Tra reddito e giustizia sociale
28
Febbraio
2024

Tra reddito e giustizia sociale

Intervista alla professoressa Elena Granaglia, docente di Scienze delle Finanze presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi Roma Tre, autrice del volume “Il reddito di base

Professoressa Granaglia, tra reddito minimo e di cittadinanza in questi anni c’è stata qualche confusione. Possiamo spiegare meglio?
Partiamo da un presupposto: spesso le parole sono convenzioni. Nel nostro caso, e in questo libro, con la definizione “reddito di base” dobbiamo intendere il trasferimento monetario finanziato dalla fiscalità generale. Nel concreto parliamo di forme di sostegno al reddito di mercati, o a redditi individuali che si hanno con il reddito salariale.
Salari che in Italia continuano a rappresentare un problema per la maggioranza dei lavoratori…
Sì perché gli stipendi nel nostro Paese non crescono da vent’anni, e questo rappresenta un problema enorme; dunque la proposta di un reddito di base dovrebbe intervenire proprio in questo senso, per fornire sostegno economico a chi non ha ancora un reddito decente. La questione salariale è un tema centrale, e la strada dovrebbe essere creare il più possibile un lavoro dignitoso in quantità e remunerazione. Finché non c’è, bisogna pensare a forme di sostengo al reddito.
E il salario minimo?
Chiaramente è un altro discorso, anche se in qualche misura connesso al reddito di base. Vuole dire che per ogni ora che lavori devi avere una retribuzione minima di nove euro, a prescindere dalla tua posizione, tema su cui si sta discutendo, anche nel sindacato. Secondo la nostra Costituzione la via maestra dovrebbe essere un reddito di partecipazione decorosa al mercato del lavoro, quindi con reddito di base noi parliamo di un reddito indipendente ma di sostegno a questa partecipazione al mercato del lavoro, troppo spesso insufficiente.
Nel libro vengono descritte altre pratiche provenienti dal resto d’Europa
Le visioni di questo tipo di reddito possono essere diverse. In Italia una maggior condivisione anche da parte del governo di centrodestra sarebbe auspicabile, ma non è così, e chi non ha un reddito adeguato per vivere, per vari motivi, resta indietro. In alcuni Paesi europei, come da noi si è fatto con il reddito di cittadinanza, si parte dal principio del contrasto alla povertà; ma c’è anche una seconda motivazione, legata al principio che tutti abbiamo diritto a un qualche reddito perché nella realtà esistono molte risorse comuni, collettive, che dovrebbe appartenere a tutti, come la terra, ormai da tempo distribuita in maniera non egualitaria, fino ad arrivare al fenomeno del land grabbing, cioè la sottrazione di terra da parte di privati per questioni solamente di profitto. Esistono però beni comuni, e quindi ognuno di noi per questi beni comuni dovrebbe ricevere un reddito minimo di base.
Cercando di guardare al futuro, quali sarebbero secondo lei i provvedimenti migliori da proporre?
Non solo l’esperienza europea, ma anche quella italiana di questi anni ci racconta che, seppur nessuna politica è perfetta, si possono costruire strumenti di alleanza contro le povertà, indicati per esempio dalla Commissione Saraceno, che guardano tra gli altri al reddito minimo praticato in Germania. Inutile nasconderci che ci siano tante resistenze: ma oltre i modelli europei, è anche il tanto fatto in Italia in questi anni, compreso il reddito di cittadinanza, a confermare che insieme si può fare molto, e che c’è molto da fare.