• La Legge di stabilità 2014-2016 elaborata dal governo italiano e approvata dal Parlamento è volta al rispetto dei vincoli previsti dai trattati europei, e non alla crescita del reddito e dell’occupazione. Ciò nonostante, la Commissione europea non ha ritenuto di dare «semaforo verde», in quanto il rientro dal debito non è garantito nel breve e nel medio periodo. La proposta governativa non viene giudicata soddisfacente dai tecnocrati europei perché non coerente con le politiche di rigore e di austerità espansiva, ma neppure soddisfa le parti sociali, che chiedono interventi non simbolici per la riduzione del cuneo fiscale, quindi per la crescita e l’occupazione. Ma siamo certi che impegnare tutte le risorse disponibili per la riduzione del cuneo sia la politica più adatta per far uscire il paese dalla crisi, in presenza di una trappola della produttività che caratterizza il nostro paese da venti anni?
  • L’articolo esamina la crisi della rappresentanza politica e sindacale come esito del processo di corrosione delle identità collettive e delle istituzioni nelle quali quelle identità avevano preso forma. Mentre alla politica spetta – nel difficile equilibrio tra il locale e il globale – la costruzione di un nuovo spazio collettivo, democratico e aperto, nel quale il cittadino consapevole e informato possa prendere posizione sui temi in discussione, il sindacato è chiamato ad attuare uno sforzo serio di autoriforma e a rimettere al centro la sua autonomia e alterità rispetto al sistema politico, per sfuggire al pericoloso «slittamento nel politico». In conclusione viene analizzato il rapporto esistente tra rappresentanza e conflitto, sostenendo che la rappresentanza si costituisce nel conflitto, nello scontro tra opzioni alternative, come espressione di una diversità di interessi, di valori, di progetti, che costituisce il cuore della democrazia e la trama profonda di una società plurale e complessa.
  • I processi di globalizzazione e integrazione sovranazionale hanno fortemente inciso sulla forma di Stato democratica. Il potere si radica sempre più in istituzioni transnazionali che sfuggono ai meccanismi di controllo nazionale. La crisi economica dell’ultimo quinquennio ha accelerato questo processo in nome di un diritto europeo della crisi incentrato sul principio di condizionalità (aiuti in cambio di austerity e riforme strutturali), affidato a un’inafferrabile sorveglianza multilaterale. Le sempre più forti resistenze a questo modello economico impongono di trovare una via per superare il deficit di sovranità sociale dell’Unione.
  • Qual è il destino della rappresentanza democratica nel secolo che si annuncia come il «secolo antipolitico»? Siamo condannati ad assistere, come avviene da due decenni nel nostro paese, al continuo e inestricabile alternarsi di governi populisti e di governi tecnocratici? Il saggio prova a rispondere a questi interrogativi, analizzando, da una parte, quanto la crisi che ha investito nell’ultimo quinquennio l’Europa abbia ulteriormente logorato l’autorità delle tradizionali istituzioni della rappresentanza (partiti, parlamenti, sindacati), dall’altra, quali siano le chance di successo e le prospettive della risposta populista.
  • Lo scritto mette in relazione il populismo sviluppatosi in Europa negli ultimi anni non solo con l’acuta crisi dei partiti politici, ma anche con la straordinaria mutazione della struttura psichica degli individui che è in corso nel mondo occidentale (la perversione del legame sociale). Definito il populismo come il rifiuto del fatto che in una democrazia, fondata sul principio della sovranità popolare, l’unico principio generatore della politica nazionale è il concorso/conflitto – come realmente si svolge tra le forze date – dei cittadini tra di loro e attraverso i partiti politici, e dunque che è estranea a tale principio la rappresentanza carismatica della bontà originaria del popolo, vengono ricondotti nell’alveo del populismo anche il neogiusnaturalismo e il costituzionalismo fondato sulla retorica dei diritti. Viene infine esaminato il possibile rapporto tra la critica al populismo e la «questione morale», intesa come superamento della distinzione/alterità, tipica del pensiero moderno, tra politica e morale.
  • Tutti i soggetti di rappresentanza collettiva sono scossi da una diffusa insoddisfazione di stampo populista, ma anche dall’emergere di nuove reti di auto-organizzazione. Mentre si accentua la crisi sociale dei partiti, i sindacati sembrano in grado di fronteggiare meglio le nuove sfide. Nel caso italiano essi ottengono migliori risultati sul piano della membership, che si consolida nonostante la crisi economica. Essi si sono mostrati anche più sensibili ad allargare strumenti di democrazia, anche partecipativa, come dimostrano i recenti accordi interconfederali (2011-2014). Ma per essere all’altezza della situazione debbono diventare più efficaci sul terreno dell’offerta di rappresentanza per i settori crescenti e meno protetti del mercato del lavoro.
  • Cosa vuol dire rappresentare il lavoro nelle democrazie occidentali oggi? In quale misura i cambiamenti economico-produttivi incidono sulle culture sindacali e sui rapporti tra Stato e sindacato? Sono questi gli interrogativi da cui parte l’itinerario di ricerca, che, con l’occhio puntato prima al panorama europeo, poi, alle specificità italiane, tenta di tracciare alcune linee di tendenza sullo stato di salute dei sindacati e dei sistemi nazionali di relazioni industriali. Ne deriva un quadro problematico, cui non si sottrae neppure il sindacato nostrano, benché connotato a tutt’oggi da un alto numero di iscritti. In tale situazione i soggetti collettivi dovrebbero mirare a un rinnovamento dell’identità associativa, scommettendo su nuove forme organizzative e di azione, incluso sul terreno della contrattazione decentrata, tuttora poco sviluppato nel Paese, per la fragilità del sistema di rappresentanza sindacale aziendale.
  • Il quadro delle relazioni sindacali nel nostro paese è in profondo mutamento. L’autrice cerca di presentare alcune linee di sviluppo, evidenziando, da un lato, l’impossibilità di limitare l’analisi alla dimensione nazionale e la necessità di inquadramento nello spazio giuridico europeo e nel sistema multilivello delle fonti, dove si segnala un incremento dell’accesso alla giustizia, dall’altro lato, l’esigenza di tener conto dell’impatto derivante dalla crisi economica e finanziaria, dalla terziarizzazione dell’economia, dall’erosione del lavoro subordinato stabile, dai mutamenti nel sistema politico e istituzionale. Le confederazioni sindacali si stanno attivando sul fronte delle regole. Importante sarà evitare un coinvolgimento limitato alla patologia della crisi: riduzioni di personale e abbassamento delle tutele.
  • Il presente intervento si articola in tre parti. La prima discute il carattere elitista di molte critiche alla nozione di populismo, che spesso intendono legittimare il potere delle oligarchie che governano l’Europa, negando alle classi subalterne qualsiasi consapevolezza politica; la seconda, invece, sviluppa una critica della retorica populista, in particolare della definizione di popolo come entità incorrotta e indivisa, mostrandone la contiguità con l’idea di popolo che è alla base del dispositivo della rappresentanza democratica. Infine, le conclusioni cercano di individuare alcuni aspetti politicamente produttivi nella ripresa della discussione sul populismo, a partire dalla necessità di ripensare il concetto di popolo non come totalità, bensì come parzialità.
  • L’argomento del testo è la contraddizione tra la superproduzione, in Europa, di norme giuridiche, penali e amministrative in materia di immigrazione, e la crisi senza precedenti delle istituzioni e delle funzioni rappresentative. Questa contraddizione, di cui si descrivono schematicamente le ragioni, da un lato rappresenta uno dei grandi limiti della democrazia contemporanea, dall’altro sottende straordinarie potenzialità di trasformazione politica e culturale.
  • Il saggio illustra alcuni aspetti dell'esperienza dell'autore come negoziatore nell'ambito delle relazioni industriali del settore pubblico. In particolare, esamina i rapporti tra il negoziatore e gli imprenditori, i collaboratori e i sindacalisti. Inoltre illustra alcuni aspetti del processo negoziale e le procedure formali e informali della contrattazione collettiva in Italia. Nella prima parte del saggio si esaminano le caratteristiche dei datori di lavoro e i loro rapporti con i negoziatori, non sempre caratterizzato dalla collaborazione. Successivamente si analizzano le caratteristiche dei rappresentati sindacali, le loro strategie, la composizione delle delegazioni al tavolo delle trattative. L’autore sottolinea la necessità che il leader della delegazione conosca bene tutti gli aspetti del negoziato, sia leale e pretenda dagli interlocutori un comportamento leale.
  • Il monitoraggio e l’analisi dell’evoluzione delle fonti dell’Unione europea in materia sociale rappresentano due aspetti a partire dal quale si è sviluppato e implementato l’Osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro. Il portale è uno strumento di mo- nitoraggio, elaborazione e divulgazione della ricerca sul tema dell’evoluzione delle fonti dell’Unione Europea in materia sociale e le ricadute giuridico-istituzionali a livello nazionale e provinciale, con particolare riferimento al contesto trentino. All’interno del portale viene monitorata e analizzata anche la contrattazione collettiva decentrata e le intese concertative sottoscritte a livello territoriale.
  • I contributi che presentiamo sono il frutto di un lavoro preparatorio finalizzato alla realizzazione di una relazione presentata dalla Fondazione in occasione della Conferenza internazionale «Workers’ Participation at Plant Level. An International Comparison» (Bochum, 21-23 agosto 2013). Nei saggi vengono approfondite la storia della partecipazione in Italia ed alcune esperienze significative; il dibattito interno alle organizzazioni di rappresentanza sul tema e le attuali proposte; i cambiamenti indotti nella partecipazione a partire dall’applicazione dei nuovi modelli organizzativi nella fabbrica post-fordista; infine, i principali elementi di discussione, da un punto di vista giuridico, a livello comunitario sul tema della partecipazione.
  • I saggi qui raccolti sono contributi di ricercatori delle diverse istituzioni di ricerca che hanno lavorato nell’ambito del progetto Prin Nuovi soggetti del lavoro e forme della rappresentanza. Si tratta di due tematiche strettamente intrecciate che, tuttavia, spesso vengono affrontate in maniera autonoma anche in filoni di ricerca molti approfonditi. La prima concerne il mercato del lavoro e la struttura occupazionale, la seconda rientra nel campo delle relazioni sindacali.
  • Lo scopo di questo paper è analizzare i recenti cambiamenti nelle forme di rappresentanza di lavoratori e cittadini in una prospettiva storica e comparativa. Il tema dell’esclusione dalla rappresentanza è stato a lungo dibattuto tra gli scienziati sociali sia in riferimento ai diritti dei cittadini sia rispetto alla copertura sindacale insiders-outsiders. La questione è divenuta più importante negli anni recenti di crisi economica. Nel corso del tempo, in particolare dalla fine del XX secolo, le forme di rappresentanza dei lavoratori sono andate mutando e l’intreccio tra di esse è diventato più complesso. È emersa dunque una varietà di forme di rappresentanza che ricorda quelle che hanno avuto luogo nel XIX secolo, piuttosto che quelle istituzionalizzatesi nel XX. Se ciò è vero, può essere utile «guardare indietro per vedere (meglio) avanti». Questo articolo aspira a contribuire alla creazione di un nuovo filone di studi, che può essere battezzato «varieties of representation», con un riferimento esplicito alla nota letteratura sulle «varieties of capitalism»
  • Il testo propone una tipologia delle strategie di rappresentanza dei lavoratori non standard. Per fare ciò si sofferma su cosa vada inteso per rappresentanza e lavoro non standard. Nella tipologia vengono infine collocati i risultati di un’indagine nazionale sul tema.
  • I tagli di spesa pubblica in alcune Regioni come il Lazio, dove negli anni più elevati sono stati i disavanzi accumulati nella sanità, si traducono in effetti relativamente più rilevanti sulla tenuta delle opportunità occupazionali che, in particolare nelle strutture sanitarie private, stanno comportando la diminuzione degli organici e la gestione di lavoratori in esubero. L’articolo, partendo da un’indagine di campo condotta nel 2012 con riferimento al Lazio, analizza gli effetti sulla tutela lavorativa degli operatori sanitari (medici, infermieri e personale ausiliario) delle politiche di contenimento dei costi, e se e come questi cambiamenti di status occupazionale stiano incidendo sulle forme di rappresentanza dei lavoratori di questo settore. In base all’analisi condotta sembrerebbe emergere per tutte e tre le categorie professionali coinvolte (ovvero medici, infermieri e ausiliari) una condizione diffusa di sfiducia nella capacità delle organizzazioni sindacali tradizionali di farsi carico dei loro bisogni occupazionali, preferendo affidarsi a modelli diversi che vanno a forme di autotutela individuale (soprattutto i medici), di rappresentanza collettiva di base (gli ausiliari) o di categoria professionale (gli infermieri)
  • Il paper analizza alcune delle strategie di mobilitazione sociale e politica implementate dai disoccupati e dai lavoratori non standard di Napoli. Il movimento di protesta più importante, unico in Italia nel suo genere, sorto per opera di gruppi di soggetti appartenenti alle classi subalterne del napoletano, è il «movimento dei disoccupati organizzati», un’organizzazione di base fondata a metà degli anni settanta nel centro storico di Napoli, caratterizzato da un’accentuata dinamica della sua composizione sociale. I protagonisti di questo movimento sono prevalentemente lavoratori precari e donne impiegate in forme di lavoro non qualificato e non protetto. Le considerazioni proposte si basano in larga misura su incontri e interviste con gli attori locali coinvolti. Si cerca di spiegare per quale motivo, a Napoli, a eccezione del movimento dei disoccupati organizzati, non si siano verificate proteste sociali radicali. L’analisi si propone di evidenziare se e come la necessità di rappresentanza propria di questa tipologia di lavoratori sia soddisfatta, e quali relazioni abbiano con attori sindacali, politici e istituzionali. Il movimento esprime una lotta per il riconoscimento (Honneth, 1992) e può essere considerato un concreto esempio della «capacità di aspirare» (Appadurai, 2004).