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Il volume Politiche di welfare e investimenti sociali, curato da Andrea Ciarini per il Mulino, raccoglie una serie di contributi che legano il tema del welfare a quello della crescita, dell’investimento e della sostenibilità del nostro modello di sviluppo. Quasi tutti i contributi del volume partono dal progressivo disimpegno dello Stato dal settore del welfare; un disimpegno che è iniziato negli anni ottanta del secolo scorso, accelerando dopo la crisi del 2008. Lo scopo del volume è quello di indicare, ora che il contesto è mutato e che l’investimento pubblico è tornato al centro della scena, possibili strade per rilanciare il ruolo di welfare e investimenti sociali nel garantire crescita e inclusione.
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In questo contributo si argomenta che – come dimostrano i deboli risultati delle politiche sociali orientate al sostegno della competitività e della flessibilità – le politiche sociali possono conseguire obiettivi di perequazione soltanto entro un’architettura istituzionale che renda lo spazio economico meno incline alla produzione di disuguaglianze. In quest’ottica, si approfondiscono due questioni spesso sottovalutate: il carattere strutturale delle disuguaglianze in una sfera economica in cui domina l’orientamento alla massimizzazione della redditività degli investimenti e le crescenti difficoltà di accesso a beni e servizi essenziali quando il principio di massimizzazione della redditività viene adottato nello spazio dell’economia fondamentale.
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In questo articolo, dopo aver introdotto il tema dell’innovazione digitale nei servizi del welfare, si presentano alcune sperimentazioni di utilizzo di soluzioni avanzate di intelligenza artificiale e di robotica nei servizi alla persona (bambini, anziani e persone con disabilità), nelle quali l’adozione di questi strumenti integra, senza sostituire, l’azione umana. Si cercherà, quindi, di mettere in luce in che modo il binomio di innovazione sociale e ricorso alle nuove tecnologie possa costituire un potente agente di miglioramento della qualità della vita delle persone assistite, delle loro famiglie degli operatori e le operatrici professionali coinvolti. Allo stesso tempo, nella seconda parte del contributo, ci si propone di mettere a fuoco i complessi e delicati risvolti di carattere etico e i potenziali rischi che un uso indiscriminato di questi nuovi strumenti può portare: la progressiva smaterializzazione e disumanizzazione della relazione tra fruitore del servizio e operatore; la pericolosa deriva della sostituzione del rapporto umano con quello dei robot e degli umanoidi-androidi; l’amplificarsi delle disuguaglianze socio-sanitarie nell’accessibilità e nella fruibilità di alcuni servizi.
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Il cosiddetto welfare digitale dipende fortemente dai dati. Quale che sia la funzione loro attribuita – anticipare, stimare, localizzare fabbisogni o sostenere in modo più o meno automatizzato processi decisionali – la rinnovata centralità dei dati per il welfare, legata anche alle innovazioni tecnologiche che rendono possibili forme di rilevazione ed elaborazione delle informazioni inimmaginabili in passato, implica anche un’altra centralità: quella dei cittadini, principali stakeholders dei servizi di welfare e ora, nella cosiddetta «società digitale», anche fornitori insostituibili dei dati e delle informazioni di cui il welfare si serve. Tutto ciò rende l’etica della ricerca un campo strategico di riflessione e di intervento, non solo di per sé, ma anche fattore che influenza la qualità dei dati raccolti. Nel saggio si sostiene la tesi secondo cui l’etica dei mezzi – approccio deontologico, rispetto della persona e della riservatezza dei suoi dati – debba essere più sistematicamente affiancata da un’etica dei fini – approccio consequenzialista, condivisone con i cittadini delle beneficialità pubbliche, estese e democratiche delle campagne di raccolta dati.
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Il presente contributo si inserisce nel dibattito della political economy comparata ed esamina le caratteristiche qualitative dei modelli di politica attiva del lavoro (Almp) rivolte espressamente ai giovani Neet in tre paesi: Regno Unito, Germania e Italia. I tre modelli di Almp sono esaminati alla luce delle riforme attuate dal 2000 al 2019. Il principale interrogativo di ricerca è comprendere se e come tali modelli siano cambiati nel tempo e se le trasformazioni siano state influenzate dall’azione sovranazionale europea. L’analisi qualitativa comparata mostra che i tre modelli di Almp presentano proprie specificità nazionali e i cambiamenti introdotti nella fase successiva alla crisi economica hanno contribuito a differenziare il modello inglese e tedesco. Tale processo di divergenza non è attribuibile all’influenza del programma comune europeo Garanzia giovani (Gg). Nel caso inglese, che non ha adottato il programma Gg, i cambiamenti del modello di Almp sono da ricondurre alle scelte politiche attuate dal governo conservatore. Nel caso tedesco i cambiamenti hanno riguardato la maggiore personalizzazione delle misure già erogate e l’influenza europea è limitata alla disponibilità di risorse aggiuntive europee per l’implementazione nel contesto tedesco del programma Gg. Infine il modello italiano di Almp ha compiuto importanti passi avanti che lo hanno avvicinato alle caratteristiche del modello inglese e tedesco della fase pre-crisi. In questo caso le trasformazioni che si verificano in particolare dal 2014 al 2019 sono state favorite dall’implementazione del programma europeo Gg. Ciononostante il modello italiano di Almp continua a rimanere «incompiuto».
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Dopo il Brexit e la crisi del Covid-19, il semestre di presidenza tedesco segna il ritorno di un grande paese a coordinare le attività nel Consiglio dell’Unione europea. Si tratta di una risorsa da non sprecare, visti i limiti dello schema che assegna a tutti i governi continentali un turno semestrale di presidenza. La fragilità d’azione dimostrata ad oggi da paesi non ancora pronti a coordinare per sei mesi l’attività comunitaria, rischiava di mettere ancor più in crisi l’Ue in un momento d’emergenza socioeconomica e sanitaria che non si preannuncia di breve periodo.
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Editoriale
Aldo Tortorella, La fraternità universale e la legge di CainoOsservatorio
Massimo Cavallini, La sconfitta di Trump e le anomalie della democrazia americana Cesare Salvi, Crisi del governo rappresentativo e modelli alternativi Piero Di Siena, Emergenza per il paese e nuove ipotesi a sinistra Iacopo Scaramuzzi, Chiesa aperta in mare aperto. La strategia di Francesco Stefania Limiti, La Palestina nel buco nero degli “accordi di Abramo”Laboratorio culturale
Luciana Castellina, La compagna Rossana Aldo Tortorella, La inquieta fedeltà a una idea Rossana Rossanda, Gli operai, le donne, i ritardi della sinistra. Tre scritti Antonio Di Meo, Giuseppe Prestipino, un ricordo Il Pci e le nuove generazioni. Una discussione del 1975 tra Pasolini, Luporini e Amos Cecchi Amos Cecchi, Discutendo con Pasolini. Ieri e oggi Giuseppe Guida, Frammenti da un “paese rosso” Giovambattista Vaccaro, Sartre, la morale, la sinistra Giulio Di Donato, Il concetto di philía in Aristotele e in Hegel Antonio Coratti, Proprietà, Volontà generale e politica in Rousseau Mavì De Filippis, Metrica e biografia nella poesia di Franco Fortini Schede critiche Pasquale Voza, Benedetto Croce “autonarratore” -
- La Corte costituzionale sul rapporto tra Stato e Regioni nella disciplina degli appalti pubblici
- La contrattazione del pubblico impiego resta sovrana nel rapporto di lavoro dei giornalisti delle regioni
- Legittimità costituzionale dei termini di tempestività per la presentazione delle domande di Cigs
- La Cassazione sulla rilevanza degli accordi sindacali per la continuità dei rapporti nelle aziende in crisi
- I limiti del cosiddetto «sindacalismo militare»
- La Corte di Giustizia sul noto caso italiano di rifiuto pregiudiziale di assunzione di omosessuale
- Divieti di sciopero nell’emergenza Covid-19
- L’ARGOMENTO. La sottoposizione di Uber Italy ad amministrazione giudiziaria
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Il V Rapporto Agromafie e caporalato a cura dell’Osservatorio Placido Rizzotto/ Flai-Cgil fotografa la situazione degli ultimi due anni (ottobre 2018-ottobre 2020) concernente lo sfruttamento lavorativo nel settore agro-alimentare e le criticità dei rapporti di lavoro dovute a contratti ingannevoli e a raggiri perpetuati a danno dei lavoratori. Inganni e raggiri sono distribuiti diversamente in tutti gli ambiti produttivi che nel loro insieme costituiscono la filiera di valore dell’intero settore.
Il V Rapporto si compone di quattro parti, ciascuna focalizzata ad esplorare specifici ambiti che nell’insieme contribuiscono ad illuminare il fenomeno dello sfruttamento lavorativo.
Lo stretto legame tra lavoro e legalità è ancora una volta il carattere costitutivo di questa pubblicazione che ha ormai assunto un ruolo importante come fonte di comprensione e riflessione su questi fenomeni.
Con questa edizione la Flai-Cgil rinnova la volontà di contribuire attraverso la ricerca e l’indagine non solo alla conoscenza del lavoro agricolo e delle forme di sfruttamento in esso presenti, ma anche di stimolare le tante forze positive del nostro Paese per una battaglia comune per la legalità e l’affermazione dei diritti.
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Cento anni dopo
Aldo Tortorella, Sui motivi di una metamorfosiFondazione e rifondazioni
- Guido Liguori, Da Bordiga a Gramsci
- Claudio Natoli, Fascismo e antifascismo nella storia dei comunisti italiani tra le due guerre
- Alexander Höbel, L’impronta di Togliatti
- Aldo Agosti, Internazionalismo e “legame di ferro” nella cultura politica del Pci
- Fiamma Lussana, La “via italiana” all’emancipazionismo
Passato-presente
- Francesco Barbagallo, La questione meridionale
- Mario Sai, Il Pci e i lavoratori
- Vincenzo Vita, La dialettica nel partito tra destra e sinistra
- Piero Di Siena, Riflessioni sul rapporto con il ’68
- Alberto Leiss, L’“intellettuale collettivo” tra avanguardie e masse
- Chiara Valentini, L’ultimo Berlinguer
- Maria Luisa Boccia, Femministe e comuniste
- Fulvia Bandoli, Importanza e limiti dell’ambientalismo del Pci
- Piero De Chiara, 1984: «Orwell sbagliava»
Come eravamo
- Anna Maria Carloni, Franca Chiaromonte, La nostra Fgci tra partito e nuovi movimenti
- Rinalda Carati, Il partito-comunità come educazione sentimentale
Letture
- Antonio Di Meo, Una nuova edizione delle Lettere dal carcere di Gramsci
- Oscar Greco, Fausto Gullo, dirigente comunista
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- Anche il ricorso cautelare impedisce la decadenza dal diritto di impugnare il licenziamento
- Nuova sanzione di incostituzionalità del Jobs Act
- Rinvio pregiudiziale della Consulta alla Corte di giustizia sul riconoscimento del «bonus bebé» agli extracomunitari
- La Cassazione sullo stato di crisi nelle cooperative
- Il regime di prova del danno da dequalificazione
- Importante decisione della Corte di giustizia sulle cure mediche in altro Stato membro
- Corte di Appello di Torino e Tribunale di Firenze decidono interessanti casi di antisindacalità
- Nuova delibera della Commissione di garanzia sulla nozione di servizio pubblico essenziale
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- Un vero New Deal per l’Italia
- Voto di classe, populismo, sindacati
- Partecipazione conflittuale e codeterminazione
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Di fronte alla devastazione pandemicanon bastano politiche monetarie pur straordi-narie agenti soprattutto sulla liquidità e politiche di spesa pubblica sostanzialmente basate sui trasferimenti monetarie l’incentivazione fiscale. Rischiamo di riprodurre quanto è già accaduto nel decenniodi bassi tassidi interesse successivo all’esplosione della crisi finanziaria e produttiva del 2007/2008, quandol’Italia e il mondo sono stati inondati di denaro a buon mercatosenzache siriuscisse afar ripartire gli inve-stimenti. Bisogna riscoprire autenticamente il New Deal di Roosevelt e la sua straor-dinaria «capacità progettuale».
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L’articolo presenta un’analisi della vulnerabilità del lavoro e delle sue dinamichedu-rante l’emergenza per la pandemia di Covid-19, al fine di contribuire alla discussione sulle dimensioni che la caratterizzano e i fattori che contribuiscono ad alimentarla o, al contrario, a contrastarla. Tale analisi muove da una definizione multi-dimensionale di vulnerabilità del lavoro e si basa su una ricognizione di studi, materiale documenta-rio e dati secondari di diverse fonti. Essa considera vari ambiti,che,per le loro specifi-cità,sono stati trattati in maniera separata: il settore pubblico, per il quale non èin-tervenuta la chiusura delle attività; i settori privati, che hanno continuato a operare anche con attività «in presenza»; il lavoro da remoto nelle organizzazioni pubbliche e private; il lavoro autonomo. L’articolo evidenzia l’ampliamento dell’universo (ormai assai variegato) dei lavoratori vulnerabili e l’aggravarsi di situazioni già esistenti di vulnerabilità. In tale ambito, si evidenzia il ruolo importante che possono svolgere i si-stemi di protezione sociale e i corpi di rappresentanza degli interessie la loroazione di intermediazione.
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Il presente contributo ha un duplice obiettivo. In primo luogo esamina le caratteristiche del cosiddetto «smart working»sottolineandonei principali cambiamenti emersi prima e durantela fase di lockdown. In secondo luogo individua alcune questioni irrisolte e ancora controverse sulle quali le organizzazioni sindacali e datoriali possono giocare un ruolo importante nella sua regolamentazione condivisaal termine della fase di emergenza.L’analisi è stata condotta sulla base di alcuni case studiesdi grandi aziende italiane che lo hanno sperimentato prima dell’emergenza, integrati con le prin-cipali evidenze di ricerche più recenti condottedurante e dopo il lockdown. Le conclu-sioni si soffermano sulla nuova visione di «lavoro ubiquo»lanciata da Butera (2020), integrandola con la proposta di dotare sia i lavoratori dipendenti che quelli autonomi di spazi adeguatamente attrezzati per il lavoro a distanza.
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Sullo sfondo dei tragiciesiti causati da questo virus a livello globale, l’articolo analiz-za alcuni dei difficiliprocessi in atto ed ipotizza l’inizio di una fase in cui trasformare incertezza, smarrimento paura in opportunità di cambiamento. Una visione pragma-tica ma soprattuttoil tentativo di individuare nuovi spazi di azione e un nuovo ordine di valori. In uno scenario indivenire, emerge l’esigenza di metterein campo azioni di-versificate e strategie a medio e lungo corso per uno sviluppo urbano in cui sostenibilità eresilienza siano i termini chiave delle politiche urbane. Non è dato sapere quando si potrà riprendere lavita di sempre, ma siamo consapevoli della necessità di mettere in discussione alcuni aspetti del passato per contribuire a costruire un futuro migliore.
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La riflessione sull’autunno caldo,e in generale sul1969 comprensiva della complessa gestazione e del varo dello Statuto dei Lavoratori nella primavera del1970può gio-varsi, oggi, sia delle analisi ad esso coeve di sociologi, economisti, giuristi, sia di alcuni studi più recenti che hanno provato a storicizzare questo periodo. Il riferimento aque-sta nuova e fertile stagione di studi sull’Italia repubblicana–vista e letta dal punto di vista delle trasformazioni del lavoro e delle relazioni sindacali–si rivela particolar-mente utile perché, inserendo all’interno di una prospettiva storica più ampia la vicen-da del 1969 e dell’autunno caldo, pone una domandasull’insieme di fenomeni econo-mico-sociali e politico-istituzionali precipitati nello shock del 1969 e che coinvolgono frontalmenteil sindacato.
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Le analisi sul voto di classe hanno documentato come, dietro i successi mondiali dei partiti populisti, vi sia un crescente sostegnoda parte dei lavoratori comuni, compresi quelli sindacalizzati. Ciò riflette epocalicambiamenti nella domanda e nell’offerta po-litica, con vasti settori del lavoro dipendentefrustrati dagli alti costi pagatiin questi annie dal vuoto politico lasciato dai partiti che ne avevano lungamenterappresentato identità eistanze. In uno scenario del genere, che ruolo giocano i sindacati? Sonoanco-rain grado diinfluenzare il voto dei loro iscritti, generalmente in calo ma su numeri pur sempre ragguardevoli? Quali sono le loro strategie discorsive e organizzative su sfide cruciali e divisive, come l'integrazione europeae l'immigrazione? Come può il loro connaturato spirito di solidarietà, universalismo e internazionalismo fare fronte alle cre-scenti paure, allo sciovinismo e al nazionalismo di una parte significativadella classe la-voratrice? L’articolo affronta questi interrogativi con particolare riguardo al nostro paese, incrociandodati empirici e interpretazioni teoriche, attestando il parziale successo, finqui, dell’azione sindacale. Riteniamo, nelle conclusioni, che per i sindacati permangano spazi rilevanti affinché, attraverso appropriate scelte strategiche, narrazioni e socializzazione politica e culturale con gli iscritti e nei luoghi di lavoro, si possanoarginare e scongiurare inclinazioni xenofobe e nazionalistiche all’interno del mondo del lavoro.
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Nel cuore degli anni Settanta, il duello a sinistra tra comunisti e socialisti non riguardò solamente le possibili direttrici di una riforma istituzionale e dello Stato, o l’approccio gramsciano e togliattiano al socialismo giudicato dai socialisti irreversibilmente compromesso dalla strutturale disattenzione neiconfronti del pluralismo e dalla doppiezza, ritenuta strumentale, nei confronti del metodo democratico. Il confronto teo-rico-politico tra i due partiti storici della sinistra italiana riguardò anche l’atteggia-mento nei confronti del movimento consiliare sorto sulla scia del 1969 e delle concrete forme attraverso cui strutturare e rendere stabile l’obiettivo della democrazia industriale nel contesto italiano. Il contributo mira a ricostruire i termini di questo dibattito, passandoin rassegna i diversi modelli di democrazia industriale avanzati da Pci e Psi, e mettendoli in relazione con la rispettiva cultura politica, colta nella sua evoluzione.
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Il contributo analizza la questione meridionale – interpretata alla luce del concetto rokkaniano di «frattura» – quale tema che trova campo nell’Italia repubblicana, in uno snodo fondamentale del processo di democratizzazione che la Costituzione incentra sui partiti politici e sulle autonomie territoriali. Nel corso dei lavori dell’Assemblea costituente, il tema emerse proprio nel dibattito sull’istituzione delle regioni. Tuttavia, nella fase immediatamente post-costituzionale, prima, e con la messa in opera delle regioni, dopo, il problema del divario Nord-Sud resta senza risposta adeguata, dando adito ad una narrazione che contrappone alla questione meridionale una «questione settentrionale». Di tale narrazione si nutrono le recenti richieste di regionalismo differenziato, che concepiscono la differenziazione ex art. 116, co. 3, Cost. come strumento per «restituire» alle regioni settentrionali quanto loro sottratto a beneficio delle regioni meridionali. Una concezione distante dal modello costituzionale, e inadeguata a far fronte all’ulteriore crescita dei divari territoriali determinata dalla pandemia.
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Questo contributo analizza l’evoluzione economica e demografica nel XXI secolo dei sistemi urbani del Mezzogiorno d’Italia. Documenta la loro relativa debolezza, dovuta, fra l’altro, alla mancanza di infrastrutture e servizi per la mobilità.
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Questo articolo mette in evidenza e commenta tre fenomeni: a) il dualismo economico all’interno dell’Unione europea, il dualismo storico Nord-Sud in Italia e l’accentuarsi del dualismo interno al Sud; b) le trasformazioni demografiche e i loro nessi con la situazione economica; c) i contradditori processi di modernizzazione dell’agricoltura con il concentrarsi di lavoro gravemente sfruttato nelle aree più ricche. Si tratta di fenomeni che hanno all’origine spinte e processi diversi fra di loro ma anche dinamiche comuni. I principali elementi che li legano sono l’internazionalizzazione e l’ulteriore segmentazione del mercato del lavoro. Una chiara espressione di questo secondo aspetto è la contemporanea presenza di immigrazione e disoccupazione nelle regioni del Mezzogiorno. La ripresa dell’emigrazione dal Sud verso il Nord e l’estero è frutto delle carenze dello sviluppo e della domanda di lavoro dal punto di vista dell’dinamica e della qualità. Nel frattempo è cresciuta una offerta di lavoro immigrata disponibile ad accettare salari e condizioni di lavoro indecenti.
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Il presente contributo analizza le caratteristiche strutturali dei capitalismi mediterranei in ottica comparata, andando ad approfondire i modelli di sviluppo delle loro economie regionali e distinguendo tra diversi tipi di cluster. Vengano messe in evidenza le diversità tra le architetture settoriali dei Paesi mediterranei e anche le loro rilevanti differenze interne. Inoltre, studia quale modello di sostegno all’innovazione si associa a tali caratteristiche settoriali a livello regionale e offre alcune risposte ai motivi per cui i quattro Paesi dell’Europa mediterranea non hanno investito sufficientemente in sostegno all’innovazione e in una pubblica amministrazione più efficiente.
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Uno dei problemi più rilevanti e dibattuti del Sud d’Italia, sin dalla costituzione dello Stato unitario, è stato il funzionamento delle sue istituzioni. In questo contributo si è cercato di analizzare i fattori principali che hanno influito sui processi di istituzionalizzazione e sui modi di regolazione sociale nel Sud d’Italia utili, per alcuni versi, a leggere alcuni fenomeni sociali e politici che riguardano il resto del Paese. A tale scopo l’attenzione è stata rivolta a ricostruire come la relazione sociale di clientela abbia costituito una delle principali forme di regolazione e come abbia influenzato in modo significativo la costruzione delle istituzioni sociali, politiche ed economiche del Mezzogiorno d’Italia. Queste dinamiche hanno contribuito a determinare la crisi dei produttori di regolazione e la diffusione di alcune particolari forme di «economicizzazione» della vita sociale e politico-istituzionale come il neo-patrimonialismo e la corruzione. Aspetti che risultano strettamente correlati con i modi di funzionamento delle istituzioni che diventano una chiave di lettura per analizzare i processi di sviluppo economico e sociale dei territori.