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RGL N. 2/2021 – Osservatori
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Giurisprudenza
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Dottrina
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Dal bisogno al debito. Il microcredito tra esclusione sociale e inclusione finanziaria
La microfinanza ha acquisito una crescente rilevanza nel campo delle politiche di welfare a partire dall’assunto che esclusione finanziaria ed esclusione sociale si rinforzino reciprocamente. L’articolo riflette su questo nesso attraverso un’analisi dei processi di inclusione-esclusione nel microcredito sociale. La ricerca, basata su uno studio di caso e interviste semi-strutturate condotte con diversi attori di policy, conferma il ruolo delle logiche paternalistiche del microcredito nella separazione tra meritevoli e non meritevoli. Tuttavia, i risultati evidenziano la rilevanza ancora maggiore dei limiti strutturali all’inclusione finanziaria. Da un lato, l’impossibilità di superare tali limiti è insita nello stesso microcredito che, in quanto strumento finanziario, può riprodursi solo a specifiche condizioni. Dall’altro, è soggetta all’agency degli attori che, coerentemente con i loro obiettivi, agiscono per limitare il rischio che il microcredito possa innescare ulteriori processi di esclusione finanziaria e sociale. Lo studio contribuisce così a fare luce sulla necessità di problematizzare la capacità degli strumenti della microfinanza, e di quelli finanziari in generale, di colmare i deficit del welfare e contrastare la povertà e la vulnerabilità sociale.
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Tra salute e sicurezza. Cosa resta del carcere dopo la pandemia? Analisi comparata delle politiche penitenziarie nel Global North
La pandemia nel sistema penitenziario è stata solo in parte (e forse in minima parte) una questione di salute. Nel discorso pubblico e negli «atti» del decisore politico essa è stata trattata anche e soprattutto come una questione di sicurezza e ordine pubblico, ribadendo, di fatto, la subalternità del diritto alla salute rispetto alle istanze securitarie. La pandemia non ha prodotto nessun cambio di paradigma, ma significativi cambiamenti sul piano micro che possono durare anche nel lungo periodo.
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Covid-19 e carcere. Senso, opportunità e opportunismi di una pandemia all’interno e intorno al sistema penitenziario
Il diffondersi della pandemia virale nella società libera e negli istituti penali italiani ha colto di sorpresa tutti. La politica nazionale ha ritenuto di limitare i propri provvedimenti rispetto alla richiesta, da più parti avanzata, di procedere a interventi deflattivi massicci per migliorare la possibilità di gestire in sicurezza delle persone detenute. Il virus è parso in alcune circostanze assumere le dimensioni di leva argomentativa per sostenere approcci diametralmente opposti. Altri interventi normativi non sono intercorsi e la gestione penitenziaria ha visto riscoprire il potenziale innovativo dell’ordinamento penitenziario. Questo è stato possibile per il cambio di atteggiamento della magistratura e delle direzioni degli istituti penitenziari. Ora si tratta di capire se questo nuovo approccio, determinato dalla contingenza pandemica, non subirà un processo di affievolimento una volta che quest’ultima sarà terminata.
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Il nodo dei rapporti Stato-regioni: da problema a opportunità per l’attuazione della leale collaborazione
I rapporti tra Stato e regioni, da sempre al centro di un vivace dibattito, nel corso dell’emergenza pandemica hanno fatto emergere una serie di difficoltà. Il problema non sembra essere rappresentato dall’assetto costituzionale delle competenze, ma piuttosto dalle modalità con cui le competenze sono state sinora esercitate. Il contributo contiene alcune riflessioni su come l’attuale scenario potrebbe costituire una occasione per affrontare le riforme necessarie a rafforzare il principio della leale collaborazione, verticale e orizzontale, tra i livelli territoriali di cui si compone il nostro sistema.
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Il Titolo V tra criticità da mancata attuazione e pandemia
L’articolo, partendo da un aggiornamento sullo stato di avanzamento dell’iter di attuazione dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione, per il riconoscimento di maggiore autonomia alle regioni che lo richiedono, analizza gli elementi di criticità dei rapporti tra Stato e regioni, in particolare, prima e durante la pandemia, delineando gli obiettivi da realizzare affinché siano superati. Si pongono in evidenza gli elementi problematici emersi nell’emergenza Covid-19 in merito all’uniforme riconoscimento dei diritti civili e sociali fondamentali, alle disuguaglianze esistenti e ai conflitti di competenza tra Stato e regioni.
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Invecchiare in Italia ai tempi della pandemia. L’occasione di un cambiamento
Benché la dinamica demografica sia una delle grandi sfide globali del futuro, il nostro Paese, fino ad oggi, ha deciso di non affrontare questo tema sul piano delle decisioni politiche. La pandemia ha mostrato come le risposte offerte dall’Italia ai bisogni di cura dei suoi cittadini più fragili, gli anziani non autosufficienti, siano nel migliore dei casi inadeguate e costose, e, nel peggiore, colpevoli di un vero e proprio abbandono, costringendo finalmente a riflettere criticamente su un modello che mostra tutta la sua inadeguatezza. Non sarà certo, tuttavia, una trasformazione e un adeguamento marginale dei servizi di cura e assistenza a fornire risposte a bisogni di evoluzione e aderenti alle trasformazioni demografiche in atto, perché è non solo auspicabile ma necessario un vero, nuovo modello di welfare. Occorre una narrazione diversa, una «utopia ragionevole», che accolga una diversa concezione dell’invecchiamento e agisca quale potente fattore di mutamento di un Servizio sanitario confezionato su vecchi bisogni, lontani da quelli di una società in profonda trasformazione, che suggerisce di investire su altri e nuovi modelli di salute.
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Un giovane sguardo sulla vecchiaia. Nuove proposte per un sostantivo povero, precario e femminile
Nell’ultimo secolo, la vecchiaia è stata fatta coincidere con la fine del lavoro ovvero con l’inizio della pensione: è vecchio chi smette di essere un elemento produttivo all’interno della società. La vecchiaia è una questione di classe, più di quanto si pensi. Ma il nesso tra vecchiaia e improduttività è molto antico: nel 1400 nascono i primi ospedali per poveri in cui venivano rinchiuse le persone ai margini della società, coloro che non producevano valore: anziani, matti, criminali, malati. È da questi luoghi che nascono, successivamente, le residenze per anziani – istituzioni totali che, nell’ultimo anno, hanno dimostrato il loro essere luoghi di morte e non di cura. In un mondo sempre più povero e precario ha ancora senso legare la vecchiaia alla fine del lavoro? Finiamo per non smettere mai di lavorare e di non avere tempo, per esempio, come ci insegna lo scrittore Italo Svevo, per scrivere. Vedendo che la maggior parte della popolazione anziana è composta da donne, si approfondisce infine il concetto di vecchiaia al femminile e il concetto di lavoro di cura e di assistenza verso le persone anziane, sempre declinato al femminile.
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Voci dentro e fuori le strutture residenziali
Le strutture residenziali per anziani sono un esempio di risposta istituzionalizzata a un bisogno articolato, complesso e determinato da molte componenti: di ordine fisico, psicologico, sociale, biografico, esistenziale. A fronte di questa complessità, il servizio oggi offerto è un luogo che, anche alla luce di quanto accaduto durante l’epidemia da Sars-CoV-2, non può restare immutato: è necessario avviare una profonda riflessione di tutti gli attori coinvolti, al fine di ripensare la cura per le persone fragili, ripartendo in primis dalle preferenze espresse da coloro che vivono la fragilità e dai loro care giver. La letteratura internazionale offre indicazioni interessanti innanzitutto per i decisori: le relazioni costanti con i famigliari sono il fattore citato dagli intervistati come il più importante da salvaguardare nella predisposizione di qualsiasi modalità di long term care. Si tratta di affrontare una sfida culturale che metta in discussione l’istituzionalizzazione delle persone fragili, senza peraltro escludere forme di assistenza residenziale che si rendano necessarie in certe fasi della vita.
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Dalla crisi della pandemia ad un nuovo modello di assistenza
L’emergenza provocata dal Covid-19 ha fatto venire alla luce contraddizioni già presenti ormai da alcuni decenni nella nostra società, ossia l’incapacità di rispettare il diritto di ogni persona a vivere in maniera degna gli ultimi anni della propria vita, nel proprio habitat, circondata dall’affetto dei propri famigliari e dalla cura dell’intera comunità. Di fronte a tale situazione il ministro Roberto Speranza ha istituito il 28 settembre 2020 una Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria per la popolazione anziana (decreto ministro della Salute 8.9.2020). Il contributo delinea le linee generali che presiedono il senso e il lavoro della Commissione, nata in un momento particolarmente drammatico non solo per il nostro Paese ma per l’intera Europa e l’intero pianeta. L’Italia ha vissuto per prima in Occidente l’esplosione della pandemia. E sono stati proprio i primi mesi del Covid a far emergere la necessità di un profondo ripensamento delle politiche di assistenza sociosanitaria per la popolazione anziana.
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