Con lo sviluppo accelerato dell’Intelligenza Artificiale, si profila ogni giorno di più un mondo distopico, segnato da una vera e propria secessione dei ricchi (proprietari e controllori del capitale immateriale, grandi manager e supertecnici dell’innovazione) da una massa sterminata di esclusi ed emarginati, condannati alla perdita del loro lavoro e a una vita sempre più precaria e priva di senso. Il senso del lavoro, infatti, non è solo economico ma anche esistenziale. Sussidi e trasferimenti devono accompagnare questo processo ma non possono sostituirlo: nessuna forma di reddito universale può dare un senso all’esistenza. Tutto ciò pone in termini nuovi la questione della qualità dell’intervento pubblico e delle sue istituzioni. Occorre suscitare un movimento che dia a scienza e tecnica l’obiettivo di liberare il lavoro e di permettere a ciascuno di realizzarsi secondo la propria natura. In Europa si devono mettere in campo tutte le azioni collettive possibili (a tutela di decisioni incontrollate prese sulla base di algoritmi) e rivendicare il diritto dei lavoratori a negoziare gli algoritmi nei contratti collettivi. Nel caso dell’Italia ciò comporta ripensare profondamente l’intervento pubblico e ricorrere a strumenti nuovi (come l’Agenzia per lo sviluppo) e/o a strumenti che sono stati abbandonati (come l’impresa a partecipazione statale).

Introduzione: Rossana Dettori, Riccardo Sanna
Lavoro e innovazione nell’ambito della riforma della governance e del Next Generation EU: Laura Pennacchi, Beniamino Lapadula
La grande biforcazione tecnologica odierna e l’intelligenza artificiale: Rino Falcone, Teresa Numerico
La privatizzazione della conoscenza e i beni pubblici europei: Massimo Florio, Gianna Fracassi
Il nuovo intervento pubblico e la “direzione” dell’innovazione: Cristiano Antonelli, Daniele Archibugi
Un’Iri della conoscenza? Luigi Zanda, Simone Gasperin
Intervento di Maurizio Landini

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