• La discussione intorno agli strumenti di contrasto alla povertà a volte non sfugge alla sovrapposizione con il dibattito di natura politica non consentendo di affrontare il tema alla radice e con attenzione alle concrete possibilità d’intervento. Obiettivo di questo contributo è provare a ridefinire un indice di questioni per inserire, almeno dal punto di vista di un’organizzazione sindacale come la Cgil, il tema nell’agenda politico-sociale dei prossimi tempi. Per questa ragione l’articolo è strutturato secondo uno schema di domande e risposta, senza avere la pretesa di essere esaustivi vista la complessità della materia e le diverse sfaccettature attraverso le quali questa può essere discussa, ma con l’intento di ricollocarla in una dimensione più ampia.
  • L’articolo presenta una comparazione delle politiche di reddito minimo in alcuni paesi europei focalizzandosi sulle differenze nell’accesso, sui livelli di condizionalità previsti, sulla generosità e sulle innovazioni introdotte negli ultimi anni, in particolare nel passaggio da singole misure di reddito minimo a sistemi integrati di vari trasferimenti monetari. La tesi sostenuta è che nel contrasto alla povertà si stia passando a misure di reddito minimo fortemente condizionate, ma sempre più integrate a strumenti di altra natura. Con l’ausilio dei dati Eu-Silc è stato valutato in che modo i sistemi di trasferimento hanno reagito alla crisi economica, mettendo in luce le differenze esistenti tra alcuni paesi europei in termini di composizione della spesa e di efficacia nel contrasto alla povertà. I risultati mostrano grandi differenze tra i diversi paesi, sia dal punto di vista strutturale sia come risposta agli effetti prodotti dalla crisi. Ciò che emerge, in generale, è il ruolo marginale assunto dai trasferimenti finalizzati al contrasto della povertà e dell’esclusione sociale in senso stretto, da cui l’importanza di una visione allargata a un insieme più ampio di trasferimenti.
  • L’articolo si propone di sviluppare una riflessione approfondita dei rapporti fra l’affermazione delle formazioni populiste e le trasformazioni della democrazia, analizzando i cambiamenti in corso nel sistema politico italiano dopo le recenti elezioni nazionali. Il Movimento 5 stelle e la Lega hanno ottenuto un ampio consenso elettorale e successivamente hanno formato un governo di coalizione. Per la prima volta in Europa due tipologie molto differenti di populismo si sono coalizzate in un governo nazionale. Se riuscirà a durare e a realizzare alcuni dei suoi obiettivi più importanti, il governo di coalizione può provocare, una significativa ridefinizione del sistema politico italiano, facendo emergere un nuovo tipo di bipolarismo.
  • Il concetto di populismo è ambiguo e polisemico e abbraccia fenomeni molto eterogenei. In una definizione minima, la categoria di populismo rinvia a un atteggiamento e a una pratica ostile alla mediazione politica e alle istituzioni della rappresentanza. Il fondamento ideologico del populismo come strategia di conquista e conservazione del potere è la volontà di andare oltre la distinzione tra destra e sinistra, e oltre il conflitto tra capitale e lavoro. La formula di un populismo di sinistra appare per questo come contraddittoria negli assunti teorici e subalterna sotto il profilo della cultura politica.
  • L’articolo analizza le esperienze degli utenti immigrati dei servizi sanitari pubblici in area perinatale a Torino. Gli studiosi del fenomeno migratorio si sono sempre più interessati all’impatto delle politiche sociali sul processo di integrazione, anche per quanto riguarda l’accesso ai servizi sanitari. Secondo gli studi incentrati sui servizi di salute materna e infantile, la burocrazia e le barriere linguistiche sono alcune delle cause di un accesso ridotto a informazioni o servizi sanitari dei genitori immigrati. Ci sono pochi studi che esplorano tali problemi nel contesto italiano. Lo scopo di questo articolo è iniziare a colmare questa lacuna. In primo luogo, l’articolo descrive sinteticamente il recente processo di riorganizzazione dell’assistenza pubblica dei servizi sanitari perinatali a Torino e le principali caratteristiche degli utenti di questi servizi con particolare riguardo alla presenza di immigrati. Quindi, analizza le esperienze con i servizi sanitari locali perinatali di un gruppo di trentasei immigrati provenienti da Perù, Romania e Marocco. In conclusione, l’articolo sottolinea i principali aspetti critici nel sistema sanitario pubblico perinatale locale emerso dall’analisi.
  • Nel 1978, l’approvazione di tre grandi riforme sociali – la legge 180 di riforma della psichiatria, la legge 194 sulla tutela della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza e la legge 883 di riforma sanitaria – contribuì a migliorare le condizioni di vita dei cittadini del nostro paese. L’articolo ricorda quale siano stati il contesto politico e il percorso di mobilitazione sindacale e sociale che hanno accompagnato l’approvazione delle leggi; e sottolinea i punti di forza delle tre riforme ma non si limita a rievocarle come conquiste del passato, piuttosto segnala come siano ancora estremamente attuali, conservando tutto il loro potenziale innovativo.
  • L’articolo sviluppa attraverso le tappe di evoluzione dello scenario del farmaco, in Italia, ma sullo sfondo delle trasformazioni della ricerca e del mercato a livello internazionale, la tesi enunciata nel titolo: contenuti, ruoli, criteri di uso di farmaci e di tecnologie possono, e devono, essere raccontati, compresi, valutati nella loro permanente e molto stretta relazione con il sistema sanitario complessivo. Le tappe ritenute più significative, dai due punti di vista complementari, degli sviluppi conoscitivi e istituzionali, nel corso degli ultimi quarant’anni guidano ad una lettura complessiva del Ssn, che ne permette la comprensione in un contesto politico, sociale, istituzionale (ancora una volta e indissolubilmente a livello nazionale e globale) sempre più caratterizzato da una dipendenza da determinanti di tipo economico che si impongono sui principi e i dettati costituzionali che dovrebbero garantire prioritariamente il diritto individuale e collettivo ad una sanità non escludente soprattutto delle popolazioni/patologie che più direttamente mettono a rischio l’autonomia e la dignità delle vite-storie delle persone.
  • Il saggio si concentra sull’introduzione, a partire dagli anni novanta, di forme di aziendalizzazione e managerializzazione all’interno del Servizio sanitario nazionale (Ssn). La legge istitutiva del Ssn nel 1978 attribuiva un potere limitato alla componente tecnico-gestionale, lasciando sostanzialmente i poteri in mano ai due principali gruppi di attori, che avevano giocato un ruolo centrale nel precedente assetto mutualistico: quello politico e quello medico. Con l’aziendalizzazione si intendeva limitare il potere dei medici, sottoposti a rigorose forme di controllo, nonché estromettere dalla gestione sanitaria la componente politica, adottando un modello di forte separazione delle attività di gestione da quelle di indirizzo politico. Il saggio mostra come il quadro che emerge a un quarto di secolo di distanza da tali riforme è profondamente differente. Se, da un lato, la managerializzazione ha permesso forme di razionalizzazione della spesa e notevoli risparmi ed efficientamenti del Ssn (che continua a funzionare con risorse nettamente inferiori a quelle di altri Ssn), dall’altro, l’idea dell’autonomia dei manager delle aziende si è andata perdendo fortemente nel tempo in molti territori e si è in presenza di un sistema sempre più ri-verticalizzato e ri-politicizzato.
  • In Italia l’assalto all’universalismo – e ai principi fondanti della legge 833 approvata quarant’anni orsono – si manifesta con un disegno bipartisan fondato sul definanziamento del settore sanitario pubblico e sulla promozione del «secondo pilastro» assicurativo privato. Un disegno molto simile a quello ordito nel 1992 dal ministro De Lorenzo, ma reso oggi molto più pericoloso dalla convergenza di molteplici interessi e dall’assenza di una qualche resistenza a «sinistra». C’è da augurarsi che le molteplici iniziative che sono in cantiere per ricordare i quarant’anni di vita del Servizio sanitario nazionale servano a risvegliare dal loro torpore le forze politiche e sindacali che hanno (o dovrebbero avere) nel proprio bagaglio ideale il concetto di diritto alla salute e di uguaglianza di tutte le persone di fronte alla malattia.
  • La tutela della salute, come questione politica, è da tempo relegata ai margini del dibattito pubblico o emerge saltuariamente in occasione di qualche episodio di malasanità o di malaffare. Ma i quarant’anni del Servizio sanitario nazionale sono un’occasione importante per riflettere su una delle opere pubbliche più significative realizzate in Italia a partire dalla fine degli anni settanta e per motivare nuovamente cittadini e operatori rispetto al valore e all’attualità di quella scelta. C’è davvero bisogno di mobilitare una nuova alleanza culturale e politica per superare l’indifferenza e il disimpegno che rischiano di compromettere il futuro del diritto alla salute nel nostro paese. La sfiducia maturata in questi anni a causa delle disuguaglianze e delle carenze in molti aspetti del sistema va affrontata e superata con impegno. Un impegno che è anche una sfida a recuperare, senza timidezze, lo spirito e le finalità della legge 833.
  • I problemi sollevati dal ricorso massiccio all’obiezione di coscienza e ai vincoli che questa pone alla possibilità effettiva di ricorrere all’aborto legale costituiscono un esempio di un nodo irrisolto della legge 194 oggetto di una controversia che ha anche diviso il femminismo e il movimento delle donne prima e dopo l’approvazione della legge: se, cioè, il diritto all’autodeterminazione fosse meglio garantito dalla «semplice» depenalizzazione o, all’opposto, da una legge che per definizione avrebbe definito i limiti dell’autodeterminazione, subordinandoli a requisiti definiti a priori e al di fuori delle condizioni soggettive. Dopo aver ripercorso sinteticamente i termini del dibattito che ha diviso il movimento delle donne, e di come questi sono stati trasformati nel tempo anche a seguito delle nuove problematiche aperte dalla riproduzione assistita, viene discusso in che misura l’introduzione della Ru486 e della pillola del giorno dopo possano modificare i termini della questione. In conclusione si ripropone la possibilità di affrontare la questione dell’aborto volontario nella prospettiva di un utilizzo mite, non univocamente prescrittivo del diritto.
  • Il saggio ricostruisce l’esperienza dei consultori familiari dalla promulgazione della legge 405/75 che li istituisce fino agli sviluppi degli ultimi anni, tentando un bilancio rispetto alla loro mission originaria. Ci si è sinteticamente soffermati sul clima sociale e politico di quegli anni, segnato dall’esperienza dei movimenti, sul carattere di compromesso della legge tra forze laiche e cattoliche, sugli elementi di novità introdotti, sulle leggi regionali di attuazione. Per quanto riguarda la situazione attuale i dati a disposizione, non sempre del tutto coerenti, consentono di delineare con qualche incertezza l’andamento della copertura, ma permettono di cogliere alcuni aspetti negativi o positivi del processo di regionalizzazione che sarebbero utili in vista di un rilancio del servizio.