E la borsa e la vita
Un orizzonte riformista appassionante e concreto: più occupazione, più giustizia, più ricchezza, più benessere.
Novembre 2014
ISBN: 978-88-230-1915-7
Collana: Saggi
economialavorooccupazionesindacato
Descrizione
Oggi siamo di fronte a una polarizzazione tra chi lavora troppo (straordinari, aumento degli orari, flessibilità dei turni, intensificazione dei ritmi) e chi lavora troppo poco (part time involontario, precariato, disoccupazione). Eppure potremmo davvero “lavorare meno, lavorare tutti”. Con stile asciutto e taglio divulgativo, Marco Craviolatti ci spiega come. Senza negare il valore del lavoro, ma riconducendolo a una delle tante dimensioni importanti della vita, l’autore, sul solco di illustri studiosi come André Gorz e Pierre Carniti, sovverte l’abominevole equazione “il tempo è denaro” per restituire la consapevolezza del tempo quale risorsa umana, rara e preziosa. E le imprese? Anche loro ci guadagnerebbero. Perché verrebbe stimolata l’innovazione organizzativa e saremmo tutti più produttivi ed efficienti. Da dove partire? Da un cambiamento del modello di produzione e consumo e dall’individuazione di nuovi obiettivi: benessere individuale, giustizia sociale, parità di genere, efficienza ed efficacia produttiva. Il nostro lavoro può ancora avere un valore. Come? Ripensando il rapporto tra qualità della vita e qualità del lavoro, tra lavoro formale e informale. Non si tratta tanto di imporre limiti fissi all’orario di lavoro (le famose 35 ore), bensì di adottare strumenti fiscali, normativi e contrattuali per favorirne la riduzione volontaria (congedi familiari, part time lungo, pensione anticipata) e soprattutto per avviare una progressiva evoluzione verso orari collettivi ordinari “più corti del tempo pieno, più lunghi del tempo parziale”. Il testo esplora questa possibilità, alla ricerca di una quadratura del cerchio tra punti di vista solo in apparenza inconciliabili: un sindacato capace di rinnovarsi, movimenti sociali che coniugano idealismo e pragmatismo, attori economici innovativi e responsabili. Chiamando la politica al suo ruolo dimenticato di indirizzo dell’economia.
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