• La parte relativa alle interviste di questa ricerca si è rivelata una sorta di rafforzamento di quanto si andava trovando nei documenti. Tuttavia, incontrare alcuni protagonisti di quella formidabile stagione ha reso tangibile quello che era stato il trasporto, il lavorio del confronto e dello scontro, nella necessaria discussione per arrivare a una sintesi politica. Attraverso le interviste la pretesa infatti non era tanto di far venire alla luce particolari novità o informazioni inedite, quanto di rendere viva una stagione: Vanni, Ceremigna, Benvenuto, Roscani, Macaluso, Gabaglio, Carniti, ciascuno con la propria testimonianza è riuscito a raccontare come gli anni della Federazione unitaria siano stati di svolta, di crescita, di progresso della coscienza sindacale, sociale e politica.
  • Senza memoria non c’è futuro. Cosa successe a Valdagno, nel profondo Veneto, quando la statua del padrone fu gettata nella polvere e la democrazia entrò in fabbrica? Avvenimenti che hanno scavato in profondità, lasciando una eredità importante che si proietterà negli anni settanta. Le testimonianze dei protagonisti di quel movimento, raccolte nel volume, ne rilanciano i valori profondi e costituiscono un’indiretta risposta ai conservatori di tutta Europa che esortano ancor oggi, dopo quarant’anni, a «liquidare l’eredità del sessantotto». Uno sguardo agli anni della speranza per scrutare il futuro.
  • Le lotte dei contadini, dei minatori, degli operai fanno parte di quella «storia dimenticata», lontana anni luce dalla realtà quotidiana dei nostri giorni. Molti giovani non conoscono gli avvenimenti che si sono succeduti appena pochi anni fa: le lotte sostenute dagli operai per l’affermazione dei propri diritti e di quelli di cui, oggi, tutti godiamo. Ma a ben guardare la nostra storia, quella dei nostri giorni, riaffiorano, con tutta la loro drammaticità, gli stessi problemi, le ansie e le speranze descritte in questo libro. Il lavoro, la crisi della società e la sua frammentazione, la necessità di dare nuova vitalità ai valori della fratellanza, della solidarietà e dell’impegno sociale hanno spinto l’autrice a mettere insieme i vari tasselli di una vita, quella di Luigi Infuso, vissuta con passione e determinazione tra i lavoratori, con la condivisione dell’intera famiglia. Perché non si può costruire il futuro se non si conoscono le proprie radici.
  • Centenari, decennali e le altre ricorrenze canoniche offrono l’occasione per parlare di fatti e personaggi del passato. A chi, da tanto tempo e in modo sistematico, si applica a questo genere di rievocazioni può venir voglia di metterle una dietro l’altra e vedere così delinearsi una trama, un percorso che dalla fine dell’Ottocento arriva ai nostri giorni. Dalla nascita delle Camere del lavoro agli eccidi proletari di Candela e Buggerru, dall’occupazione delle fabbriche alla marcia su Roma, dal delitto Matteotti alla ritirata di Russia, dagli scioperi del 1943 a Portella della Ginestra, dall’alluvione del Polesine alla «legge truffa», dalle lotte contro il governo Tambroni a Piazza Fontana. Avvenimenti politici e sindacali si alternano a fatti di cronaca e di costume, come lo scandalo de La Zanzara o il mito della Fiat 500. A segnare il cammino si ergono, come pietre miliari, i ritratti di alcuni protagonisti - Lussu, Parri, Levi, Gobetti, Di Vittorio, Santi, Lombardi e Lama - quasi a costituire un pantheon ideale dell’Italia del Novecento. Personaggi e fatti di una storia rincorsa per tener viva la memoria.
  • Lo Statuto dei lavoratori, di cui ricorre quest'anno il 40 anniversario, è un pezzo fondamentale della storia italiana, una delle grandi riforme strutturali, frutto di una irripetibile stagione di protagonismo operaio e democratico. E tuttavia, pur sancendo finalmente l’ingresso della Costituzione nei luoghi di lavoro, non verrà mai accettato in modo definitivo da ampi settori delle classi dirigenti del Paese, le quali da subito proveranno in tutti i modi ad attutirne gli effetti. Una ricostruzione delle idee e degli eventi che portarono a quella riforma del diritto del lavoro
  • La strage degli innocenti è un libro di inchiesta e di riflessione che parte dalla stridente contraddizione fra le teorie dei cosiddetti difensori della vita (caso Englaro, aborto, eutanasia ecc.) e il silenzio catacombale che incombe sul fenomeno raccapricciante che il libro intende denunciare. Questo fenomeno riguarda l’emarginazione sociale, la sofferenza, la reclusione in istituti e la morte di milioni di anziani e meno anziani socialmente fragili. L’insuffciente e soprattutto distorta assistenza riservata a queste fasce sociali più vulnerabili, mentre assicura lauti guadagni all’imprenditoria privata, produce quotidianamente un attentato alla vita di cui nessuno si occupa, tanto meno i cattolici fondamentalisti. Un attentato tanto più pericoloso e spietato quanto minore è la protezione sociale di chi ne è fatto oggetto. In questo senso rappresenta il più classico e scolastico esem pio di ingiustizia di classe. Il libro è arricchito da conversazioni che mettono assieme competenze diverse ma convergenti nel confermare la giustezza della denuncia di cui l’autore si fa promotore. Gli intervistati sono il senatore Ignazio Marino, il filosofo Umberto Galimberti, le dottoresse Francesca Moccia e Teresa Ierardi, il professor Massimo Palleschi e la segretaria dello Spi Cgil Carla Cantone. Con la collaborazione di Vittorio Bonanni
  • Per le verità allora nascoste e i depistaggi che ne seguirono, la strage di Portella della Ginestra del Primo maggio 1947 continua ad essere ancora oggi oggetto di dibattito storiografico. Il volume di Francesco Petrotta, frutto di un’attenta e minuziosa ricerca archivistica animata da una profonda passione civile, colloca la drammatica vicenda nel contesto locale in cui ebbe a maturare, facendo una volta per sempre piazza pulita di tutte le fantasiose congetture che periodicamente, anche in buona fede, vengono offerte al giudizio dei lettori. In particolare, viene definitivamente smentito il coinvolgimento del governo americano nella pretesa lotta antibolscevica portata avanti dal bandito Giuliano, e in pari tempo acquista maggiore risalto il ruolo svolto dalla mafia di Piana degli Albanesi, guidata dal boss Ciccio Cuccia, come uno dei principali mandanti dell’azione delittuosa che terrorizzò per lungo tempo quella parte del territorio palermitano epicentro delle gesta del cosiddetto «re di Montelepre».