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Una preziosa lettura della recente riforma della legislazione del lavoro – non del mercato del lavoro, come spiega l’autore. Una riforma che aggrava la già evidente perdita di capacità regolativa del diritto del lavoro. Ma che ha anche un merito: ha rimesso al centro del dibattito il tema del lavoro e delle sue regole. E proprio sulla relazione uso del lavoro -regole insiste l’analisi dell’autore.
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L’articolo ricostruisce i fatti più rilevanti della riforma della legislazione del lavoro, a partire dai primi anni ‘90, evidenziando rotture e continuità nell’approccio di policy-making e offrendo anche una valutazione dei suoi effetti. Quello che prevale nel governo Monti – è la tesi degli autori – è un approccio attento quasi esclusivamente a dare mano libera alle prerogative managerial-imprenditoriali e poco o per niente attento al coinvolgimento/consenso dei lavoratori.
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L’articolo evidenzia e si sofferma su alcuni elementi di debolezza della riforma della legislazione sul lavoro proposta dal governo Monti, che si propone molteplici e ambizioni obiettivi su lavoro e occupazione. E in particolare si concentra sulle criticità riguardanti: la riduzione dell’abuso di rapporti di lavoro flessibili e incentivazione del rapporto subordinato; la revisione degli ammortizzatori sociali; la riduzione dei costi di licenziamento individuale
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Un’analisi articolata degli obiettivi della riforma della legislazione sul lavoro e delle modifiche introdotte. Il contributo muove da una riflessione generale sulle tendenze in atto, ormai da anni, nella riforma dei fondamenti dello stato sociale, si sofferma quindi sull’ideologia dietro il disegno di legge 3249, sui compromessi raggiunti, le sue aporie e contraddizioni.
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Una presentazione degli articoli della sezione tematica e deldibattito sull’organizzazione del lavoro, i suoi cambiamenti, le suericadute sulla qualità del lavoro, con particolare riferimento allalean production e al modello della World ClassManufacturing
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L’articolo analizza il legame tra cambiamenti nell’organizzazione del lavoro e produttività, esaminando i risultati di alcune ricerche nazionali e internazionali. L’autore insiste sulla necessità che le innovazioni organizzative seguano la logica della complementarietà, dell’introduzione di «pacchetti integrati». La questione è, quindi, quale sia la composizione dei pacchetti e la modalità con cui vengono composti. E’ proprio nella violazione del principio di complementarietà che risiede la causa di tanti fallimenti delle azioni di cambiamento.
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Attraverso l’analisi dei dati dell’indagine europea sulle condizioni di lavoro, l’articolo mette in evidenza l’esistenza di una diversità di forme di organizzazione del lavoro. Accanto alla lean production, persistono modalità tradizionali, tayloristiche o a struttura semplice. Ma soprattutto emerge un classe di imprese, definite learning organisation, che puntano meno sull’intensità del lavoro e di più sulla qualità della vita lavorativa. L’articolo esamina i principali fattori che spiegano il prevalere dell’una o dell’altra forma di organizzazione del lavoro.
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Una lettura sul modo in cui le imprese italiane hanno introdotto pratiche di produzione snella e sulle loro ricadute sulle condizioni di lavoro. L’autore muove dall’ipotesi che nella maggior parte dei casi gli outcome sono stati negativi. La spiegazione, basata soprattutto sull’osservazione dei cambiamenti in corso nell’industria metalmeccanica, tra cui la Fiat, è che le pratiche introdotte hanno puntato quasi esclusivamente a ottenere di più dalla manodopera, aumentando la pressione sul lavoro.
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L’articolo analizza un caso di innovazione organizzativa che ha suscitato ampie e accese discussioni: il modello WCM alla Fiat Auto. Nel saggio si sostiene che si tratta di una variante del modello produttivo giapponese, applicato in Fiat a partire dall’inizio degli anni Novanta con l’etichetta “fabbrica integrata”. Rispetto all’impostazione originaria il modello presenta però molteplici novità, che l’autore esamina in modo puntuale; con una particolare attenzione ai meccanismi sociali per il governo delle relazioni di lavoro.
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Anche questo contributo si propone di verificare nel dettaglio quali sono le condizioni sperimentate dai lavoratori nella lean production. L’articolo illustra i risultati di uno studio comparato di due fabbriche, una italiana e l’altra americana, impegnate come sub-fornitori di primo livello del medesimo tipo di prodotto di una multinazionale dell’automobile. I risultati evidenziano una rigida standardizzazione delle mansioni, un'elevata intensità di lavoro e uno scarso coinvolgimento, con alcune differenze significative tra paesi.