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“Sergio Garavini. Consigliere comunale di Torino. 1956-1969” è stato aggiunto al tuo carrello.
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L’ufficiale e il comunista
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La vicenda di Francesco e Peppino Capobianco – padre e figlio, l’ufficiale e il comunista – è emblematica di quel conflitto generazionale che segnò il complesso passaggio dal fascismo alla Repubblica, per divenire poi uno dei tratti peculiari e costanti di gran parte della seconda metà del secolo scorso. Gaeta, splendida città della riviera di Ulisse, appena assegnata per diretto volere del duce Benito Mussolini alla provincia di Roma dopo la soppressione di Terra di Lavoro nel 1927, ne è la principale cornice. La città, dopo aver perduto il ruolo di fortezza del Regno meridionale, attraverso trasformazioni urbanistiche, l’insediamento di una grande vetreria, il rilancio delle attività portuali e la costruzione della città giardino di Serapo, tenta in quegli anni la strada di un nuovo sviluppo fondato sulle risorse del territorio. Ma lungo il faticoso percorso incontra la guerra e la spietata occupazione tedesca che si scatena contro i militari italiani e la popolazione civile in un punto strategico della linea Gustav dopo l’8 settembre 1943. Qui Francesco Capobianco – un ufficiale del Regio esercito, pluridecorato della Grande Guerra, che sceglie a rischio della vita di rimanere fedele al Re – e il figlio Peppino – studente eccellente dall’animo generoso e sensibile – vivono il calvario patito dalla popolazione di Gaeta dopo l’Armistizio; i due riescono a salvarsi con una fortunosa fuga via mare il 17 marzo del 1944, dopo mesi trascorsi sulle montagne tra rifugi di fortuna e inaudite sofferenze. Un’esperienza dura e traumatica che accrescerà la stima reciproca tra padre e figlio ma, al tempo stesso, creerà le premesse di un lungo e doloroso conflitto familiare. Entrambi, infatti, vivranno con estremo rigore, coerenza e determinazione le opposte scelte di vita e i diversi modi di concepire la società nell’Italia liberata.
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L’ultimo seguace del fordismo
Niente di realmente nuovo nell’intervista (a suo modo utile), corredata di video, data al Corriere della Sera da Davide Casaleggio il 15 gennaio scorso. L’impegno a fornire un’interpretazione delle trasformazioni che il lavoro e l’occupazione stanno attraversando sotto la spinta delle innovazioni tecnologiche e organizzative, che vanno sotto il nome di «quarta rivoluzione industriale», ha una sua completezza e l’ambizione di costituire una complessiva visione del mondo richiede una risposta. In particolare per la concezione del lavoro che si propone, che è insieme arretrata e avveniristica, presentata in una sofisticata e accattivante cornice culturale e mediale. Di fatto è mediante un’idea fordista del lavoro che Casaleggio intende rispondere alle trasformazioni in corso. Una visione del futuro compiuta attraverso categorie riprese dal primo Novecento che produce effetti di conservazione proprio laddove avanza un messaggio futuristico che vorrebbe persuadere per la sua novità.
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L’Unità d’Italia tra Europa e trasformazione degli Stati nazionali. Una riflessione storic
Il rapporto tra la nazione italiana e la sua difficile collocazione europea rappresenta uno dei nodi più difficili e sottovalutati della nostra storia repubblicana. Il complesso passaggio politico attuale proprio sul versante del rapporto con l’Italia e l’Europa sembra confermare l’esistenza di una aporia strutturale tra lo Stato nazionale italiano, l’Unione europea e il sistema degli altri Stati europei.
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L’«austeritarismo» e l’Europa: quali vie per resistergli?
In gran parte d’Europa, i diritti e le protezioni sociali conquistati nei decenni post-bellici sono stati gravemente erosi e ora ulteriormente minacciati dall’austerità neoliberista. Gli sforzi per resistergli sono stati finora ampiamente vani, ma un’efficace controffensiva è possibile? In questo articolo l’Autore delinea innanzitutto il ruolo dell’Ue quale elemento chiave per una rimercificazione del lavoro attraverso la sua crescente enfasi sulle libertà di mercato quale assoluta priorità, e sulla competitività co- me obiettivo politico centrale per i governi nazionali. L’Autore evidenzia come questo orientamento sia stato rafforzato dalla crisi economica, conducendo alla conseguente ricerca dell’austerità, con l’mposizione della nuova governance economica. Passa poi in rassegna alcune forme di protesta e opposizione, sia a livello sindacale sia di iniziative dei «nuovi» movimenti sociali. Suggerisce quindi un’attenta valutazione del loro successo e del loro fallimento. Infine sostiene che un’efficace articolazione delle di- verse forme di resistenza – transnazionali e fra differenti attori – sia essenziale al fine di arginare l’egemonia neoliberale.
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L’«emergenza» dell’esclusione: il controllo locale dell’immigrazione nel contesto italiano
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L’«ultimo miglio» per l’attuazionedel Next Generation Plan
Di fronte alla devastazione pandemicanon bastano politiche monetarie pur straordi-narie agenti soprattutto sulla liquidità e politiche di spesa pubblica sostanzialmente basate sui trasferimenti monetarie l’incentivazione fiscale. Rischiamo di riprodurre quanto è già accaduto nel decenniodi bassi tassidi interesse successivo all’esplosione della crisi finanziaria e produttiva del 2007/2008, quandol’Italia e il mondo sono stati inondati di denaro a buon mercatosenzache siriuscisse afar ripartire gli inve-stimenti. Bisogna riscoprire autenticamente il New Deal di Roosevelt e la sua straor-dinaria «capacità progettuale».
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Ma cos’è questa crisi? L’Europa, il lavoro, l’impresa, la crescita
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Ma il socialismo europeo non è (comunque) neoliberale
L’autore parte da una considerazione assai positiva del lavoro di Colin Crouch, specie per quanto riguarda la serie di argomentazioni che confutano la superiorità della varietà di capitalismo nordamericana e anglosassone rispetto a quella europea influenzata da sindacati forti e partiti di estrazione socialista democratica. L’autore poi rileva che Crouch, però, non trae dal suo ragionamento tutte le conseguenze utili per la sinistra democratica europea. Ad esempio, Crouch sembra postulare che, anche se la sinistra europea deve liberarsi dell’eredità blairiana, essa è ormai comunque neoliberale (anche se progressista). L’autore elenca una serie di ragioni storico-critiche, teoriche e metodologiche per cui invece è vitale riprendere il cammino del socialismo europeo. Per quanto in modo ovviamente fortemente rinnovato.
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Madri e mercato del lavoro: percorsi occupazionali e crescita salariale
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Madri immigrate in Italia, tra lavoro e cura dei figli: l’arte di arrangiarsi
La cura dei figli è un tema cruciale per le implicazioni con il sistema di welfare, la partecipa-zione femminile al mercato del lavoro e la fecondità. Il tema assume particolare rilievo per le madri immigrate in Italia che vivono la rarefazione dei loro legami familiari, causata dalla migrazione e dalla regolamentazione sui ricongiungimenti, in un contesto di arrivo fortemente familistico. Ricorrendo all’Indagine «Condizione e integrazione sociale dei cittadini stranieri» (Istat, 2011-2012), l’articolo analizza le strategie di cura informale per conciliare lavoro e famiglia delle lavoratrici immigrate. I risultati mostrano come le madri occupate, rispetto a quelle non occupate, abbiano maggior bisogno di delegare la cura dei figli, indipendentemente dal tipo di contratto di lavoro. La presenza all’interno della famiglia di persone che possono occuparsi dei figli aumenta il ricorso alla cura informale. Circa il tipo di cura informale, emergono scelte diverse per paese di origine: rispetto alle romene, le albanesi e le madri prove-nienti da altri paesi dell’Asia sono più propense a ricorrere alla cura familiare, mentre le madri provenienti dall’Africa subsahariana sono le meno propense.
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Mafia Capitale
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Gli autori, partendo dal racconto delle proprie «storie», spiegano, descrivono ed analizzano la «precondizione» che è alla base del fenomeno Mafia Capitale: lo sfruttamento pesante, fatto di retribuzioni bassissime ed assenza di tutele e diritti, dei lavoratori e delle lavoratrici che operano nell’ambito di quelle cooperative sociali «centrali e nevralgiche» nel sistema economico e criminale «Carminati-Buzzi». In questo contesto, alcune recenti modifiche legislative imposte dal Governo, attraverso il Jobs Act e la riforma del terzo settore, stanno determinando un ulteriore peggioramento delle condizioni del lavoro, accompagnato da un consistente aumento degli «utili» per le attività di cooperative che, in questo modo, risultano ancora più esposte a fenomeni d’illegalità diffusa. Sono temi che interessano non solo Roma bensì l’intera nazione, segnata, negli ultimi trent’anni, dall’affermazione di quella cultura «liberista» che ha portato verso la privatizzazione di servizi pubblici ed universali e, insieme, ha finito con il contaminare in maniera pesante e negativa anche quell’esperienza della «cooperazione» nata con ben altro spirito e ideale. Una realtà che, a giudizio degli autori, va modificata radicalmente attraverso interventi strutturali e profondi capaci di «riscattare il lavoro» da ogni forma di sfruttamento e di schiavitù. Solo un lavoro dotato di tutele, diritti ed equa retribuzione può garantire la qualità delle prestazioni e dei servizi in una delicata e complessa sfera come quella delle attività socio-sanitarie e assistenziali. Ridare centralità e dignità al lavoro rappresenta l’unico modo per aggredire alle fondamenta l’illegalità e creare le condizioni affinché fenomeni come quello di Mafia Capitale non si possano ripetere.
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Mafia ed economia
15.00
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Quanto è presente il fenomeno mafioso in Lombardia? Qual è, più specificamente, il livello di
infiltrazione
della ’ndrangheta nella regione più popolosa, ricca e progredita d’Italia? Quale il suo grado di
insediamento
o – ancor più – di
radicamento
? Le parole non vengono mai a caso. E oggi più che mai dobbiamo usarle con scrupolo scientifico e responsabilità intellettuale, di fronte ai fatti, alle relazioni sociali, alle mentalità pubbliche e private messe a nudo dalla ricerca.
Mafia ed economia. Il rischio criminale in Lombardia
è un libro che non rimuove e non ambisce a stupire. Ma che responsabilmente sistematizza gli scomodi risultati di una recente, ampia ricerca su «Mafia ed economia in Lombardia» svolta dal centro Cross dell’Università degli Studi di Milano in partnership con Cgil Lombardia. Emerge l’ascesa degli interessi e delle logiche di mafia in un’area che un tempo ne era quasi immune. Si delinea la sagoma di un capitalismo pericolosamente ibrido. La cui realizzazione, come spiegano gli autori, va e può essere ancora contrastata.
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