• Un dialogo con Carla Lonzi, da donna a donna, attraverso i suoi testi, i suoi manifesti, le sue riflessioni, che parlano la lingua dell’autenticità e sollecitano chi legge a intraprendere la stessa strada, quella di pensare a partire da sé. Con Carla Lonzi l’autrice mantiene differenze consistenti sul piano esistenziale, culturale, politico. Ma ciò che condividono è il femminismo della differenza, quell’autocoscienza che è cosa ben diversa dall’emancipazione. Il pensiero di Lonzi risulta più che mai attuale in un momento come quello attuale in cui emancipazione e libertà soggettiva spesso finiscono per confondersi. Boccia ce ne ripropone una lettura originale con l’intento di parlare alle nuove generazioni alle prese con l’acquisizione di uno spazio di libertà. Sta a ciascuna donna attribuire un significato al “chi” e non al “cosa” dell’esser donna. Carla Lonzi può insegnare a farlo. «Questo non è un libro su Carla Lonzi. È stato pensato e scritto con Carla Lonzi. È sufficiente sfogliare le pagine,scorrerle velocemente con lo sguardo, per accorgersi di quanto siano presenti le sue parole. Ben più che citazioni, sono la tessitura del mio discorso. In un contesto profondamente mutato Carla Lonzi è tornata. Un ritorno che ha il segno di un ricominciamento, volto a trovare nuove vie, nuove soluzioni, nella consapevolezza di muoversi in una realtà radicalmente modificata. Dove si conferma attuale la ricerca di un proprio senso dell’esistenza. È questo spazio di libertà, aperto negli anni Settanta, che non si è richiuso. È uno spazio politico, non privato, né culturale. Vorrei che questo libro fosse un tramite per il riconoscimento tra pratiche di donne differenti. Io almeno l’ho pensato e scritto così, con lo sguardo rivolto a Lonzi e alle donne che nel presente vivono la sua stessa sfida». dall’introduzione
  • Il lavoro negli anni della crisi è l’ingegnere neolaureato che ringrazia la sua buona stella per essere stato assunto come commesso in un supermercato e che fa il suo vero mestiere quando si rompe l’impianto di aria condizionata del punto vendita. È la ragazza trentenne, con laurea e master, che finisce per lavorare in una catena di abbigliamento come finta imprenditrice di se stessa. Poi ci sono gli operai, quelli come ce li immaginiamo, con la tuta da lavoro e i turni alle catene di montaggio. Più tecnologiche di una volta, ma con tempi di produzione sempre più stretti. Aziende in salute e aziende quasi decotte, fabbriche che viaggiano a pieno regime e fabbriche occupate per impedire il trasloco dei macchinari. Un mondo che è stato un piacere e un onore raccontare attraverso la lente di ingrandimento di chi non è solo lavoratore ma anche delegato sindacale, sempre in produzione. Nel segno di quella antica massima – l’unione fa la forza – che è alla base del movimento operaio fin dalla rivoluzione industriale.
  • La concertazione fra governi e parti sociali ha raggiunto il suo apice in Europa negli anni settanta del secolo scorso. Non a caso il dibattito sul neo-corporativismo, il cui sviluppo viene così magistralmente ricostruito nel saggio di Streeck pubblicato in questo numero, ebbe inizio con un articolo di Schmitter del 1974 e conobbe un vero e proprio boom negli anni successivi. Nel corso degli anni ottanta lo scambio politico e la concertazione entrarono ovunque in una fase di declino, al punto che lo stesso Schmitter (1989), come altri teorici del neo-corporativismo, forse influenzati...
  • Da qualche tempo il tema della concertazione locale ricorre di frequente nel dibattito culturale e politico. Fioriscono gli studi volti a documentarne la diffusione e a tentare di valutarne gli effetti. E si moltiplicano i contributi che più o meno apertamente ne propongono l’estensione e il consolidamento come modo per affrontare e provare a risolvere molti dei problemi che affliggono il nostro e altri paesi europei, cui spesso oggi si allude parlando di «declino». Il tema appare rilevante, dunque, sia come oggetto di approfondimento conoscitivo sia come progetto per un auspicato...
  • L’inverno demografico è un tema ricorrente nel dibattito pubblico italiano, ma poco si pone l’accento sulle sfide quotidiane affrontate dalle madri per tenere insieme il carico di cura non retribuito che pesa sulle donne e la loro occupazione in un mercato del lavoro dove avere figli costituisce un ulteriore svantaggio nel gap di genere. Il contributo evidenzia come nel discutere di natalità occorrerebbe abbandonare retorica e politiche di bonus, per implementare una serie di misure che è possibile ricondurre a due ambiti fondamentali: conciliazione e condivisione. La prima include politiche di welfare per la prima infanzia e politiche lavoristiche, innanzitutto per permettere la permanenza delle madri al lavoro. La seconda promuove la condivisione tramite i congedi, il tempo e la compartecipazione al lavoro di cura. Ad essere rimarcato è ciò che si individua come la vera questione da affrontare: la necessità di rompere una segregazione orizzontale e verticale del mondo del lavoro e che riguarda la questione della cura, oggi classificata come attitudine femminile al massimo da supportare un po’, e che costituisce invece un nodo economico essenziale, un tema di sviluppo oltre che di qualità della vita. Ciò chiama in causa una politica per una genitorialità condivisa e la necessità di rivalorizzare lavori legati alla cura, continuando il cammino di un cambiamento in primis culturale.
  • Studiando lo sviluppo della Resistenza tra le masse operaie in Toscana, soprattutto nel periodo che va dalla primavera del ’43 alla primavera del ’44, l’autrice documenta casi di opposizione civile che si svolgono al di fuori e con caratteristiche peculiari rispetto all’esperienza maturata nelle grandi fabbriche del triangolo industriale in quell’anno così decisivo per le sorti del fascismo e della guerra. Ne scaturisce una storia plurale, storia di gruppi più che di singoli, anche se spiccano alcune vicende singolari per la loro eccezionalità, come quella di tre operai ebrei che, già in piena legislazione razziale, in uno stabilimento livornese organizzarono uno sciopero contro il feroce sfruttamento al quale erano sottoposti. In questa storia ci sono luoghi di lavoro tutti al femminile, lavori scomparsi come quello del minatore, i luoghi classici della conflittualità operaia, come le grandi fabbriche metallurgiche e metalmeccaniche, città importanti e comuni di montagna dell’Appennino. Ma ci sono soprattutto le vicende di uomini e di donne che, in un contesto di guerra e di persecuzione politica feroce, seppero opporsi ai fascisti prima e ai nazifascisti poi, spesso a costo del licenziamento, dell’arresto, della deportazione.
  • La Fisac Cgil di Imperia si è posta l'obiettivo, ambizioso per un piccolo comprensorio, di indagare le condizioni di lavoro e gli orientamenti dei lavoratori in relazione ai cambiamenti avvenuti nel settore bancario negli ultimi anni. -Con lo strumento del questionario e le interviste a testimoni privilegiati si è provveduto a monitorare il "vissuto" di uomini e donne impegnati in contesti organizzativi ed economici in forte trasformazione, evidenziando gli elementi di disagio e alienazione, ma anche la loro progettualità, il loro rapporto con il sindacato, la proiezione del loro presente nel futuro, il rapporto tra etica e economia. -Questo lavoro può essere considerato l'avvio di un processo di ricerca finalizzato a fornire utili spunti di riflessione e materiale di discussione per accrescere l'incisività e la rappresentatività del sindacato.
  • Il lavoro di ricerca che qui proponiamo rappresenta una sintesi dell’indagine sulle condizioni di lavoro sviluppata sul territorio piemontese che ha coinvolto quasi 1.000 lavoratori, distribuiti tra vari settori e aree geografiche. Questa prima elaborazione ha lo scopo di fornire un quadro delle trasformazioni avvenute nel lavoro e nella sua organizzazione, intersecando aspetti descrittivi con la percezione che i lavoratori hanno di tali cambiamenti in rapporto alle modalità con cui si sviluppa la prestazione, al rapporto con il sindacato, al ruolo della contrattazione,...
  • L’articolo illustra i principali cambiamenti, avvenuti nel corso degli ultimi venti anni, nella condizione degli anziani in Italia. Le dimensioni interessate sono sia di tipo quantitativo sia di carattere qualitativo, includendo i vari ambiti della vita quotidiana. Tassi di natalità costantemente bassi e l’aumento della speranza di vita hanno modificato progressivamente la piramide delle età della popolazione del nostro Paese. Questo processo si accompagna a cambiamenti strutturali importanti che tendono a spostare in avanti la fase a cui si abbina un aumento dei rischi di salute e, più in generale, di fragilità sociale. Ripercorrere la modulazione tra le diverse fasi del ciclo di vita con l’individuazione dei momenti di transizione e dei bisogni ad esso associati è importante per ridefinire obiettivi e riformare le politiche di assistenza. L’analisi qui presentata focalizza su alcune delle variabili che guidano questo percorso: il livello di istruzione – dal quale dipendono stili di vita, salute, rischi di esclusione – e le caratteristiche del modello di welfare e di relazioni sociali che si riflettono in modo diretto sul benessere economico e psico-fisico degli individui e su aspetti ad esso correlati come il livello di autosufficienza e la solitudine.
  • Dalla fine degli anni Novanta, i progetti di riforma delle pensioni e delle leggi sul lavoro hanno provocato diversi movimenti sociali con la mobilitazione dei lavoratori sotto forma di manifestazioni, occasionalmente accompagnate da scioperi mirati. Gli scioperi erano concentrati nei settori della pubblica amministrazione e dei trasporti pubblici, ma non si estendevano a tutte le aziende del settore privato. I movimenti hanno talvolta assunto proporzioni considerevoli, ma raramente sono riusciti a fermare i piani dei governi. Possono, tuttavia, avere un impatto politico a lungo termine, segnando un cambiamento nel rapporto di forze.