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Le strategie di rilancio organizzativo in Germania
Da qualche anno l’organizing model sviluppato dai sindacati americani è visto come una promessa di rinnovamento per le organizzazioni sindacali. Tuttavia, fino a poco tempo fa questo modello era considerato appropriato solo per quei contesti in cui i sindacati godono di scarsi sostegni istituzionali e sono fortemente dipendenti dalla propria base associativa per esercitare influenza. L’interesse suscitato da questo modello d’azione fra i sindacati tedeschi è stato, quindi, accolto con sorpresa. Perché le organizzazioni sindacali in Germania, inserite in un sistema istituzionale molto forte e favorevole, stavano guardando alle strategie dei sindacati americani come a un modello da imitare? L’articolo sostiene che la risposta a questa domanda vada cercata nelle trasformazioni che hanno avuto luogo nel sistema di relazioni industriali tedesco e nella consapevolezza maturata dalle organizzazioni sindacali del fatto che, in un contesto sempre più ostile, fosse necessario rafforzare le proprie risorse autonome di potere. Attraverso un’analisi del dibattito e della traduzione pratica del modello organizing in due organizzazioni sindacali tedesche, sosterremo che queste trasformazioni hanno reso sempre più difficile per i sindacati esercitare influenza attraverso i canali tradizionali, spingendo verso un rinnovamento strategico.
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Nuove forme di autorganizzazione in Italia
Le trasformazioni del mercato hanno determinato in questi anni un crescente allargamento delle distanze tra insider e outsider, tra un nucleo cioè di lavoratori più protetti dal punto di vista della contrattazione e dal sistema di welfare e un crescente e variegato insieme di lavoratori periferici, a bassi salari, con meno tutele contrattuali ed esclusi dai dispositivi ordinari di protezione sociale. In questo quadro il problema della rappresentanza dei soggetti poco o solo parzialmente rappresentati è venuto al centro del dibattito sulle relazioni industriali. In questo articolo si è scelto di focalizzare l’attenzione su quelle forme emergenti di auto-rappresentanza che iniziano a diffondersi per ben delimitate aree del lavoro periferico, spesso a cavallo tra il lavoro dipendente e il lavoro autonomo, combinando mix diversi di tutela mutualistica, rappresentanza collettiva e vertenze per il riconoscimento di diritti contrattuali e nuovi diritti sociali. Senza alcuna pretesa di rappresentatività, l’articolo cerca di mettere in evidenza le caratteristiche salienti, le forme organizzative e le metodologie di rappresentanza e tutela adottate da alcune di queste nuove formazioni, che tendono ad aggiungersi e in alcuni casi a interagire con le grandi organizzazioni sociali.
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1. Esperienze di democrazia industriale in Italia nel primo e nel secondo dopoguerra
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2. La partecipazione: nuovo protagonismo o vecchia tendenza?
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4. La partecipazione aziendale in Italia nel secondo dopoguerra
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5. Mutamenti organizzativi e partecipazione operaia
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6. La partecipazione dei lavoratori alle decisioni dell’impresa nel diritto dell’Unione Europea
I contributi che presentiamo sono il frutto di un lavoro preparatorio finalizzato alla realizzazione di una relazione presentata dalla Fondazione in occasione della Conferenza internazionale «Workers’ Participation at Plant Level. An International Comparison» (Bochum, 21-23 agosto 2013). Nei saggi vengono approfondite la storia della partecipazione in Italia ed alcune esperienze significative; il dibattito interno alle organizzazioni di rappresentanza sul tema e le attuali proposte; i cambiamenti indotti nella partecipazione a partire dall’applicazione dei nuovi modelli organizzativi nella fabbrica post-fordista; infine, i principali elementi di discussione, da un punto di vista giuridico, a livello comunitario sul tema della partecipazione.
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Precarietà lavorativa e rappresentanza nella sanità. Il caso del Lazio
I tagli di spesa pubblica in alcune Regioni come il Lazio, dove negli anni più elevati sono stati i disavanzi accumulati nella sanità, si traducono in effetti relativamente più rilevanti sulla tenuta delle opportunità occupazionali che, in particolare nelle strutture sanitarie private, stanno comportando la diminuzione degli organici e la gestione di lavoratori in esubero. L’articolo, partendo da un’indagine di campo condotta nel 2012 con riferimento al Lazio, analizza gli effetti sulla tutela lavorativa degli operatori sanitari (medici, infermieri e personale ausiliario) delle politiche di contenimento dei costi, e se e come questi cambiamenti di status occupazionale stiano incidendo sulle forme di rappresentanza dei lavoratori di questo settore. In base all’analisi condotta sembrerebbe emergere per tutte e tre le categorie professionali coinvolte (ovvero medici, infermieri e ausiliari) una condizione diffusa di sfiducia nella capacità delle organizzazioni sindacali tradizionali di farsi carico dei loro bisogni occupazionali, preferendo affidarsi a modelli diversi che vanno a forme di autotutela individuale (soprattutto i medici), di rappresentanza collettiva di base (gli ausiliari) o di categoria professionale (gli infermieri)
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La disoccupazione in cerca di rappresentanza: i disoccupati organizzati di Napoli
Il paper analizza alcune delle strategie di mobilitazione sociale e politica implementate dai disoccupati e dai lavoratori non standard di Napoli. Il movimento di protesta più importante, unico in Italia nel suo genere, sorto per opera di gruppi di soggetti appartenenti alle classi subalterne del napoletano, è il «movimento dei disoccupati organizzati», un’organizzazione di base fondata a metà degli anni settanta nel centro storico di Napoli, caratterizzato da un’accentuata dinamica della sua composizione sociale. I protagonisti di questo movimento sono prevalentemente lavoratori precari e donne impiegate in forme di lavoro non qualificato e non protetto. Le considerazioni proposte si basano in larga misura su incontri e interviste con gli attori locali coinvolti. Si cerca di spiegare per quale motivo, a Napoli, a eccezione del movimento dei disoccupati organizzati, non si siano verificate proteste sociali radicali. L’analisi si propone di evidenziare se e come la necessità di rappresentanza propria di questa tipologia di lavoratori sia soddisfatta, e quali relazioni abbiano con attori sindacali, politici e istituzionali. Il movimento esprime una lotta per il riconoscimento (Honneth, 1992) e può essere considerato un concreto esempio della «capacità di aspirare» (Appadurai, 2004).
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La rappresentanza dei lavoratori non standard: il caso delle attività esternalizzate dagli enti locali a Napoli
L’occupazione nella pubblica amministrazione è stata per decenni considerata paradigma del lavoro stabile e garantito, oltre che altamente sindacalizzato. Con le politi-che di contenimento della spesa pubblica e l’affermarsi di nuovi modelli organizzativi anche in questo settore si sono diffuse le nuove forme di occupazione non standard e il ricorso alle esternalizzazioni. L’articolo riferisce i risultati di una ricerca su quest’a-rea, con riferimento agli enti locali di Napoli. In essa si illustrano i principali caratteri e il significato dell’occupazione collegata alla pubblica amministrazione napoletana e il ruolo della diffusione del lavoro non standard nel contesto più generale di un «mercato del lavoro atipico». Sono stati poi analizzati approcci e strategie di azione tanto dei principali attori sindacali locali quanto dei lavoratori sul tema dell’organizzazione, della rappresentanza e della mobilitazione dei lavoratori non standard nella pubblica amministrazione e nelle attività esternalizzate. In conclusione, sono proposte alcune osservazioni sui risultati dell’indagine di campo e sulle implicazioni che ne derivano per il rapporto tra lavoro precario, pubblica amministrazione e rappresentanza sindacale.
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Immigrati e sindacato tra protezione e rappresentanza
La nostra ricerca sul rapporto tra sindacati e lavoratori immigrati mostra che, al di là di qualche differenza sulle modalità operative, le due principali organizzazioni sindacali condividono funzioni, strategie, obiettivi e difficoltà. Pur dedicando molto spazio alla fornitura di servizi agli immigrati, i sindacati si impegnano sempre di più anche nella difesa dei diritti individuali e collettivi, nella lotta alla discriminazione e nella promozione della partecipazione attiva degli immigrati all’attività sindacale, favorendo percorsi di mobilità interni al sindacato, nonché la creazione di organi consultivi che incentivano il coinvolgimento della componente straniera. Tuttavia, mentre i servizi e la tutela individuale rappresentano prassi da tempo consolidate nell’ambito dell’attività sindacale, la partecipazione attiva degli immigrati può e deve essere ulteriormente incentivata.
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Le organizzazioni sociali e i giovani professionisti nell’area milanese
L’articolo presenta, insieme al successivo contributo su questa rivista, i primi risultati di un progetto Prin-Miur sui problemi della rappresentanza dei giovani professionisti a elevata qualificazione nell’area milanese. L’obiettivo è quello di ricostruire il pano-rama dell’offerta di tutela e rappresentanza verso una categoria di lavoratori in crescita, che sperimentano condizioni di lavoro spesso caratterizzate da insicurezza e isolamento professionale, ma che allo stesso tempo faticano a esprimere una domanda esplicita alle organizzazioni di rappresentanza. L’articolo si basa sull’analisi di 16 organizzazioni presenti sul territorio, descrivendone le caratteristiche organizzative, le strategie di mobilitazione e costruzione del consenso e i rapporti tra le organizzazioni stesse.
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