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La tematica del «controllo», ieri e oggi
Il saggio, scritto da Vittorio Rieser nel 1990 e qui riproposto, affronta il tema del controllo dei lavoratori nell’impresa capitalistica. Facendo interagire lo schema di analisi marxista con quello weberiano, si sostiene che il regime autoritario della fabbrica capitalistica non risiede solo nella proprietà privata dei mezzi di produzione, ma anche nella presenza di una burocrazia tecnico-manageriale. Ne discende che il conflitto tra capitale e lavoro è rivolto a ridurre l’asimmetria di potere, costitutiva dell’impresa capitalistica, attraverso una strategia di controllo, capace di innescare elementi di democratizzazione parziale della vita sociale e politica. Viene delineata una prospettiva di democrazia industriale ancorata a forme di autogoverno e di controllo dal basso, di cui sono rintracciabili elementi embrionali nell’attuale mondo del lavoro.
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Il lavoro e il sindacato tra storia e sfide europee
Il saggio prende avvio dalla ricostruzione del ruolo del movimento sindacale nella storia dell’Italia contemporanea e anche nello sviluppo della sua identità. Allo stesso tempo, in linea con le trasformazioni dello scenario nazionale e internazionale, viene sottolineata la necessità di ridefinire il ruolo e le funzioni del sindacato. Si sostiene, infatti, che la profonda debolezza e il declino del paese, e più in generale dell’Europa, sia strettamente legata alle sfide poste dalla crisi e, dunque, alla necessità di individuare a livello europeo un nuovo modello di sviluppo.
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Le determinanti dell’insicurezza del lavoro
L’articolo si focalizza sull’insicurezza soggettiva, o cognitive job insecurity, definita come la percezione di una minaccia per la continuità della propria situazione lavorativa e come il senso di impotenza o di mancanza di potere di fronte a tale minaccia. Utilizzando i dati di un’indagine nazionale sulle condizioni di lavoro degli occupati italiani, esplora in che modo alcune caratteristiche socio-anagrafiche, professionali, del contesto lavorativo e istituzionale influenzano tale percezione, comparando quanto avviene tra i lavoratori con rapporti non-standard e tra quelli assunti a tempo indeterminato (scontato è l’effetto esercitato dal tipo di relazione di lavoro). Per entrambi i gruppi viene confermata l’importanza del livello della retribuzione, delle responsabilità familiari, così come del far parte di un’organizzazione di lavoratori. Al contrario, poco significative risultano, tra coloro che hanno rapporti atipici, variabili solitamente ritenute importanti, come le competenze e la professione; che in questi casi sembrano proteggere in modo assai limitato dall’insicurezza e dal senso di impotenza circa la continuità (desiderata) della propria situazione lavorativa.
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Un lungo percorso per una partita ancora aperta
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Un’autobiografia sociale collettiva
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Il centenario della Prima guerra mondiale
La Prima guerra mondiale rappresenta un evento centrale nella storia contemporanea e in occasione dei cento anni dalla deflagrazione del conflitto in Italia, la Fondazione Giuseppe Di Vittorio ha deciso di dedicare una considerevole parte della propria attività del prossimo triennio, 2015-2018, all’approfondimento dei temi legati alla Grande guerra. Il saggio, a partire dai risultati raggiunti dalla storiografia, sintetizza i principali filoni di ricerca avviati dalla Fondazione sul tema legati all’evoluzione della storia sindacale in quegli anni, ma anche alla crisi verticale che investì il socialismo europeo incapace di dar seguito ai propri propositi internazionalisti e pacifisti. Infatti, obiettivo della Fondazione è, in collaborazione con altri centri culturali, di aprirsi ai nuovi temi di ricerca concernenti la storia sociale con particolare riferimento a: la crisi politica del socialismo europeo del 1914; il ruolo dei sindacati e l’esperienza del mondo del lavoro contadino e industriale negli anni della guerra; il ruolo delle donne.
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Buone intenzioni o cattivi esiti? Tra salario minimo e rilancio della contrattazione
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Presentazione. Reddito minimo e salario minimo: le ragioni di attualità e interesse
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I contorni di una politica europea sul salario minimo
L’idea di una politica europea sul salario minimo mira essenzialmente a far sì che ogni lavoratore in Europa possa ricevere una retribuzione equa e dignitosa. Oggi invece in molti paesi europei i salari minimi sono fissati a livelli bassi e in ogni caso non sufficienti a porre al riparo dalla povertà. Considerate le forti differenze fra i vari livelli oggi esistenti, un salario minimo europeo non può consistere nella determinazione di uno stesso ammontare per tutti i paesi, ma deve piuttosto tradursi in un accordo intorno a un comune principio normativo. Esso potrebbe stabilire una certa soglia minima in rapporto percentuale al salario medio o mediano nazionale. Oggi una norma sul salario minimo europeo equivalente ad almeno il 60% delle medie nazionali coprirebbe qualcosa come 28 milioni di lavoratori europei, pari al 16% del totale della forza lavoro. L’implementazione di una politica di questo tipo dovrebbe in ogni caso rispettare le tradizioni nazionali e i rispettivi sistemi di formazione del salario.
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Il salario minimo legale fra Jobs Act e dottrina dell’austerità
Il saggio analizza il progetto di legge italiano sul salario minimo legale. Innanzitutto l’autore affronta il problema della garanzia di un salario minimo per tutti i contratti di lavoro, sia subordinati sia autonomi. In secondo luogo, il saggio esamina il rapporto fra salario minimo legale e i requisiti del salario previsti nell’art. 36 della Costituzione italiana. La tesi esposta è che il salario minimo legale è sicuramente funzionale a una politica di inclusione sociale e di tutela delle forme di sfruttamento del lavoro; nondimeno, il salario minimo legale è coerente con la tendenza a spostare il livello principale di contrattazione collettiva da quello nazionale di categoria a quello aziendale. In questo senso, il salario minimo legale ha una precisa funzione economica coerente con le misure di austerità imposte agli Stati membri dell’Unione Europea.
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Contrattare il valore del lavoro, nel cambiamento
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Per una riconfigurazione dell’azione sindacale
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