• Il «ponte» è quella struttura architettonica che collega due sponde opposte, pressoché parallele, destinate a non incontrarsi mai. Ebbene, la politica somiglia ad un ponte, che mette in relazione le persone, chi governa e i cittadini, il potere e i popoli; e i ponti vanno salvaguardati, per evitarne il crollo, perché, una volta distrutti, tutto diventa molto più difficile. Questo libro nasce come tentativo di salvaguardare dei ponti e costruirne, se possibile, di nuovi. La «cultura politica», componente non particolarmente ampia ma di straordinario significato della Cultura Generale, è da tempo irrimediabilmente defunta. La cultura, per poter estendere i propri benèfici effetti, abbisogna di diverse virtù – tra le quali memorie, sedimenti, riflessioni. Virtù non coltivate da tempo, ed anzi da tempo osteggiate e negate. Ma se la cultura politica si è fatalmente liquefatta e quella generale è in gravi condizioni, da dove ha origine la malattia, la metastasi? Si ritorna così al problema della cultura politica e della sua rifondazione. In piccolo – molto in piccolo, ma con onestà di intenti – abbiamo cercato qualche inizio di riflessione e qualche tentativo di risposta. Lo abbiamo fatto immaginando il territorio – questo luogo dove le persone coabitano, intersecano le proprie vite, esprimono sentimenti, speranze e illusioni – come il luogo di partenza di una possibile nuova cultura politica. Con l’idea che per questo si debba ripartire dal basso, dal verificabile e dal controllabile, assegnando un ruolo centrale al «fare» delle istituzioni e dei governi locali. Un’ipotesi sulla quale abbiamo chiamato a discutere testimoni degli ambiti più direttamente coinvolti in questo processo, e più interessati a un rilancio dei contenuti etici della politica: quelli del lavoro, delle istituzioni locali e dell’università. Il nostro auspicio – ma giudicherà il lettore – è che questi materiali, così eterogenei ma così liberi, e pur partendo dal piccolo e dal basso, possano dare qualche slancio creativo a questo urgente processo di rinnovamento della cultura politica. Gigi Falossi
  • Il contributo introduce la discussione sul libro di Pennacchi (2015) che si caratterizza per il proficuo intreccio tra discipline differenti: economia, filosofia, antropologia, sociologia. Un rapporto quello tra etica ed economia fondamentale per costruire un «nuovo modello di sviluppo» e mostrare che il soggetto non è homo oeconomicus. Dopo una lunga stagione di «disincanto», è possibile dare vita a un nuovo «reincantamento», riarticolando un discorso neoumanistico sui «fini» e liberando il pathos sottostante a una nuova apertura affettiva verso il mondo. Resta da chiedersi quale sinistra abbia la cultura politica in grado di farlo. Una sinistra di massa, fondata su una critica al capitalismo contemporaneo, che ne persegue la riforma radicale ma su una scala sovranazionale e mondiale.
  • Il dibattito sulla storia del movimento sindacale italiano promosso nell’ambito delle celebrazioni per il centenario della Cgil ha riproposto l’esigenza di una più aggiornata valutazione dell’attività e dell’eredità di Giuseppe DiVittorio. Qualsiasi ricostruzione e interpretazione non possono d’altronde prescindere dal peso avuto da un protagonista che ha accompagnato le vicende del movimento sindacale del novecento con una così grande influenza e per un così lungo periodo. ...
  • L’assistenza agli anziani non autosufficienti è ancora in larga parte in carico alle famiglie, che vi fanno fronte con un ampio ricorso alle assistenti familiari. La frammentazione delle competenze tra Stato, Regioni ed enti locali e le difficoltà di integrare le varie fonti di finanziamento fanno affermare che non basta aumentare le risorse. Il rifinanziamento pluriennale del Fondo nazionale per la non autosufficienza lo rende strutturale e permette di avviare la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni sociali. Per essere efficace il Fondo deve far convergere le politiche molto diversificate che le Regioni hanno avviato, puntando sulla qualità della presa in carico, dei piani individuali di assistenza e dell’a integrazione socio-sanitaria. Il prevalere dei trasferimenti monetari non aiuta il decollo di una rete integrata e qualificata di servizi orientati alla domiciliarità. È sempre più urgente una legge quadro nazionale per superare la frammentazione delle competenze, rapportare l’assegno di accompagno al fabbisogno assistenziale e ricondurlo al piano di assistenza individuale. In attesa della legge lo Spi ha deciso di costituire un Osservatorio nazionale sulle residenze per anziani.
  • Il saggio si propone di definire specifici settori del mercato del lavoro nei quali il fenomeno della povertà lavorativa è maggiormente diffuso, per utilizzarli come chiave di lettura degli strumenti legislativi esistenti e di quelli in gesta-zione a livello europeo.
  • La proposta del leader del partito conservatore e primo ministro britannico, David Cameron, di una “Big Society” si inserisce all’interno del più ampio dibattito internazionale sulla “trasformazione dello Stato sociale” e sulla riforma del welfare. Il saggio analizza i caratteri dell’attuale riforma della politica economica e sociale britannica e tenta di individuare i punti di continuità e rottura del progetto di costruzione di una “grande società” rispetto alla tradizione del conservatorismo progressista britannico, passando attraverso le grandi trasformazioni imposte da Margharet Thatcher.
  • Da ormai quindici anni il dibattito sulla riduzione generalizzata del tempo di lavoro ha perso vigore. Ma durante gli anni della crisi il divario tra le ore di lavoro di chi è garantito e a tempo pieno e di chi è precario o a tempo ridotto è aumentato. Allo stesso tempo, in diversi paesi, i governi hanno imposto leggi che tendono ad allungare per tutti le prestazioni lavorative. A tutto questo si aggiunge una crescente deregolamentazione dei rapporti di impiego che porta alla colonizzazione del tempo della vita privata, a straordinari non pagati, ad attività lavorative non retribuite o retribuite solo in modo simbolico. Sembra quindi necessaria una ripresa della discussione pubblica attorno alla riduzione generalizzata dell’orario settimanale come misura per contrastare le crescenti disuguaglianze nel mondo del lavoro e nella società.