• Gli studenti delle scuole secondarie superiori del nostro Paese conoscono la Costituzione? Ne apprezzano i principi e i valori? È quanto ha voluto appurare un’indagine di «Proteo Fare Sapere», associazione di docenti e ricercatori, in collaborazione col CRS. L’inchiesta ha coinvolto oltre 7.000 studenti di licei, istituti tecnici e professionali di dieci regioni italiane. La riproposizione di quesiti utilizzati per un’analoga indagine condotta nel 1988 da A. Ardigò e C. Cipolla ha consentito confronti diacronici che mettono in evidenza i mutamenti intervenuti nel corso degli ultimi 23 anni nel rapporto tra universo giovanile e istituzioni, politica, modo d’intendere la cittadinanza. I risultati dell’inchiesta possono rivelarsi tanto più utili in seguito all’introduzione (con la legge n. 169 del 2008) nelle scuole di ogni ordine e grado dell’insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione», offrendo agli insegnanti uno strumento in più affinché la «formazione del cittadino» si basi sulla conoscenza di ciò che effettivamente gli studenti italiani chiedono alla nostra democrazia. Ha collaborato Gennaro Lopez.
  • Negli ultimi anni è avvenuto qualcosa di nuovo nel nostro paese, qualcosa che non era mai successo prima: l’instaurazione di una forma di governo basata sull’appello populistico tramite i media, perpetrato da un’impresa privata in vista del proprio privato interesse, esperimento certamente nuovo sulla scena occidentale e molto più avveduto e tecnologicamente agguerrito dei regimi del Terzo Mondo. Di questo si occupa il libro, che, composto di due parti, prende le mosse da una ricerca in materia di evoluzioni costituzionali nella storia italiana del dopoguerra, per arrivare, nella seconda parte, ad una disanima delle linee e delle prassi che hanno portato alla riforma costituzionale della destra liberista al governo. Si ripercorrono così le origini della nostra storia costituzionale repubblicana per confrontare quel cruciale periodo che va dalla caduta del fascismo alla prima legislatura repubblicana, con le miserie costituzionali del presente. Non una ricostruzione acritica, tantomeno celebrativa, ma un approfondimento della storia che è stata, per il presente che ci assale.
  • Il saggio ricostruisce le complesse dinamiche che hanno portato il sindacato britannico ad appoggiare la domanda di adesione della Gran Bretagna di Wilson alla CEE a cavallo fra gli anni sessanta e settanta. In particolare, attraverso l’analisi del ruolo svolto dalla centrale sindacale britannica sia a livello nazionale che internazionale in questa fase, viene analizzato il complesso dibattito che si sviluppa all’interno degli organismi di rappresentanza dei sindacati in Europa e sul loro ruolo e le funzioni rivestite all’interno della vita comunitaria e delle sue strutture.
  • L’articolo sostiene che per comprendere la precarietà del lavoro occorre contestualizzare i cambiamenti strutturali nelle condizioni soggettive e, viceversa, situare la dimensione soggettiva nelle trasformazioni strutturali del lavoro. Al centro dell’analisi è il lavoro autonomo individuale, un caso interessante per indagare come la precarietà sia socialmente costruita, dal momento che sfida la dicotomia che contrappone, da un punto di vista contrattuale, il lavoro autonomo e il lavoro dipendente. L’obiettivo principale è comprendere in qual modo i lavoratori autonomi individuali esperiscano la precarietà «nel lavoro» e come questa si articoli all’interno dei processi di precarizzazione e auto-imprenditorialità.
  • Il primo novembre 2006 si è tenuto a Vienna il congresso di fondazione della Confederazione sindacale internazionale (Csi), nuova organizzazione che raggruppa i componenti di due confederazioni internazionali ora disciolte, la Confederazione internazionale dei sindacati liberi (Cisl) e la Confederazione mondiale del lavoro (Cmt), oltre a una decina di organizzazioni in precedenza non affiliate, tra le quali figura la Cgt francese. La nascita della Csi pone termine a un secolo di divisione del movimento sindacale tra due famiglie ideologicamente opposte: quella socialista-laica,...
  • Tema di questo articolo è l’impatto che le ristrutturazioni esercitano su occupazioni, carriere, traiettorie lavorative e mercati del lavoro. Ne emerge un quadro di forte diversificazione, con una crescente incertezza rispetto alle prospettive che si dischiudono per la forza lavoro.
  • L’inesorabile incedere dell’economia globale e l’esplosione di veri drammi sociali come quello greco, ci costringono a riconsiderare il nostro progetto di Unione nonché il suo processo di integrazione e le sue modalità. Posto che l’Europa non può che essere dei popoli, viene da sé quanto il mondo intermedio abbia un compito imprescindibile davanti a sé: i corpi intermedi sono infatti attori fondamentali nel rapporto-processo che va dalla persona alle istituzioni. In una società duramente e strutturalmente colpita dal problema occupazionale, il sindacato è chiaramente un interlocutore privilegiato: il lavoro è, infatti, quella necessaria «cerniera» che tiene insieme società civile e istituzioni, senza la quale la democrazia fatica a mantenere stabilità. L’ondata di populismo e di anti-politica che, in Italia come in Europa, da qualche anno domina la scena, è un fatto significativo che rappresenta un’avvisaglia da non sottovalutare e che, nelle sue espressioni più estreme, delegittima anche il sindacato. Certo, il sindacato presenta colpevolmente dei ritardi che oggi vanno superati; la politica ha assunto un atteggiamento nuovo nei confronti del sindacato e ne ha messo a nudo i problemi. Il suo rigenerarsi, nonché il suo riproporsi, paiono oggi necessità fondamentali per la tenuta del sistema. A questo punto le possibilità sono due: o il sindacato si riposiziona in modo deciso e in grado di interloquire nel merito con la politica, o questa avrà praterie davanti a sé e farà quello che vuole. È questo il rischio della deriva statalista del nuovo corso politico.
  • Da uno dei più influenti studiosi nel campo della political economy, che nel corso della sua carriera ha fornito analisi sofisticate del ruolo delle istituzioni nel differente funzionamento delle economie avanzate, viene ora il tentativo più importante e sistematico di spiegare la crisi economica recente come il prodotto degli elementi costitutivi di un’economia capitalistica e delle sue contraddizioni interne. Nel libro Tempo guadagnato Streeck riscopre l’importanza delle analisi longitudinali del capitalismo, cioè dell’enfasi sulle tendenze storiche comuni a tutte le economie avanzate, piuttosto che sulle «varietà» dei loro attuali assetti istituzionali. La sua analisi è convincente quando discute i diversi stadi attraverso cui la crisi si è manifestata: l’inflazione degli anni settanta, il debito pubblico degli anni ottanta, infine l’esplosione dell’indebitamento privato negli anni duemila. Lo è di meno quando interpreta questi sviluppi come l’esito di una strategia consapevole dei capitalisti, o dei governi che li sostengono, di «guadagnare tempo», rinviando gli effetti della crisi. Nel porre l’accento esclusivamente sulle conseguenze deleterie della vittoria dell’ideologia neo-liberista del libero mercato, Streeck sottovaluta fortemente la legittimazione che a questa ideologia e al predominio delle sue ricette è venuta dagli effetti perversi prodotti a sua volta dal welfare state keynesiano, che aveva dominato nel periodo precedente.