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Cosa si può imparare dal populismo
Il presente intervento si articola in tre parti. La prima discute il carattere elitista di molte critiche alla nozione di populismo, che spesso intendono legittimare il potere delle oligarchie che governano l’Europa, negando alle classi subalterne qualsiasi consapevolezza politica; la seconda, invece, sviluppa una critica della retorica populista, in particolare della definizione di popolo come entità incorrotta e indivisa, mostrandone la contiguità con l’idea di popolo che è alla base del dispositivo della rappresentanza democratica. Infine, le conclusioni cercano di individuare alcuni aspetti politicamente produttivi nella ripresa della discussione sul populismo, a partire dalla necessità di ripensare il concetto di popolo non come totalità, bensì come parzialità.
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La crisi della rappresentanza e il dispositivo di esclusione
L’argomento del testo è la contraddizione tra la superproduzione, in Europa, di norme giuridiche, penali e amministrative in materia di immigrazione, e la crisi senza precedenti delle istituzioni e delle funzioni rappresentative. Questa contraddizione, di cui si descrivono schematicamente le ragioni, da un lato rappresenta uno dei grandi limiti della democrazia contemporanea, dall’altro sottende straordinarie potenzialità di trasformazione politica e culturale.
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Il welfare aziendale tra integrazione e sostituzione del welfare pubblico
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Il welfare aziendale come Giano bifronte
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Premessa. La formazione sindacale tra continuità e discontinuità. Il caso della Cgil e della Cisl
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Germania: l’indomabile trading state
Basato su interviste con i principali attori tedeschi e su un’analisi della letteratura, l’articolo analizza lo sviluppo recente dell’economia tedesca e la strategia tedesca nell’affrontare la crisi dell’eurozona. La Germania è uno stato commerciale (trading state), la cui crescita è fortemente trainata dalle esportazioni. Fino agli anni novanta, rigidità istituzionali forti, nel sistema di relazioni industriali e nel sistema di protezione sociale, contribuivano a conciliare lo sviluppo delle esportazioni con una crescita armonica dei consumi interni, contribuendo cosi a ingabbiare la «tigre» tedesca. A partire dagli anni novanta, sia le relazioni industriali sia la protezione sociale sono state fortemente liberalizzate, stimolando ulteriormente la competitività estera e indebolendo i consumi interni. Il modello economico tedesco, cosi come è venuto profilandosi negli ultimi dieci anni, è alla base delle politiche di austerità che la Germania impone all’Europa. Tali politiche sono fortemente condivise dai partiti politici, dagli attori sociali e dall’opinione pubblica, e le probabilità che la strategia tedesca cambi sono minime.
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Regole europee, cuneo fiscale e trappola della produttività
La Legge di stabilità 2014-2016 elaborata dal governo italiano e approvata dal Parlamento è volta al rispetto dei vincoli previsti dai trattati europei, e non alla crescita del reddito e dell’occupazione. Ciò nonostante, la Commissione europea non ha ritenuto di dare «semaforo verde», in quanto il rientro dal debito non è garantito nel breve e nel medio periodo. La proposta governativa non viene giudicata soddisfacente dai tecnocrati europei perché non coerente con le politiche di rigore e di austerità espansiva, ma neppure soddisfa le parti sociali, che chiedono interventi non simbolici per la riduzione del cuneo fiscale, quindi per la crescita e l’occupazione. Ma siamo certi che impegnare tutte le risorse disponibili per la riduzione del cuneo sia la politica più adatta per far uscire il paese dalla crisi, in presenza di una trappola della produttività che caratterizza il nostro paese da venti anni?
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Presentazione. Partiti e sindacati nella crisi
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Rappresentanza e conflitto
L’articolo esamina la crisi della rappresentanza politica e sindacale come esito del processo di corrosione delle identità collettive e delle istituzioni nelle quali quelle identità avevano preso forma. Mentre alla politica spetta – nel difficile equilibrio tra il locale e il globale – la costruzione di un nuovo spazio collettivo, democratico e aperto, nel quale il cittadino consapevole e informato possa prendere posizione sui temi in discussione, il sindacato è chiamato ad attuare uno sforzo serio di autoriforma e a rimettere al centro la sua autonomia e alterità rispetto al sistema politico, per sfuggire al pericoloso «slittamento nel politico». In conclusione viene analizzato il rapporto esistente tra rappresentanza e conflitto, sostenendo che la rappresentanza si costituisce nel conflitto, nello scontro tra opzioni alternative, come espressione di una diversità di interessi, di valori, di progetti, che costituisce il cuore della democrazia e la trama profonda di una società plurale e complessa.
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Democrazia e crisi economica in Europa
I processi di globalizzazione e integrazione sovranazionale hanno fortemente inciso sulla forma di Stato democratica. Il potere si radica sempre più in istituzioni transnazionali che sfuggono ai meccanismi di controllo nazionale. La crisi economica dell’ultimo quinquennio ha accelerato questo processo in nome di un diritto europeo della crisi incentrato sul principio di condizionalità (aiuti in cambio di austerity e riforme strutturali), affidato a un’inafferrabile sorveglianza multilaterale. Le sempre più forti resistenze a questo modello economico impongono di trovare una via per superare il deficit di sovranità sociale dell’Unione.
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La rappresentanza nell’epoca post-ideologica: una fabbrica delle illusioni?
Qual è il destino della rappresentanza democratica nel secolo che si annuncia come il «secolo antipolitico»? Siamo condannati ad assistere, come avviene da due decenni nel nostro paese, al continuo e inestricabile alternarsi di governi populisti e di governi tecnocratici? Il saggio prova a rispondere a questi interrogativi, analizzando, da una parte, quanto la crisi che ha investito nell’ultimo quinquennio l’Europa abbia ulteriormente logorato l’autorità delle tradizionali istituzioni della rappresentanza (partiti, parlamenti, sindacati), dall’altra, quali siano le chance di successo e le prospettive della risposta populista.
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Società civile, movimenti, democrazia rappresentativa. Il populismo nei partiti di sinistra
Lo scritto mette in relazione il populismo sviluppatosi in Europa negli ultimi anni non solo con l’acuta crisi dei partiti politici, ma anche con la straordinaria mutazione della struttura psichica degli individui che è in corso nel mondo occidentale (la perversione del legame sociale). Definito il populismo come il rifiuto del fatto che in una democrazia, fondata sul principio della sovranità popolare, l’unico principio generatore della politica nazionale è il concorso/conflitto – come realmente si svolge tra le forze date – dei cittadini tra di loro e attraverso i partiti politici, e dunque che è estranea a tale principio la rappresentanza carismatica della bontà originaria del popolo, vengono ricondotti nell’alveo del populismo anche il neogiusnaturalismo e il costituzionalismo fondato sulla retorica dei diritti. Viene infine esaminato il possibile rapporto tra la critica al populismo e la «questione morale», intesa come superamento della distinzione/alterità, tipica del pensiero moderno, tra politica e morale.
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