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Migranti e cittadinanza al tempo delle crisi globali
Il lavoro ha come oggetto il tema dell’immigrazione a partire dalla più ampia problematica della cittadinanza, nelle sue diverse concezioni: giuridica, culturale, democratica. Il processo di inclusione degli immigrati viene inserito nella cornice delle diverse crisi – non solo quella economica e finanziaria – che segnano il mondo globale. Dopo un’analisi dei fenomeni migratori e delle procedure di acquisizione della cittadinanza in alcuni paesi europei, l’articolo si focalizza sul caso nazionale. Attraverso serie storiche di inchieste campionarie viene studiata la percezione dello «straniero», chiedendosi se la fase di crisi economica abbia minato le basi culturali e di atteggiamento del processo di inclusione in Italia. Nelle considerazioni conclusive si sottolinea la necessità di governare, attraverso politiche adeguate e lungimiranti, la questione dell’immigrazione e la più ampia tematica della cittadinanza alle quali si intrecciano gli andamenti dell’opinione pubblica. Le crisi della democrazia rappresentativa, dell’economia e della finanza, insieme alle implicazioni della società del rischio, definiscono lo scenario nel quale si inseriscono queste dinamiche.
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Ascesa e declino del benessere sostenibile in Italia, 1960-2013
Questo articolo presenta un nuovo indicatore alternativo al Pil – l’Indice di benessere sostenibile (Ibs) – una versione modificata dell’Isew sviluppato da Daly e Cobb (1989). Si propone una misura sintetica di flussi che approssima in termini monetari il livello di benessere aggregato, inglobando i principali aspetti economici, ambientali e sociali in un’ottica di sostenibilità. Calcolato per l’Italia per il periodo 1960-2013, l’Ibs descrive l’ascesa e il declino del benessere sostenibile nazionale. I risultati empirici mostrano che nelle prime tre decadi il Pil pro-capite e l’Ibs pro-capite sono cresciuti in parallelo. Laddove il primo ha continuato a crescere fino al 2007, l’Ibs pro-capite ha raggiunto il picco massimo nel 1991, dopo si è stabilizzato con alcune oscillazioni rilevanti e infine dall’inizio della crisi economicofinanziaria del 2008 è diminuito in maniera preoccupante.
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Soddisfatti? Il benessere soggettivo in Europa
L’approccio multidisciplinare allo studio del benessere ha permesso di affiancare al Pil nuovi strumenti per stabilire quanto stiamo bene. Il concetto di qualità della vita, in particolare, ha arricchito l’analisi del benessere attraverso l’utilizzo di un’ampia gamma di indicatori sociali, consentendo un’osservazione non solo oggettiva ma anche soggettiva del fenomeno. Su questo approccio innovativo è basato il focus dell’articolo, che presenta un’analisi del benessere soggettivo in Europa, delle sue determinanti principali, e un approfondimento sul rapporto tra ricchezza e benessere. L’obiettivo è evidenziare il contributo che lo studio soggettivo aggiunge alle informazioni di carattere oggettivo per le politiche sociali.
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La disuguaglianza: fatti e interpretazioni
Le disuguaglianze di reddito sono aumentate in tutti i paesi avanzati e sono un problema centrale del capitalismo di oggi. Nonostante i molti studi apparsi finora, manca ancora una spiegazione convincente delle cause di questo fenomeno. L’articolo riassume i fatti essenziali sull’evoluzione della disuguaglianza, a partire dalla distribuzione del reddito tra salari e profitti, e offre una spiegazione che mette al centro quattro «motori della disuguaglianza»: il potere del capitale sul lavoro, l’ascesa di un «capitalismo oligarchico», l’individualizzazione delle condizioni economiche, l’arretramento della politica. Questi processi stanno cambiando i modi di funzionamento non soltanto del sistema economico ma anche di quello politico: l’economia diventa meno dinamica, la società più ingiusta, la politica meno democratica.
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Il declino dell’economia italiana: cambiamento strutturale o transizione ciclica?
L’Italia attraversa ormai da quasi tre decenni una crisi strutturale della crescita economica. Le riforme del mercato del lavoro, la moderazione salariale, le politiche di «austerità espansiva» e la deregolamentazione dei mercati reali e finanziari non sembrano aver contribuito a invertire la rotta declinante tracciata dal sistema produttivo italiano quanto piuttosto ad aggravare un quadro già deficitario di produttività, investimenti e tecnologia. Nell’articolo utilizziamo la cosiddetta «contabilità della crescita» per isolare i fattori che sono alla base di questa deriva. Il quadro macroeconomico che ne emerge mostra che il deterioramento della crescita, maggiormente accentuato dal 2008 in poi, ha carattere strutturale e coinvolge sia i settori produttivi tradizionali che quelli tecnologicamente avanzati.
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Le implicazioni del Jobs Act sul mercato e i rapporti di lavoro
Dopo aver ripercorso sinteticamente la struttura, i contenuti e gli obiettivi della riforma del mercato del lavoro denominata «Jobs Act», l’articolo si sofferma sulle implicazioni che la stessa determinerà su mercato e rapporti di lavoro. A riguardo, se, da un lato, può essere posto in dubbio il raggiungimento dell’annunciato obiettivo di aumentare l’occupazione attraverso la ricetta della flessibilità (in entrata, in uscita e funzionale), dall'altro, certamente non vi sono dubbi che la novella riporti il diritto del lavoro italiano indietro nel tempo, depotenziando proprio quelle norme dello Statuto dei lavoratori poste a presidio della libertà e della dignità dei lavoratori.
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La precarizzazione del lavoro e gli effetti del Jobs Act
La legge 183/2014, il Jobs Act, ha determinato un profondo cambiamento nelle relazioni industriali italiane. Nel contributo, il Jobs Act viene inquadrato all’interno di un ventennale processo di riforma del mercato del lavoro che ha avuto inizio a metà degli anni novanta. Da una preliminare valutazione dei dati di fonte amministrativa e campionaria, relativi al periodo successivo all’implementazione del Jobs Act, emergono i seguenti risultati: l’atteso incremento occupazionale è stato esiguo, piuttosto si è verificato un aumento della quota di contratti a tempo determinato rispetto a quelli a tempo indeterminato e fra questi ultimi aumentano i contratti a tempo ridotto (part-time).
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Nuova crisi e vecchi problemi. Effetti collaterali sul lavoro delle donne
Il saggio guarda agli effetti della crisi sulla partecipazione delle donne nel mercato del lavoro italiano, nelle politiche e nei numeri. A fronte della diffusa convinzione che la crisi abbia colpito prevalentemente la componente maschile, le analisi mostrano gli effetti corrosivi della già debole presenza femminile, la cui recente crescita di offerta è sintomo di un grave affanno più che di una spinta virtuosa. Ciò risulta evidente dagli indicatori del mercato del lavoro, dalla frammentarietà e incoerenza degli interventi attuati da cui non emerge una tensione verso la partecipazione paritaria tra i sessi, come pure dal prefigurarsi di nuovi rischi quali l’accorciamento del percorso di studi delle giovani nella fascia universitaria, che rinunciando così al principale fattore di promozione e protezione, le espone a rischio di esclusione.
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Obiettivi concreti e poco spazio per i sogni: i giovani in Italia
La forte crescita della disoccupazione e dell’emigrazione giovanili, la questione dei diritti e del welfare sono alcuni dei temi al centro della questione giovanile, che, negli ultimi anni, ha (finalmente) attirato l’attenzione degli studiosi e (in qualche misura) della politica. Tuttavia, ancora non si è sviluppato un vero e proprio dibattito su come la difficile situazione dei giovani – e in particolare il cambiamento delle prospettive riguardo al futuro, che diventano sempre più cupe – ne stia condizionando la costruzione della personalità. Eppure, i giovani, visti attraverso le loro priorità e i loro obiettivi, appaiono protagonisti di un significativo cambiamento generazionale, gravido di implicazioni e conseguenze su più fronti, dalle scelte educative e professionali al rapporto con la sfera politica.
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Nuovi bisogni di assistenza familiare: le attività di cura dei migranti in Italia
L’articolo assume come focus di analisi le attività di cura prestate ad anziani e disabili in Italia da lavoratori e lavoratrici migranti, considerato elemento centrale del nuovo welfare state. Esso parte dall’analisi dell’indagine Oil (2012) e delle soluzioni normative elaborate in favore dei lavoratori e delle lavoratrici migranti impegnati nelle varie attività di cura familiare. Si approfondiscono anche gli elementi sostanziali dell’assistenza sociale migrante in Italia, individuandone gli elementi di forza e di debolezza, insieme alle modifiche sociali sostanziali del relativo modello familiare.
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L’Europa sospesa tra il rifiuto e l’accoglienza
Il tema della insostenibilità delle migrazioni è tornato al centro del dibattito pubblico in relazione al consistente aumento dei flussi di persone che nel 2014, e ancor più nel 2015, hanno cercato rifugio in Europa. L’analisi della spesa pubblica sostenuta dal nostro paese in questo ambito non giustifica però i toni allarmistici che ricorrono nel discorso pubblico, istituzionale e mediatico. Il tema che l’Italia e l’Europa dovrebbero affrontare oggi non è quello della scelta tra le politiche del rifiuto e quelle dell’accoglienza e dell’inclusione, ma semmai quello della qualità di queste ultime. Sarà questa a determinare l’esito positivo o negativo del progetto migratorio delle migliaia di donne, uomini e bambini, che riusciranno a giungere sani e salvi nel continente europeo e, quindi, anche il «peso» minore o maggiore che la loro presenza comporterà sulla finanza pubblica. È dunque lungimirante una politica europea volta da un lato a garantire la «regolarità» del soggiorno dei cittadini stranieri e, dall’altro, ad allargare il perimetro della cittadinanza sociale, in modo da limitare lo sviluppo dei processi di auto ed etero-ghettizzazione della popolazione straniera.
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