5 / 2011
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Descrizione
Legittimità costituzionale della disciplina retroattiva per la pensione degli agricoli a tempo determinato La Cassazione su contratto collettivo, licenziamento per giusta causa e poteri del giudice Pari opportunità: il Tribunale di Bologna e lo speciale procedimento antidiscriminatorio
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Pensione per operai agricoli a tempo determinato
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In tema di pensione di vecchiaia degli operai agricoli a tempo determinato, la retribuzione pensionabile per gli ultimi anni di lavoro va calcolata applicando l'art. 28 del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, dunque in forza della determinazione operata anno per anno da decreto ministeriale sulla media delle retribuzioni fissate dalla contrattazione provinciale nell'anno precedente. La Corte Costituzionale ha quindi rigettato la questione di legittimità  dell'articolo 2, comma 5, della legge n. 191/2009, che ha interpretato retroattivamente una disposizione (art. 3 della legge 8 agosto 1972, n. 457) sulle modalità  di calcolo della pensione per gli operai agricoli a tempo determinato. A giudizio della Corte l'intervento interpretativo effettuato dal legislatore non è incostituzionale in quanto, nella stessa giurisprudenza della Cassazione, esisteva un contrasto in ordine alla retribuzione di riferimento per il predetto calcolo. Mentre infatti, in un primo momento, questa aveva affermato che: «In tema di pensione di vecchiaia degli operai agricoli a tempo determinato, la retribuzione pensionabile per gli ultimi anni di lavoro va calcolata sulla base delle retribuzioni medie annualmente vigenti», successivamente la stessa Corte di Cassazione, avendo rimeditato il precedente orientamento, ha affermato che: «La retribuzione pensionabile per gli ultimi anni di lavoro va calcolata in forza della determinazione operata anno per anno da d.m. sulla media delle retribuzioni fissate dalla contrattazione provinciale nell'anno precedente» (Cass. n. 2531/2009). Il successivo intervento della norma impugnata, quindi, ha operato un'opzione tra due letture entrambe legittime, non incidendo irragionevolmente su situazioni pregresse. La Corte Costituzionale ha anche rigettato la questione relativa alla presunta violazione degli obblighi internazionali dello Stato e, in particolare, dell'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà  fondamentali. Con riguardo al predetto articolo 6 (principio della preminenza del diritto e la nozione di equo processo), la Corte di Strasburgo, pur censurando in numerose occasioni indebite ingerenze del potere legislativo degli Stati sull'amministrazione della giustizia (v. Corte Cost. n. 311/ 2009), non ha inteso enunciare un divieto assoluto d'ingerenza del legislatore, dal momento che in varie occasioni ha ritenuto non contrari al menzionato art. 6 particolari interventi retroattivi dei legislatori nazionali. La regola di diritto, affermata anche di recente con sentenza della seconda sezione in data 7 giugno 2011, in causa Agrati e altri c. Italia, è che: «Se, in linea di principio, il legislatore può regolamentare in materia civile, mediante nuove disposizioni retroattive, i diritti derivanti da leggi già  vigenti, il principio della preminenza del diritto e la nozione di equo processo sancito dall'articolo 6 ostano, salvo che per ragioni imperative d'interesse generale, all'ingerenza del legislatore nell'amministrazione della giustizia allo scopo di influenzare la risoluzione di una controversia. L'esigenza della parità  delle armi comporta l'obbligo di offrire a ogni parte una ragionevole possibilità  di presentare il suo caso, in condizioni che non comportino un sostanziale svantaggio rispetto alla controparte». A parere del giudice costituzionale, dunque, sussiste comunque uno spazio per un intervento del legislatore con efficacia retroattiva (fermi i limiti di cui all'art. 25 Cost.). Nel caso in esame ' sottolinea la Corte ' la norma censurata non è illegittima sulla base dei seguenti dati di fatto: a) ha affermato un principio già  presente nell'ordinamento per gli operai agricoli a tempo determinato, sia pure limitatamente alla liquidazione delle prestazioni temporanee (art. 45, comma 21, della legge n. 144 del 1999); b) ha e- nucleato una delle possibili opzioni ermeneutiche dell'originario testo normativo; c) ha superato una situazione di oggettiva incertezza di tale testo, evidenziata dai diversi indirizzi interpretativi (di cui sopra si è dato conto); d) non ha inciso su situazioni giuridiche definitivamente acquisite, non ravvisabili in mancanza di una consolidata giurisprudenza dei giudici nazionali.
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