Le braccianti di oggi sono digitali
Intervista a Pat Carra sulle sue ultime tavole contenute nel volume “La bracciante digitale”, che raccoglie in cinque capitoli la condizioni di lavoratrici e lavoratori contemporanei, diverse ma non troppo da chi si guadagnava da vivere nei campi il secolo scorso.
Come mai la scelta di raccogliere proprio ora in volume queste tavole?
Il titolo del libro non nasce adesso, ma nel 2014, con le prime strisce su una rivista che si chiamava Aspirina. C’è quindi una radice più antica, ispirata in particolare dalle conversazioni in redazione insieme a un’amica, programmatrice-web, teorica e critica della tecnologia, oltre che scrittrice di fantascienza, che viene da Cerignola e che è andata in tutte le scuole intitolate a Di Vittorio. Parlando con lei è avvenuta questa connessione tra le braccianti della terra e le braccianti digitali.
Chi è la bracciante digitale?
È la personaggia delle strisce che compaiono nel primo capitolo, ispirata proprio all’amica pugliese. Ho tradotto le sue riflessioni declinandole a modo mio, con l’umorismo. La bracciante digitale nei fumetti torna con la mente alla sua origine, terra di lotte di braccianti agricoli, e nell’ambiente virtuale prosegue la sfida alla ricerca di un territorio in cui radicarsi. È legata al web come una bracciante lo è alla terra, e lì è la sua lotta. In una striscia si mette a scrivere il manifesto del bracciantato digitale, ispirata da Donna Haraway e Marx, dalla fantascienza a Simone Weil… Fa parte del bracciantato anche chi sta nel web senza un compenso, per esempio chi usa i social senza rendersi conto che il suo lavoro gratuito porta guadagno solo alle piattaforme in cambio di una visibilità dubbia o alienante. Paradossalmente possiamo considerare bracciantato, nella catena delle piattaforme, quasi tutto il lavoro che si fa. Compreso il mio, che sono la bracciante del fumetto dell’ultimo capitolo.
La scelta della forma-libro, visti i tempi e i contenuti dello stesso, potrebbe apparire ormai quasi fuori contesto…
In effetti da molto tempo non pubblicavo un libro. Negli ultimi dieci anni ho preferito le mostre con cataloghi autoprodotti, artistici, creazioni non pensate in serie. Anzi, confesso che avevo quasi gettato la spugna rispetto a una pubblicazione editoriale trasferendomi più sul digitale, oppure portando il fumetto sulla tela con il ricamo, e lasciando alla carta lo spazio per il disegno in studio, gli schizzi e la scrittura a mano. Determinante è stata la spinta di mia figlia, stanca di non vedermi sugli scaffali delle librerie e il fatto che Futura editrice avesse già pubblicato due miei libri sul lavoro, La Bella Addormentata fa il turno di notte e Annunci di lavoro. Mi piaceva l’idea che si potesse formare una trilogia.
Il tema della disparità nei confronti del lavoro femminile, ben presente nella storia del nostro Paese, riguarda anche il lavoro digitale di oggi?
Mah, forse è un tipo di domanda in cui trovo risposta soltanto nell’umorismo delle mie vignette, che d’altra parte sono la materia del volume. Sono femminista da tanto tempo… La mia pratica femminista, che dura da qualche decennio, alla fin fine si traduce nel mettere al centro la relazione tra donne. Da questo punto di vista, oggi vedo alcuni segnali incoraggianti.
Eppure la cronaca quotidiana ci racconta altro.
Sì, la realtà di quanto accade ogni giorno la conosciamo bene ed è insopportabile. Eppure a me pare che la sensibilità e la consapevolezza di molte donne e anche uomini, soprattutto giovani, sia fortissima. Dalla lotta alla violenza maschile contro le donne a quella ambientalista fino a quella sulle guerre, c’è un filo rosso sempre più evidente. A me sembra che nei movimenti e in alcune istituzioni queste connessioni siano vive e forti soprattutto grazie alla presenza delle donne.
Dove ci porterà questa ipertecnologia, basata sul lavoro delle braccianti digitali?
Non sopravvaluto la tecnologia, né in bene né in male, e il titolo La bracciante digitale in un certo senso vuole chiarire proprio questo. Le cosiddette rivoluzioni industriali, la catena di montaggio, la maledetta scoperta dei motori, perché si chiamano rivoluzioni? In realtà non lo sono nel senso che daremmo noi alla parola. Nel libro c’è una vignetta sull’invenzione della ruota, in cui la ruota dice a una donna preistorica “Sono l’intelligenza artificiale dei tuoi piedi”. Ecco, non credo alle magnifiche sorti e progressive delle tecnologie, altrimenti sopravvaluterei anche Elon Musk, e non lo vedrei per la miseria umana che è…
Come si sopravvive a tutto questo?
Non lo so. So solo che la mia vita è fatta di amicizie, di lotte con persone affini e di una forma di meditazione che è l’umorismo.