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Per una nuova cultura del lavoro
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Per una nuova cultura della sinistra
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Per una nuova cultura politica
14.00
€
Il «ponte» è quella struttura architettonica che collega due sponde opposte, pressoché parallele, destinate a non incontrarsi mai. Ebbene, la politica somiglia ad un ponte, che mette in relazione le persone, chi governa e i cittadini, il potere e i popoli; e i ponti vanno salvaguardati, per evitarne il crollo, perché, una volta distrutti, tutto diventa molto più difficile. Questo libro nasce come tentativo di salvaguardare dei ponti e costruirne, se possibile, di nuovi.
La «cultura politica», componente non particolarmente ampia ma di straordinario significato della Cultura Generale, è da tempo irrimediabilmente defunta. La cultura, per poter estendere i propri benèfici effetti, abbisogna di diverse virtù – tra le quali memorie, sedimenti, riflessioni. Virtù non coltivate da tempo, ed anzi da tempo osteggiate e negate. Ma se la cultura politica si è fatalmente liquefatta e quella generale è in gravi condizioni, da dove ha origine la malattia, la metastasi? Si ritorna così al problema della cultura politica e della sua rifondazione. In piccolo – molto in piccolo, ma con onestà di intenti – abbiamo cercato qualche inizio di riflessione e qualche tentativo di risposta. Lo abbiamo fatto immaginando il territorio – questo luogo dove le persone coabitano, intersecano le proprie vite, esprimono sentimenti, speranze e illusioni – come il luogo di partenza di una possibile nuova cultura politica. Con l’idea che per questo si debba ripartire dal basso, dal verificabile e dal controllabile, assegnando un ruolo centrale al «fare» delle istituzioni e dei governi locali. Un’ipotesi sulla quale abbiamo chiamato a discutere testimoni degli ambiti più direttamente coinvolti in questo processo, e più interessati a un rilancio dei contenuti etici della politica: quelli del lavoro, delle istituzioni locali e dell’università. Il nostro auspicio – ma giudicherà il lettore – è che questi materiali, così eterogenei ma così liberi, e pur partendo dal piccolo e dal basso, possano dare qualche slancio creativo a questo urgente processo di rinnovamento della cultura politica.
Gigi Falossi
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Per una nuova democrazia globale
13.00
€
«Le forze del progresso nel mondo riescono ad avanzare soltanto se fanno sognare con l’utopia di un mondo migliore e se contemporaneamente tracciano una via che progressivamente possa essere seguita»: così Jacques Delors sintetizza la sfida posta da una globalizzazione senza regole, frutto avvelenato dell’ideologia neoliberale e dell’iniqua distribuzione dei poteri e della ricchezza. Con lui importanti personalità del mondo politico, sindacale, religioso e della società civile, italiane e di altri paesi, cercano una risposta alla minaccia rappresentata oggi dal fondamentalismo di mercato, dalla guerra e dal terrorismo, di fronte alla quale il sistema delle istituzioni multilaterali e sovranazionali si manifesta inadeguato. Solo un’alleanza di differenti culture, di forze e di volontà diffuse e diverse, potrebbe proporre un’alternativa sostenibile di sviluppo economico e sociale in grado di dare sostanza sul piano globale alla democrazia. Per il movimento sindacale in particolare gli obiettivi di una piena occupazione di qualità e dei diritti delle persone che lavorano sono il paradigma della qualità del vivere e dello sviluppo, nel quadro di una strategia globale volta a unificare gli interessi dei lavoratori del Nord e del Sud del mondo e a intrecciare la lotta per l’uguaglianza e l’equità sociale con la promozione della democrazia e della pace. Contributi di: Agnoletto, Alhadeff, Bellini, Benetollo, Borosage, Boshielo, Bovero, Bronzini, Cedrone, Cima, Dastoli, De Leeuw, de Zulueta, Delors, Di Salvo, Epifani, Fouad Allam, Gabaglio, Garcia, Guterres, Khouri, Kuhlmann, Marazziti, Migliore, Migone, Monks, Napolitano, Papisca, Pennacchi, Picco, Pistelli, Pontecorvo, Ryder, Sereni, Sternshuss, Trentin, Vaccari, Venier.
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Per una nuova politica economica: riformulare il fine, riformulando i mezzi
Il contributo introduce la discussione sul libro di Pennacchi (2015) che si caratterizza per il proficuo intreccio tra discipline differenti: economia, filosofia, antropologia, sociologia. Un rapporto quello tra etica ed economia fondamentale per costruire un «nuovo modello di sviluppo» e mostrare che il soggetto non è homo oeconomicus. Dopo una lunga stagione di «disincanto», è possibile dare vita a un nuovo «reincantamento», riarticolando un discorso neoumanistico sui «fini» e liberando il pathos sottostante a una nuova apertura affettiva verso il mondo. Resta da chiedersi quale sinistra abbia la cultura politica in grado di farlo. Una sinistra di massa, fondata su una critica al capitalismo contemporaneo, che ne persegue la riforma radicale ma su una scala sovranazionale e mondiale.
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Per una nuova stagione di studi su Di Vittorio
Il dibattito sulla storia del movimento sindacale italiano promosso nell’ambito delle celebrazioni per il centenario della Cgil ha riproposto l’esigenza di una più aggiornata valutazione dell’attività e dell’eredità di Giuseppe DiVittorio. Qualsiasi ricostruzione e interpretazione non possono d’altronde prescindere dal peso avuto da un protagonista che ha accompagnato le vicende del movimento sindacale del novecento con una così grande influenza e per un così lungo periodo. ...
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Per una politica nazionale sulla non autosufficienza
L’assistenza agli anziani non autosufficienti è ancora in larga parte in carico alle famiglie, che vi fanno fronte con un ampio ricorso alle assistenti familiari. La frammentazione delle competenze tra Stato, Regioni ed enti locali e le difficoltà di integrare le varie fonti di finanziamento fanno affermare che non basta aumentare le risorse. Il rifinanziamento pluriennale del Fondo nazionale per la non autosufficienza lo rende strutturale e permette di avviare la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni sociali. Per essere efficace il Fondo deve far convergere le politiche molto diversificate che le Regioni hanno avviato, puntando sulla qualità della presa in carico, dei piani individuali di assistenza e dell’a integrazione socio-sanitaria. Il prevalere dei trasferimenti monetari non aiuta il decollo di una rete integrata e qualificata di servizi orientati alla domiciliarità. È sempre più urgente una legge quadro nazionale per superare la frammentazione delle competenze, rapportare l’assegno di accompagno al fabbisogno assistenziale e ricondurlo al piano di assistenza individuale. In attesa della legge lo Spi ha deciso di costituire un Osservatorio nazionale sulle residenze per anziani.
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Per una riconcettualizzazione delle cause della povertà lavorativa
Il saggio si propone di definire specifici settori del mercato del lavoro nei quali il fenomeno della povertà lavorativa è maggiormente diffuso, per utilizzarli come chiave di lettura degli strumenti legislativi esistenti e di quelli in gesta-zione a livello europeo.
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Per una riconfigurazione dell’azione sindacale
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Per una riflessione sul nuovo modello del «progressismo conservatore» britannico
La proposta del leader del partito conservatore e primo ministro britannico, David Cameron, di una “Big Society” si inserisce all’interno del più ampio dibattito internazionale sulla “trasformazione dello Stato sociale” e sulla riforma del welfare. Il saggio analizza i caratteri dell’attuale riforma della politica economica e sociale britannica e tenta di individuare i punti di continuità e rottura del progetto di costruzione di una “grande società” rispetto alla tradizione del conservatorismo progressista britannico, passando attraverso le grandi trasformazioni imposte da Margharet Thatcher.
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Per una ripresa del dibattito sul tempo di lavoro
Da ormai quindici anni il dibattito sulla riduzione generalizzata del tempo di lavoro ha perso vigore. Ma durante gli anni della crisi il divario tra le ore di lavoro di chi è garantito e a tempo pieno e di chi è precario o a tempo ridotto è aumentato. Allo stesso tempo, in diversi paesi, i governi hanno imposto leggi che tendono ad allungare per tutti le prestazioni lavorative. A tutto questo si aggiunge una crescente deregolamentazione dei rapporti di impiego che porta alla colonizzazione del tempo della vita privata, a straordinari non pagati, ad attività lavorative non retribuite o retribuite solo in modo simbolico. Sembra quindi necessaria una ripresa della discussione pubblica attorno alla riduzione generalizzata dell’orario settimanale come misura per contrastare le crescenti disuguaglianze nel mondo del lavoro e nella società.
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Per una storia della precarietà… al femminile
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