• Il welfare aziendale è diventato uno dei terreni più interessanti per la contrattazione di secondo livello ed è potenzialmente in grado di svilupparla in direzione di un equilibrio virtuoso tra interessi aziendali di competitività e interessi sindacali di miglioramento della qualità della vita dei lavoratori. Sulla scorta di queste premesse, l’articolo discute del welfare aziendale e contrattuale attingendo ai dati dell’Osservatorio sulla contrattazione di Cisl Lombardia. Più in particolare, delle intese aziendali sottoscritte tra il 2005 e il 2013 in imprese lombarde di dimensioni medio-grandi l’articolo propone un’analisi interpretativa, e non meramente descrittiva, che intende dare conto delle misure implementate e delle relative finalità, come pure delle strategie e delle dinamiche (sindacali, manageriali, datoriali) sottostanti. Obiettivo dell’approfondimento proposto è quello di affrontare in modo critico la relazione emergente tra welfare integrativo e assetti delle relazioni di lavoro e di offrire spunti di discussione per comprendere come si vada modificando la natura del rapporto tra capitale e lavoro e quale sia, al suo interno, il ruolo della rappresentanza.
  • La drammatica emergenza scatenata dalla pandemia da Covid-19 ha rivelato la forza e la debolezza del nostro Servizio sanitario nazionale. Da una parte si è vista quanto sia stata importante la presenza di servizio sanitario pubblico e universale nell’arginare i danni che la pandemia altrimenti avrebbe provocato. Dall’altra però si è rivelata tutta la fragilità di un sistema sottoposto, negli ultimi dieci anni, a ripetuti tagli nel finanziamento, che ne hanno indebolito la struttura e impedito le innovazioni necessarie. Ora, con le ingenti risorse messe a disposizione grazie agli accordi raggiunti in sede di Ue, per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), si presenta un’occasione unica per ricostruire e innovare il nostro sistema di welfare sociosanitario. La priorità che propone l’articolo, riprendendo diversi appelli della società civile e le Raccomandazioni dell’Oms, è concentrare le risorse per potenziare la prevenzione e la rete dei ser-vizi sociali e sociosanitari nel territorio e domiciliari, in modo da costruire la risposta più appropriata alla domanda di salute e di cure che proviene dai crescenti bisogni legati alla diffusione delle malattie croniche e delle varie forme di non autosufficienza, connesse con l’invecchiamento della popolazione, e che peraltro riguardano proprio le persone più esposte agli stessi rischi da Covid-19.
  • Nel corso dell’ultimo quarto di secolo si è aperta nei paesi occidentali un’ampia discussione su quali siano gli scenari e le traiettorie di trasformazione del mercato del lavoro in un contesto sempre più post-industriale. In queste analisi spesso si trascura un’importante parte del settore terziario: i servizi sociali, sanitari e l’istruzione. Tale scarsa attenzione sia negli studi sul welfare che in quelli del mercato del lavoro, dello sviluppo e delle relazioni industriali rappresenta, però, un importante limite. Il presente saggio intende offrire un quadro e un’agenda di ricerca tramite cui connettere maggiormente l’area degli studi sul welfare con quella delle analisi sul mercato del lavoro e sullo sviluppo economico.
  • Una recensione del libro la libro di Laura Pennacchi "La moralità del welfare. Contro il neoliberalismo populista"
  • Nel 1978, l’approvazione di tre grandi riforme sociali – la legge 180 di riforma della psichiatria, la legge 194 sulla tutela della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza e la legge 883 di riforma sanitaria – contribuì a migliorare le condizioni di vita dei cittadini del nostro paese. L’articolo ricorda quale siano stati il contesto politico e il percorso di mobilitazione sindacale e sociale che hanno accompagnato l’approvazione delle leggi; e sottolinea i punti di forza delle tre riforme ma non si limita a rievocarle come conquiste del passato, piuttosto segnala come siano ancora estremamente attuali, conservando tutto il loro potenziale innovativo.
  • Il volume di Pennacchi (2015) si interroga su come rispondere alla crisi presente e su come riprendere un ragionamento che possa andare nella direzione di una trasformazione della società e della costruzione di un «nuovo modello di sviluppo». Tra gli aspetti più importanti della riflessione di Pennacchi si segnalano la diagnosi dei tratti distintivi del neoliberismo contemporaneo, la critica della concezione liberale dell’individuo, l’insistenza sulla necessità di una nuova politica per il lavoro.
  • L’articolo si sofferma sulle ragioni della mancata realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, perlomeno non in forma omogenea nei diversi territori del paese come a suo tempo previsto dalla legge quadro di settore, la 328 del 2000. All’origine di tale insuccesso si identifica l’estrema eterogeneità nella spesa sociale territoriale – forse non nota ai tempi del varo della riforma, perlomeno non nelle dimensioni successivamente rilevate dall’Istat – associata a un impianto normativo fortemente improntato al decentramento amministrativo, vieppiù rafforzato dalla (immediatamente successiva) riforma del Titolo V della Costituzione, che ha ricondotto la materia delle politiche sociali alla esclusiva competenza regionale. La previsione costituzionale (e della 328) di garanzia dell’uniformità nell’esercizio dei diritti sociali nei diversi territori sulla base della definizione di livelli essenziali delle prestazioni non sembra esser stata felice, anche perché di difficile attuazione – come la storia recente ha dimostrato – a fronte di una spesa sociale territoriale non solo estremamente eterogenea, ma anche prevalentemente finanziata a livello locale e con ammontare del finanziamento nazionale non ancorato a scelte di programmazione (competenza esclusiva regionale), ma a mere esigenze complessive di finanza pubblica. Alcuni segnali di cambiamento sono però riscontrabili: dalla discussione parlamentare di riforma della Costituzione ai processi di riforma sull’«infrastruttura» del sistema (riforma dell’Isee e varo del Sistema informativo dei servizi sociali), dall’attenzione al sociale che è stata posta nella programmazione dei fondi strutturali comunitari nel settennio 2014-2020, con la proposta del governo di un «Programma operativo nazionale per l’inclusione sociale», alla scelta dell’ultima Legge di stabilità di rendere strutturale il finanziamento – per quanto ancora lontano, in termini quantitativi, dalle necessità del sistema – del Fondo per le politiche sociali e del Fondo per le non autosufficienze.