• Nell’ultimo trentennio un velo di «oscuramento teorico» ha gravato sulle problematiche del lavoro, che ha portato in buona misura ad una lunga fase di «invisibilità» politica. L’articolo ne ripercorre le cause ed evidenzia come si sia oggi di fronte ad uno stridente contrasto tra il peso dell’«oscuramento teorico» e l’acutezza dello stravolgimento della vita economica e sociale provocato dai profondi cambiamenti degli ultimi anni. Per sciogliere questo paradosso bisogna chiamare a una vera e propria svolta intellettuale in grado di restituirci la carica «umanistica» trasformativa racchiusa nel lavoro, a partire dalla inscrizione delle problematiche relative in un quadro da «grande trasformazione». Pertanto, per il futuro del lavoro si conferma fondamentale l’alleanza tra filosofia e scienze umane e sociali, tra cuil’economia. Ad essere ribadita è la necessità di una rinnovata elaborazione intellettuale e culturale, in cui le innovazioni non riguardano solo il livello dei contenuti specifici, ma investono quello concettuale retrostante
  • Il commento di Giorgio Benvenuto alla luce di un’articolazione dell’azione sindacale che non può essere solo la tutela dell’esistente, ma deve essere capace di immaginare quel che non esiste ancora, ma che esisterà: le riforme.
  • Sulla base di un insoddisfacente sistema italiano tax benefit (contributi sociali, Irpef, addizionali, assegni e bonus) è stata qui proposta una riforma con l’obiettivo di aliquote gradualmente e regolarmente crescenti, un sostegno per i nuclei poveri o con figli, un’azione redistributiva efficace con cuneo fiscale ridotto a bassi redditi. I risultati sembrano mostrare un raggiungimento degli obiettivi, con una riduzione della concentrazione dei redditi, della povertà e del cuneo fiscale, e un incremento del supporto monetario per la cura dei figli.
  • Lo Statuto alla luce dei cambiamenti del lavoro intervenuti nel corso di questi decenni. Attualità e limiti di un modello. L'esigenza di immaginare diritti e tutele che salvaguardino la cittadinanza su presupposti più universalistici e inclusivi, con l'obiettivo di estendere i principi di libertà anche a quanti - nei nuovi scenari del lavoro flessibile - restano oggi esclusi dalle tutele di quella pur formidabile normativa
  • Solo una capacità fiscale centrale può fornire beni pubblici europei e mirare a colmare i ritardi nell’Ia (Intelligenza artificiale) rispetto agli Usa e alla Cina. L’Ia potrebbe aumentare la disuguaglianza di reddito e ricchezza perché è ad alta intensità di capitale e fa risparmiare lavoro. Possiamo rendere l’Ia più inclusiva ex ante. L’Ue sta preparando la prima normativa organica al mondo per gestire le opportunità e le minacce dell’Ia. Questo ambizioso quadro normativo dovrebbe garantire ai lavoratori il diritto alla governance dei dati a livello aziendale per rafforzare il loro coinvolgimento nella progetta-zione e nell’uso di questa tecnologia. Le applicazioni Ia potrebbero essere implementate per ristrutturare i compiti e creare nuove attività dove il lavoro umano può essere reintegrato. Il problema è che il mercato tecnologico è dominato da poche grandi aziende con un modello di business in cui l’eliminazione dell’uomo dai processi produttivi è considerata un imperativo. Queste imprese rappresentano la maggior parte degli investimenti in ricerca sull’Ia nel mondo. Per questi motivi l’Ue deve darsi una specifica politica industriale e creare una propria infrastruttura di ricerca per implementare un modello europeo di sviluppo dell’Ia.
  • Due concetti permettono di inquadrare l’inserimento degli immigrati nella società e nel mercato del lavoro italiano. Il primo, più generale, è quello di «importazione riluttante», che si riferisce al lavoro di Cornelius, Martin, Hollifield (1994). L’altro, più specifico, è quello di «modello mediterraneo» (o sud europeo) del funzionamento della società, dell’economia, e soprattutto della gestione dell’immigrazione (Baldwin-Edwards, Arango, 1999; King, Ribas-Mateos, 2002), di cui l’Italia rappresenta il caso più rilevante. In effetti, i paesi dell’Europa meridionale sono diventati,...
  • Una rapida disamina delle politiche del lavoro e del welfare alla luce delle misure adottate dall'ex Ministro del lavoro (2006-08) e nelle prospettive di riforma che si dibattono a livello istituzionale e e accademico.
  • Il libro contiene gli atti del convegno «I cento anni dell’USI, Unione Sindacale Italiana» che si è tenuto a Parma il 6 dicembre 2012. Il convegno ha ripercorso la storia di una importante Confederazione sindacale che, nata nel 1912, ha scritto pagine di grande interesse per la storia del Paese, in particolar modo in relazione alla prima guerra mondiale e al suo tormentato dopoguerra. È una storia che, sebbene non abbia riscosso il dovuto riconoscimento nella letteratura di genere, è in realtà imprescindibile per chi voglia ritrovare le radici di tante correnti di pensiero che hanno esercitato la loro influenza nell’Italia del Novecento. Il sindacalismo rivoluzionario ha infatti introdotto nelle tradizionali concezioni sindacali e politiche del movimento operaio elaborazioni teoriche fortemente innovative, che ne hanno fatto, grazie anche a figure come Giuseppe Di Vittorio, che fu tra i fondatori dell’USI, uno degli at-tori più rilevanti della complessa dialettica del mondo del lavoro con le istituzioni dell’Italia liberale, capa-ce di interagire con l’intera vicenda politica nazionale tra la crisi del giolittismo e l’affermazione del nazionalismo. Il volume ricostruisce la vicenda dell’Unione Sindacale Italiana attraverso gli interventi di Maurizio Antonioli, Andrea Dilemmi, Giorgio Sacchetti, Jorge Torre Santos, Adolfo Pepe.