• Le politiche a contrasto della violenza maschile contro le donne richiedono un approccio di genere, capace di riconoscere le radici socioculturali del fenomeno e di comprendere le conseguenze che la violenza comporta, per le donne e per la società. Tale approccio richiede strumenti di intervento e contrasto innovativi e multidimensionali. In Italia, queste politiche hanno avuto uno sviluppo relativamente lento e frastagliato, strettamente legato sia all’attivismo di gruppi femministi e di donne cominciato negli anni settanta, sia agli accordi e alle convenzioni a livello internazionale ed europeo. In quest’ottica, l’articolo si propone di indagare l’evoluzione delle politiche antiviolenza in Italia, con un particolare riferimento al «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020». È in questo contesto che si colloca il Progetto ViVa - Monitoraggio, valutazione e analisi degli interventi di prevenzione e contrasto alla violenza contro le donne, condotto dall’Irpps-Cnr in accordo con il Dipartimento per le Pari opportunità, che, adottando un approccio di genere, analizza politiche e misure adottate, attraverso attività di ricerca-azione, nonché di monitoraggio e valutazione.
  • La crisi congiunturale che aveva caratterizzato i primi anni Sessanta si interrompe grazie al mercato internazionale che inizia a trainare le esportazioni. Questo comporta una ripresa delle assunzioni. Il bacino da cui attingere forza lavoro necessaria per aumentare il ciclo produttivo è rappresentato dagli emigrati meridionali. Le condizioni di lavoro dopo dieci anni di vuoto sindacale, in particolare alle linee di montaggio della carrozzeria, della meccanica e alle fonderie, sono drammatiche. I carichi di lavoro, il taglio continuo dei tempi, la parcellizzazione delle mansioni pesano in modo talmente gravoso sugli operai da diventare un fattore determinante rispetto alla crescita politica dell’operaio e alla sua ribellione. Il fordismo entra prepotentemente in fabbrica per rispondere alle esigenze produttive intervenendo con violenza sui ritmi di produzione. La Fiat e molte altre aziende iniziano a spingere al massimo le linee. Alla verniciatura di Mirafiori per rendere più rapido il ciclo, le scocche escono ancora calde dai forni, prima che i getti d’aria riuscissero a raffreddarle, con il risultato che gli operai si ustionano i polpastrelli delle dita e a fine giornata hanno le mani gonfie. Si spinge oltre il livello di saturazione previsto e il sistema non è più sotto controllo. I vertici aziendali non fanno nulla per rallentare. A partire dal ’66 sotto l’apparente silenzio della fabbrica iniziano a moltiplicarsi i focolai di conflittualità, innescati da momenti di disagio molto aspri. Questi momenti di disagio sono provocati in primo luogo dalla forte pressione che i capi reparto esercitano per aumentare continuamente i ritmi di lavoro. La fabbrica inizia così a presentare un volto nuovo, oscuro e ignoto all’esterno delle officine e dei reparti trasformati nel teatro di una guerriglia spicciola, «ove si rinnovava ogni giorno una protesta sorda, ancora costretta a rimanere latente».
  • Il saggio pone l’attenzione al carattere intersezionale della violenza e al tema delle discriminazioni multiple, tessendo un filo di Arianna tra i risultati emersi da una ricerca di campo realizzata nell’ambito di un lavoro di valutazione dei due Piani nazionali contro la violenza sessuale e di genere. La prima parte presenta i risultati di un’indagine sugli interventi nazionali finanziati dal Piano Straordinario 2015-2017 a valere dei fondi stanziati da due Avvisi pubblici. L’indagine si focalizza sulla capacità ed efficacia di presa in carico e di supporto all’empowerment socio-economico delle donne considerate un target maggiormente vulnerabile al rischio di subire diverse forme di violenza ed esposte a discriminazioni multiple: migranti anche di seconda generazione, incluse le donne rifugiate e richiedenti asilo. La seconda parte si propone di comprendere se le criticità rilevate emergono anche dall’analisi del focus group condotto con soggetti del privato sociale impegnati nel contrasto di tutte le forme di violenza. L’obiettivo è di comprendere se tali discriminazioni permangono come fattori che ostacolano l’efficacia degli interventi di policy per prevenire e contrastare la violenza sulle donne più vulnerabili.
  • Vita attiva?

    13.00 18.00 
    La vita si è allungata e con essa anche la vecchiaia è divenuta più estesa e sfaccettata, imponendo alla ricerca sociale, alla politica e al sindacato una ridefinizione del ruolo economico e sociale degli anziani. Anche per questo nell’ultimo quindicennio le pressioni per un allungamento della vita lavorativa si sono imposte nel discorso pubblico, tendendo ad oscurare le numerose ragioni che nel nostro paese si frappongono alla realizzazione di questo obiettivo, non ultimi la persistente marginalizzazione della manodopera adulta e il ricorso delle imprese alle uscite anticipate. Non solo. Nella stessa società i profili della vecchiaia – anagrafico, biologico, sociale, funzionale – tendono a diversificarsi in base alle condizioni di salute, alla regolazione istituzionale del corso di vita, allo status. Per questo le lunghe durate lavorative (ovvie e in qualche misura «irrinunciabili» per le fasce della popolazione più in alto nella scala sociale e professionale) sono divenute argomento ricorrente dei dibattiti sulla riforma del welfare con termini evocativi quali attivazione e occupabilità. Meno incisivi i richiami per un ruolo socialmente utile degli anziani, che comunque rappresentano la componente generazionale più consistente nel volontariato e nelle attività partecipative. Un apporto dato in un contesto regolativo e di offerta pubblica ancora da sviluppare, che ancor oggi in Italia vive largamente di una capacità organizzativa scarsamente incentivata. Il libro raccoglie e rielabora una fitta serie di risultati di ricerca realizzati dall’Ires grazie alla costante collaborazione con lo Spi e con altri istituti e network di ricerca. Dalle analisi pubblicate emerge preoccupazione per una nuova declinazione del rischio sociale della «seconda metà della carriera», mentre si sottolinea il ruolo di pubblica utilità svolto dagli anziani attraverso le attività volontarie e partecipative.
  • Vite Ballerine

    13.00 
    Nel 2001 compare su «l’Unità» una rubrica settimanale dell’autore, intitolata «Atipiciachi», collegata all’inizio a una mailing list creata dal NIdiL Cgil, il sindacato dei lavoratori atipici. La rubrica si conclude nel 2014 con la chiusura della vecchia «Unità», dopo aver riportato storie, racconti, documentazioni, polemiche, che ritroviamo in questo volume, ordinate in diversi capitoli: «Gli stagisti», «I soci», «Le partite Iva», «Gli informatici», «Gli operai», «I commessi», «I pubblici», «I call center», «Le donne», «I professionisti». E, dopo le storie, ci sono le proposte, le analisi, le conquiste. Leggi, welfare, sindacato. Con bilanci non omogenei tra sindacalisti e studiosi. E le vicende di quelli che nonostante tutto vincono, quelli che con il Jobs Act per il momento ce la fanno e i tanti che perpetuano la loro condizione. Un percorso che testimonia l’impegno particolare della Cgil su questo terreno, senza nascondere assenze e ritardi. Con confronti tra chi voleva battersi per una soluzione globale capace di portare le nuove generazioni nel mondo del lavoro con eguali diritti, e chi per conseguire lo stesso obiettivo proponeva la via della contrattazione inclusiva, riconoscendo le diversità presenti nel mondo dei lavori. Con uno sguardo all’oggi, attraverso primi risultati ottenuti da chi ha provato a cambiare aspetti assai discutibili del Jobs Act. Con un primo bilancio e un piano per il futuro nelle parole di Susanna Camusso e di altri dirigenti sindacali, mentre si delinea la proposta di un nuovo Statuto capace di impedire che nei luoghi di lavoro coesistano diritti diversi, nuove disuguaglianze.
  • Chi costruisce le nostre città? Gli amministratori, i politici, gli immobiliaristi, gli urbanisti? Tutti costoro tracciano piani, elaborano progetti, disegnano e realizzano opere, ma poi sono le persone in carne ed ossa – coloro che la abitano – a produrre l’anima della città; anche di una grande capitale come Roma. C’è una Grande Storia fatta di personaggi e luoghi noti e c’è una piccola storia fatta anch’essa di luoghi e persone che non vengono raccontati dalla narrazione mainstream. La controffensiva liberista produce nelle nostre città desolazione, solitudini, individualismi, competizione, egoismi, insieme a quella che alcuni chiamano «modernizzazione», destinata ad emarginare ancora di più gli abitanti che non riescono a prendere il suo treno in continua e folle corsa verso un futuro oscuro. Quella che una volta era la città moderna, la cui aria «rendeva liberi», oggi è una città desertificata di individui che forse potremmo chiamare sconfitti, ma non perdenti, non rinunciatari, ancora non rassegnati. Queste singole esistenze senza una storia sono anche esempi di una irrinunciabile volontà di sopravvivere, di una eccedenza umana irriducibile alle omologazioni della città mercantile, che promette di crescere e diventare collettiva se si avrà la forza di non lasciarle ancora sole; l’inizio di una nuova e diversa storia delle nostre città. Dieci brevi storie di «pezzi» di periferia romana raccontate da un osservatore che ha rinunciato allo sguardo neutrale di urbanista, intrecciate a dieci racconti di vite marginali, solitudini nella folla anonima e silenziosa della città che un tempo fu eterna e, ora, solo moderna.
  • Un racconto sulla vita, la carriera, gli amori e la passione per il gioco del grande regista Vittorio De Sica, vincitore di tre premi Oscar, uno degli autori e attori italiani più conosciuti nel mondo, un uomo versatile, spiritoso, di straordinario carisma e capacità di seduzione. Il libro ricostruisce, con il respiro del romanzo, denso di inediti e di notizie, la storia di De Sica. Ripropone i personaggi interpretati, le numerose e divertenti caratterizzazioni; il periodo dei cosiddetti film dei «telefoni bianchi»; la bella e poetica avventura del «neorealismo» cominciata con «I bambini ci guardano» e proseguita con «Sciuscià», «Ladri di biciclette», «Umberto D.»; le pellicole di successo mondiale come «La ciociara», «Ieri, oggi, domani», «Matrimonio all’italiana». Infine, la vita privata: le due mogli, i tre figli, le strane soluzioni adottate dal regista per non scontentare nessuno in famiglia; e le amanti, nonché la roulette che continuò ad attirarlo al tavolo dell’azzardo anche e soprattutto negli ultimi anni di vita, fino a pochi giorni dalla scomparsa, avvenuta nel novembre 1974. Una festosa biografia e, attraverso essa, un ritratto non convenzionale, anzi originale e pungente, del nostro paese.
  • Il volume raccoglie saggi sulla figura di Vittorio Foa di studiosi di diverso orientamento tutti in qualche modo a lui legati: A. Andreoni, I. Ariemma, S. Boffo, L. Ferrajoli, P. Ferraris, A. Foa, A. Ginzburg, E. Giovannini, F. Montevecchi, C. Pavone, E. Pugliese, G. Ragozzino, A. Ricciardi, U. Romagnoli, L. Zani. Le riflessioni si incentrano sul ruolo svolto da Foa nel corso del Novecento sul piano politico e sindacale, ma anche sul suo contributo all’analisi della società italiana e sul suo metodo di ricerca basato sull’«impegno a bucare i tabù, a sbloccare le rigidità, a contrastare le analisi fondate su un autoinganno». Gli interventi mostrano come dall’insieme delle sue opere emerga un principio fondativo: il primato della persona e della libertà. Al cuore dell’azione di Vittorio Foa c’è infatti il convincimento che «la politica non è solo comando, è anche resistenza al comando … non è solo governo della gente … è aiutare a governarsi da sé». Il metodo e i contenuti del lavoro di Vittorio Foa politico e studioso ci lasciano un messaggio particolarmente valido per il momento presente, dato che ancora più sentita è la necessità della «mossa del cavallo»: un cambio di scenario da perseguire con tenacia e immaginazione. Nel volume il DVD sulla vita di Foa «Per esempio Vittorio» del regista Pietro Medioli.
  • Vittorio Foa è l’uomo plurale che più di ogni altro ha ispirato i lavori e le iniziative prese dall’Associazione Biondi Bartolini nei suoi dieci anni di vita. È perciò stato naturale cogliere l’occasione del centenario della nascita di Foa per dar vita prima a un importante convegno, tenuto a Firenze nell’ottobre 2010, e poi a questo volume, che ne riprende parzialmente i contenuti, ma arricchendolo di materiale originale, elaborato e raccolto ad hoc per la pubblicazione. La prima parte presenta analisi e riflessioni di vari campi disciplinari –di Chiara Colombini, Andrea Ginzburg, Pietro Marcenaro, Stefano Musso, Emanuele Zinato –su questo grande intellettuale del Novecento, gettando luce su quei territori così diversi ai quali Foa rivolgeva il suo sguardo lungo sul tempo. La seconda parte raccoglie testimonianze e ricordi di tre protagonisti e compagni d’avventura e di vita di Vittorio Foa –Elio Giovannini, Andrea Ranieri e Vittorio Rieser –, raccolti e ordinati dai curatori del volume durante una libera e informale discussione. Ne viene fuori una fresca rappresentazione di Foa nella sua fase sindacale e in quella della sua «splendida vecchiaia», ricca di novità e capace di illuminare aspetti poco noti della sua vita. Chiudono il volume uno scritto di Foa sul Piano del Lavoro, del 1975, e due lettere più recenti, inedite, con brevi ma interessanti commenti alle vicende degli anni Novanta. Nel volume il DVD sulla vita di Foa «Per esempio Vittorio» del regista Pietro Medioli.
  • Il saggio analizza, nella prima parte, una varietà di testi scritti da persone che erano state internate in manicomio e da persone attualmente utenti dei servizi di salute mentale e include, nella seconda parte, due testimonianze critiche di familiari di persone con disturbi mentali. Questi materiali compongono un quadro ricco e variegato degli sguardi della società sulla sofferenza mentale insieme ai mutamenti – di diverso segno nelle relazioni sociali, nell’offerta di servizi, nelle culture degli operatori. Molte di queste voci sono presenti oggi nelle iniziative promosse dalle organizzazioni impegnate nella difesa dei valori della Legge 180.
  • Il saggio analizza, nella prima parte, una varietà di testi scritti da persone che erano state internate in manicomio e da persone attualmente utenti dei servizi di salute mentale e include, nella seconda parte, due testimonianze critiche di familiari di persone con disturbi mentali. Questi materiali compongono un quadro ricco e variegato degli sguardi della società sulla sofferenza mentale insieme ai mutamenti – di diverso segno nelle relazioni sociali, nell’offerta di servizi, nelle culture degli operatori. Molte di queste voci sono presenti oggi nelle iniziative promosse dalle organizzazioni impegnate nella difesa dei valori della Legge 180.