerente con le generali linee evolutive dell'ordinamento. Neppure la questione sollevata
in riferimento all'art. 3 Cost. è fondata. Ad avviso della Corte torinese, l'art. 4, comma
3, del d.lgs. n. 42 del 2006 sarebbe fonte di un'irragionevole disparità di trattamento
con gli assicurati presso gli enti previdenziali privati costituiti ai sensi del d.lgs. n. 103 del
1996: per costoro, infatti, il successivo comma 6 dello stesso art. 4 stabilisce che la misura
del trattamento pensionistico sia determinata sulla base del sistema di calcolo vigente
nell'ordinamento degli enti medesimi. Al riguardo occorre ricordare, in primo luogo, che,
per consolidata giurisprudenza costituzionale, i vari sistemi previdenziali non possono essere
comparati tra loro (sentenze n. 34 del 2011, n. 202 del 2008, n. 83 del 2006). In secondo
luogo, la differenza segnalata dal giudice è apparente, più che reale. Infatti, gli enti
costituiti a seguito del d.lgs. n. 103 del 1996 ' essendo successivi alla svolta in favore
del sistema contributivo operata dalla legge 8 agosto 1995 n. 335 ' hanno tutti dovuto adottare
il predetto sistema di calcolo (v., in particolare, l'art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 103
del 1996). Ne consegue che sia gli iscritti agli enti privatizzati in virtù del d.lgs. n. 509 del
1994, sia gli iscritti agli enti di cui al d.lgs. n. 103 del 1996, si vedono liquidare la quota di
trattamento pensionistico dovuta, in virtù della totalizzazione dei periodi assicurativi secondo
regole proprie del sistema contributivo.
Indennità di frequenza per minore extracomunitario
È costituzionalmente illegittimo subordinare al requisito della titolarità della
carta di soggiorno la concessione,ai minori extracomunitari legalmente soggiornanti
nel territorio dello Stato, della indennità di frequenza di cui all'art. 1 della legge 11
ottobre 1990 n. 289. La Corte Costituzionale ha quindi accolto i rilievi della Corte d'Appello
di Genova dichiarando illegittime le norme da quest'ultima impugnate. La questione
ha un precedente specifico nei princàpi posti a base della sentenza Corte Cost. n. 187
del 2010, nella quale la stessa Corte osservò che la provvidenza presa allora in esame
(l'assegno mensile di invalidità civile), per i requisiti che ne condizionavano il riconoscimento,
rappresentava una erogazione destinata non già a integrare il minor reddito in relazione
alle condizioni soggettive e alle diminuite capacità di guadagno, ma a fornire alla
persona un minimo di sostentamento: in linea, evidentemente, con i princàpi di inderogabile
solidarietà sociale, assunti quale valore fondante degli stessi diritti inalienabili
dell'individuo, che non ammettono distinzioni di sorta in dipendenza di qualsiasi tipo di
qualità o posizione soggettiva e, dunque, anche in ragione del diverso status di cittadino
o di straniero. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ' si rilevò '
ha più volte avuto modo di sottolineare che, ove si versi ' come era nel caso ' in tema di
provvidenze destinate a far fronte al sostentamento della persona, qualsiasi distinzione
di regime che venisse introdotta fra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel
territorio dello Stato finirebbe per risultare in contrasto con il principio di non discriminazione
sancito dall'art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Pertanto, la normativa allora oggetto di censura, nell'intervenire direttamente e restrittivamente sui
presupposti di legittimazione al conseguimento delle provvidenze assistenziali dirette a
soddisfare esigenze fondamentali della persona, fu ritenuta contrastante con i limiti derivanti
dal rispetto degli obblighi internazionali, imposto dall'art. 117, primo comma, Cost.,
proprio perché introduttiva di un regime irragionevolmente discriminatorio nei confronti
degli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, per quanto attiene
al godimento di diritti da riconoscere e assicurare a tutti e in egual misura. Nel caso
di specie, riguardante l'indennità di frequenza per i minori disabili, emerge con chiarezza
una gamma di esigenze di tutela della persona ancor più estesa che richiede il concreto
soddisfacimento di «bisogni primari» inerenti alla sfera di tutela della persona umana,
che è compito della Repubblica promuovere e salvaguardare. In tale quadro, il riconoscimento
della indennità di frequenza si iscrive nel novero delle provvidenze, per
cosà dire, «polifunzionali», giacché i bisogni che attraverso di essa si intendono soddisfare
non si concentrano soltanto sul versante della salute e della connessa perdita o diminuzione
della capacità di guadagno, ma, anche, su quello delle esigenze formative e di
assistenza di minori colpiti da patologie invalidanti e appartenenti a nuclei familiari che
versino in disagiate condizioni economiche. Il contesto in cui si iscrive l'indennità di frequenza
è, dunque, quanto mai composito e costellato di finalità sociali che coinvolgono
beni e valori, tutti, di primario risalto nel quadro dei diritti fondamentali della persona. Si
va, infatti, dalla tutela della infanzia e della salute alle garanzie che devono essere assicurate,
in situazioni di parità , ai portatori di handicap, nonché alla salvaguardia di condizioni
di vita accettabili per il contesto familiare in cui il minore disabile si trova inserito,
coinvolgendo al tempo stesso l'esigenza di agevolare il futuro ingresso del minore nel
mondo del lavoro e la partecipazione attiva alla vita sociale. Le norme impugnate risultano,
dunque, in contrasto, non solo con l'art. 117, primo comma, Cost., in riferimento all'art.
14 della Cedu, per come interpretato dalla Corte di Strasburgo, ma anche con i restanti
parametri evocati dalla Corte genovese, posto che il trattamento irragionevolmente
differenziato che essa impone ' basato sulla semplice condizione di straniero regolarmente
soggiornante sul territorio dello Stato, ma non ancora in possesso dei requisiti di
permanenza utili per conseguire la carta di soggiorno (5 anni) ' vàola, a un tempo, il principio
di uguaglianza e i diritti alla istruzione, alla salute e al lavoro, tanto più gravemente
in quanto essi si riferiscano a minori in condizione di disabilità .