• Una disamina dei sistemi di regolazione del lavoro nell'UE e i vari strumenti per disciplinare quello dei dipendenti pubblici. Fra gli estremi della contrattualizzazione esplicita e quelli della regolazione unilaterale, attraverso varie forme di negoziazione più o meno informale. Il diverso grado di centralizzazione. I nuovi metodi gestionali per accrescere l'efficienza e la flessibilità delle PP.AA.. Le forti differenze fra paesi sugli esiti di queste riforme, ma anche la loro natura trasversale e relativamente comune. Il bivio tra fine del metodo consensuale e ruolo della contrattazione.
  • Crisi e sconvolgimento strutturale, e dunque destianto a durare, del sistema contrattuale. Il ruolo della contrattazione decentrata nelle PP.AA. ex art. 16 del d.l. 98/2011. L'utilizzo delle economie realizzate nell'ambito dei piani triennali di razionalizzazione amministrativa. Il futuro delle relazioni industriali del settore pubblico e la capacità di "entrare negli aspetti strutturali e pre-organizzativi dell'amministrazione, per riuscire con efficacia a tutelare e rappresentare il lavoro".
  • Ruolo e percezione della dirigenza pubblica attraverso un excursus delle riforme che l'anno ripetutamente attraversata. Scrive l'A. nelle sue conclusioni: "L'oscillazione nevrotica fra due modelli estremisticamente contrapposti - lo spoil system generalizzato e la protezione castale dell'alta burocrazia - sono invece l'ennesimo esempio del disorientamento generale che sembra caratterizzare questi difficilissimi anni".
  • Il presente e il futuro del lavoro pubblico s'intrecciano strettamente con il futuro del welfare e dello spazio pubblico del nostro paese. La carenza, finora, di riflessioni o progetti complessivi su questo tema. L'approccio parziale ed emergienziale che si è invece scelto di perseguire in questi anni, con tagli lineari e indifferenti ai loro effetti sulla qualità sociale. Gli insuccessi di molti degli sforzi compiuti in ambito contrattuale. I nessi fra riforma dello stato sociale e gestione del pubblico impiego. Come evitare che la cirsi del primo sia imputato al corporativismo del secondo.
  • Questa tavola rotonda, che conclude la sezione tematica della rivista, riprende molti degli spunti descritti e approfonditi nei vari saggi che la compongono. Uno sguardo articolato e plurale sul futuro delle relazioni sindacali. Il tema della dirigenza e il suo ruolo fondamentale per l'innovazione e la trasparenza delle pubbliche amministrazioni come nodo irrisolto delle stagioni che abbiamo alle spalle.
  • L’articolo ripercorre i cambiamenti nel mercato del lavoro italiano, a partire dalla fine degli anni ’60, dalla formazione della nuova classe operaia e delle sue conquiste. Esamina l’evoluzione dei fenomeni della partecipazione al mercato del lavoro e della disoccupazione, evidenziando le molteplici differenze (generazionali, di genere, territoriali) che caratterizzano il nostro paese. Fino agli anni più recenti, quelli della precarietà e del riesplodere della disoccupazione giovanile, che trova una delle sue espressioni più evidenti nel Mezzogiorno.
  • Il processo di emancipazione femminile, benché tratto distintivo del XXI secolo, ha solo lambito molte donne e lasciato scoperti numerosi contesti divenendo di fatto una “rivoluzione incompiuta” che ben si evidenzia passando in rassegna temi e questioni quali il lavoro, la fecondità e la famiglia. Proprio a causa della sua incompiutezza, tale processo allo stato attuale risulta portatore di numerosi squilibri sociali e di nuove disuguaglianze di genere arginabili attraverso una politica di welfare attenta in primo luogo all’infanzia.
  • Si discute sulla “rivoluzione incompiuta” descritta da Esping-Andersen: capire come istituzioni si adatteranno al nuovo ruolo delle donne aiuterà a rispondere su come prepareremo i nostri figli all’economia della conoscenza e su come risponderemo ai bassi tassi di fertilità e all’invecchiamento della popolazione con evidenti vantaggi in termini di equità ed efficienza.
  • Un’analisi comparativa tra i modelli di regolazione della formazione per i lavoratori interinali in Italia ed in Francia. La specificità dei due modelli è messa in relazione con il quadro legislativo di riferimento, oltre che con le caratteristiche dei sistemi generali di formazione continua e del mercato del lavoro. La domanda cui il contributo tenta di rispondere è se l’istituzione di Fondi bilaterali in entrambi i casi sia stata sufficiente al raggiungimento di un equilibrio soddisfacente tra le esigenze di occupabilità dei lavoratori e quelle di competitività delle imprese
  • La cosiddetta dottrina della “casa in ordine” ha ri-nazionalizzato la cooperazione internazionale. Pur restando appuntamenti importanti - per un gioco di egoismi incrociati - gli stessi G20 sono sempre meno incisivi. Che fare? E che ruolo ha/dovrebbe avere l’Unione europea? Il contributo si sviluppa intorno a tali interrogativi. L'autrice offre una lettura incrociata di G20 (dal vertice di Washington del 2008 a quello di Los Cabos del 2012) e del processo d'integrazione europea, tentando di far emergere i punti di vista - e le rivendicazioni – degli europei.
  • Capitalismo e democrazia rappresentano istanze intrinsecamente inconciliabili, rispetto alle quali la trentannale stagione postbellica del capitalismo democratico, col suo modello di welfare, è stata un'eccezione storica. La funzione del debito pubblico negli anni '80 per garantire la pace sociale quando la via dell'inflazione e quella della tassazione non erano più perseguibili. La crisi del debito, le politiche di austerità, la sospensione della democrazia, il conflitto sociale, nell'affresco di uno dei maggiori studiosi contemporanei di economia e società
  • Le nuove e drammatiche forme assunte oggi dal conflitto sociale (sequestri, suicidi, atti spettacolari, disordini) interrogano sulle tendenze della più classica delle modalità: lo sciopero. Un'analisi su dati 1950-2008 in 7 paesi industrializzati, Italia inclusa. Un trend generalizzato e trentennale al declino. Un fenomeno non temporaneo ma strutturale, insito nelle grandi trasformazioni di questi decenni. Può la crisi rovesciare il trend, magari con forme inedite e più efficaci di lotta, non misurabili coi tradizionali parametri dello sciopero? E' immaginabile un esito tipo anni '30 (Grecia)?