• Per gli immigrati la formazione di una famiglia rappresenta l’avvio di un nuovo corso dei processi di integrazione in cui accanto all’immigrato essa emerge come un nuovo soggetto di cui bisogna considerare il ciclo di vita come autonomo e distinto rispetto a quello individuale dei suoi componenti. Le famiglie di origine immigrata durante la loro evoluzione vanno incontro a eventi che originano distinte condizioni di vita e bisogni sociali specifici rispetto alle famiglie native. Questo articolo propone un’analisi sociologica delle condizioni che favoriscono la nascita e il consolidamento di bisogni sociali propri delle famiglie di origine immigrata e dell’identificazione di questi bisogni.
  • Gli studi sulla relazione tra padri e figli dopo la separazione suggeriscono che le caratteristiche delle madri, in particolare l’istruzione, siano fattori chiave. Infatti, l’istruzione è un indicatore sia di valori e credenze «moderne» sia di maggiore autonomia economica femminile che tendono a ridurre le tensioni e il maternal gatekeeping dopo la separazione. Utilizzando i dati dell’indagine Famiglia e soggetti sociali condotta dall’Istat nel 2009, viene esplorato quanto frequentemente i padri separati vedano i loro figli minori e quale sia il ruolo del livello di istruzione della madre. L’Italia è un contesto interessante poiché, rispetto ad altri paesi europei, mostra ancora come sia il titolo di studio a guidare comportamenti e atteggiamenti «innovativi» e, inoltre, la legge sulla custodia condivisa è stata introdotta solo nel 2006. I risultati indicano che, controllando per status occupazionale, percezione delle proprie condizioni economiche, età dei figli, presenza di un nuovo partner e vicinanza con ex partner e con i nonni materni, il titolo di studio della madre ha un impatto significativo. Tuttavia, contrariamente alle aspettative, le donne con un livello di istruzione terziaria e secondaria mostrano lo stesso tasso di visite padre-figlio, mentre sono quelle con solo la licenza media ad avere figli con scarsi contati coi padri dopo la separazione.
  • L’articolo intende dare un contributo sul tema della genitorialità e della sua «condivisione» dopo la separazione, attraverso l’analisi del rapporto tra servizi e famiglie. L’attenzione è rivolta alle attività fornite dai servizi che sono più direttamente preposti a offrire supporto nei casi di crisi familiare, come i centri famiglia e più in generale i servizi sociali territoriali. Adottando un approccio multi-attore e attraverso le prospettive della Street level bureaucracy e del Discursive institutionalism, e attingendo a interviste e focus group condotti sia con le famiglie che con gli/le operatori/trici, l’articolo ricostruisce i «discorsi» e le pratiche di «buona» genitorialità che i servizi e i genitori separati co-producono. In particolare, nel rapporto fra servizi e famiglie sembra consolidarsi un discorso sul good divorce nel quale il conflitto è fortemente stigmatizzato e solo il benessere dei figli è posto al centro.
  • L’analisi dei legami familiari nella migrazione rivela che cosa stia diventando oggi la genitorialità in Europa. L’intrusione dello sguardo burocratico e assistenziale in questi legami familiari mostra la sua magia socio-politica (l’espressione è di Abdelmalek Sayad): una magia mediata il più delle volte dall’uso di un lessico medicalizzante e patologizzante, attraverso cui si «disfano» dei rapporti per «farne» altri inediti. L’adozione è per i bambini figli di immigrati uno strumento giuridico di rapido accesso alla cittadinanza italiana e rischia di diventare (o di essere già) un inquietante dispositivo di rimozione sociale rispetto alle genealogie della genitorialità immigrata, in una perturbante continuità con quanto già accaduto nelle colonie e, ancor prima, durante la nascita stessa degli Stati moderni e nel corso del loro consolidamento. A partire da queste premesse, il lavoro diventa anche un’opportunità per tornare a riflettere sulle politiche dell’infanzia e su come la «questione culturale» venga oggi posta in quei servizi sociosanitari preposti alla tutela e al sostegno di nuclei familiari immigrati in difficoltà.
  • Attraverso le prospettive dell’investimento sociale e delle culture sulla «buona» genitorialità l’articolo esplora barriere e sfide professionali del rapporto tra genitori migranti e operatrici di nidi d’infanzia e Centri famiglie. Attingendo a questionari somministrati ai Centri famiglie del Piemonte, a interviste a testimoni qualificati e a padri e madri da Marocco, Tunisia, Perù e Romania, l’articolo analizza in particolare quali siano le rappresentazioni e le pratiche di conciliazione di famiglie migranti con figli in età prescolare. In un contesto di carenza di investimenti sociali, i genitori migranti incontrano numerosi ostacoli nell’usufruire dei servizi considerati, perché con posizioni e condizioni nel mercato del lavoro difficili e perché a confronto con rappresentazioni di (non) adeguatezza genitoriale da parte dei servizi. Le operatrici evidenziano altresì diverse aree di criticità legate alla complessità dei bisogni di queste famiglie, al lavoro di rete con altri enti pubblici o privati, e alle esigenze formative.
  • L’articolo si concentra sulle disuguaglianze che in Italia incontrano le famiglie omogenitoriali e migranti nell’accesso e nel coinvolgimento nei nidi e nelle scuole per l’infanzia e primarie, dando voce a bambini e adulti. I risultati mostrano, da un lato, come modelli normativi di famiglia, genitorialità e infanzia prevalenti nelle istituzioni educative influenzino la relazione tra famiglie e servizi e l’inclusione dei bambini e, dall’altro, quali condizioni istituzionali favoriscano cambiamenti volti al riconoscimento delle diversità famigliari. L’approccio centrato sui bambini invita a focalizzare l’attenzione sulla qualità dei servizi e non solo su copertura e diffusione dei medesimi.
  • In Italia, non vi è ancora il pieno riconoscimento giuridico e sociale dei genitori omosessuali e dei loro figli e le competenze degli operatori e la configurazione dei servizi possono costituire una risorsa importante per sostenere la genitorialità di donne lesbiche e uomini gay e il benessere di adulti e bambini/e. A partire da una ricerca qualitativa esplorativa nell’ambito del progetto europeo Doing Right(s), l’articolo indaga le rappresentazioni della genitorialità omosessuale di operatori e operatrici in ambito sanitario, sociale ed educativo, e analizza come e in che misura queste rappresentazioni danno forma all’incontro tra professionisti/e e famiglie aprendo spazi più o meno efficaci di inclusione e riconoscimento. I dati presentati permettono anche di delineare degli elementi utili per ridisegnare le condizioni istituzionali per l’inclusione dei genitori omosessuali e dei loro figli nei servizi.
  • Sebbene le tendenze più recenti evidenzino in Italia il pieno recupero dei livelli occupazionali del 2008, persistenti sono alcuni aspetti di strutturale debolezza della domanda di lavoro, persino rafforzatisi nella ripresa. La capacità di creare occupazione rimane limitata rispetto agli altri paesi europei per la debolezza del comparto dei servizi sociali e la scarsa capacità innovativa del sistema produttivo. A ciò si è aggiunta la riduzione dell’intensità lavorativa che, con l’esplosione del part time involontario, ha ampliato un’area occupazionale fragile dal punto di vista sia della qualificazione sia delle condizioni di lavoro. Inoltre, la recente crescita di occasioni di lavoro qualificato non scalfisce il forte orientamento della domanda di lavoro verso le occupazioni meno qualificate, rafforzando la segmentazione generazionale del mercato del lavoro, in un quadro di accentuazione delle già enormi differenze territoriali. Infine, va considerata l’emergenza Covid-19, che avrà pesanti ripercussioni sulle dinamiche occupazionali.