• Le mappe della disuguaglianza (Lelo e al., 2019) offre un notevole contributo al dibattito che si è sviluppato negli ultimi anni sulle città e le disuguaglianze che le attraversano. Obiettivo dell’articolo è, in primo luogo, analizzare le caratteristiche che questa assume nel territorio milanese. In particolare, dopo aver offerto una panoramica generale sulla «Milano che corre a due velocità», si prenderanno in considerazione alcuni temi chiave per la lettura della disuguaglianza: la scuola, il lavoro, la casa. Verrà inoltre dedicato uno spazio alla polarizzazione territoriale del voto dei milanesi nelle ultime elezioni. Non ci si potrà sottrarre dall’affrontare questi temi anche alla luce della drammatica crisi sanitaria che stiamo attraversando e delle profonde conseguenze che questa determinerà dal punto di vista economico e sociale. In secondo luogo, si parlerà di sindacato, mettendo in evidenza alcune iniziative che questo ha assunto nella città per agire a favore dei soggetti più vulnerabili. Da ultimo, si faranno alcune considerazioni finali, sottolineando l’importanza di un agire che investa sulle infrastrutture sociali, ridia centralità alla politica, favorisca la partecipazione e diffonda «un’ideologia della solidarietà».
  • Le mappe della disuguaglianza. Una geografia sociale metropolitana di K. Lelo, S. Monni e F. Tomassi (2019) fornisce un’istantanea di rara efficacia che permette di rappresentare l’attuale situazione sociale ed economica di Roma. Il testo rappresenta un’ottima occasione per riflettere sul tema delle disuguaglianze in ambito urbano. In questo articolo – muovendo dall’analisi di alcuni dei dati presentati nel libro – si offre una chiave di lettura delle disuguaglianze e un’interpretazione delle stesse basata sull’analisi della strategia di accumulazione che si è sviluppata storicamente a Roma.
  • L’era delle tecnologie emergenti sta comportando un costante cambio di paradigma nelle relazioni sociali e pone sfide senza precedenti. Tali tecnologie rappresentano però uno strumento a disposizione della lotta alle disuguaglianze e all’affermazione dei diritti fondamentali. La strategia europea in materia di dati consentirà all’Unione di sfruttare l’enorme valore dei dati non personali come risorse in continua espansione e riutilizzabili nell’economia digitale, ma anche utili a sostenere un rapporto sempre più trasparente tra cittadini e pubbliche amministrazioni. Anche le Nazioni unite hanno evidenziato come la tecnologia, grazie ai dati, sia strumento utilizzato dagli Stati per automatizzare, prevedere, identificare, sorvegliare, colpire e punire, ma sottolineano come si debba invece usarli prioritariamente per sostenere sistemi di protezione e assistenza sociale e assicurare benessere. L’articolo intende fornire una prospettiva su come le grandi organizzazioni intergovernative, in particolare l’Unione europea, possano accelerare un processo di coscientizzazione verso l’uso delle tecnologie emergenti e dei dati a favore dell’affermazione dei diritti fondamentali dell’uomo.
  • Dopo circa due mesi di chiusura delle scuole italiane a causa della pandemia Covid-19, si sta aprendo nel paese una discussione sulle conseguenze di questa situazione. Tra le altre cose, ci si chiede se la remotizzazione della scuola possa avere effetti differenziati a seconda delle famiglie di origine di bambini e ragazzi, in questo modo accrescendo le disuguaglianze scolastiche. L’articolo contribuisce alla discussione mostrando con i dati Pisa 2018 che in Italia 1) esiste un’associazione positiva tra status dei genitori e disponibilità di strumenti digitali da una parte e disponibilità ad attivarsi per aiutare i figli nelle attività scolastiche dall’altra; 2) questa associazione è più forte quando i figli sono più piccoli; 3) la relazione tra disponibilità di risorse digitali, aiuto genitoriale e risultati scolastici è più forte tra le famiglie di status più elevato. Si discutono quindi le possibili implicazioni di questa situazione per le politiche scolastiche durante la pandemia.
  • Attraverso metodologie di ricerca empirica qualitativa, l’articolo descrive una parte della realtà imprenditoriale a trazione migrante nella città di Napoli, riportando il caso di due imprese di origine africana che nascono da una precedente esperienza di impegno sociale dei loro imprenditori. Lo studio intende evidenziare il passaggio dall’attivismo sociale a forme di imprenditoria immigrata giudicate significative per l’impatto che esse generano nelle comunità immigrate e nella società napoletana. I risultati suggeriscono l’esistenza di dinamiche trasformative nel tessuto imprenditoriale straniero a Napoli. Man mano che il processo di integrazione si compie e diviene più profondo, al crescere del capitale sociale che i migranti africani costruiscono a Napoli, essi sembrano affrancarsi da un mercato del lavoro che richiede prevalentemente manodopera a basso costo, spesso sommerso nell’economia informale, per divenire imprenditori di se stessi, attori di sviluppo, protagonisti di una trasformazione personale e sociale al tempo stesso, dimostrando la propria agency e chiedendone il riconoscimento da parte della società e delle istituzioni cittadine.
  • CM 2/3-2020

    12.00 
    Editoriale
    Aldo Tortorella, Il mestiere del virus e quello degli umani
     
    Osservatorio
    Pietro Greco, Cronaca di una epidemia annunciata
    Clara Frontali, Uomini e virus
    Francesco Memo, Covid-19. È il razzismo che ci ha resi ciechi
    Vincenzo Vita, L’insostenibile leggerezza del capitalismo
    Michele Mezza, Calcolanti e calcolati nel conflitto terapeutico
    Alfonso Gianni, La nuova grande recessione 
    Emilio Carnevali, Da Disraeli a Johnson: le origini profonde del consenso conservatore 
     
    Immigrazione in prospettiva
    Alberto Leiss, La memoria come pratica di cura e di conflitto 
    Paola Pierantoni, Forza e fragilità delle reti: un percorso tra metà anni ottanta e il G8 del 2001 
    Eleana Marullo, La dimensione storica dell’immigrazione. Il caso di Genova 
    Andrea Tomaso Torre, A trent’anni dalla legge Martelli 
    Filippo Miraglia, Un modello da cambiare: oltre l’emergenza più diritti agli stranieri   
     
    Laboratorio culturale
    Pietro Ingrao, Cesare Luporini, Due lettere del 1991 
    Sergio Filippo Magni, Luporini e Ingrao. Le lettere del disaccordo
    Giorgio Mele, Luporini e la fine del Pci 
    Giovambattista Vaccaro, Morale e società in Cesare Luporini
    Michele Prospero, Il diritto e i bisogni
    Francesco Garibaldo, Marx, il capitalismo e i compiti politici del presente
    Paolo Desogus, Critica della cultura e processi materiali 
     
    Ripensando il passato
    Giuseppe Greco, Rodari, Gramsci e la lotta per un nuovo senso comune
    Gianni Rodari, L’uomo nella realtà
     
    Schede critiche
    Lelio La Porta, Gramsci e la favola
  • Il saggio analizza il sistema politico italiano ponendo al centro della ricostruzione il rapporto tra partiti e democrazia. Attraverso un lungo excursus viene analizzato il lento e difficile processo di formazione dei partiti politici di massa e della loro affermazione a partire dall’unità d’Italia, seguendone alcuni passaggi chiave: la svolta liberale di Giolitti dell’inizio del Novecento e il confronto con l’ineludibile nodo della questione sociale; l’inedito fenomeno della nazionalizzazione coatta delle masse attuata dal partito politico fascista e da Mussolini a partire dagli anni venti; la nascita dei partiti politici di massa in Italia alla fine della seconda guerra mondiale parallelamente alla formazione della Repubblica democratica parlamentare antifascista. L’autore, a partire da un’analisi delle caratteristiche dei diversi modelli partitici, ne ricostruisce il ruolo svolto nelle diverse stagioni della democrazia repubblicana italiana sino a giungere all’oggi, passando attraverso la crisi degli anni settanta e la successiva crisi della rappresentanza politica negli anni novanta del Novecento in cui si è assistito all’implosione del sistema dei partiti di massa.
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  • Cosa è andato storto? Qual'è stata la causa della peggiore crisi finanziaria dopo la Grande Depressione degli anni trenta? Contrariamente alle diagnosi convenzionali, incentrate sulla crisi dei mutui 'subprime' o della mancanza di regole adeguate per il sistema bancario, l'A. propone un'analisi che pone al centro il tema della diseguaglianza sociale come origine dell'attuale dissesto.
  • Dalla crisi del 2008, scoppiata nel cuore di famose istituzioni finanziarie, le élite economiche sono riemerse ancora più potenti. Ma proprio la crisi ha mostrato i limiti dell’egemonia giacchè il comando comporta responsabilità di governo. Ed è in un siffatto compito che le élite economiche si sono mostrate per quello che sono: uomini del business. Durante la crisi essi hanno mostrato un tale disinteresse per lo stato della società e le difficoltà della politica che mette in discussione la convenienza della loro egemonia.