Il modello dello «shareholder value», che ha egemonizzato il trentennio neoliberale nei paesi anglosassoni, ha fallito essendo responsabile della crisi iniziata nel 2007-2008, a causa degli effetti sulle diseguaglianze e le ipotesi errate circa la razionalità dei mercati finanziari e gli schemi di incentivazione dei manager. Il modello dell’impresa socialmente responsabile, basato sulla governance multi-stakeholder e democratica, generalizza idee tratte dal modello di «gerarchia di mediazione imparziale», dalla co-determinazione tedesca, e dalle esperienze di Rsi. Secondo questo modello, chi governa l’impresa ha doveri fiduciari estesi verso tutti gli stakeholder, e la clausola
fondamentale è consentire l’equa partecipazione al surplus da parte degli stakeholder essenziali, minimizzando gli effetti esterni negativi sugli altri. La sua superiore efficienza è qui dimostrata in termini di economia dei costi di transazione (e quindi produttività) in presenza di investimenti specifici molteplici, risorse cognitive complementari e rischio di abuso d’autorità. Se non si integra la corporate governance multi-stakeholder nel contratto sociale per la giustizia distributiva, sarà sempre impossibile evitare il «paradosso della tela di Penelope» secondo cui la tela dall’equità, tessuta dal welfare state, viene sempre disfatta dall’abuso di autorità nell’impresa.