• Vorrei tirare le fila di quanto detto stamattina, cercando di condensare le domande importanti che si pongono ai sindacati in Europa se parliamo di mercato del lavoro, di strategie per l’occupazione, soprattutto di strategie per una buona occupazione. Ciò che ha colpito stamattina, partendo dagli scenari europei, era la sostanziale asimmetria che si pone fra le politiche economiche, come vengono organizzate a livello europeo, e la politica per l’occupazione e per il mercato del lavoro. ...
  • La transizione verso l’economia della conoscenza è molto più accidentata di quanto fosse stato anticipato. La comprensione dei cambiamenti strutturali che caratterizzano la transizione verso l’economia della conoscenza è indispensabile sia per distinguere tra dinamiche di breve e di lungo termine sia per identificare i caratteri emergenti dei sistemi economici avanzati. La tradizione schumpeteriana è fondamentale per capire i caratteri e le conseguenze del profondo processo di trasformazione strutturale in corso. La sua integrazione con la tradizione keynesiana consente di mettere a fuoco la nozione di domanda pubblica compe- tente come strumento efficace per «uscire» dalla crisi che è determinata dai cambiamenti dal lato dell’offerta. La crescita della domanda pubblica deve essere finanziata con l’inclusione dei redditi da capitale nei redditi assoggettati alla progressività. Allo scopo di sostenere e accelerare la transizione è indispensabile accompagnare l’uso della domanda pubblica competente con una vera e propria politica economica della conoscenza basata su: i) il rafforzamento dell’infrastruttura di ricerca pubblica; ii) sostegno selettivo all’educazione terziaria finalizzato alla crescita dell’offerta di specifiche capacità Ict; iii) la fornitura di una capillare infrastruttura digitale che aiuti a ridurre i costi di accesso e assimilazione dell’esistente riserva di conoscenza quasi-pubblica; iv) il rafforzamento dell’interazione tra ricerca pubblica e privata; v) una forte domanda pubblica competente di beni e servizi capace di soste- nere la crescita dei Kibs; vi) il sostegno attivo agli investimenti intangibili e alla domanda derivata dei Kibs.
  • Il saggio si concentra sull’introduzione, a partire dagli anni novanta, di forme di aziendalizzazione e managerializzazione all’interno del Servizio sanitario nazionale (Ssn). La legge istitutiva del Ssn nel 1978 attribuiva un potere limitato alla componente tecnico-gestionale, lasciando sostanzialmente i poteri in mano ai due principali gruppi di attori, che avevano giocato un ruolo centrale nel precedente assetto mutualistico: quello politico e quello medico. Con l’aziendalizzazione si intendeva limitare il potere dei medici, sottoposti a rigorose forme di controllo, nonché estromettere dalla gestione sanitaria la componente politica, adottando un modello di forte separazione delle attività di gestione da quelle di indirizzo politico. Il saggio mostra come il quadro che emerge a un quarto di secolo di distanza da tali riforme è profondamente differente. Se, da un lato, la managerializzazione ha permesso forme di razionalizzazione della spesa e notevoli risparmi ed efficientamenti del Ssn (che continua a funzionare con risorse nettamente inferiori a quelle di altri Ssn), dall’altro, l’idea dell’autonomia dei manager delle aziende si è andata perdendo fortemente nel tempo in molti territori e si è in presenza di un sistema sempre più ri-verticalizzato e ri-politicizzato.
  • Lo studio esamina le conseguenze dei processi di ristrutturazione sulle condizioni di benessere dei lavoratori, con l’obiettivo di identificare i nuovi rischi così come le nuove opportunità di tutela. La ricerca utilizza i risultati del progetto internazionale WORKS, al quale hanno partecipato 17 Stati Europei, e in cui si sono analizzati in maniera comparativa i cambiamenti più importanti avvenuti nella società della conoscenza.
  • L’articolo presenta i principali risultati raccolti dalla ricerca Vita da professionisti, dedicata ai bisogni e alle aspettative dei professionisti non dipendenti, di qualsiasi settore, che operano con qualsiasi forma contrattuale, principalmente lavoratori autonomi con partita Iva. Sono qui presentati i principali aspetti che caratterizzano il lavoro dei professionisti: le condizioni di lavoro, gli aspetti economici e retributivi, gli obiettivi di cambiamento e di miglioramento che i lavoratori chiedono al sindacato.
  • Nell’impresa sempre più si incrociano saperi differenti, flussi di scambio delle conoscenze, relazioni negoziali fra persone e ruoli. Le imprese sono gestite come network professionali che reperiscono esternamente la maggior parte delle competenze tecnico-professionali. Intanto nel nostro paese le riforme delle professioni attendono da trent’anni e prolifera l’abuso del lavoro dipendente mascherato da lavoro autonomo. Tutto ciò si traduce in mancanza di tutele, di ammortizzatori sociali e di un reale futuro previdenziale per milioni di lavoratori intellettuali. La CGIL ha rilanciato un percorso di ascolto, di proposta e di rappresentanza attraverso le sue strutture fino a costituire, per la prima volta, la Consulta sul lavoro professionale. Sono state coinvolte le strutture della CGIL, ma anche le associazioni professionali che hanno accettato il confronto nonché autorevoli lettori e studiosi di questo universo. Nel volume si descrive la complessità di una parte del mondo del lavoro ancora poco compresa fornendo analisi e dati, ma anche raccontando l’evoluzione del lavoro professionale e i suoi attuali bisogni attraverso la voce di chi nel sindacato si è già cimentato in percorsi di tutela concreti. Ma soprattutto questo mondo si svela attraverso le riflessioni dei diretti interessati che hanno descritto le molteplici facce di questa nebulosa contribuendo a individuare i tanti punti comuni d’interesse e di azione.
  • Nonostante la fine dell’emergenza sanitaria e la ripresa dell’economia, disoccupazione e sottoccupazione rimangono alte in molti paesi europei, così come il lavoro precario. Le fasce più svantaggiate del mercato del lavoro sperimentano da anni una condizione di forte vulne-rabilità che né i sussidi, né le politiche attive del lavoro riescono efficacemente a contrastare. Le attuali politiche manifestano l’assenza di un’integrazione con la domanda di lavoro territoriale, vista come questione di cui le politiche di welfare non si possono, né si devono occupare. La Job guarantee ribalta tale assunzione di fondo, mettendo al centro la crea-zione diretta di lavoro «dignitoso». In questo articolo vengono analizzate alcune delle prin-cipali esperienze pilota che sono attualmente in corso in alcuni paesi europei: Austria, Belgio e Francia. Dall’analisi emerge un quadro eterogeneo, con due aspetti comuni di fondo. Il primo è che l’attivazione e la promozione dell’occupabilità da sole non bastano se slegate (come è oggi) da interventi sulla domanda di lavoro territoriale. Il secondo, che la creazione diretta di lavoro sia finalizzata a garantire non solo il lavoro «dignitoso» che manca laddove il mercato non ne crea abbastanza, ma anche quello che serve ed è utile a rispondere ai bisogni insoddisfatti dei territori.
  • Il 17 luglio 1960 muoiono sotto i colpi della polizia cinque cittadini di Reggio Emilia che stavano prendendo parte ad una manifestazione di protesta contro il Governo Tambroni, retto dai voti del Movimento sociale italiano, formazione neofascista. Nei mesi precedenti, violenti scontri avevano segnato le piazze di molte città d’Italia, da Nord a Sud. Da Genova a Palermo, scioperi e manifestazioni con altri morti e feriti. Si arriva a Reggio Emilia al culmine di una stagione repressiva senza uguali. La città è presidiata, ai cittadini viene impedito di manifestare. In questo clima si svolge questa storia di quartiere, fra ragazzi «ribelli», nell’inevitabile scontro generazionale, in una Reggio ancora profondamente agricola. La modernità avanza e, all’impegno politico, si accompagnano le Vespa e il mito della Giulietta, il festival di Sanremo e le balere per ritrovarsi. Tutto a scandire una quotidianità che nasce da profonde radici e si proietta fino a noi. Nel volume una dettagliata cronologia degli avvenimenti curata da Fabrizio Loreto.
  • Il libro ripercorre i passaggi fondamentali della storia economica, politica e sociale di Terra di Lavoro del secolo scorso. Attraverso passaggi storici e trasformazioni sociali si svolgono le vicende di un nucleo di classe dirigente del Partito comunista e della Cgil che si forma in quel crogiuolo di umanesimo e di socialismo che è la scuola di una personalità suggestiva dell’antifascismo campano come Alberto Iannone. Il «professore», come lo chiamano a Capua, nonostante le persecuzioni del regime, insieme alla moglie Margherita tesse i rapporti con la rete clandestina del Pci, partecipa alla redazione e alla stampa dell’unico giornale di opposizione diffuso in tutta la Campania, «Il Proletario», tiene accesa la fiaccola delle idee di giustizia e di libertà tra i giovani e, attraverso le sue lezioni private, l’unico lavoro che gli è permesso, forma una parte importante della classe dirigente del dopoguerra della sinistra di Terra di Lavoro. Dopo la sua prematura e tragica morte i giovanissimi allievi ne raccolgono l’eredità culturale e politica e partecipano al processo di ricostruzione della democrazia e del paese. Tra questi tre futuri parlamentari della Repubblica: Enzo Raucci, deputato dal 1960 al 1976; Antonio Bellocchio, deputato dal 1976 al 1992; Pompeo Rendina, senatore dal 1963 al 1968. Attraverso la storia familiare e politica dei protagonisti emerge il filo rosso che lega le lotte per la democrazia del secolo scorso alle tendenze più avanzate della stagione risorgimentale. A fare da sfondo lo straordinario patrimonio storico e architettonico di Capua, uno dei più significativi del Mezzogiorno, e il territorio della provincia di Caserta, strategica cerniera tra Napoli e la Campania interna.
  • La scrittura nasce dal dolore, l’esperienza di anni difficili, la perdita di Franca, la sposa, il vivere. Dalle zolle rimosse spuntano resti di memoria: l’emigrazione dei nonni dal nord Italia alle porte di Roma, Maccarese, la campagna e l’infanzia, l’albero degli zoccoli e una dignitosa povertà, le lotte dei braccianti, il comunismo e le rane, l’incontro con l’amore. La compresenza delle stagioni del tempo, l’inesorabilità della natura, il faccia a faccia con quello che più ci riguarda, la domanda essenziale: abbiamo vissuto? Journal intime, diario laico, confidenze, si parla a se stessi per cercare un dialogo con l’inestricabile vicenda umana. Una lirica in prosa dove la musicalità delle parole, meglio delle parole stesse, è il luogo più vicino allo sguardo di un uomo, qualcosa di mai finito, qualcosa di solo suo, qualcosa di uguale a tutti. Attraverso il silenzio e la solitudine l’io giunge in un luogo denso, fitto di umanità, lì si scorgono i cieli che valgono una vita: nascita, amore, felicità, dolore, perdita.
  • Il volume ripercorre la storia dei Rolling Stones in occasione del cinquantesimo anniversario del la loro nascita. Gli autori prendono le mosse dal ruolo di primo piano che il gruppo di Mick Jagger e Keith Richards ha svolto nella trasformazione dei costumi dei giovani a partire dagli anni sessanta. Dai primi concerti londinesi alla British Invasion negli Stati Uniti, dalla Swinging London fino al Sessantotto, la band incarnò un’immagine irriverente e iconoclasta, costruita in opposizione alla fama di bravi ragazzi attribuita ai Beatles dai media dell’epoca. Nei decenni successivi, l’immagine dei Rolling Stones trovò nella linguaccia riprodotta su ogni oggetto di consumo possibile uno dei marchi di fabbrica più diffusi al mondo. Grazie alle loro specifiche competenze, i due autori indagano con puntualità sia l’impatto della band sulle società opulente del secondo dopoguerra sia la sua straordinaria rivoluzione musicale, realizzata soprattutto nel periodo aureo che, iniziato nel 1968 con Beggars Banquet, raggiunse il punto più alto nel 1972, con Exile on Main St.