• Questo articolo sottolinea l’importanza crescente della contrattazione decentrata nel dibattito e nelle misure legali in materia di relazioni industriali nei principali paesi europei. Il testo ricorda anche come le potenzialità della contrattazione di ambito aziendale abbiano condotto ad accordi importanti e innovativi in diverse imprese. Nello stesso tempo viene rilevato come la diffusione della contrattazione decentrata, specie di quella di maggiore qualità, sia ancora modesta e insufficiente in tutti i paesi. Per questa ragione viene ribadita l’importanza del ruolo delle grandi organizzazioni di interessi nel rafforzare azioni più mirate ed efficaci riguardo a questo oggetto.
  • La contrattazione collettiva multi-datoriale ha patito in questi anni una duplice e concomitante pressione a causa della crisi economica e di un interventismo in ambiti tradizionalmente riservati all’autonomia collettiva. Tale pressione è stata più forte nei paesi più colpiti dalla crisi e ha riguardato sia la struttura dei sistemi contrattuali che i suoi esiti, inducendo una compressione salariale e una svalutazione interna, come anche una contrattazione concessiva, specie a livello aziendale. Lo spazio per la contrattazione decentrata è cresciuto pressoché ovunque, anche dove i sistemi contrattuali restano più fortemente organizzati. In questo scenario un team europeo di esperti ha realizzato uno studio (Decoba) al fine di analizzare le traiettorie verso il decentramento in atto in un gruppo di paesi tradizionalmente accomunati per un certo grado di coordinamento centralizzato: Belgio, Germania, Francia, Italia, Spagna. L’articolo, dei curatori della comparazione, rileva come l’accresciuto interventismo dei governi sugli assetti contrattuali abbia perseguito un rovesciamento del vecchio ordine gerarchico tra le fonti, riducendo al contempo l’autonomia negoziale delle parti. Ciò nondimeno emerge come questo potenziale erosivo della legge non si sia di fatto tradotto in una crescita della contrattazione aziendale e di quella in deroga in particolare. Le parti non lo hanno ritenuto utile, rivelando in ciò una certa resilienza dei sistemi nazionali, lungo i sentieri conosciuti del confronto negoziale autonomo. A parte casi eccezionali ciò che emerge dai contributi nazionali è l’assenza di un nesso fra il ricorso a deroghe peggiorative e performance aziendali, laddove nel medio periodo il loro impiego potrebbe certamente corrodere la cooperazione e la fiducia nei luoghi di lavoro.
  • Il presente contributo illustra i principali risultati del progetto di ricerca europeo Decoba mettendo in evidenza i più recenti cambiamenti delle relazioni industriali all’interno del settore retail in cinque diversi paesi (Germania, Belgio, Francia, Spagna e Italia). In tutti i paesi esaminati la contrattazione collettiva presenta un assetto multilivello, teso a regolare il settore a livello nazionale e a livello decentrato (con accordi aziendali e/o territoriali). In tutti i paesi nel settore del retail la contrattazione collettiva non riesce più a produrre come esito una attenuazione degli effetti negativi generati dal mercato e i sindacati non riescono più ad arginare o contrastare le tendenze verso un peggioramento delle condizioni dei lavoratori. Tale processo si verifica in tutti i paesi esaminati, nonostante ciascuno presenti un proprio e diverso sistema nazionale di relazioni industriali e di regolazione del lavoro. L’obiettivo è quello di contribuire a una migliore comprensione di tale fenomeno mettendo in evidenza l’importanza non solo dei fattori e delle trasformazioni strutturali avvenute e ancora in corso nel settore, ma anche la centralità delle dinamiche (e dei mutamenti nei rapporti di forza) nelle relazioni tra le organizzazioni sindacali e datoriali all’interno del retail.
  • In concomitanza con la «grande recessione» di questi anni il diritto del lavoro in Spagna ha subito continui cambiamenti, il più importante dei quali è stata la riforma del mercato del lavoro e delle relazioni industriali approvata dal governo conservatore nel 2012. Uno degli obiettivi principali di questa riforma è stato quello di promuovere la contrattazione a livello aziendale, sempre più sganciata da quella nazionale o comunque di livello superiore. Oggi, a distanza ormai di qualche anno, possiamo dire che ciò non ha determinato una sostanziale alterazione della struttura formale della contrattazione collettiva, con una contrattazione aziendale tuttora molto limitata. Ciò che invece è riuscito a conseguire è stata una forte svalutazione salariale, che ha esacerbato la situazione sociale del paese.
  • Il Belgio è conosciuto per il suo sistema di regolazione dei salari fortemente istituzionalizzato e per la sua radicata cultura di dialogo sociale. Tuttavia i recenti cambiamenti politici e la pressione economica esterna hanno messo in discussione il modello tradizionale. La nostra ipotesi di lavoro è che, pur rimanendo intatta la struttura istituzionale, si sia creata una frattura tra l’estrema centralizzazione legata al tentativo da parte dello Stato di acquisire la regolazione dei salari a livello nazionale, da un lato e, dall’altro, l’innovazione del dialogo sociale a livelli decentrati come reazione al restringimento dei margini di negoziazione. Il paradosso è che le riforme mirate a liberalizzare l’economia hanno reso più complessa la contrattazione collettiva, e ne hanno ridotto l’indipendenza.
  • L’articolo analizza il sistema contrattuale italiano nel periodo 2012-2017. I risultati della ricerca mostrano la persistente rilevanza della contrattazione collettiva di categoria. Si osservano forme di decentramento settoriale e territoriale. Le deroghe aziendali sono limitate, anche se si riscontra una diffusa violazione di quelle procedurali e dei riparti di competenza tra diversi livelli contrattuali.
  • La contrattazione aziendale ha certamente sofferto la dura recessione che ha colpito per lungo tempo l’economia italiana, ma ha mantenuto una sua capacità di diffusione. L’Ocsel, Osservatorio sulla contrattazione di secondo livello della Cisl, ha potuto monitorare tuttavia una inversione di tendenza nell’ultimo biennio. Da contrattazione difensiva e incentrata sulla gestione delle crisi occupazionali si torna a veder prevalere negli anni 2015-2016 la definizione di premi salariali per obiettivi, la ripresa di interesse in materia di orari e mercato del lavoro, un vero e proprio salto di qualità nella diffusione del welfare contrattuale, fino a poco tempo fa residuale. La contrattazione aziendale sembra essere radicata non solo nelle aziende grandi e nei gruppi, ma mantiene il proprio ruolo regolatore anche in molte Pmi. Certamente è maggiormente diffusa nel tessuto economico del Centro-Nord, ma non è più limitata ai comparti manifatturieri tradizionali. Se ad essa affianchiamo la contrattazione territoriale di secondo livello possiamo dire che la contrattazione decentrata in Italia mantiene una sua capacità di azione e diffusione. La contrattazione decentrata supera la crisi diventando molto più fluida nella tempistica e nella durata ed evolvendo verso contenuti sempre più innovativi, cercando di regolare in modo più partecipativo le relazioni tra impresa e lavoro.. La contrattazione è destinata a misurarsi con nuovi temi sempre più centrali nel rapporto tra impresa e lavoro (organizzazione del lavoro, politiche attive, creazione delle competenze, apprendistato e rapporto con scuole tecniche e professionali, diritto alla formazione) e inediti rispetto al recente passato.
  • Questo contributo intende offrire una ricostruzione critica del dibattito relativo agli effetti della contrattazione decentrata sull’occupazione e la crescita economica. La visione dominante fa propria la convinzione secondo la quale lo spostamento della negoziazione al livello di impresa e territoriale genera crescita dei salari e della produttività del lavoro. Verrà mostrato come questa impostazione risente di forti criticità sul piano teorico, messe in evidenza da molti economisti post-keynesiani. In una prospettiva teorica post-keynesiana la contrattazione decentrata tende a generare moderazione salariale, declino della produttività del lavoro e del tasso di crescita.
  • È ampiamente diffusa l’opinione che il decentramento della contrattazione collettiva possa essere un elemento importante nell’introdurre innovazioni e cambiamenti sul fronte dell’organizzazione del lavoro. Il presente contributo intende fornire un approfondimento sulle tendenze e lo stato di salute della contrattazione collettiva in Italia, facendo ricorso ad analisi descrittive elaborate a partire dalle basi di dati ricavate dalla indagine Inapp-Ril (Rilevazione su imprese e lavoro), indagine condotta su un campione di circa 22.000 imprese italiane. Nella prima parte sono analizzati i dati relativi all’andamento nel periodo 2005-2015 della contrattazione collettiva nazionale e di II livello, focalizzando l’attenzione sulla sua diffusione e sulla membership associativa. Nella seconda il contributo si concentra sulla diffusione della contrattazione decentrata, sulle sue caratteristiche e sull’oggetto della contrattazione stessa nel 2015, disaggregando i dati in riferimento alla natura giuridica dell’impresa, alla dimensione aziendale, al settore produttivo e all’area geografica di appartenenza.