• Nel suo ultimo libro Laura Pennacchi tira le fila del suo impegno intellettuale e politico di una vita. L’autrice insiste nella sua critica di lunga lena all’ideologia dell’homo oeconomicus e della razionalità strumentale: l’uno e l’altro precludono una discussione sui fini e sui valori. L’approccio di Pennacchi favorisce un umanesimo rinnovato e un’etica trascendentale, entrambi messi in relazione con un femminismo che si prende cura del mondo e con un marxismo dell’alienazione. Ci pare di dover sollevare delle obiezioni a questa visione, e però al tempo stesso non possiamo non rinvenire un filo alternativo di discorso nel volume, nascosto nel rimando ad Adorno e al Marcuse dell’Uomo a una dimensione, come anche al femminismo di Joan Tronto e alla psicoanalisi. Questa seconda è una prospettiva dove però la critica al capitalismo non può fare a meno del Marx di Das Kapital, delle contraddizioni immanenti, e di una definizione non «umanista» degli esseri umani come individui-in-relazione, qui e ora, lontano da ogni trascendenza. Questa prospettiva consente di porre in termini nuovi la questione di come e perché rompere con la logica del capitale.
  • Oggetto del presente volume, in lingua italiana e inglese, è il lavoro gravemente sfruttato e altre attività svolte in condizione forzosa e coatta che coinvolgono cittadini delle comunità nigeriane residenti in Italia. Il volume non prende in considerazione lo sfruttamento sessuale, poiché su tale fenomeno sono state realizzate molte più indagini e il quadro generale è più conosciuto. Il punto di vista prescelto per l’analisi ha tenuto in considerazione tre aspetti principali. Il primo riguarda le differenze intercorrenti tra l’Italia e la Nigeria in generale e le forme che in entrambi i paesi assume il fenomeno del grave sfruttamento lavorativo in ragione del fatto che sono diverse le normative che regolano il lavoro nell’uno e nell’altro paese, come sono diverse le procedure di tutela e di previdenza sociale, nonché gli istituti ispettivi competenti per il monitoraggio delle condizioni di lavoro e le modalità di compensazione quando vengono violati i diritti delle persone nella loro qualità di lavoratori. Il secondo riguarda la diversa ampiezza della domanda e dell’offerta di lavoro sommerso in Italia e in Nigeria, dove l’economia sommersa ha un peso stimato dell’80%. Cosicché quando i lavoratori nigeriani arrivano in Italia e si collocano – o vengono collocati – nelle fasce produttive che configurano l’economia sommersa (anche nelle forme più precarie e indecenti), non fanno che passare da un lavoro informale all’altro, non comprendendo, generalmente, almeno nelle fasi iniziali, le eventuali differenze e dunque le possibilità di considerarsi come titolari di diritti. Il terzo aspetto, infine, riguarda la capacità di intercettare, nell’uno e nell’altro paese, il segmento di lavoro para-schiavistico e gravemente sfruttato all’interno del più generale lavoro sommerso. A questo riguardo, accanto a una base normativa comune che consente di considerare le nuove schiavitù come un «crimine contro l’umanità», permangono difficoltà concrete nel definire, all’interno dei diversi paesi (per la specifica storia e cultura, in modo peculiare nelle relazioni umane e nei rapporti di lavoro), la condizione schiavistica e dunque i rapporti di dipendenza. In altre parole non sempre ciò che appare un rapporto schiavistico nel «modello occidentale» è considerato tale nella prospettiva africana, nonostante gli sforzi armonizzanti che le organizzazioni internazionali perseguono ormai da decenni.
  • Analizzando il principale centro logistico italiano di Amazon attraverso l’etnografia e l’osservazione partecipante, l’articolo porta al centro del dibattito sulle piattaforme il tema dell’organizzazione scientifica del lavoro e del taylorismo e ne mette alla prova la pertinenza e l’attualità. Nella prima parte viene presentato il funzionamento interno del centro di distribuzione, in particolare per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro, la gestione della manodopera e il rapporto fra forza a lavoro e management. Nella seconda parte questi aspetti vengono osservati nella loro evoluzione , in cui si susseguono due fasi di sviluppo dell’organizzazione e delle relazioni lavoratori-management: la prima, «neo-familistica» e consensuale, nella quale l’impresa riesce a integrare la forza-lavoro nel processo produttivo; la seconda, «burocratico-disciplinare» nel quale la crescente taylorizzazione, insieme ad altri fattori, mette in crisi l’integrazione della forza-lavoro. Dalla ricostruzione emerge la pertinenza del concetto di taylorismo così come teorizzato da vari autori (fra cui Braverman, Burawoy, Edwards), ma a condizione di prenderne in considerazione i limiti e gli aggiustamenti.
  • Spine rosse

    16.00 
    Il primo congresso nazionale della Cgil con due documenti contrapposti - uno della maggioranza e uno di minoranza - è stato quello del 1991. Nel corso degli anni novanta la scena si è ripetuta più volte, fino al congresso del 2002 partito con due documenti e chiuso con documento unitario. Con il XV Congresso del 2006 maggioranza e minoranza hanno stabilito un nuovo patto, ma nella Cgil le tensioni politiche tra l’area maggioritaria e le aree di minoranza sono ancora forti. Come si può definire oggi una minoranza di sinistra in un sindacato come la Cgil? Quali sono state le battaglie di opposizione nel più grande sindacato confederale italiano da parte della minoranza «programmatica» che ha preso il posto della Terza componente? E quali sono le regole valide (e praticate) della democrazia interna? Questo libro vuole essere un tentativo di fornire alcune risposte a questi interrogativi, attraverso la ricostruzione dell’esperienza della minoranza di «Democrazia consiliare» (oggi «Lavoro società - Cambiare rotta») e delle sue alleanze tattiche con altre sinistre interne, come quella che fu guidata da Fausto Bertinotti. Il racconto di quasi trent’anni di storia della minoranza della Cgil attraverso le testimonianze dei protagonisti, i documenti e le ricostruzioni giornalistiche: dalla «svolta» dell’Eur del 1978, passando per la crisi dei partiti storici della sinistra, la sconfitta alla Fiat, la fine delle componenti, il crollo del Muro di Berlino, la morte di Berlinguer, la «scesa in campo» di Berlusconi, la scomposizione del mondo del lavoro e infine i governi del centrosinistra.
  • L'evoluzione del modello italiano della rappresentanza sindacale in azienda, letto a partire da alcune vicende oggi divenute particolarmente significative. Ad esempio il referendum del '95 sull'art. 19 dello Statuto. La riforma nel pubblico impiego e il progetto Gasperoni. Quali efficienza del sistema e quali prospettive?
  • Squilibrio

    16.00 
    Le ragioni dello squilibrio sono essenzialmente nell’incapacità delle imprese e delle famiglie di conoscere gli effetti macroeconomici delle loro azioni. Naturalmente, sono le decisioni di impresa che muovono l’economia, ma non è chiaro come tali decisioni siano prese, e quanto influenzino e siano influenzate dall’andamento dell’economia nel suo complesso. Così, se è indubbio che l’economia è trainata dalle decisioni imprenditoriali, tuttavia sono gli effetti non conosciuti di queste decisioni che alterano continuamente la struttura. Una delle ragioni dell’intervento pubblico sta proprio nell’ignoranza dei decisori. Molto rilievo, in questo libro, è dato al progresso tecnico, specialmente nella sua forma di nuove tecniche «superiori» – ovvero quelle che costano di meno e producono di più rispetto a quelle esistenti, quali che siano i rapporti tra i prezzi dei fattori della produzione [...]. Un avanzamento introdotto nel libro è nella qualificazione del progresso tecnico come elemento della domanda effettiva, proprio per gli effetti macroeconomici dell’applicazione delle nuove tecniche. Nello squilibrio, tuttavia, gli imprenditori non sanno se le tecniche scelte siano effettivamente superiori per l’economia nel suo complesso, e così si possono facilmente presentare grandi fallimenti, distorsioni nei prezzi e nei costi, sprechi generalizzati, situazioni che giustificano l’intervento pubblico. Gli autori guardano al progresso tecnico anche per illustrare la poca fondatezza delle politiche europee, che apparentemente incoraggiano l’innovazione, ma chiudono nella prigione del «consolidamento fiscale» l’unico soggetto, lo Stato, capace di mettere in moto l’innovazione. Dalla prefazione di Paolo Leon N.B. nella sezione "sfoglia il libro" potrai scaricare l'errata corrige.
  • La maggior parte delle violenze sulle donne avviene nell’ambito della famiglia. E le leggi dello Stato italiano proteggono le donne dai maltrattamenti, dagli stupri, dalla violenza psicologica ed economica. Ma come agisce chi le deve concretamente applicare? Attraverso le testimonianze delle operatrici di case per le donne maltrattate di tutta Italia e delle stesse donne che vi fanno ricorso, questo libro racconta che cosa succede quando una donna decide di tirarsi fuori da una situazione di maltrattamenti da parte del partner. I poliziotti e i carabinieri, i giudici dei vari tribunali, gli assistenti sociali sono le figure chiave che possono – e per mandato istituzionale devono – aiutare le donne maltrattate in questo difficile passaggio. Ma le voci delle intervistate tracciano un quadro preoccupante di carenze degli interventi istituzionali. Per mezzo dei vivaci racconti di chi vive o ha vissuto la violenza nella sua vita quotidiana, tutti i problemi sono messi in luce, accanto a molti esempi di interventi positivi: se ne traggono suggerimenti pratici per tutti coloro che se ne devono e vogliono occupare. Le intervistate compongono un cahier des dolehances che chiede ascolto presso l’opinione pubblica e presso i politici, perché controllino che le leggi vengano effettivamente applicate, modificando la cultura che giustifica le violenze contro le donne perpetuando il diritto assoluto del pater familias tra le mura domestiche.