• L’era delle tecnologie emergenti sta comportando un costante cambio di paradigma nelle relazioni sociali e pone sfide senza precedenti. Tali tecnologie rappresentano però uno strumento a disposizione della lotta alle disuguaglianze e all’affermazione dei diritti fondamentali. La strategia europea in materia di dati consentirà all’Unione di sfruttare l’enorme valore dei dati non personali come risorse in continua espansione e riutilizzabili nell’economia digitale, ma anche utili a sostenere un rapporto sempre più trasparente tra cittadini e pubbliche amministrazioni. Anche le Nazioni unite hanno evidenziato come la tecnologia, grazie ai dati, sia strumento utilizzato dagli Stati per automatizzare, prevedere, identificare, sorvegliare, colpire e punire, ma sottolineano come si debba invece usarli prioritariamente per sostenere sistemi di protezione e assistenza sociale e assicurare benessere. L’articolo intende fornire una prospettiva su come le grandi organizzazioni intergovernative, in particolare l’Unione europea, possano accelerare un processo di coscientizzazione verso l’uso delle tecnologie emergenti e dei dati a favore dell’affermazione dei diritti fondamentali dell’uomo.
  • L’articolo analizza le traiettorie dei sistemi «mediterranei» di relazioni industriali, identificando due tendenze comuni: l’unilateralismo del governo e il decentramento in deroga della contrattazione collettiva. Dopo avere preso in esame l’efficacia dei cambiamenti imposti in Spagna e in Italia, l’autore si concentra sul caso francese. Qui la vitalità della contrattazione collettiva e della consultazione tripartita ha attenuato il tradizionale predominio della regolazione pubblica. Tuttavia è ancora il governo a fissare le scadenze della consultazione, che dal 2000 si basa sulla richiesta di decentramento in deroga da parte dei datori di lavoro. Dopo il fallimento del 2015, il governo cerca di imporre un’iniziativa legislativa unilaterale.
  • L’articolo analizza le traiettorie dei sistemi «mediterranei» di relazioni industriali, identificando due tendenze comuni: l’unilateralismo del governo e il decentramento in deroga della contrattazione collettiva. Dopo avere preso in esame l’efficacia dei cambiamenti imposti in Spagna e in Italia, l’autore si concentra sul caso francese. Qui la vitalità della contrattazione collettiva e della consultazione tripartita ha attenuato il tradizionale predominio della regolazione pubblica. Tuttavia è ancora il governo a fissare le scadenze della consultazione, che dal 2000 si basa sulla richiesta di decentramento in deroga da parte dei datori di lavoro. Dopo il fallimento del 2015, il governo cerca di imporre un’iniziativa legislativa unilaterale.
  • Confindustria celebra i suoi cento anni in un contesto di epocali trasformazioni. L’associazione si è già trovata – rispettivamente nel 1910, nel 1929 e nel 1960 – di fronte ad altri grandi snodi critici. La sfida attuale consiste nel confrontarsi coi tre passaggi e le relative scelte della sua storia: liberalismo e questione nazionale); internazionalizzazione e competitività; democrazia economica attraverso la cogestione. Il problema, ieri come oggi, della responsabilità di classe dirigente.
  • Il presente contributo si inserisce nel dibattito della political economy comparata ed esamina le caratteristiche qualitative dei modelli di politica attiva del lavoro (Almp) rivolte espressamente ai giovani Neet in tre paesi: Regno Unito, Germania e Italia. I tre modelli di Almp sono esaminati alla luce delle riforme attuate dal 2000 al 2019. Il principale interrogativo di ricerca è comprendere se e come tali modelli siano cambiati nel tempo e se le trasformazioni siano state influenzate dall’azione sovranazionale europea. L’analisi qualitativa comparata mostra che i tre modelli di Almp presentano proprie specificità nazionali e i cambiamenti introdotti nella fase successiva alla crisi economica hanno contribuito a differenziare il modello inglese e tedesco. Tale processo di divergenza non è attribuibile all’influenza del programma comune europeo Garanzia giovani (Gg). Nel caso inglese, che non ha adottato il programma Gg, i cambiamenti del modello di Almp sono da ricondurre alle scelte politiche attuate dal governo conservatore. Nel caso tedesco i cambiamenti hanno riguardato la maggiore personalizzazione delle misure già erogate e l’influenza europea è limitata alla disponibilità di risorse aggiuntive europee per l’implementazione nel contesto tedesco del programma Gg. Infine il modello italiano di Almp ha compiuto importanti passi avanti che lo hanno avvicinato alle caratteristiche del modello inglese e tedesco della fase pre-crisi. In questo caso le trasformazioni che si verificano in particolare dal 2014 al 2019 sono state favorite dall’implementazione del programma europeo Gg. Ciononostante il modello italiano di Almp continua a rimanere «incompiuto».
  • Sebbene le tendenze più recenti evidenzino in Italia il pieno recupero dei livelli occupazionali del 2008, persistenti sono alcuni aspetti di strutturale debolezza della domanda di lavoro, persino rafforzatisi nella ripresa. La capacità di creare occupazione rimane limitata rispetto agli altri paesi europei per la debolezza del comparto dei servizi sociali e la scarsa capacità innovativa del sistema produttivo. A ciò si è aggiunta la riduzione dell’intensità lavorativa che, con l’esplosione del part time involontario, ha ampliato un’area occupazionale fragile dal punto di vista sia della qualificazione sia delle condizioni di lavoro. Inoltre, la recente crescita di occasioni di lavoro qualificato non scalfisce il forte orientamento della domanda di lavoro verso le occupazioni meno qualificate, rafforzando la segmentazione generazionale del mercato del lavoro, in un quadro di accentuazione delle già enormi differenze territoriali. Infine, va considerata l’emergenza Covid-19, che avrà pesanti ripercussioni sulle dinamiche occupazionali.
  • Per comprendere le ragioni della vasta adesione all’antifascismo militante degli abitanti dei rioni popolari in Parma nuova, oltre a considerare le precarie condizioni in cui erano costretti a vivere, occorre ricercare anche nell’anima più profonda della working class di quei borghi. Si trattava certamente di tempi difficili per i ceti subalterni urbani obbligati a fare i conti con una situazione economica e sociale che li inchiodava ad una esistenza precaria, a tratti anche miserabile. Nel loro tentativo di contrastare le avversità a cui erano condannati tuttavia riaffiorò ancora una volta quell’antica volontà di riscatto sostenuta dalla intransigente avversione per il potere soverchiante, politico o economico che fosse, che da decenni alimentava insofferenza tra quelle comunità racchiuse nei loro borghi. Un senso di indignazione che in quegli anni così difficili e incerti sembrò irrompere con forza sulla scena della città, sospinto dalla determinazione di una nuova generazione di ribelli, la generazione rivoluzionaria del Venti, sostenuta da un robusto sentimento di rivolta.
  • Il dibattito intorno alla crisi economica e alle sue conseguenze ha messo in luce le debolezze strutturali di alcuni sistemi di protezione sociale europei. Tra gli altri, il caso italiano si caratterizza per l’assenza di un reddito di ultima istanza (o reddito di base) che possa svolgere una funzione essenziale di ammortizzatore sociale automatico in tempi di crisi. A partire dal volume Il reddito di base (Granaglia e Bolzoni, 2016), l’articolo discute l’importanza di un tale strumento, e in modo particolare del «reddito di cittadinanza», considerandolo come una misura di grande rilevanza per poter rispondere in modo equo ed efficace la duplice sfida rappresentata dalla crisi economica e dalla trasformazione del mondo del lavoro nei paesi europei.
  • Attraverso dodici interviste a uomini e donne, già dirigenti o semplici militanti sindacali, Tommaso Baris (Dipartimento di Filologia e Storia dell’Università di Cassino, Fondazione Giuseppe Di Vittorio) ricostruisce il cammino della Cgil in provincia di Frosinone, dalla rinascita del 1944 fino ai nostri giorni. Oltre alla storia della più importante organizzazione sindacale italiana in Ciociaria, mediante il racconto dell’«esperienza di vita» degli intervistati, si è cercato anche di illustrare alcuni passaggi cruciali della società frusinate nel secondo dopoguerra, privilegiando lo sguardo di quanti, in seguito a quelle trasformazioni, videro la propria condizione lavorativa mutare profondamente. La viva voce dei protagonisti ricorda le lotte contadine contro il Patto colonico verolano, gli scioperi a rovescio per la rinascita del Cassinate, la mobilitazione degli operai della carta di Isola Liri, lo sfruttamento senza regole nello stabilimento Annunziata di Ceccano, il pendolarismo e l’emigrazione verso Roma, l’industrializzazione degli anni sessanta culminata nella costruzione dello stabilimento Fiat di Cassino, la successiva crisi industriale, esemplificata dalla vicenda della Videocolor di Anagni, fino all’odierno irrompere di sempre più ampie forme di precarietà nel mondo del lavoro. Riemerge una memoria lunga del conflitto sociale capace, con la mediazione del sindacato, di trasformarsi in un incisivo strumento di ampliamento dei diritti sociali e politici nell’Italia repubblicana.
  • Sulla scorta dei dati empirici raccolti da una ricerca condotta nel 2012 in 15 imprese appartenenti prevalentemente al settore automotive della provincia di Torino, l’articolo si pone la domanda di quali siano le caratteristiche di una politica formativa congruente con il modello della «produzione snella». Si constata che l’applicazione di questo nuovo modello produttivo comporta una profonda ridefinizione delle politiche formative. In proposito sono stati individuati sei principi caratterizzanti la politica formativa lean, la cui applicazione, però, varia significativamente in relazione al contesto aziendale. Le nuove politiche di formazione in parte conservano e in parte ridefiniscono i tradizionali dualismi della formazione continua. Il sistema di relazioni industriali sembra possedere potenzialmente la capacità di attenuare i vecchi e nuovi dualismi sociali, tuttavia, il sindacato sembra dotato di una modesta capacità propositiva e di iniziativa; nel contempo, sono molte le imprese che non ritengono, almeno in via di fatto, la negoziazione collettiva una risorsa del nuovo processo di razionalizzazione.