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Gli ultimi anni hanno visto rarefarsi i contributi sociologici sul tema della qualità del lavoro e sulle sue dimensioni: condizioni di lavoro e contenuto del lavoro. Ritenendo utile per tornare a fare ricerca sul campo recuperare il lavoro di autori classici su questo argomento vengono presi in considerazione i lavori di Marie Jahoda per gli studi sul mercato del lavoro e le condizioni di lavoro e di Kurt Lewin per quelli sull’organizzazione del lavoro e sul contenuto del lavoro.
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I processi di apprendimento sono strettamente connessi alle caratteristiche dei contesti organizzativi, sociali, tecnologici e normativi in cui le pratiche lavorative e quotidiane vengono realizzate. Più precisamente possiamo dire che l’apprendimento si sviluppa all’interno di specifici sistemi di attività (Engeström, Miettinen, Punamäki 1999) in cui diversi soggetti (reali e/o virtuali) agiscono sulla base di regole esplicite e implicite, al fine di raggiungere determinati obiettivi. Ciò avviene mediante l’uso di tecnologie di cui i contesti sono dotati e attraverso l’attivazione di saperi (codificati e/o taciti), all’interno di una determinata modalità di divisione del lavoro, all’interno di regole (implicite e/o esplicite), di ruoli definiti e attraverso meccanismi di potere. Cosa accade quando cambiano le regole di tali sistemi, i ruoli, gli artefatti, i saperi? Cosa succede ai processi di apprendimento se i contesti in cui le pratiche vengono realizzate sono iper-connessi, orizzontali, extra-organizzativi, internazionalizzati, on-line? Cosa possiamo dire dell’apprendimento quando intervengono alcune innovazioni che cambiano uno o più elementi dei sistemi di attività, quando, ad esempio, gli attori sono virtuali, quando parte dei meccanismi di potere e di divisione del lavoro prendono forma attraverso algoritmi, quando i contesti organizzativi diventano inafferrabili, quando il lavoro viene regolato e organizzato attraverso piattaforme on-line?
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Questo articolo sottolinea l’importanza crescente della contrattazione decentrata nel dibattito e nelle misure legali in materia di relazioni industriali nei principali paesi europei. Il testo ricorda anche come le potenzialità della contrattazione di ambito aziendale abbiano condotto ad accordi importanti e innovativi in diverse imprese. Nello stesso tempo viene rilevato come la diffusione della contrattazione decentrata, specie di quella di maggiore qualità, sia ancora modesta e insufficiente in tutti i paesi. Per questa ragione viene ribadita l’importanza del ruolo delle grandi organizzazioni di interessi nel rafforzare azioni più mirate ed efficaci riguardo a questo oggetto.
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La contrattazione collettiva multi-datoriale ha patito in questi anni una duplice e concomitante pressione a causa della crisi economica e di un interventismo in ambiti tradizionalmente riservati all’autonomia collettiva. Tale pressione è stata più forte nei paesi più colpiti dalla crisi e ha riguardato sia la struttura dei sistemi contrattuali che i suoi esiti, inducendo una compressione salariale e una svalutazione interna, come anche una contrattazione concessiva, specie a livello aziendale. Lo spazio per la contrattazione decentrata è cresciuto pressoché ovunque, anche dove i sistemi contrattuali restano più fortemente organizzati. In questo scenario un team europeo di esperti ha realizzato uno studio (Decoba) al fine di analizzare le traiettorie verso il decentramento in atto in un gruppo di paesi tradizionalmente accomunati per un certo grado di coordinamento centralizzato: Belgio, Germania, Francia, Italia, Spagna. L’articolo, dei curatori della comparazione, rileva come l’accresciuto interventismo dei governi sugli assetti contrattuali abbia perseguito un rovesciamento del vecchio ordine gerarchico tra le fonti, riducendo al contempo l’autonomia negoziale delle parti. Ciò nondimeno emerge come questo potenziale erosivo della legge non si sia di fatto tradotto in una crescita della contrattazione aziendale e di quella in deroga in particolare. Le parti non lo hanno ritenuto utile, rivelando in ciò una certa resilienza dei sistemi nazionali, lungo i sentieri conosciuti del confronto negoziale autonomo. A parte casi eccezionali ciò che emerge dai contributi nazionali è l’assenza di un nesso fra il ricorso a deroghe peggiorative e performance aziendali, laddove nel medio periodo il loro impiego potrebbe certamente corrodere la cooperazione e la fiducia nei luoghi di lavoro.
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Il presente contributo illustra i principali risultati del progetto di ricerca europeo Decoba mettendo in evidenza i più recenti cambiamenti delle relazioni industriali all’interno del settore retail in cinque diversi paesi (Germania, Belgio, Francia, Spagna e Italia). In tutti i paesi esaminati la contrattazione collettiva presenta un assetto multilivello, teso a regolare il settore a livello nazionale e a livello decentrato (con accordi aziendali e/o territoriali). In tutti i paesi nel settore del retail la contrattazione collettiva non riesce più a produrre come esito una attenuazione degli effetti negativi generati dal mercato e i sindacati non riescono più ad arginare o contrastare le tendenze verso un peggioramento delle condizioni dei lavoratori. Tale processo si verifica in tutti i paesi esaminati, nonostante ciascuno presenti un proprio e diverso sistema nazionale di relazioni industriali e di regolazione del lavoro. L’obiettivo è quello di contribuire a una migliore comprensione di tale fenomeno mettendo in evidenza l’importanza non solo dei fattori e delle trasformazioni strutturali avvenute e ancora in corso nel settore, ma anche la centralità delle dinamiche (e dei mutamenti nei rapporti di forza) nelle relazioni tra le organizzazioni sindacali e datoriali all’interno del retail.
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In concomitanza con la «grande recessione» di questi anni il diritto del lavoro in Spagna ha subito continui cambiamenti, il più importante dei quali è stata la riforma del mercato del lavoro e delle relazioni industriali approvata dal governo conservatore nel 2012. Uno degli obiettivi principali di questa riforma è stato quello di promuovere la contrattazione a livello aziendale, sempre più sganciata da quella nazionale o comunque di livello superiore. Oggi, a distanza ormai di qualche anno, possiamo dire che ciò non ha determinato una sostanziale alterazione della struttura formale della contrattazione collettiva, con una contrattazione aziendale tuttora molto limitata. Ciò che invece è riuscito a conseguire è stata una forte svalutazione salariale, che ha esacerbato la situazione sociale del paese.
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Il Belgio è conosciuto per il suo sistema di regolazione dei salari fortemente istituzionalizzato e per la sua radicata cultura di dialogo sociale. Tuttavia i recenti cambiamenti politici e la pressione economica esterna hanno messo in discussione il modello tradizionale. La nostra ipotesi di lavoro è che, pur rimanendo intatta la struttura istituzionale, si sia creata una frattura tra l’estrema centralizzazione legata al tentativo da parte dello Stato di acquisire la regolazione dei salari a livello nazionale, da un lato e, dall’altro, l’innovazione del dialogo sociale a livelli decentrati come reazione al restringimento dei margini di negoziazione. Il paradosso è che le riforme mirate a liberalizzare l’economia hanno reso più complessa la contrattazione collettiva, e ne hanno ridotto l’indipendenza.
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L’articolo analizza il sistema contrattuale italiano nel periodo 2012-2017. I risultati della ricerca mostrano la persistente rilevanza della contrattazione collettiva di categoria. Si osservano forme di decentramento settoriale e territoriale. Le deroghe aziendali sono limitate, anche se si riscontra una diffusa violazione di quelle procedurali e dei riparti di competenza tra diversi livelli contrattuali.
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La contrattazione aziendale ha certamente sofferto la dura recessione che ha colpito per lungo tempo l’economia italiana, ma ha mantenuto una sua capacità di diffusione. L’Ocsel, Osservatorio sulla contrattazione di secondo livello della Cisl, ha potuto monitorare tuttavia una inversione di tendenza nell’ultimo biennio. Da contrattazione difensiva e incentrata sulla gestione delle crisi occupazionali si torna a veder prevalere negli anni 2015-2016 la definizione di premi salariali per obiettivi, la ripresa di interesse in materia di orari e mercato del lavoro, un vero e proprio salto di qualità nella diffusione del welfare contrattuale, fino a poco tempo fa residuale. La contrattazione aziendale sembra essere radicata non solo nelle aziende grandi e nei gruppi, ma mantiene il proprio ruolo regolatore anche in molte Pmi. Certamente è maggiormente diffusa nel tessuto economico del Centro-Nord, ma non è più limitata ai comparti manifatturieri tradizionali. Se ad essa affianchiamo la contrattazione territoriale di secondo livello possiamo dire che la contrattazione decentrata in Italia mantiene una sua capacità di azione e diffusione. La contrattazione decentrata supera la crisi diventando molto più fluida nella tempistica e nella durata ed evolvendo verso contenuti sempre più innovativi, cercando di regolare in modo più partecipativo le relazioni tra impresa e lavoro.. La contrattazione è destinata a misurarsi con nuovi temi sempre più centrali nel rapporto tra impresa e lavoro (organizzazione del lavoro, politiche attive, creazione delle competenze, apprendistato e rapporto con scuole tecniche e professionali, diritto alla formazione) e inediti rispetto al recente passato.