• La sorte del Trattato di Lisbona, dopo la bocciatura referendaria del 13 giugno 2007, è oggi legata alle iniziative del Consiglio europeo per superare la nuova impasse nel processo di riforma istituzionale dell’Unione, mentre la realtà sociale, economica e tecnologica continua ad alimentare quel processo di unificazione che ha fatto dell’Unione un laboratorio «sovranazionale» di sperimentazione e di confronto istituzionale innovativo ed originale, ben oltre la sfera del mero coordinamento e della mediazione tra gli Stati membri. Il percorso di strutturazione dell’inedito soggetto politico sovranazionale punta ora alla sfida «razionalizzatrice» del nuovo Trattato, mostrando – soprattutto in questo momento di grave crisi economica internazionale – la necessità di ridefinire e aggiornare continuamente lo stesso «progetto europeo». Il libro valuta l’impatto del Trattato di Lisbona sul funzionamento delle istituzioni e sulle condizioni di vita dei cittadini europei, offrendo un’ampia panoramica dei temi e dei problemi che attraversano l’attuale fase di costruzione europea, con l’intento al contempo di rendere omaggio al sessantennale della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Saggi tra gli altri di: Giuliano Amato, Marco Borraccetti, Giuseppe Bronzini, Donata Gottardi, Fausta Guarriello, Elena Paciotti, Silvana Sciarra, Giuseppe Tesauro, Françoise Tulkens.
  • l Rei è un provvedimento cruciale per il nostro paese, ma i passi da compiere sono ancora molti, se si vuole evitare che la riforma rimanga incompiuta. Innanzitutto c’è un problema di risorse, ancora insufficienti per raggiungere tutta la platea di persone in povertà assoluta e per rendere la misura adeguata, sia per quanto riguarda l’importo dei contributi economici erogati ai beneficiari, sia relativamente alla disponibilità di servizi. Gli importi stabiliti, infatti, non consentono ai beneficiari di raggiungere la soglia di povertà (l’importo di una misura contro la povertà si determina come la distanza tra la soglia di povertà e il reddito disponibile) e di soddisfare adeguatamente le proprie esigenze primarie. Da rafforzare anche i percorsi di inclusione sociale e lavorativa, ai quali deve essere assicurato un finanziamento appropriato, anche per potenziare le competenze tecnico-professionali incaricate di gestire tali processi.
  • Con la riforma psichiatrica italiana del 1978 (legge n. 180) si è prodotta una rottura rispetto al paradigma dell’internamento che dominava il rapporto tra società moderna e sofferenza psichica. La riforma italiana, inoltre, ha rappresentato un adeguamento della normativa al dettato costituzionale, aprendo un nuovo scenario in cui sono stati creati servizi di salute mentale che non hanno alle loro spalle il manicomio. Lo scopo del presente contributo è quello di analizzare le sfide che i servizi di salute mentale italiani hanno dovuto affrontare per arrivare alla loro attuale strutturazione e le nuove problematiche che si aprono oggi, a quarant’anni dall’approvazione della legge di riforma. Questa si è realizzata grazie a diverse esperienze locali che ne hanno anticipato i contenuti costruendo, prima della riforma stessa, sistemi di servizi di salute mentale capaci di rispondere ai bisogni delle persone e contrastando le forme di esclusione. Negli ultimi vent’anni i servizi di salute mentale si sono sviluppati in un quadro frammentato che ha portato all’esistenza di differenze territoriali significative che riguardano tanto le risorse a disposizione quanto i modelli culturali e gli assetti organizzativi. Inoltre la riforma si è confrontata con la divaricazione fra l’ampliamento dei diritti individuali e la subordinazione dei diritti sociali all’economia. Ciò ha creato una condizione contraddittoria, con modifiche del «patto sociale» e la crescita di nuove forme di marginalità. In questo difficile contesto i servizi per la salute mentale si muovono per realizzare l’inclusione dei pazienti e hanno dimostrato la capacità di sostenere la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg). Il futuro della «legge 180» richiede la capacità di vedere la salute mentale come componente essenziale della salute e i relativi servizi sempre più integrati nella comunità e dotati di risorse e di strumenti (come ad esempio i budget di salute) adeguati.
  • Si ripercorrono i vari passaggi attraverso cui si è compiuta quella viene considerata una demolizione del sistema delle regole, compiuta durante questa legislatura, dalla legge 150 al blocco dei contratti, alla recente legge di stabilità e alla spending review, attraverso la stagione degli accordi separati. La necessità, per l'A., di una nuova fase del lavoro pubblico, caratterizzata da un "disegno strategico di riforma, che non si limiti al mero ripristino di ciò che il Governo ha travolto, ma che ridefinisca i contenuti di una stagione di riforme che rimettano al centro il lavoro pubblico.
  • Le storie di unsolomondo è una raccolta di racconti su immigrati in Italia e non solo. L’opera nasce dall’esigenza di dare una voce e un volto all’«altro», allo straniero, per colmare la distanza tra le persone favorendo l’incontro, poiché il pregiudizio e la paura spesso nascono dalla scarsa conoscenza di realtà considerate troppo lontane dalle nostre. I racconti inducono ad una riflessione sul concetto di alterità soprattutto per alcuni esiti inattesi: scoprendo l’esistenza delle paure dell’altro nei nostri confronti la prospettiva può cambiare, e allora l’«altro» non è più lo straniero ma siamo noi.
  • Il mutualismo sta ritornando di moda. Le difficoltà emerse nel settore sanitario hanno pro- gressivamente portato alla convinzione di dar vita a fondi integrativi che, sviluppati dap- prima a livello di azienda (welfare aziendale), stanno ormai affermandosi a livello di con- tratti nazionali. Questi fondi sono stati istituiti modificando la legge sulle Società (operaie) di mutuo soccorso del 1886. Invece di limitarsi a rivendicare non sarebbe ora di rilanciare una pratica mutualistica, come solidarietà tra lavoratori? E in questi tempi di scarsa cresci- ta, accanto alla rivendicazione non è bene sviluppare anche la prospettiva mutualistica?
  • Da qualche anno l’organizing model sviluppato dai sindacati americani è visto come una promessa di rinnovamento per le organizzazioni sindacali. Tuttavia, fino a poco tempo fa questo modello era considerato appropriato solo per quei contesti in cui i sindacati godono di scarsi sostegni istituzionali e sono fortemente dipendenti dalla propria base associativa per esercitare influenza. L’interesse suscitato da questo modello d’azione fra i sindacati tedeschi è stato, quindi, accolto con sorpresa. Perché le organizzazioni sindacali in Germania, inserite in un sistema istituzionale molto forte e favorevole, stavano guardando alle strategie dei sindacati americani come a un modello da imitare? L’articolo sostiene che la risposta a questa domanda vada cercata nelle trasformazioni che hanno avuto luogo nel sistema di relazioni industriali tedesco e nella consapevolezza maturata dalle organizzazioni sindacali del fatto che, in un contesto sempre più ostile, fosse necessario rafforzare le proprie risorse autonome di potere. Attraverso un’analisi del dibattito e della traduzione pratica del modello organizing in due organizzazioni sindacali tedesche, sosterremo che queste trasformazioni hanno reso sempre più difficile per i sindacati esercitare influenza attraverso i canali tradizionali, spingendo verso un rinnovamento strategico.