• Il presente contributo si propone di descrivere l'esperienza spagnola sul lavoro sulle cosiddette piattaforme digitali. Oltre a esaminare i dati socio-economici relativi alla varietà di fenomeni esistenti nell'economia delle piattaforme digitali e ad analizzare l'affermazione di questo tipo di modelli di impresa, si dedica ampio spazio a chiarire i conflitti economici e di lavoro sorti in Spagna in questo ambito. A tal riguardo, le caratteristiche più rilevanti della diffusione di questi modelli d'impresa nel contesto spagnolo concernono le relazioni conflittuali sviluppatesi tra le imprese per effetto dell'attuazione di pratiche di concorrenza sleale, oltre che tra le imprese e i lavoratori in ragione del rifiuto da parte delle prime di riconoscere che generalmente, in questo settore, le prestazioni di lavoro sono svolte in regime di subordinazione.
  • Questo articolo discute lo sviluppo delle esperienze di organizzazione collettiva dei fattorini delle piattaforme digitali di consegna in Italia a partire dal 2016 fino alla primavera del 2018. Le mobilitazioni dei riders, che hanno interessato finora diverse aziende del settore nelle città di Torino, Milano e Bologna, si sono sviluppate intorno a rivendicazioni simili a quelle del resto d'Europa. Le esperienze italiane si distinguono però per la predominanza di forme di organizzazione collettiva dei lavoratori che rimangono a tutt'oggi totalmente autonome da sigle sindacali preesistenti. L'articolo esplora le peculiarità delle forme di rappresentanza e di organizzazione collettiva dei lavoratori emerse finora nella gig economy italiana, identificando alcune cause delle complesse e talvolta problematiche relazioni emerse tra riders e sigle sindacali.
  • L'articolo analizza due modelli organizzativi, lean production e High Performance Work Practices, che hanno segnato i processi di trasformazione organizzativa degli ultimi decenni, anche in materia di organizzazione del lavoro e di gestione delle risorse umane. Le ricerche mostrano una variabilità negli effetti prodotti da questi modelli per le condizioni occupazionali, in alcuni casi anche problematici. Si argomenta quindi come l'azione del sindacato ancorata alle tradizionali materie di contrattazione collettiva sia riuscita a limitare tali conseguenze negative ma non a valorizzare le dimensioni di qualificazione e di coinvolgimento del personale teoricamente alla base di questi modelli. Una contrattazione collettiva estesa a queste dimensioni può generare migliori condizioni occupazionali e rivitalizzare le stesse organizzazioni sindacali. L'articolo conclude evidenziando possibili prospettive di ricerca future su questo tema in termini sia di oggetto sia di livelli comparativi di analisi.
  • L'articolo affronta il tema del cambiamento tecnologico nel settore dei servizi professionali. In dettaglio, la prima parte inquadra il fenomeno nell'ambito del più ampio processo di mutamento che ha investito il lavoro professionale nel secolo scorso, ponendo il fuoco sull'interazione tra la «mercatizzazione» delle professioni e l'affermarsi delle nuove tecnologie, a partire dall'analisi di una letteratura di matrice prevalentemente anglosassone. La seconda parte, quindi, si propone di valutare l'impatto delle Ict sulle condizioni di lavoro negli studi legali e, d'altra parte, la possibilità che esse sviluppino «funzioni latenti», dando vita a forme alternative di rappresentanza degli interessi, ciò basandosi sui risultati di due ricerche empiriche. In chiusura una riflessione sulle opportunità che si aprono per gli attori collettivi.
    • Incostituzionalità del decreto Ilva e del regime delle spese processuali introdotto dalla modifica dell’art. 92 c.p.c.
    • «Manifesta infondatezza» del licenziamento e condizioni per ottenere la reintegra nel posto di lavoro
    • Le Sezioni Unite sulla diversa natura dei crediti derivanti da interposizione fittizia e da cessione del contratto
    • Il «caso Almaviva» avanti il Tribunale di Roma
    • Importante decisione della Corte di Giustizia sulla riduzione di alcune retribuzioni nel pubblico impiego di uno Stato membro per esigenze di austerità di bilancio
    • Privacy: il Garante delimita il potere di accesso, raccolta e archiviazione dei dati personali contenuti negli account aziendali
  • A quindici anni dalla sua scomparsa, l’interesse per l’opera di Bourdieu è così vivo da far sì che lo studioso francese sia oggi annoverato tra i classici della sociologia contemporanea. Il volume esplora, ripercorrendone la genesi e lo sviluppo, le categorie analitiche e i concetti di uno dei più controversi intellettuali del nostro tempo. Per rendere appieno la complessità della figura intellettuale di Bourdieu, analizza i rapporti tra teoria, concettualizzazione e ricerca empirica nell’opera del sociologo francese, individuando fecondità e limiti, luci e ombre, felicità e criticità relativamente al rapporto tra teoria e ricerca e tra concetti e loro traduzione operativa. Molteplici sono i riferimenti agli autori e alle principali scuole di pensiero che hanno esercitato un’in fluenza fondamentale su Bourdieu.
  • Il rapporto tra anziani, giovani e risorse sociali e di finanza pubblica pone sfide e questioni che non possono essere intese senza un ripensamento dei tempi di vita. La classica partizione per cui c’è un tempo per il gioco e lo studio, uno per il lavoro ed uno per il meritato riposo segna oggi il passo e impone una revisione delle più tradizionali forme di protezione sociale. Il welfare va visto non più in chiave meramente compensativa, ma bensì nell’ottica di un rilancio verso il futuro, verso forme di solidarietà organizzata e molteplice, consapevole, che possano rappresentare un elemento di promozione rivolto ad una buona vecchiaia e ad un lavoro orientato alla cura e al benessere sociale per molti giovani. Il volume parte da un primo contributo di ricerca sul variegato mondo della cura agli anziani e dalle molteplici iniziative curate dallo SPI CGIL, cosicché una migliore conoscenza del settore relativo all’assistenza (dalle case di riposo al fondo per la non autosufficienza), le politiche in atto, le risorse molte volte insufficienti e le ipotesi di lavoro che lo SPI CGIL suggerisce da tempo possano rappresentare uno stimolo, anche in una regione come la Basilicata, per riqualificare l’intervento pubblico e rendere più dignitoso l’invecchiamento e più umana la cura.
  • Le intense pagine del testo, che ripercorre la storia e l’evoluzione delle Relazioni Industriali in Banca Intesa prima e nel Gruppo Intesa Sanpaolo poi, permettono al lettore di addentrarsi in una puntuale ricostruzione degli avvenimenti su base rigorosamente documentale. Lo stile asciutto della scrittura, gli eventi raccontati con passione in modo lineare e con un linguaggio comprensibile e comunicativo rendono la narrazione immediata e scorrevole. Partendo dall’analisi degli accordi e dai risultati della contrattazione nei diversi periodi di crescita, stagnazione e sviluppo, il prezioso lavoro di ricerca storica e sindacale indaga l’intreccio tra le vicende aziendali e quelle più generali del settore e del Paese, in un contesto di sconvolgenti cambiamenti giuridici, economici e tecnologici. La storia di Banca Intesa e Intesa Sanpaolo è un pezzo della storia del settore bancario italiano, capace di parlare il linguaggio della confederalità con i suoi valori della solidarietà, dell’inclusione, della dignità e dei diritti dei lavoratori. Relazioni sindacali basate sul merito, pur con interessi contrapposti, determinano il bene delle aziende e dei lavoratori, quindi del Paese. Passione e politica sono qui intesi come strumento di una razionalità storica in cui l’azione sindacale e i suoi risultati hanno sempre provato a misurarsi con un pensiero ed una filosofia di alto profilo.
  • Una tappa storica nella vita di un popolo, che si proietta nell’avvenire come un progresso». Così nel 1946 Giuseppe Di Vittorio si augurava dovesse diventare la Carta Costituzionale, «fondata sul lavoro», che due anni dopo, a conclusione dei lavori della Costituente, sarebbe entrata in vigore il 1° gennaio 1948. E di fronte al dramma della disoccupazione aggiungeva: «[...] La Confederazione generale del lavoro non chiede allo Stato sussidi, ma chiede che si creino condizioni tali da dare lavoro ai disoccupati». A distanza di settant’anni, di fronte a uno scenario cupo per l’occupazione, la cui precarietà si esprime in un’articolazione infinita di modelli contrattuali, incontrollati e incontrollabili, che minano il rispetto della dignità della persona umana, di ogni singolo lavoratore, è legittimo chiedersi quale forza abbiano ancora quelle disposizioni volute dai Costituenti, quanto siano state attuate e, all’estremo, se siano davvero attuabili. Insomma, se anche i giovani millennials possano davvero dire, come l’umile Mugnaio di Sans-Souci: c’è un giudice a Berlino.
  • RPS N. 2/2018

    16.00 
    Leggi 180, 194 e 833: attualità e prospettive di tre grandi riforme Contrasto alla povertà e politiche di reddito minimo in Europa Populismo, democrazia e sistema politico italiano. Prova
  • Rps dedica il numero 2 del 2018 a tre grandi leggi che hanno mutato profondamente le condizioni di vita degli italiani e delle italiane: la legge 180 (13 maggio 1978) che ha stabilito la chiusura degli ospedali psichiatrici (Op) e ridefinito il trattamento psichiatrico volontario e obbligatorio; la legge 194 (22 maggio 1978) che ha disciplinato l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) e potenziato i consultori; la legge 833 (23 dicembre 1978) che ha istituito il Servizio sanitario nazionale (Ssn) a base universalistica e solidale.[...]
  • Gli anni 1993-2009 sono stati anni cruciali per l’affermarsi di una «disciplina» nuova denominata global mental health. Il «discorso della salute mentale globale» è nutrito dalle direttive della Oms e della Unione europea, dalle norme della convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità e dai contributi di alcuni prestigiosi centri anglosassoni di ricerca. Anche se tale discorso risulta articolato, documentato, intelligente e sostanzialmente progressista, tuttavia esso fa prevalere gli aspetti di advocacy senza peraltro contribuire alla trasformazione della realtà dei servizi di salute mentale. Inoltre, la necessità di creare ampio consenso penalizza la riflessione critica sui contenuti di quello che il movimento di fatto intende promuovere nei paesi a parte un generico «aumento dell’accesso ai trattamenti». È urgente e necessario riprendere con forza la radicale riflessione critica di Franco Basaglia per controbilanciare l’influenza del discorso della global mental health pur senza negarne alcuni contributi normativi di grande importanza.
  • Con la riforma psichiatrica italiana del 1978 (legge n. 180) si è prodotta una rottura rispetto al paradigma dell’internamento che dominava il rapporto tra società moderna e sofferenza psichica. La riforma italiana, inoltre, ha rappresentato un adeguamento della normativa al dettato costituzionale, aprendo un nuovo scenario in cui sono stati creati servizi di salute mentale che non hanno alle loro spalle il manicomio. Lo scopo del presente contributo è quello di analizzare le sfide che i servizi di salute mentale italiani hanno dovuto affrontare per arrivare alla loro attuale strutturazione e le nuove problematiche che si aprono oggi, a quarant’anni dall’approvazione della legge di riforma. Questa si è realizzata grazie a diverse esperienze locali che ne hanno anticipato i contenuti costruendo, prima della riforma stessa, sistemi di servizi di salute mentale capaci di rispondere ai bisogni delle persone e contrastando le forme di esclusione. Negli ultimi vent’anni i servizi di salute mentale si sono sviluppati in un quadro frammentato che ha portato all’esistenza di differenze territoriali significative che riguardano tanto le risorse a disposizione quanto i modelli culturali e gli assetti organizzativi. Inoltre la riforma si è confrontata con la divaricazione fra l’ampliamento dei diritti individuali e la subordinazione dei diritti sociali all’economia. Ciò ha creato una condizione contraddittoria, con modifiche del «patto sociale» e la crescita di nuove forme di marginalità. In questo difficile contesto i servizi per la salute mentale si muovono per realizzare l’inclusione dei pazienti e hanno dimostrato la capacità di sostenere la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg). Il futuro della «legge 180» richiede la capacità di vedere la salute mentale come componente essenziale della salute e i relativi servizi sempre più integrati nella comunità e dotati di risorse e di strumenti (come ad esempio i budget di salute) adeguati.
  • Il contributo ragiona sulla dialettica tra istituzioni chiuse e aperte e sulla necessità di abbattere i muri – tra saperi, discipline, poteri, ambiti – per costruire un sistema che vada verso i bisogni e i diritti delle persone, verso una «città che cura», una città capace di trovare risposte ai bisogni individuali, affrontandoli come laboratori di risposte a problemi e a domande collettivi. Si tratta di una prospettiva concreta che potrà arricchirsi nei prossimi anni se i distretti sociali e sanitari sapranno diventare luoghi aperti, istituzioni mobili e flessibili entro cui organizzare risposte intersettoriali ai bisogni di salute.
  • Il saggio analizza, nella prima parte, una varietà di testi scritti da persone che erano state internate in manicomio e da persone attualmente utenti dei servizi di salute mentale e include, nella seconda parte, due testimonianze critiche di familiari di persone con disturbi mentali. Questi materiali compongono un quadro ricco e variegato degli sguardi della società sulla sofferenza mentale insieme ai mutamenti – di diverso segno nelle relazioni sociali, nell’offerta di servizi, nelle culture degli operatori. Molte di queste voci sono presenti oggi nelle iniziative promosse dalle organizzazioni impegnate nella difesa dei valori della Legge 180.
  • Il contributo ragiona sulla dialettica tra istituzioni chiuse e aperte e sulla necessità di abbattere i muri – tra saperi, discipline, poteri, ambiti – per costruire un sistema che vada verso i bisogni e i diritti delle persone, verso una «città che cura», una città capace di trovare risposte ai bisogni individuali, affrontandoli come laboratori di risposte a problemi e a domande collettivi. Si tratta di una prospettiva concreta che potrà arricchirsi nei prossimi anni se i distretti sociali e sanitari sapranno diventare luoghi aperti, istituzioni mobili e flessibili entro cui organizzare risposte intersettoriali ai bisogni di salute.
  • Il contributo ragiona sulla dialettica tra istituzioni chiuse e aperte e sulla necessità di abbattere i muri – tra saperi, discipline, poteri, ambiti – per costruire un sistema che vada verso i bisogni e i diritti delle persone, verso una «città che cura», una città capace di trovare risposte ai bisogni individuali, affrontandoli come laboratori di risposte a problemi e a domande collettivi. Si tratta di una prospettiva concreta che potrà arricchirsi nei prossimi anni se i distretti sociali e sanitari sapranno diventare luoghi aperti, istituzioni mobili e flessibili entro cui organizzare risposte intersettoriali ai bisogni di salute.
  • Il saggio analizza, nella prima parte, una varietà di testi scritti da persone che erano state internate in manicomio e da persone attualmente utenti dei servizi di salute mentale e include, nella seconda parte, due testimonianze critiche di familiari di persone con disturbi mentali. Questi materiali compongono un quadro ricco e variegato degli sguardi della società sulla sofferenza mentale insieme ai mutamenti – di diverso segno nelle relazioni sociali, nell’offerta di servizi, nelle culture degli operatori. Molte di queste voci sono presenti oggi nelle iniziative promosse dalle organizzazioni impegnate nella difesa dei valori della Legge 180.
  • I problemi sollevati dal ricorso massiccio all’obiezione di coscienza e ai vincoli che questa pone alla possibilità effettiva di ricorrere all’aborto legale costituiscono un esempio di un nodo irrisolto della legge 194 oggetto di una controversia che ha anche diviso il femminismo e il movimento delle donne prima e dopo l’approvazione della legge: se, cioè, il diritto all’autodeterminazione fosse meglio garantito dalla «semplice» depenalizzazione o, all’opposto, da una legge che per definizione avrebbe definito i limiti dell’autodeterminazione, subordinandoli a requisiti definiti a priori e al di fuori delle condizioni soggettive. Dopo aver ripercorso sinteticamente i termini del dibattito che ha diviso il movimento delle donne, e di come questi sono stati trasformati nel tempo anche a seguito delle nuove problematiche aperte dalla riproduzione assistita, viene discusso in che misura l’introduzione della Ru486 e della pillola del giorno dopo possano modificare i termini della questione. In conclusione si ripropone la possibilità di affrontare la questione dell’aborto volontario nella prospettiva di un utilizzo mite, non univocamente prescrittivo del diritto.
  • Il saggio ricostruisce l’esperienza dei consultori familiari dalla promulgazione della legge 405/75 che li istituisce fino agli sviluppi degli ultimi anni, tentando un bilancio rispetto alla loro mission originaria. Ci si è sinteticamente soffermati sul clima sociale e politico di quegli anni, segnato dall’esperienza dei movimenti, sul carattere di compromesso della legge tra forze laiche e cattoliche, sugli elementi di novità introdotti, sulle leggi regionali di attuazione. Per quanto riguarda la situazione attuale i dati a disposizione, non sempre del tutto coerenti, consentono di delineare con qualche incertezza l’andamento della copertura, ma permettono di cogliere alcuni aspetti negativi o positivi del processo di regionalizzazione che sarebbero utili in vista di un rilancio del servizio.
  • La tutela della salute, come questione politica, è da tempo relegata ai margini del dibattito pubblico o emerge saltuariamente in occasione di qualche episodio di malasanità o di malaffare. Ma i quarant’anni del Servizio sanitario nazionale sono un’occasione importante per riflettere su una delle opere pubbliche più significative realizzate in Italia a partire dalla fine degli anni settanta e per motivare nuovamente cittadini e operatori rispetto al valore e all’attualità di quella scelta. C’è davvero bisogno di mobilitare una nuova alleanza culturale e politica per superare l’indifferenza e il disimpegno che rischiano di compromettere il futuro del diritto alla salute nel nostro paese. La sfiducia maturata in questi anni a causa delle disuguaglianze e delle carenze in molti aspetti del sistema va affrontata e superata con impegno. Un impegno che è anche una sfida a recuperare, senza timidezze, lo spirito e le finalità della legge 833.
  • In Italia l’assalto all’universalismo – e ai principi fondanti della legge 833 approvata quarant’anni orsono – si manifesta con un disegno bipartisan fondato sul definanziamento del settore sanitario pubblico e sulla promozione del «secondo pilastro» assicurativo privato. Un disegno molto simile a quello ordito nel 1992 dal ministro De Lorenzo, ma reso oggi molto più pericoloso dalla convergenza di molteplici interessi e dall’assenza di una qualche resistenza a «sinistra». C’è da augurarsi che le molteplici iniziative che sono in cantiere per ricordare i quarant’anni di vita del Servizio sanitario nazionale servano a risvegliare dal loro torpore le forze politiche e sindacali che hanno (o dovrebbero avere) nel proprio bagaglio ideale il concetto di diritto alla salute e di uguaglianza di tutte le persone di fronte alla malattia.
  • Il saggio si concentra sull’introduzione, a partire dagli anni novanta, di forme di aziendalizzazione e managerializzazione all’interno del Servizio sanitario nazionale (Ssn). La legge istitutiva del Ssn nel 1978 attribuiva un potere limitato alla componente tecnico-gestionale, lasciando sostanzialmente i poteri in mano ai due principali gruppi di attori, che avevano giocato un ruolo centrale nel precedente assetto mutualistico: quello politico e quello medico. Con l’aziendalizzazione si intendeva limitare il potere dei medici, sottoposti a rigorose forme di controllo, nonché estromettere dalla gestione sanitaria la componente politica, adottando un modello di forte separazione delle attività di gestione da quelle di indirizzo politico. Il saggio mostra come il quadro che emerge a un quarto di secolo di distanza da tali riforme è profondamente differente. Se, da un lato, la managerializzazione ha permesso forme di razionalizzazione della spesa e notevoli risparmi ed efficientamenti del Ssn (che continua a funzionare con risorse nettamente inferiori a quelle di altri Ssn), dall’altro, l’idea dell’autonomia dei manager delle aziende si è andata perdendo fortemente nel tempo in molti territori e si è in presenza di un sistema sempre più ri-verticalizzato e ri-politicizzato.
  • L’articolo sviluppa attraverso le tappe di evoluzione dello scenario del farmaco, in Italia, ma sullo sfondo delle trasformazioni della ricerca e del mercato a livello internazionale, la tesi enunciata nel titolo: contenuti, ruoli, criteri di uso di farmaci e di tecnologie possono, e devono, essere raccontati, compresi, valutati nella loro permanente e molto stretta relazione con il sistema sanitario complessivo. Le tappe ritenute più significative, dai due punti di vista complementari, degli sviluppi conoscitivi e istituzionali, nel corso degli ultimi quarant’anni guidano ad una lettura complessiva del Ssn, che ne permette la comprensione in un contesto politico, sociale, istituzionale (ancora una volta e indissolubilmente a livello nazionale e globale) sempre più caratterizzato da una dipendenza da determinanti di tipo economico che si impongono sui principi e i dettati costituzionali che dovrebbero garantire prioritariamente il diritto individuale e collettivo ad una sanità non escludente soprattutto delle popolazioni/patologie che più direttamente mettono a rischio l’autonomia e la dignità delle vite-storie delle persone.
  • Nel 1978, l’approvazione di tre grandi riforme sociali – la legge 180 di riforma della psichiatria, la legge 194 sulla tutela della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza e la legge 883 di riforma sanitaria – contribuì a migliorare le condizioni di vita dei cittadini del nostro paese. L’articolo ricorda quale siano stati il contesto politico e il percorso di mobilitazione sindacale e sociale che hanno accompagnato l’approvazione delle leggi; e sottolinea i punti di forza delle tre riforme ma non si limita a rievocarle come conquiste del passato, piuttosto segnala come siano ancora estremamente attuali, conservando tutto il loro potenziale innovativo.