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Un coordinamento bilanciato della contrattazione. Presentazione
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È più giusto e più plausibile cambiare l’Europa piuttosto che uscire dall’euro
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Uscire dall’euro? Né realistico né desiderabile
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Salvati o affossati dall’Europa?
Agli inizi degli anni duemila ci si attendeva che il regime di governance associato alla moneta unica potesse «salvare l’Italia» costringendo gli attori economici e la classe politica a ristrutturarsi e a cambiare. A distanza di 15 anni è opportuno prendere atto che tali aspettative non si sono realizzate e interrogarsi lucidamente sul da farsi. Non solo l’adesione ai vincoli europei non ha salvato l’Italia, ma ha contribuito probabilmente (per quanto la prova controfattuale non sia disponibile) alla sua stagnazione. I sindacati e le associazioni imprenditoriali farebbero bene a rendersi conto che un sistema istituzionalizzato di relazioni industriali è difficilmente compatibile con l’imperativo di «svalutazione interna» – l’unico meccanismo di aggiustamento dell’eurozona – e che piani alternativi di distribuzione più equa dei costi dell’aggiustamento tra paesi forti e paesi deboli sono politicamente poco probabili.
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Città metropolitana
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Riccardo Terzi. Il delizioso sapore dell’agrodolce
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RGL N. 4/2019 – Osservatori
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RGL N. 4/2019
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Enrico Giovannini e Pierluigi Stefanini
13.00
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L’attuale modello di sviluppo è insostenibile, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale. Conflitti, cambiamenti climatici, disuguaglianze crescenti che determinano povertà e migrazioni di massa sono sfide che mettono in discussione la tenuta stessa del pianeta, non in un futuro ipotetico, ma da qui a poche decine di anni. Ecco allora che il concetto di «sostenibilità» diventa la chiave di volta per ripensare le direttrici dello sviluppo, tanto che l’Onu ha individuato in un documento («Agenda 2030») i 17 obiettivi da raggiungere entro i prossimi 12 anni per evitare il collasso. L’Italia, pur avendo fatto alcuni passi avanti nell’ultimo periodo, è ancora ben lontana dal raggiungimento degli standard previsti. Per questo quella attuale deve necessariamente essere «la legislatura dello sviluppo sostenibile». Questa è almeno la convinzione di Pierluigi Stefanini ed Enrico Giovannini, rispettivamente presidente e portavoce di ASviS, l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, nata proprio per far crescere nella società italiana, nei soggetti economici e nelle istituzioni la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 e degli obiettivi in essa contenuti. Ma come stanno andando le cose? Il governo è sensibile a questo tipo di tematiche? Quella della «sostenibilità» può essere una battaglia intorno alla quale coalizzare una nuova esperienza politica anche a sinistra? Su questi grandi interrogativi, ma anche su molte altre tematiche (dal ruolo della cooperazione a quello dei corpi sociali, dal cambiamento del lavoro alla rivoluzione tecnologica), si confrontano Enrico Giovannini e Pierluigi Stefanini, dando vita a una conversazione schietta e vivace, capace di offrire spunti interessanti per la costruzione di una visione politica nuova.
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Il Reddito di cittadinanza: cosa dicono finora i dati
L'articolo è dedicato alle prime evidenze quantitative sulla diffusione del Reddito di cittadinanza. L’ampia discussione tecnica e politica che ne ha preceduto l’introduzione ha costituito un’importante occasione per elaborare stime sui suoi possibili effetti. Nella prima parte del lavoro confrontiamo queste simulazioni, evidenziando similitudini e differenze. La seconda parte è invece dedicata all’analisi delle informazioni quantitative che l’Osservatorio Inps ha da poco pubblicato dopo i primi sei mesi della misura. L’integrazione con dati su numero di famiglie e tassi di occupazione per fascia di età, a livello provinciale, ci permette di ottenere alcune conclusioni, in parte sicuramente preliminari, sulle caratteristiche distributive del Rdc e sull’evoluzione della povertà in Italia.
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Alla ricerca di equità nel sostegno al reddito. Due limiti strutturali del reddito di cittadinanza, nonostante un grande merito
Il reddito di cittadinanza appena varato in Italia ha il grande merito di sancire un diritto al reddito. Ciò nonostante, esso presenta due limiti strutturali. Uno concerne lo spazio che è venuto a occupare all’interno delle politiche redistributive di sostegno al reddito, dove costituisce la misura centrale, nella sottovalutazione di alcuni limiti etici intrinseci alla selettività. L’altro concerne la configurazione adottata di condizionalità al lavoro, la quale aggiunge altre iniquità. Alla luce di questi limiti, il reddito di cittadinanza dovrebbe perdere la centralità acquisita diventando una misura all’interno di un insieme diversificato di politiche redistributive di sostegno al reddito. La condizionalità al lavoro dovrebbe, altresì, essere attenuata.
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Storie lavorative e pensioni attese nel contributivo in Italia: la necessità di una «pensione contributiva di garanzia»
In questo articolo si ragiona, dapprima, su quanto sia effettivamente fondato il luogo comune in base al quale in Italia, col sistema contributivo, tutti riceveranno pensioni di importo molto limitato e, successivamente, si presentano alcune evidenze sull’effettiva accumulazione di contributi nella prima parte della carriera da parte delle giovani generazioni. Infine, si discute di possibili misure per migliorare le prestazioni future e si sottolinea come nel contributivo una «pensione di garanzia» di carattere previdenziale, tarata cioè sulla storia lavorativa individuale, sarebbe preferibile a una prestazione meramente assistenziale.
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