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La questione generazionale nel sistema pensionistico italiano: le modifiche normative e il contesto macro-economico
L’articolo affronta la tematica degli effetti del sistema pensionistico in un’ottica generazionale e si concentra sull’analisi delle condizioni istituzionali, demografiche ed economiche nelle quali quattro generazioni rappresentative hanno accumulato i diritti per la loro pensione. Le generazioni esaminate, nate rispettivamente nel 1945, nel 1955, nel 1965 e nel 1975, fronteggiano al tempo stesso un assetto istituzionale in radicale cambiamento e condizioni sul mercato del lavoro molto differenti. Dal punto di vista istituzionale il passaggio dal sistema retributivo (che riguarda le pensioni delle due generazioni più anziane e in parte della terza) a quello contributivo (che riguarda soprattutto la generazione più giovane) prefigura una differente distribuzione dei rischi demografici, economici e politici. La proiezione futura delle sorti pensionistiche delle quattro generazioni mostra che solo in presenza di un significativo aumento dell’età effettiva di pensionamento l’adeguatezza del sistema pensionistico pubblico per le generazioni più giovani potrà aspirare al mantenimento dei livelli raggiunti da coloro che sono andati in pensione negli anni più recenti. Due temi risultano cruciali in termini di politica economica e di disegno del sistema pensionistico futuro: la capacità del sistema pensionistico di contribuire al contrasto alla povertà tra gli anziani e la tematica della produttività dei lavoratori in età avanzata. Il successo della riforma contributiva nel lungo periodo dipenderà in maniera cruciale da questi due aspetti.
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La questione salariale
Sono ormai sei anni e tre volumi che ci occupiamo della «questione salariale», in particolare di retribuzioni, inflazione e produttività. Il 2 gennaio del 2004 il quotidiano La Repubblica mise in prima pagina il tema dei salari in Italia, evidenziando i principali numeri del nostro rapporto di ricerca. Torniamo quindi a riaffrontarlo nel quadro di un patto per la produttività al termine di un percorso di concertazione tra le parti sociali e il governo, culminato nella sigla del Protocollo sul welfare del 23 luglio 2007. ...
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La questione salariale e occupazionale in Italia. Un contributo alla discussione sul lavoro povero
Questo articolo tratta la questione salariale e occupazionale italiana attraverso l’elaborazione dei dati dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse), dell’Ufficio statistico dell’Unione Europea (Eurostat), della Commissione Europea (Ameco) e dell’Istituto Nazionale Previdenza Sociale (Inps). Lo studio analizza le dinamiche salariali e occupazionali e presenta un quadro in cui l’Italia, a differenza delle principali economie dell’Eurozona, si caratterizza per una stagnazione salariale di lungo periodo e per il peso crescente delle professioni meno qualificate. L’articolo mostra come l’aumento dell’area della precarietà alimenti quella del disagio salariale e del lavoro povero.
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La questione «esodati»: origine e (frammentarie) soluzioni
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La Racaille
10.00
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Racaille, feccia: così l’aveva definita l’allora ministro degli Interni Nicolas Sarkozy. Di questa «feccia» facevano parte anche Zyed e Bouna, 17 e 15 anni, morti mentre scappavano, inseguiti dalla polizia. È la scintilla che fa scattare la rivolta nelle banlieues, cinque anni fa. Gli scontri si susseguono per giorni, le immagini di quelle diecimila auto bruciate fanno subito il giro del mondo e si ripetono tre anni dopo ad Atene. Sono immagini che assomigliano a quelle di Los Angeles, solo che stavolta gli scontri razziali non c’entrano nulla: le rivolte di Parigi ed Atene sono, infatti, i simboli più evidenti del «modo» in cui intere generazioni hanno scelto di comunicare la loro rabbia e i loro desideri. Non si tratta del «malessere» dei figli dell’immigrazione, ma dell’espressione di una condizione di vita precaria che caratterizza tutti i giovani in Europa. Le periferie popolari francesi in cui infuria la protesta sono state per molti anni luoghi di emancipazione e di esperienze di protagonismo sociale, ma i grandi processi di ristrutturazione economica ne hanno cambiato il volto. Oggi la storia delle banlieues racconta solo la violenza poliziesca e l’incontro mancato tra la sinistra e le ultime generazioni, che rifiutano tutte le forme di rappresentanza, anche quelle introdotte col ’68. Ecco perché quelle periferie costituiscono la chiave di lettura per capire i nuovi fenomeni legati al lavoro e denunciano drammaticamente il vuoto di democrazia in Europa.
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La raccolta differenziata
15.00
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Il «ciclo virtuoso» dei rifiuti nasce dai nostri buoni comportamenti di cittadini educati, ma cosa accade dopo il nostro dovere quotidiano di selezionare e consegnare correttamente i rifiuti al servizio pubblico? La complessità del ciclo dei rifiuti è impressionante, tra una miriade di norme e condizioni gestionali talvolta spericolate, criticità e problematiche imprevedibili fino alla presenza, marginale ma ugualmente inaccettabile, di comportamenti illegali. Eppure, le opportunità di progresso e di crescita economica sono enormi a patto che nessun elemento incidente sia disconosciuto o evitato. In questo testo gli Autori, senza orpello ideologico e forti della loro decennale esperienza sul campo, compiono una ricognizione a 360 gradi su ciò che accade e perché e, soprattutto, esplorano le tendenze in atto e l’orizzonte che ci aspetta nella prospettiva di far diventare, davvero, i rifiuti una risorsa. Il libro contiene numerosi grafici e tabelle, documenta in profondità ogni dato analitico, valuta razionalmente i fatti, propone riflessioni e opzioni senza congetture. Facile e fluido nella lettura, ricco di richiami pratici e denso di concretezza, questo è il «libro mastro» per comprendere presente e futuro della raccolta differenziata e del ciclo dei rifiuti urbani del nostro paese.
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La rappresentanza dei lavoratori non standard: il caso delle attività esternalizzate dagli enti locali a Napoli
L’occupazione nella pubblica amministrazione è stata per decenni considerata paradigma del lavoro stabile e garantito, oltre che altamente sindacalizzato. Con le politi-che di contenimento della spesa pubblica e l’affermarsi di nuovi modelli organizzativi anche in questo settore si sono diffuse le nuove forme di occupazione non standard e il ricorso alle esternalizzazioni. L’articolo riferisce i risultati di una ricerca su quest’a-rea, con riferimento agli enti locali di Napoli. In essa si illustrano i principali caratteri e il significato dell’occupazione collegata alla pubblica amministrazione napoletana e il ruolo della diffusione del lavoro non standard nel contesto più generale di un «mercato del lavoro atipico». Sono stati poi analizzati approcci e strategie di azione tanto dei principali attori sindacali locali quanto dei lavoratori sul tema dell’organizzazione, della rappresentanza e della mobilitazione dei lavoratori non standard nella pubblica amministrazione e nelle attività esternalizzate. In conclusione, sono proposte alcune osservazioni sui risultati dell’indagine di campo e sulle implicazioni che ne derivano per il rapporto tra lavoro precario, pubblica amministrazione e rappresentanza sindacale.
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La rappresentanza del lavoro marginale
16.00
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Donne, immigrati e precari vivono con dizioni di lavoro particolarmen te difficili e la recente crisi economica ha ampliato il loro numero e ha reso la loro mancata tutela un problema sociale particolarmente avvertito. Gli stessi sindacati trovano difficoltà a rappresentarli sia per le instabili condizioni di lavoro sia per le complesse esigenze personali, e stan no svi luppando nuove strategie per ottenere il loro consenso. La maggior parte degli stu di si è soffermata tuttavia sulle scelte strategiche delle grandi organizzazioni mentre in questa ricerca viene adottata una prospettiva rovesciata che si interroga sui modi in cui gli stessi soggetti contribuiscono al cambiamento della rappresentanza. Nel volume vengono confronta te le forme di difesa del lavoro marginale in due metropoli, Milano e Buenos Aires, mol to diverse tra loro ma accomunate dagli stessi processi di precarizzazione tipici della condizione post-fordista. Per ciascu na delle due città sono stati scelti casi particolarmente significativi: a Buenos Aires sono stati studiati i raccoglitori di rifiuti urbani che hanno dato vita al sindacato dei cartoneros, le lavoratrici im migrate boliviane del comparto tessile che si sono liberate dal lavoro schiavo per fondare nuove cooperative, le colf che hanno dato vita a un sindacato di donne unico nel suo genere; di Milano vengono presentati i casi dell’Ortomercato – caratteristico per la presenza del lavoro clandestino –, delle donne delle pulizie negli ospedali e negli uffici pub blici, dei giovani ricercatori precari dell’Istituto nazionale dei tumori e dell’Istituto Car lo Besta. I casi considerati sfidano le forme tradizionali della rappresentanza e spingono i sindacati verso un rinnovamento culturale prima ancora che organizzativo.
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La rappresentanza negoziale sindacale dal Patto per la fabbrica al programma di governo giallorosso. Traiettorie regolative autonome e prospettive eteronome
Obiettivo del contributo è, in primo luogo, di indagare le prospettive regolative in tema di rappresentanza negoziale del sindacato emergenti dall’ultimo tassello di autoregolazione sindacale sul tema, costituito dall’Accordo interconfederale del 9 marzo 2018 (Patto della fabbrica). In secondo luogo, e sulla scorta del dibattito originato dall’inclusione di un intervento legislativo in tema di salario minimo e rappresentanza sindacale tra le priorità della nuova compagine governativa, oggetto di indagine sono le prospettive di un eventuale intervento eteronomo di regolamentazione della rappresentanza sindacale nel contesto di una legge istitutiva del salario minimo legale.
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La rappresentanza nei comparti della FILCAMS
14.00
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La ricerca promossa dalla FILCAMS nazionale e condotta dall’Associazione Bruno Trentin - ISF - IRES nasce dall’esigenza di offrire un contributo alla riflessione sulla situazione attuale e sulle prospettive di sviluppo dell’azione di rappresentanza della categoria. A tal fine l’indagine si è posta una serie di obiettivi: descrivere i dati del tesseramento; raccontare il vissuto dei delegati e delle problematiche legate alla loro azione sindacale; ricostruire il contesto delle relazioni sindacali in cui inserire le specifiche problematiche di questo ambito lavorativo. L’analisi congiunta dei risultati delle singole sezioni dell’indagine permette di offrire una fotografia, o meglio un identikit, della realtà di un settore molto composito e soprattutto in continua evoluzione, costruita attraverso le informazioni forniteci da una serie di fonti: i dati statistici sulla struttura del comparto, i dati del tesseramento, le problematiche organizzative e occupazionali e la loro ricaduta sulla quotidianità dell’azione sindacale, le logiche e le pratiche della rappresentanza. L’insieme di queste informazioni ci permette di proporre alla riflessione dei sindacalisti una descrizione delle dinamiche e delle problematiche del tesseramento di una categoria tanto vitale quanto complessa come la FILCAMS.
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La rappresentanza nell’epoca post-ideologica: una fabbrica delle illusioni?
Qual è il destino della rappresentanza democratica nel secolo che si annuncia come il «secolo antipolitico»? Siamo condannati ad assistere, come avviene da due decenni nel nostro paese, al continuo e inestricabile alternarsi di governi populisti e di governi tecnocratici? Il saggio prova a rispondere a questi interrogativi, analizzando, da una parte, quanto la crisi che ha investito nell’ultimo quinquennio l’Europa abbia ulteriormente logorato l’autorità delle tradizionali istituzioni della rappresentanza (partiti, parlamenti, sindacati), dall’altra, quali siano le chance di successo e le prospettive della risposta populista.
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La rappresentanza sociale fattore di democrazia
È in gioco una concezione della democrazia che emargina i «corpi intermedi» attraverso il rapporto diretto tra il governo (o chi lo presiede) e i cittadini. Una prassi che evoca il mo- dello peronista nel rivolgersi direttamente al popolo e quello thatcheriano nel non riconoscere il ruolo della rappresentanza sociale. Il sindacato può essere preso come riferimento di de- mocrazia: non è il solo voto congressuale che legittima un dirigente eletto. Esiste, infatti, un processo costante di confronto, di dibattito e di verifica: ad esempio, i percorsi di costruzione e approvazione dei contratti collettivi ai vari livelli o l’articolazione della rappresentanza che arriva fino ai livelli aziendali (Rsu e Rsa). Il ruolo delle parti sociali, del dialogo sociale e della contrattazione è essenziale. Un arretramento su questo terreno ci colloca fuori dal dettato costituzionale e ci allontana dal modello sociale europeo. L’accordo del 10 gennaio 2014 (Testo unico sulla Rappresentanza) tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria e il documento unitario per un moderno sistema di relazioni industriali – presentato il 14 gennaio 2016 – stabiliscono regole per l’esercizio della rappresentanza e della contrattazione come fattori di democrazia e di crescita.
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