• I lavoratori della gig economy, in quanto formalmente «autonomi», fanno parte di una «distributed workforce» esterna al perimetro della contrattazione collettiva. La possibilità di ricondurli entro i suoi confini dipende in larga misura dal riconoscimento della loro subordinazione di fatto, a prescindere dal loro contratto formale con le imprese-piattaforme. Sullo sfondo del dibattito giuslavorista in merito, l’articolo si concentra sull’argomentazione a sostegno della presunta autonomia dei gig workers, basata sulla teoria dei costi di transazione, che riduce le piattaforme a semplici «mercati». Un uso analitico e non soltanto persua- Oltre i confini della Qcontrattazione collettiva? 31 sivo della stessa teoria conduce a ben altre conclusioni: le piattaforme sono «mercati gerarchizzati » creati, governati e controllati da un’impresa, dove la «gerarchia» opera attraverso la completa etero-determinazione algoritmica della prestazione lavorativa. E dove c’è gerarchia c’è subordinazione.
  • Sesso e genere sono concetti assai diversi, l’uno determinato dalla biologia, l’altro costruito socialmente. Assumendo tale diversità come punto di partenza del loro lavoro, le autrici propongono un percorso che – offrendo sguardi su storia umana, linguaggio, scuola, maternità, violenza, cambiamento del maschile e sfida ai ruoli di genere rappresentata dalle famiglie omogenitoriali – porta a sottolineare quanto i ruoli socialmente attribuiti a donne e uomini siano culturalmente pre-determinati e rappresentino delle gabbie che perpetuano il dominio maschile e la subalternità femminile, riproducendo immagini di uomo e di donna rigide e stereotipate. L’obiettivo è contribuire a scrivere un’altra storia, oltre i destini, che dia spazio al libero pensarsi. Come scrive la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli, «le autrici hanno saputo affrontare, con rara competenza e completezza, le riflessioni su quelle definizioni del femminile e del maschile ancora vincolate a predeterminati destini, assai limitativi per chi intende osservare i cambiamenti del mondo e desidera interpretarli alla luce di valori non negoziabili come la solidarietà, l’uguaglianza, la libertà».
  • L’articolo si interroga sui possibili effetti delle recenti riforme del mercato del lavoro; e lo fa focalizzandosi su alcune peculiarità e tendenze del contesto italiano, in comparazione con altri paesi europei. Attraverso i dati di due ricerche dell’Associazione Bruno Trentin, esplora, da un lato, l’anomalia rappresentata da un elevato tasso di inattività e dall’altro le crescenti situazioni di disagio e sofferenza occupazionale (disoccupazione, cassaintegrazione, lavoro temporaneo involontario, part-time involontario).
  • idea di solidarietà che negli anni settanta ha portato alla conquista di diritti – e di spazi – comuni è andata affievolendosi così come l’interesse per la politica e per il sindacato, che faticano a riconquistare quello spazio e quel protagonismo necessari per provare a risalire la china di un individualismo Il sempre più pervasivo. Per il sindacato, in particolare, che non ha mai smesso di occuparsi delle condizioni della vita delle persone, significa interrogarsi sugli strumenti e sul modo di entrare in relazione stretta con i bisogni, con la materialità delle esistenze. Per trovare parole nuove adatte a questi tempi difficili, un lessico capace di ridare una prospettiva, un’idea di futuro possibile, serve ascoltare, fermarsi per domandare, cercare di capire. [...] Lavoratori e lavoratrici ci hanno segnalato, rispondendo ad un questionario elaborato e promosso dai loro delegati aziendali, quali sono le «cose che servono davvero», quali sono le loro necessità in tema di welfare, dalla cura dei figli o dei genitori anziani alla salute, a orari di lavoro, flessibilità, servizi che mancano. Partendo dal bisogno individuale abbiamo costruito una mappa per una richiesta collettiva, di tante donne e uomini fuori dai confini del luogo di lavoro e del contratto di appartenenza. Un bisogno comune cui dare risposta attraverso un progetto pensato per quella specifica comunità di imprese, con l’ambizione di un’apertura a una comunità più ampia: il territorio. (dal saggio di Lorella Brusa)
  • Il PIL, che per ottant’anni ha influenzato le scelte di organi e governi mondiali, e quindi la vita quotidiana di ogni singolo cittadino, è sempre più lontano dal costituire un buon misuratore del benessere. Ma come sostituirlo? Con un altro indicatore tuttofare? Con una batteria di indicatori? E come si può fare questa scelta se non si definisce cos’è il benessere nella società di oggi? E ancora, si può far uscire il dibattito dalla cerchia degli addetti ai lavori facendovi partecipare anche i comuni cittadini? Non si tratta soltanto di scegliere nuovi indicatori, ma di decidere quale modello di sviluppo si vuole per il futuro e, di conseguenza, come orientare e misurare tale mutazione. Il libro si cimenta con questo problema, anche esaminando le diverse sperimentazioni in corso nel mondo, e conclude con la necessità di migliorare il calcolo del PIL come «indicatore della quantità e della qualità della produzione», affiancando ad esso altri due macroindicatori, uno della «qualità ambientale» e uno della «qualità sociale». Tutto viene esposto in un linguaggio semplice e scorrevole, con testi accessibili e snelli, con illustrazioni che rendono la lettura piacevole e divertente senza nulla togliere al rigore dell’analisi e delle proposte.
  • Oltre il ponte

    12.00 
    Per la generazione antifascista di cui cantava Calvino in «Oltre il ponte», il lavoro della memoria è stato un impegno incessante. Non è stato così per la generazione degli anni ’70, marchiata dall’immagine degli «anni di piombo» e incapace di rivendicare le grandi conquiste di libertà prodotte dai conflitti sociali di quel decennio. Le riflessioni raccolte in Oltre il ponte esplorano alcuni di quei conflitti dimenticati, attraverso la lente di un’esperienza personale vissuta sempre nelle zone di frontiera fra femminismo e altri movimenti. I testi coprono il periodo dal 1976 al 2001 e ruotano attorno a quattro nodi tematici: libertà/maternità, soggettività/lavoro, conflitti/guerra, diversità/diritti. Al volume è allegato l’audiolibro di Dita di dama, storia di due ragazzine di quarant’anni fa, una studentessa e l’altra operaia, nel turbinio dell’Italia che cambia.
  • Oltre la crisi

    12.00 
    Le Piccole e Medie Imprese (PMI) rappresentano una delle componenti salienti del modello italiano di produzione e di specializzazione e una risorsa fondamentale in termini di capacità imprenditoriali diffuse. Negli ultimi anni, come illustrato in questo volume, stanno tentando attraverso la leva dell’innovazione di processo, di prodotto e di qualificazione del capitale umano di sperimentare un nuovo modello di sviluppo sostenibile, sia per far fronte alla crisi in corso, sia per contenere i limiti strutturali che talvolta ne riducono la capacità di mutare le strategie, di internazionalizzarsi e in generale di fronteggiare le pressioni competitive. Il Fondo Formazione PMI, costituito da Confapi, CGIL, CISL, UIL, negli ultimi anni sta promuovendo l’utilizzo della formazione continua per i lavoratori delle Piccole e Medie Imprese come una misura per uscire dalla crisi. Nel volume viene fornito un primo spaccato sulla durata, sui contenuti e sui target delle attività formative finanziate nel biennio 2010-2011, per sostenere imprese e lavoratori in percorsi di riqualificazione e aggiornamento all’interno di processi più ampi di innovazione finalizzati alla crescita produttiva e di settore. Già in questo volume, vengono ricostruiti tre canali principali di interazione: il livello aziendale, le costruzioni bilaterali e la regolazione territoriale. Il primo è intrinseco alla scelta della cosiddetta «via alta alla flessibilità» attraverso la promozione di organizzazioni flessibili ad alta performance, che presentano una forte complementarità fra innovazioni tecnologiche, specie nelle ICT, innovazioni organizzative e relazioni industriali partecipative. Nello stesso tempo, l’altro canale, le costruzioni bilaterali, ha assunto un forte ruolo promozionale nel consolidamento delle piccole e piccolissime imprese, rafforzandone i sistemi di welfare, implementando in forme nuove la sicurezza sul lavoro e la formazione continua grazie all’integrazione con i Fondi interprofessionali, supportando la crescita e l’innovazione aziendale. Il terzo canale è dato dall’interazione fra servizi specialistici offerti alle aziende e relazioni industriali di tipo partecipativo su scala territoriale, due aspetti che possono funzionare insieme per la creazione di un ambiente produttivo propenso all’innovazione.
  • La pandemia si è abbattuta su economie nazionali già indebolite dalle crisi precedenti e attraversate da profonde disuguaglianze. Lo shock pandemico ha determinato tuttavia anche uno scatto in avanti delle istituzioni senza precedenti. Per la prima volta dopo anni di tagli e attacchi ideologici alla sfera pubblica, è tornata al centro del discorso politico l’importanza dello stato sociale, della sanità pubblica e degli interventi redistributivi in favore delle fasce più colpite dalla recessione. Per il sistema di welfare italiano il Pnrr rappresenta un’occasione di modernizzazione in linea con i principali obiettivi posti alla base dell’Agenda sociale europea, sintetizzati nell’approccio dell’Investimento sociale. Vi sono tuttavia delle criticità da considerare che riguardano, da un lato, la sua esportabilità in contesti territoriali condizionati da una bassa e stagnante domanda di lavoro, dall’altro le spaccature sempre più evidenti che, anche nei contesti nazionali più avanzati, tendono a contrapporre le fasce più qualificate del mercato del lavoro e quelle più deboli, spesso in-trappolate in lavori precari a bassi salari, come fatto strutturale. In questo articolo vengono analizzati i principali cambiamenti delle politiche di welfare in considerazione della neces-sità di assicurare un intervento più forte dello Stato non solo nella promozione del lavoro a più alte qualificazioni, ma anche nella creazione diretta di nuova occupazione, laddove beneficiari di sussidi e categorie deboli rischiano di rimanere intrappolati o nel lavoro povero o nei circuiti dell’assistenza workfarista.
  • L’autrice si sofferma sui criteri adottati dall’ordinamento francese per selezionare le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro al fine di evidenziare i profili che possono costituire spunto di riflessione per l’ordinamento interno, anche alla luce del percorso avviato dalle parti sociali. In particolare si evidenzia l’importanza della previsione di criteri non soltanto «quantitativi», ma altresì tesi ad accertare l’effettività dell’azione sindacale.