• Maria Michetti

    14.00 
    Maria Michetti, che ha preso parte in prima persona alla lotta partigiana, è stata un’attiva e convinta militante del PCI, in una prima fase della sua vita che l’ha vista impegnata nel Consiglio comunale di Roma. Poi, quando il rapporto con il PCI è entrato in crisi e lei ha subito, negli anni Sessanta, un forte ostracismo, ha vissuto un periodo di forte crisi esistenziale. Che è riuscita a superare, sia pure con difficoltà, grazie al marito Marcello Marroni. Prenderà la laurea, diventerà una ricercatrice universitaria e una sociologa: per anni sarà una preziosa collaboratrice della cattedra di Franco Ferrarotti. Appassionata del suo lavoro, convinta dell’importanza dell’impegno sociale a favore dei ceti più disagiati, Maria si è sempre occupata delle periferie urbane, dei rifugiati e dei migranti, delle donne, spendendosi per la loro crescita, per i loro diritti. Fino a che ha potuto, ha lavorato nell’UDI, Unione donne italiane, di cui ha voluto l’autonomia. Si è sempre impegnata nella sezione del PCI di Prati. Questo libro ne propone un ritratto a più voci, che dà conto della famiglia di origine, del suo impegno politico e del forzato distacco dal PCI (Marco Marroni, Nicola Porro). Sandro Portelli ricorda come Maria fosse nota e amata in certe periferie romane. Ferrarotti e Maria Immacolata Macioti danno un’idea del suo ruolo nel l’università. Donatella Panzieri tratta di Maria nell’UDI, impegno durato una vita.Con contributi di: Franco Ferrarotti, Maria Immacolata Macioti, Marco Marroni, Maria Giuseppina Michetti, Carla Modesti, Donatella Panzieri, Nicola R. Porro, Sandro Portelli.
  • L’articolo ricostruisce, grazie anche al contributo messo a disposizione dal Forum del Parlamento europeo e alla relativa traduzione che dobbiamo al gruppo torinese di «Se non ora quando», l’ascesa a livello europeo di un gruppo che dal 2013 lavora dietro le quinte delle istituzioni nazionali e transnazionali per far arretrare i diritti sessuali e riproduttivi delle persone o almeno per frenare l’avanzata di questi diritti nel nostro continente. Attraverso un manifesto, un blog e dei summit annuali il conservatorismo più bieco, sessista e omofobo cerca di fare nuovi proseliti e di accreditarsi nel dibattito europeo. Il raduno di Verona del marzo 2019 ne è stata una rappresentazione plastica ma le tracce del loro lavoro si ritrovano in questi anni in Polonia, Romania, Croazia e anche in Italia dove questi gruppi hanno trovato importanti saldature con la destra di governo.
  • La struttura regionale del Sistema sanitario nazionale nato nel 1978 e l’aziendalizzazione nel 1993 hanno posto la necessità di un sistema di governo che sia capace di ridurre i divari istituzionali facendo leva sulle responsabilità politiche e gestionali attribuite dal Ministero a quegli ambiti decisionali. La leva è stata la creazione nel 2001 di un esteso sistema di valutazione dei risultati che ci permette oggi di affermare che il divario territoriale era consistente e che il sistema di sanzioni e incentivi ha ridotto le differenze di prestazioni gestionali ma in misura non sufficiente rispetto alle aspettative. La mobilità sanitaria da Sud a Nord sembra spiegata, più che da un chiaro deficit negli esiti clinici di singole specialità, da una minore coerenza delle prestazioni nella filiera della presa in carico che può aver danneggiato la reputazione di molti presidi, in prevalenza nel Mezzogiorno. Identifichiamo altri due fattori di differenziazione territoriale. Uno è la diversa densità abitativa, a causa della quale le aree interne o distanti dagli insediamenti principali soffrono di un deficit di offerta di tutti quei servizi per i quali l’ampiezza del bacino di utenza è una condizione essenziale di produttività. Infine, per ogni istituzione l’eredità della sua storia organizzativa è un fattore rilevante della capacità attuale di reagire positivamente alle difficoltà e agli incentivi che provengono dalle fonti di sostentamento e di legittimazione.
  • L’articolo analizza un campione di 20 accordi concessivi sottoscritti nell’industria metalmeccanica lombarda nel quadriennio 2008-2013. L’analisi si concentra sulle determinanti, sulle caratteristiche e sul metodo della contrattazione concessiva. Dal punto di vista qualitativo, i contenuti negoziali non implicano una disarticolazione degli assetti contrattuali: le concessioni generalmente assumono la forma di azioni di retrenchment volte ad allineare i contenuti della contrattazione aziendale agli standard minimi del Ccnl. Questo processo sembra tuttavia essere determinato, in molti casi, più dal maggior potere negoziale che alcuni tipi di aziende possono vantare nei confronti del sindacato, che da un orientamento fisiologico della contrattazione verso obiettivi condivisi di produttività e competitività. Il principale elemento di criticità di simili esperienze contrattuali sembra dunque essere l’approccio metodologico, posto che la maggior parte degli accordi scaturisce da strategie manageriali di tipo coercitivo e minaccioso («prendere o lasciare», pratiche di whipsawing, minaccia di disinvestimento o di spostamento della produzione all’estero).
  • Emigrare-immigrare. Questo processo ricopre quattro tempi: lasciare, diventare straniero o straniera, poi, entrare e circolare. Le questioni contemporanee che vi ruotano intorno sono tante e l’Autrice nel saggio enuclea alcune analogie e alcune differenze tra le migrazioni del presente e quelle del passato. Inoltre, a partire da un’analisi delle migrazioni – che si impongono come un fattore essenziale dello sviluppo umano, del progresso nei luoghi e negli ambienti di accoglienza e in quelli di partenza – l’Autrice si pone alcune questioni cruciali: il migrante è una figura sociale della modernizzazione in Europa e qual è il ruolo delle donne? In questo XXI secolo dei migranti come pensare al diritto a emigrare e a essere immigrati? Un altro elemento centrale è legato al tema delle frontiere: sono da rafforzare per difendersi o da indebolire in un mondo più aperto? Infine, il tema viene analizzato a partire dalla dimensione europea e dei processi di integrazione: l’Europa sa ancora integrare i nuovi migranti? Che cosa bisogna intendere per integrazione, dalla visuale dell’immigrazione: è un contratto giuridico o un processo?
  • L’articolo prende spunto dalla presentazione del rapporto commissionato dal primo ministro francese a un gruppo di esperti al fine di indicare un percorso di riforma della contrattazione collettiva volto a rendere più dinamica tale forma di regolazione sociale rispetto alla complessità delle nuove sfide economico-sociali. Malgrado le differenze strutturali, le sfide con cui i sistemi di contrattazione collettiva francese e italiano si confrontano nei due paesi sono simili: l’analisi delle criticità rilevate e le proposte avanzate in quel contesto possono quindi fornire alcune indicazioni utili anche per la riforma del sistema contrattuale nel nostro paese.
  • Fra le ricette che compongono la nuova governance economica europea, la revisione dei sistemi contrattuali ricopre un ruolo di forte preminenza. Grazie a essa, è l’assunto, i paesi più colpiti dalla crisi potrebbero recuperare quote di competitività, agendo sulla leva dei prezzi, e dunque dei costi del lavoro. Nella severa cornice dei Trattati, e sotto la vigile regia del Semestre europeo, le istituzioni europee hanno letteralmente dettato l’elenco delle riforme da adottarsi in tema di lavoro e relazioni industriali. L’obiettivo è quello di dotare le aziende della facoltà di determinare flessibilmente le condizioni salariali e di lavoro dei propri dipendenti. Ciò ha richiesto l’allentamento della tradizionale gerarchia delle fonti, ampliando le prerogative del contratto aziendale, congelando le procedure di estensione erga omnes e/o i salari minimi legali, dove vigenti, bloccando la contrattazione del settore pubblico. Fra i paesi che più hanno patito il combinato disposto di queste misure vi sono Spagna, Portogallo e Italia, storicamente accomunati da certo grado di coordinamento della contrattazione, e oggi costretti a fare i conti con una spinta al decentramento, inedita anche per il carattere unilaterale e non concertato dell’interventismo pubblico. L’articolo ne ricostruisce tappe, contenuti e criticità, rilevandone analogie e divergenze, sotto il profilo dei risultati e del diverso rapporto fra Stato e autonomia collettiva.
  • L’articolo sviluppa il dibattito sulle possibili riforme delle relazioni industriali in Italia in tre distinte ma collegate aree di discussione: la struttura della contrattazione collettiva, le modalità di partecipazione diretta dei lavoratori alle decisioni riguardanti l’organizzazione del lavoro in azienda, e il sistema di rappresentanza, collegato alla validità erga omnes dei contratti nazionali e aziendali. L’articolo sviluppa proposte in ciascuno di questi campi di indagine. Innanzitutto mostra come sia possibile riformare il sistema di contrattazione collettiva, lasciando al contratto nazionale il ruolo di determinare i salari minimi, con il contratto aziendale che determina invece la dinamica dei salari di fatto. In secondo luogo si auspica l’applicazione di un metodo di partecipazione diretta dei lavoratori all’organizzazione del lavoro che in qualche modo ricalca il modello duale tedesco, con la contrattazione che deve essere separata dalle pratiche partecipative.
  • Questo articolo si basa su quattro argomentazioni. In primo luogo la contrattazione collettiva è in grado di mitigare gli effetti negativi generati dalla volatilità del mercato e dal processo di adattamento alle sue regole, attraverso la definizione di intese che garantiscono certezza sostanziale e procedurale sia ai lavoratori sia ai datori di lavoro, e una maggiore sicurezza ai lavoratori. In secondo luogo le intese contrattuali multi-employer sono più idonee a svolgere questa funzione rispetto a quelle single-employer. In terzo luogo vi sono differenze istituzionali fra le intese contrattuali multi-employer relative alla governance della contrattazione aziendale che influenzano in misura notevole la loro capacità di promuovere certezza e sicurezza del lavoro. In quarto luogo la pressione dovuta alla crisi sta accelerando l’adattamento al mercato della contrattazione collettiva multi-employer, con effetti potenzialmente dannosi sulla sua capacità di attenuare le spinte negative.