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I partiti populisti nello scenario politico europeo. Riflessioni introduttive
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I percorsi di un declino. Il caso Italia
L’articolo esamina l’attuale crisi economica del nostro paese che comprende, oltre agli effetti della crisi internazionale, anche quelli, ben precedenti, di una specifica debolezza. S’intende proporre una interpretazione di questo declino alternativa a quelle correnti che non rispondono a un corretto criterio di ricostruzione storica. A questo fine sono individuate nelle modificazioni intervenute nei fattori della competitività internazionale e nella nostra mancata risposta strutturale le cause determinanti del nostro crescente divario. Le prevalenti politiche liberiste adottate non consentono di introdurre le necessarie modificazioni strutturali, lasciando così inalterate le cause della nostra crisi. Nella politica industriale questa posizione si traduce in interventi che, nella migliore delle ipotesi, tende ad accrescere una competitività di costo, mentre la questione è quella dello sviluppo di una competitività di qualità. Anche gli effetti di trascinamento dovuti all’azione della crescita internazionale o a interventi sul cambio euro/dollaro, non sono in grado, evidentemente, di eliminare il divario con gli altri paesi dell’Unione europea e i conseguenti effetti sociali.
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I poeti incontrano la Costituzione
12.00
€
Chi meglio del poeta-scrittore può avere facoltà di descrivere un avvenimento così importante della nostra memoria collettiva e della storia della nostra democrazia come la nascita della Costituzione? Nasce così l’idea di costruire un percorso a più voci che rilegga la nostra Carta fondamentale con gli occhi della letteratura, affrontato da generazioni che hanno avuto con essa rapporti indiretti ma forti, sostenuti dall’orgoglio e dall’identità partecipativa trasmessa loro dall’esperienza e dai ricordi dei padri o addirittura dei nonni. Dopo aver celebrato i settant’anni della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo e aver spento le settanta candeline della Repubblica, questo libro vuole essere soprattutto un appello affinché tali premesse costituzionali si concretizzino nella loro carica etica e democratica, soprattutto oggi, in cui il nostro paese è preda di un malessere che affievolisce e sfilaccia il tessuto dei rapporti interpersonali. Oggi spetta a tutti noi tenere viva la tensione morale, la forza di volontà, la spinta riformatrice che caratterizzarono il lavoro dei padri costituenti, poiché con la poesia, la creatività, la cultura si possono recuperare le energie perdute per scongiurare la «profezia» di George Santayana: «Coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo».
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I populismi in Italia
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I populisti al governo e la ridefinizione dello spazio politico
L’articolo si propone di sviluppare una riflessione approfondita dei rapporti fra l’affermazione delle formazioni populiste e le trasformazioni della democrazia, analizzando i cambiamenti in corso nel sistema politico italiano dopo le recenti elezioni nazionali. Il Movimento 5 stelle e la Lega hanno ottenuto un ampio consenso elettorale e successivamente hanno formato un governo di coalizione. Per la prima volta in Europa due tipologie molto differenti di populismo si sono coalizzate in un governo nazionale. Se riuscirà a durare e a realizzare alcuni dei suoi obiettivi più importanti, il governo di coalizione può provocare, una significativa ridefinizione del sistema politico italiano, facendo emergere un nuovo tipo di bipolarismo.
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I poveri possono parlare?
13.00
€
Sull’onda degli effetti esplosivi di una crisi economica e sociale ormai più che decennale, il tema della povertà è tornato al centro del discorso pubblico e della produzione culturale. Il successo recente di film come Joker o Parasite sta lì a testimoniarlo. Contestualmente, e in parte indipendentemente, un’altra crisi ha investito il piano politico e simbolico. Il vocabolario politico otto-novecentesco sembra non far più presa su una realtà radicalmente trasformata: così, da più parti, si invoca la sostituzione del concetto di classe con quello di popolo, e conseguentemente dell’opposizione orizzontale destra/sinistra con quella verticale alto/basso. Una tale operazione, solo apparentemente plausibile, risulta tuttavia, a uno sguardo più attento, intimamente problematica e logicamente aporetica. Chi è in basso, e chi in alto? Il «basso» può davvero parlare? E in caso, che valore si deve assegnare alla sua parola? Obiettivo di questo volume è usare la categoria di povertà come grimaldello per esporre e far saltare queste aporie. A questo scopo, vengono qui riuniti i contributi di cinque giovani ricercatrici e ricercatori, tutti provenienti da prospettive disciplinari differenti: diritto, sociologia, etnografia, filosofia politica, critica letteraria. La scommessa è che le questioni metodologiche diverse che il confronto con l’oggetto «povertà» pone nei rispettivi campi possano essere utilmente messe al servizio di un lavoro di concettualizzazione politica. L’analisi di singoli casi studio determina infatti, in primo luogo, un effetto di deontologizzazione: non tanto la povertà, ma i poveri. E non tanto ciò che i poveri sono, ma ciò che i poveri fanno. Nel libro sarà cioè questione di pratiche, e non di essenze. Di qui un ulteriore risultato: mostrare come i confini tra i poveri e «noi» siano molto più labili di quel che si crede. E come, dunque, la categoria di povertà possa rivelarsi l’indice di una nuova politica dell’emancipazione.
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I presupposti per le innovazioni organizzative nei sindacati. Presentazione
Presentazione della sezione TEMA: Cambiamenti organizzativi per il sindacalismo del XXI secolo
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I primi anni di carriera: lavoro atipico, povero e a bassa accumulazione contributiva
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I problemi del welfare dopo Lisbona
Vorrei tirare le fila di quanto detto stamattina, cercando di condensare le domande importanti che si pongono ai sindacati in Europa se parliamo di mercato del lavoro, di strategie per l’occupazione, soprattutto di strategie per una buona occupazione. Ciò che ha colpito stamattina, partendo dagli scenari europei, era la sostanziale asimmetria che si pone fra le politiche economiche, come vengono organizzate a livello europeo, e la politica per l’occupazione e per il mercato del lavoro. ...
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I problemi della transizione verso l’economia della conoscenza
La transizione verso l’economia della conoscenza è molto più accidentata di quanto fosse stato anticipato. La comprensione dei cambiamenti strutturali che caratterizzano la transizione verso l’economia della conoscenza è indispensabile sia per distinguere tra dinamiche di breve e di lungo termine sia per identificare i caratteri emergenti dei sistemi economici avanzati. La tradizione schumpeteriana è fondamentale per capire i caratteri e le conseguenze del profondo processo di trasformazione strutturale in corso. La sua integrazione con la tradizione keynesiana consente di mettere a fuoco la nozione di domanda pubblica compe- tente come strumento efficace per «uscire» dalla crisi che è determinata dai cambiamenti dal lato dell’offerta. La crescita della domanda pubblica deve essere finanziata con l’inclusione dei redditi da capitale nei redditi assoggettati alla progressività. Allo scopo di sostenere e accelerare la transizione è indispensabile accompagnare l’uso della domanda pubblica competente con una vera e propria politica economica della conoscenza basata su: i) il rafforzamento dell’infrastruttura di ricerca pubblica; ii) sostegno selettivo all’educazione terziaria finalizzato alla crescita dell’offerta di specifiche capacità Ict; iii) la fornitura di una capillare infrastruttura digitale che aiuti a ridurre i costi di accesso e assimilazione dell’esistente riserva di conoscenza quasi-pubblica; iv) il rafforzamento dell’interazione tra ricerca pubblica e privata; v) una forte domanda pubblica competente di beni e servizi capace di soste- nere la crescita dei Kibs; vi) il sostegno attivo agli investimenti intangibili e alla domanda derivata dei Kibs.
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I problemi di una nuova governance nei servizi di interesse generale
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I processi di aziendalizzazione in Italia. Le principali trasformazioni nel corso di un quarto di secolo
Il saggio si concentra sull’introduzione, a partire dagli anni novanta, di forme di aziendalizzazione e managerializzazione all’interno del Servizio sanitario nazionale (Ssn). La legge istitutiva del Ssn nel 1978 attribuiva un potere limitato alla componente tecnico-gestionale, lasciando sostanzialmente i poteri in mano ai due principali gruppi di attori, che avevano giocato un ruolo centrale nel precedente assetto mutualistico: quello politico e quello medico. Con l’aziendalizzazione si intendeva limitare il potere dei medici, sottoposti a rigorose forme di controllo, nonché estromettere dalla gestione sanitaria la componente politica, adottando un modello di forte separazione delle attività di gestione da quelle di indirizzo politico. Il saggio mostra come il quadro che emerge a un quarto di secolo di distanza da tali riforme è profondamente differente. Se, da un lato, la managerializzazione ha permesso forme di razionalizzazione della spesa e notevoli risparmi ed efficientamenti del Ssn (che continua a funzionare con risorse nettamente inferiori a quelle di altri Ssn), dall’altro, l’idea dell’autonomia dei manager delle aziende si è andata perdendo fortemente nel tempo in molti territori e si è in presenza di un sistema sempre più ri-verticalizzato e ri-politicizzato.
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