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Per non tornare al buio, a quegli anni oscuri in cui le donne erano costrette ad abortire in clandestinità. Ripensare l’obiezione di coscienza, che in Italia riguarda oggi oltre il settanta per cento dei medici, attraverso un dialogo fra ginecologi, obiettori e non obiettori, mettendo fine allo scontro ideologico su questo tema. Un libro di ascolto, nel quale la politica non sale in cattedra, e i medici, per la prima volta, con grande sincerità, raccontano le loro esperienze professionali e umane, e tutti, indistintamente, formulano proposte concrete, partendo da una premessa comune: tutelare la salute delle donne innanzitutto. Due diritti a confronto: quello delle donne a vedere applicata la legge e quello dei medici a esprimere l’obiezione di coscienza, quando seria e motivata. Il volume è anche il racconto, per le generazioni più giovani, del percorso straordinario di impegno civile, di mobilitazione delle donne che ha portato all’approvazione della legge n. 194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza. Una memoria storica, un passaggio di testimone, per evitare di vanificare una legge che si propone di salvaguardare la salute e l’autodeterminazione delle donne, di prevenire l’aborto, di valorizzare i consultori familiari. Con la convinzione che, per affrontare il problema etico e morale dell’aborto, bisogna avere il coraggio di pensare a una società materna e a una politica materna. Per costruire una società libera dall’aborto.
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La recente riforma del Terzo settore (L. n. 106 del 6 giugno 2016) costituisce un punto di arrivo di un mutamento del mondo associativo avvenuto negli ultimi decenni ma anche il punto di partenza di un processo attuativo che si produrrà nel corso dei prossimi anni. Il presente articolo presenta le caratteristiche salienti della riforma, ne indica alcune delle principali sfide aperte e opportunità e ne mette in luce alcuni possibili rischi, in particolare riguardo al rapporto con il welfare pubblico, al centralismo della governance del nuovo sistema e delle forme di rappresentanza. L’esito di questa sfida dipenderà da quanto gli attori istituzionali chiamati ad attuarla, in particolare governo centrale ed enti locali e quelli dello stesso Terzo settore, sapranno bilanciare il processo di ibridazione col mercato con il mantenimento del radicamento territoriale e culturale del Terzo settore.
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La recente riforma del Terzo settore (L. n. 106 del 6 giugno 2016) costituisce un punto di arrivo di un mutamento del mondo associativo avvenuto negli ultimi decenni ma anche il punto di partenza di un processo attuativo che si produrrà nel corso dei prossimi anni. Il presente articolo presenta le caratteristiche salienti della riforma, ne indica alcune delle principali sfide aperte e opportunità e ne mette in luce alcuni possibili rischi, in particolare riguardo al rapporto con il welfare pubblico, al centralismo della governance del nuovo sistema e delle forme di rappresentanza. L’esito di questa sfida dipenderà da quanto gli attori istituzionali chiamati ad attuarla, in particolare governo centrale ed enti locali e quelli dello stesso Terzo settore, sapranno bilanciare il processo di ibridazione col mercato con il mantenimento del radicamento territoriale e culturale del Terzo settore.
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Con questo libro Alfiero Grandi sviluppa l’impegno avviato con il precedente, Ripartire da Prodi, con il quale si era posto l’obiettivo di avviare una ricerca-verità sulla sconfitta del centro sinistra nel 2008 cercandone le ragioni nei limiti e negli errori dell’esperienza del secondo governo Prodi. La speranza era che anche altri contribuissero a questa ricerca partendo da un diverso punto di vista. Ma troppi di quelli che potevano spiegare, indagare, far capire hanno preferito il silenzio. Si spiega anche così l’enorme area di astensionismo prodottasi nell’elettorato di centro sinistra. Per tornare a vincere si propone di contribuire ad una fase già diversa, che vede in difficoltà la destra che ha vinto nel 2008, mentre una pesante crisi finanziaria ed economica ha appena iniziato a far pagare prezzi sociali pesantissimi. In questa situazione un nuovo centro sinistra potrebbe essere chiamato prima del previsto alla costruzione di un’alternativa politica per offrire una speranza a chi rischia di essere travolto. Alternativa da costruire qui ed ora per incalzare la destra in difficoltà, per affermare che le forze di progresso sono in campo e che possono tornare ad avere fiducia, che si può tornare a vincere.
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L’Europa sta vivendo, per tante ragioni diverse tra di loro, una delle fasi più difficili degli anni successivi alla fine del secondo conflitto mondiale. Si sommano gli effetti di una lunga crisi economica e sociale – affrontata con politiche di contenimento del debito spinte fino «all’ideologia del rigore» e dell’austerity – con i mutati scenari mondiali dati, da un lato, dai cambiamenti intercorsi in interi continenti come l’Asia (in positivo) e l’Africa (in negativo), e dall’altro, dall’assurda politica estera imposta al suo paese dal presidente Trump.
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Tra la fine e l’inizio del Millennio la povertà è aumentata e cambiata, non solo in Italia, ma in tutta l’Unione europea. Ecco perché, nel 2010, l’Ue ha lanciato la campagna Stop Poverty per dare conto della situazione e sollecitare gli Stati membri a prendere dei provvedimenti, anche in collaborazione con la società civile. Le organizzazioni sociali italiane, vista la loro esperienza sul campo, hanno colto questo invito, costituendo, nel 2013, l’Alleanza contro la povertà in Italia. Grazie ai suoi molteplici studi e proposte, in primis il Rei, ha contribuito a costruire l’impalcatura di tutte e cinque le misure realizzate dai diversi governi, che non sempre sono state migliorative. Ecco perché, a dieci anni dalla sua nascita, il lavoro dell’Alleanza è importante anche in chiave critica per promuovere misure che siano sempre universaliste e in grado di fare leva, oltre che sul contributo economico, anche sulla capacitazione delle persone povere.
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E‘ opinione diffusa che esista una correlazione fra lo stato dei rapporti sindacali e la difficile situazione che attraversa il paese. L'A. suggerisce un discussione senza pregiudiziali che permetta di riconsiderare in maniera approfondita e critica le radici stesse delle culture sindacali cosiddette modernizzatrici, quale la CISL. La sfida dei valori e delle culture sindacali. Il confronto con il modello europeo e quello americano.
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E‘ opinione diffusa che esista una correlazione fra lo stato dei rapporti sindacali e la difficile situazione che attraversa il paese. L'A. suggerisce un discussione senza pregiudiziali che permetta di riconsiderare in maniera approfondita e critica le radici stesse delle culture sindacali cosiddette modernizzatrici, quale la CISL. La sfida dei valori e delle culture sindacali. Il confronto con il modello europeo e quello americano.
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I processi di apprendimento sono strettamente connessi alle caratteristiche dei contesti organizzativi, sociali, tecnologici e normativi in cui le pratiche lavorative e quotidiane vengono realizzate. Più precisamente possiamo dire che l’apprendimento si sviluppa all’interno di specifici sistemi di attività (Engeström, Miettinen, Punamäki 1999) in cui diversi soggetti (reali e/o virtuali) agiscono sulla base di regole esplicite e implicite, al fine di raggiungere determinati obiettivi. Ciò avviene mediante l’uso di tecnologie di cui i contesti sono dotati e attraverso l’attivazione di saperi (codificati e/o taciti), all’interno di una determinata modalità di divisione del lavoro, all’interno di regole (implicite e/o esplicite), di ruoli definiti e attraverso meccanismi di potere. Cosa accade quando cambiano le regole di tali sistemi, i ruoli, gli artefatti, i saperi? Cosa succede ai processi di apprendimento se i contesti in cui le pratiche vengono realizzate sono iper-connessi, orizzontali, extra-organizzativi, internazionalizzati, on-line? Cosa possiamo dire dell’apprendimento quando intervengono alcune innovazioni che cambiano uno o più elementi dei sistemi di attività, quando, ad esempio, gli attori sono virtuali, quando parte dei meccanismi di potere e di divisione del lavoro prendono forma attraverso algoritmi, quando i contesti organizzativi diventano inafferrabili, quando il lavoro viene regolato e organizzato attraverso piattaforme on-line?
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Come potenziare la cultura delle relazioni industriali in Italia e rilanciare il più alto grado di condivisione fra sindacati, imprese e istituzioni. La scelta della Cgil di dotarsi di uno specifico Laboratorio, attraverso un network fra sindacalisti ed esperti, con la prospettiva di contribuire alla definizione di un linguaggio comune fra diversi attori e punti di vista. I mutamenti più recenti e l'anno cruciale che ci attende. Un 2012 nel quale, giunti a scadenza i rinnovi contrattuali della tornata precedente, occorrerà procedere secondo le nuove linee guida tracciate dall'A.I. del 2011.