• Il ruolo sociale della scuola e degli insegnanti è oggi del tutto marginale: gli insegnanti stessi subiscono passivamente le riforme definite dalla politica che mal sopportano, più per ideologia che per convinzione. Questa emarginazione è il risultato di cambiamenti sociali che non sono stati compresi dall’attuale classe politica, che ha sempre considerato la scuola un centro di potere e di conquista senza preoccuparsi di fare una seria discussione sul concetto di scuola e sul profilo professionale dei docenti. L’enorme confusione politica e organizzativa intorno alla scuola ha creato un senso di alienazione, che ha professionalmente indebolito la categoria docente privandola della sua identità, e salti innovativi. Valutazione e promozione del personale docente sono una emergenza sociale che non può essere messa in ombra, perché da essa dipende il destino culturale del nostro paese.
  • I mutamenti della contrattazione collettiva dopo le più recenti vicende che hanno attraversato i nostri assetti delle relazioni industriali. Le difficoltà ma anche le innovazioni. Il welfare contrattuale. Gli accordi transnazionali di gruppo. I difficili rapporti fra i sindacati confederali. Verso nuove prospettive della tutela dei lavoratori nell'era della globalizzazione.
  • L’articolo ricostruisce i fatti più rilevanti della riforma della legislazione del lavoro, a partire dai primi anni ‘90, evidenziando rotture e continuità nell’approccio di policy-making e offrendo anche una valutazione dei suoi effetti. Quello che prevale nel governo Monti – è la tesi degli autori – è un approccio attento quasi esclusivamente a dare mano libera alle prerogative managerial-imprenditoriali e poco o per niente attento al coinvolgimento/consenso dei lavoratori.
  • Dopo sette anni dall’esplosione della crisi, le cause che l’hanno originata non sono state ancora risolte e, per molti versi, neanche affrontate. Non si intravede alcun cambiamento nel modello di sviluppo nel breve periodo, benché nel dibattito accademico e istituzionale si affaccino nuove tesi e suggestioni, come il rischio di una «crisi infinita» o la previsione di una «stagnazione secolare». L’epicentro della crisi si è spostato in Europa e le ondate recessive e deflative si sono moltiplicate proprio a causa dell’euroausterità, come ha mostrato drammaticamente la vicenda greca. Il nostro paese ha registrato la maggiore intensità depressiva tra tutte le economie industrializzate, anche per effetto delle debolezze strutturali che già ne avevano caratterizzato il declino e che vanno affrontate dal lato della domanda come dal lato dell’offerta, nel breve come nel lungo periodo, per il lavoro e i salari, gli investimenti e l’innovazione, il welfare e i beni comuni, il benessere e la sostenibilità, la democrazia e il futuro. Per questo, in continuum con il Libro bianco per il Piano del Lavoro 2013 (Tra crisi e «grande trasformazione»), è necessario approfondire l’analisi e l’elaborazione con l’intento di riabilitare la parola «riformismo», il cui oggetto originario è sempre stato il cambiamento del capitalismo. In questo libro rosso si intraprende specificamente la via di una possibile riforma del capitalismo, anche finanziario, la cui anima è contesa nella strong battle fra pubblico e privato; ma si ragiona anche di questioni più propriamente ascrivibili alla democrazia economica e alla democrazia industriale, alle relazioni sociali e alle relazioni industriali, finanche alla governance e alla gestione delle imprese, nella ricerca di un nuovo modello di sviluppo. Saggi, tra gli altri, di: Silvano Andriani, Cristiano Antonelli, Danilo Barbi, Franco Bassanini, Riccardo Bellofiore, Mimmo Carrieri, Paolo De Ioanna, Maurizio Franzini, Francesco Garibaldo, Paolo Leon, Mariana Mazzuccato, Giacinto Militello, Marcello Minenna, Stefano Petrucciani, Michele Raitano, Edoardo Reviglio, Lorenzo Sacconi, Vincenzo Visco
  • La discussione sul Jobs act è stata sin dall’inizio viziata da una rappresentazione del mercato del lavoro stereotipata e superficiale. Una più attenta analisi teorica ed empirica delle dinamiche occupazionali mostra invece come l’aumento della flessibilità in uscita non avrà probabilmente alcun effetto apprezzabile sul livello di occupazione. Al contrario, in assenza di altre riforme sul sistema finanziario e produttivo, la facilitazione dei licenziamenti rischia di incentivare ulteriormente i settori a basso valore aggiunto e a scarso contenuto innovativo.
  • I due libri vengono discussi a partire dalla cruciale questione della «riformabilità» o «irriformabilità» del capitalismo e della validità o meno dell’approccio ricostruttivo della «variety of capitalism», con la connessa possibilità o impossibilità di riferirsi a una pluralità di «tipi di capitalismo». Streeck pensa che sia in atto un processo travolgente e inarrestabile di «convergenza» delle economie di tutto il mondo – ma in particolare di quelle sviluppate – verso un modello unico, quello neoliberistico anglosassone, il che toglie validità all’approccio della «variety of capitalism» e, soprattutto, rende difficile al limite dell’impossibile ogni opzione di riformabilità del capitalismo. Crouch, invece, crede nella riformabilità del capitalismo e nella persistente pluralità dei «tipi di capitalismo», tanto più complessa se si considera l’articolazione che tale varietà assume nei paesi al di fuori dell’area occidentale dove si affermano anche inquietanti forme di modernità illiberale e una molteplicità di nazionalismi (quello russo, quello cinese, quello indiano, quello brasiliano, quello arabo). Su questa base rilancia alla grande l’obiettivo ambizioso della «riforma del capitalismo», con accenti che richiamano il Keynes che negli anni trenta individua al centro del nuovo liberalismo, con cui sostituire il vecchio, le azioni umane non determinate dal profitto e dunque il lavoro fonte di un nuovo umanesimo.
  • Il contributo analizza lo stato delle politiche di tutela della non autosufficienza (Ltc) in Italia, focalizzando l’attenzione sulla principale misura di sostegno ai bisogni di cura delle persone non autosufficienti: l’indennità di accompagnamento (IdA). Pur configurandosi come misura universalistica, l’IdA presenta diversi elementi di criticità, che investono la dimensione dei diritti sociali per come si sono sviluppati nel caso italiano. Nelle conclusioni, vengono individuati quattro punti centrali per una riforma dell’IdA che tenda ad un maggiore allineamento di questa misura ai principali schemi europei di Ltc.
  • Il modello dello «shareholder value», che ha egemonizzato il trentennio neoliberale nei paesi anglosassoni, ha fallito essendo responsabile della crisi iniziata nel 2007-2008, a causa degli effetti sulle diseguaglianze e le ipotesi errate circa la razionalità dei mercati finanziari e gli schemi di incentivazione dei manager. Il modello dell’impresa socialmente responsabile, basato sulla governance multi-stakeholder e democratica, generalizza idee tratte dal modello di «gerarchia di mediazione imparziale», dalla co-determinazione tedesca, e dalle esperienze di Rsi. Secondo questo modello, chi governa l’impresa ha doveri fiduciari estesi verso tutti gli stakeholder, e la clausola fondamentale è consentire l’equa partecipazione al surplus da parte degli stakeholder essenziali, minimizzando gli effetti esterni negativi sugli altri. La sua superiore efficienza è qui dimostrata in termini di economia dei costi di transazione (e quindi produttività) in presenza di investimenti specifici molteplici, risorse cognitive complementari e rischio di abuso d’autorità. Se non si integra la corporate governance multi-stakeholder nel contratto sociale per la giustizia distributiva, sarà sempre impossibile evitare il «paradosso della tela di Penelope» secondo cui la tela dall’equità, tessuta dal welfare state, viene sempre disfatta dall’abuso di autorità nell’impresa.