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Un sistema sovranazionale che nazionalizza il conflitto sociale. Le ragioni della difficoltà dei sindacati europei a politicizzare la governance economica europea
Fino a pochissimo tempo fa, la leadership imprenditoriale e politica europea non reputava necessario introdurre qualsivoglia forma di coordinamento delle relazioni industriali a li- vello Ue. Tuttavia, nel novembre 2011 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato un nuovo sistema di governance economica europea che rende le politiche sul lavoro degli Stati membri passibili di procedure multilaterali di sorveglianza. Il saggio esamina questa «rivoluzione silenziosa» dall’alto e valuta in che modo il mondo del lavoro organizzato ha risposto a questa sfida. Il testo spiega come il nuovo sistema di governance non segua il clas- sico modello di Stato federale, ma riproduca piuttosto le strutture di governance delle im- prese multinazionali, che controllano le loro filiali locali mettendole l’una contro l’altra e o- perando raffronti coercitivi. La difficoltà dei sindacati e dei movimenti sociali europei a po- liticizzare la governance economica europea trova allora migliore spiegazione nella capacità del nuovo sistema sovranazionale Ue di nazionalizzare i conflitti sociali.
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Un tassello mancante o una nuova forma di puzzle?
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Un territorio e la grande storia del ‘900. 100 anni della Camera del lavoro di Reggio Emilia – Vol. II
25.00
€
Lavoro e conflitto sociale sono stati i terreni su cui, a partire dalla propria condizione, le lavoratrici e i lavoratori hanno costruito percorsi di affermazione di diritti e poteri degli uomini e delle donne all’interno del lavoro e fuori di esso, e hanno messo in campo un punto di vista autonomo sulla società fondato sulla solidarietà e l’uguaglianza. Questo è stato, a fronte della crisi del liberalismo ottocentesco, il passaggio decisivo, su cui si è venuto storicamente misurando il tema della democrazia di massa e dei diritti in una società di diseguali. La nascita, l’affermazione e il ruolo del sindacato costituiscono parte fondamentale di questo percorso storico. Il territorio di Reggio Emilia, attraverso i suoi lavoratori e lavoratrici, mediante l’azione del movimento sindacale, ha preso parte a questa storia con particolare rilievo e continuità (dalle origini alle lotte del primo dopoguerra, dalla Resistenza al secondo dopoguerra, dal 7 luglio 1960 alla fase di lotte tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70). Rivisitarne gli svolgimenti con particolare attenzione al lavoro, alle lotte sociali e al ruolo del sindacato vuole essere un contributo ad una rilettura storica più generale, che sappia favorire la riflessione sul presente e sul futuro. Sono oggi infatti in atto processi e orientamenti che, nel tentare di ridurre il lavoro a pura merce e nel negargli quindi valore autonomo quale base di un’identità collettiva e solidale, mettono in discussione il fondamento decisivo degli stessi processi democratici. Contributi di: Baldissara, Bergamaschi, Canovi, De Bernardi, Pepe.
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Un territorio e la grande storia del ‘900. 100 anni della Camera del lavoro di Reggio Emilia. – Vol. I
20.00
€
Lavoro e conflitto sociale sono stati i terreni su cui, a partire dalla propria condizione, le lavoratrici e i lavoratori hanno costruito percorsi di affermazione di diritti e poteri degli uomini e delle donne all’interno del lavoro e fuori di esso, e hanno messo in campo un punto di vista autonomo sulla società fondato sulla solidarietà e l’uguaglianza. Questo è stato, a fronte della crisi del liberalismo ottocentesco, il passaggio decisivo, su cui si è venuto storicamente misurando il tema della democrazia di massa e dei diritti in una società di diseguali. La nascita, l’affermazione e il ruolo del sindacato costituiscono parte fondamentale di questo percorso storico. Il territorio di Reggio Emilia, attraverso i suoi lavoratori e lavoratrici, mediante l’azione del movimento sindacale, ha preso parte a questa storia con particolare rilievo e continuità (dalle origini alle lotte del primo dopoguerra, dalla Resistenza al secondo dopoguerra, dal 7 luglio 1960 alla fase di lotte tra la fine degli anni sessanta e gli anni settanta). Rivisitarne gli svolgimenti con particolare attenzione al lavoro, alle lotte sociali e al ruolo del sindacato vuole essere un contributo a una rilettura storica più generale, che sappia favorire la riflessione sul presente e sul futuro. Sono oggi infatti in atto processi e orientamenti che, nel tentare di ridurre il lavoro a pura merce e nel negargli quindi valore autonomo quale base di un’identità collettiva e solidale, mettono in discussione il fondamento decisivo degli stessi processi democratici.
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Un treno per Auschwitz
8.00
€
La cultura, la tradizione, l’elaborazione del passato, l’azione nel presente, la prefigurazione del futuro […]. Il volume ragiona su tali aspetti con una precisa delimitazione di campo, quella della relazione tra eventi specifici, che vedono i lavoratori quali soggetto centrale, e il quadro generale in cui tali eventi si collocano. Lo fa proponendo una rigorosa ricostruzione storica del trasferimento coatto e della deportazione degli operai italiani, dando conto del progetto Un treno per Auschwitz, nato a Brescia nel 2004, formulando un’ipotesi educativa che pone al centro il tema dell’uguaglianza. I diritti di cittadinanza, coerentemente con tale tema, sono proposti facendo riferimento ai dettami della Costituzione nata dalla Resistenza e dalla lotta al nazifascismo.
Dalla prefazione di Saul Meghnagi
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Un verdetto della Consulta sulla legalità costituzionale
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Un viaggio dentro le tante facce del precariato
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Un viaggio nel sistema di rappresentanza degli interessi imprenditoriali
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Un virus di classe: anziani, disabili e altri dimenticati
Gli anziani ospiti delle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) sono stati il gruppo popolazionale più colpito dalla pandemia. A tutt’oggi le istituzioni contentive rappresentano la prevalente risposta ai bisogni di popolazioni non autosufficienti o portatori di disabilità mentale e intellettuale. Questa risposta istituzionale rappresenta la prevalente offerta di «long term care» per anziani e disabili nel nostro paese. Il Coronavirus ha mostrato il fallimento del modello residenziale e ha messo in discussione il modello ospedaliero e quello esclusivamente biomedico: abbiamo bisogno di innovazione ossia di un insieme di interventi che avvengono nei centri di salute territoriali o anche al domicilio del paziente. Il virus non è democratico e colpisce chi sta peggio ma non è il virus che deve diventare più democratico bensì le risposte dei sistemi sanitari e di welfare che devono ristabilire la democrazia.
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Un welfare italiano che non discrimini per orientamento sessuale e identità di genere
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Un welfare italiano che non discrimini per orientamento sessuale e identità di genere
Nel nostro paese l'arretratezza, i vuoti normativi, il pregiudizio e le ingerenze delle gerarchie cattoliche pongono una istanza particolarmente urgente per le persone con orientamento sessuale e identità di genere non conforme, istanza che, se trovasse buone risposte, porterebbe a un miglioramento generale nella qualità di vita per tutti. Anche se genera una grave disparità di trattamento, non prevedendo l'accesso al matrimonio per le coppie di persone dello stesso sesso, la legge sulle unioni civili, approvata in Italia nel maggio del 2016, ha rappresentato un passo decisivo verso la parità di accesso ai provvedimenti di un sistema di welfare «universale». Continuano tuttavia a mancare una parificazione dei diritti nella genitorialità e nella filiazione per le famiglie omogenitoriali, una legge avanzata che regoli le varie fasi del transessualismo, e poi servizi, consultori familiari, assistenza sociale in cui operi personale competente, professionale e informato, pronto a comprendere emergenze sanitarie e sociali e di solitudine anche per gay, lesbiche, intersex e trans.
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Un welfare per la piena occupazione
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