Di Vittorio vive
19
Dicembre
2023

Di Vittorio vive

Intervista a Maria Grazia Adamo, autrice del libro Mai più senza pane, un romanzo sul fondatore della Cgil narrata attraverso le voci di chi lo ha conosciuto, e personaggi di fantasia.


In che modo è stato pensato e strutturato questo libro?

Sin dall’inizio l’ho immaginato come fosse un caleidoscopio. Ognuno offre il proprio punto di vista del personaggio, e ogni personaggio si inserisce in un momento storico preciso, un filo rosso che conduce in un periodo storico preciso, a partire dalla mamma di Di Vittorio, avanzando cronologicamente, insieme al punto di vista dei diversi personaggi. C’è poi anche una particolarità nella struttura.
Quale?
Ogni capitolo è preceduto da un esergo, come una sorta di introduzione che in maniera lirico-poetica introduce al libro; e se si prende il libro e si legge soltanto ogni esergo è come se ci fosse una storia nella storia. Nel complesso, si tratta di una struttura che si sviluppa nei suoi contenuti.
A ormai un secolo dalla sua biografia umana e politica, che significato può ancora avere il racconto della vita di Giuseppe Di Vittorio?
In verità avevo messo da parte questo libro proprio per questi motivi, cioè pensando che non potesse interessare molto, in particolare alle nuove generazioni. Poi è capitato qualcosa che ha cambiato le cose…
Possiamo raccontarla?
In breve: mia sorella studia doppiaggio, le chiedono un testo per un provino, a sua volta mi chiede un testo scritto, e decide di recitare proprio la parte che ora nel libro è il quarto capitolo, quello dedicato a Carolina Di Vittorio, la sua prima moglie. Finito il provino, diversi ragazzi le chiedono dove ha preso quel testo, e dichi fosse quella storia. Da lì ho pensato che forse l’idea di continuare a scrivere non fosse sbagliata, perché se interessava a dei giovani allora era una storia che poteva ancora suscitare interesse.
C’è dunque un’attualità che si può riconoscere in Di Vittorio?
Secondo me è molto attuale, perché il suo pensiero e la sua azione contengono un messaggio universale che varrà per sempre, per la sua straordinaria capacità di guardare oltre. D’altronde lo diceva ai braccianti agricoli, mentre leggeva di notte a lume di candela e veniva per questo deriso, che senza la conoscenza sarebbero stati sempre sconfitti, installando così nel loro immaginario la possibilità di essere depositari di diritti grazie alla cultura, squarciando in questo modo le loro esistenze, evocando un grande potere drammaturgico, come quando leggeva loro brani de I promessi sposi, facendoli immedesimare nei personaggi creati da Alessandro Manzoni, adattandoli a figure reali. Ecco, per me in questo risiede la sua attualità.
In che modo?
Nel senso che oggi ci troviamo di fronte a una coscienza critica sempre più assottigliata, invece di risvegliare un desiderio di conoscenza che ci renderebbe più autonomi, più liberi. Oggi dovremmo recuperare questa capacità di avere un pensiero critico, senza essere schiacciati su un tipo di comunicazione che più che autonomi ci rende automi.