• Negli ultimi due anni un’ondata di conflitti sindacali ha investito il subcontinente indiano. Gli scioperi generali nazionali che si sono tenuti nel febbraio 2012, e un anno dopo nello stesso mese del 2013, hanno visto la partecipazione di circa 100 milioni di lavoratori in ambedue le occasioni. Si è trattato, secondo molti osservatori, degli scioperi più grandi mai registrati nella storia del movimento operaio. Alle origini del conflitto ci sono le politiche neoliberiste seguite dai governi negli ultimi venti anni, che hanno portato a uno sviluppo economico che ha favorito solo una parte minoritaria della popolazione, seguito da una crisi che in tempi recenti ha fortemente danneggiato tanto il ceto medio quanto la classe operaia e gli agricoltori. Il saggio ricostruisce i mutamenti avvenuti nel sistema di relazioni industriali e nella negoziazione collettiva in India, e le modalità con cui si sono tenuti gli imponenti scioperi generali dell’ultimo biennio, a partire da una piattaforma rivendicativa sindacale di ispirazione decisamente antineoliberista.
  • Per millenni ogni forma di discordia è stata considerata una patologia del «corpo politico». Ma attraverso il conflitto sociale i soggetti discriminati e subalterni hanno espresso i propri bisogni e le proprie istanze, rivendicando libertà, inclusione, uguaglianza, riconoscimento delle proprie identità. Nel corso del Novecento la società si è divisa in campi separati dalla loro posizione nell’ambito della produzione e lungo questa linea si sono articolate le differenti dimensioni del conflitto, che si è rivelato fattore di coesione sociale, condizione della democrazia e dei diritti. 
  • L’articolo racconta l’ultimo congresso della Ces, tenutosi ad Atene il 16-19 maggio 2011; un congresso importante, negli anni della de-regolazione neoliberista, della crisi economica, dei programmi di austerity, della crescita delle disuguaglianze. Il testo ricostruisce in modo dettagliato la composizione delle delegazioni, le diverse posizioni, i documenti discussi, gli emendamenti proposti, il dibattito sulla strategia futura.
  • L’articolo richiama l’analisi di Minsky, dalla interpretazione di Keynes alla teoria delle crisi e del money manager capitalism, e la proposta di considerare lo Stato come datore di lavoro di ultima istanza, sottolineando in particolare la severità dei controlli sul lavoro necessari in questo caso come nel caso dell’esercito del lavoro di Ernesto Rossi.
  • I lavori di questa mattina sono organizzati in due parti. La prima è dedicata all’analisi della Strategia europea in tema di occupazione, la seconda all’analisi delle strategie nazionali. A Massimo Pallini e a me compete di darvi qualche informazione su quanto sta accadendo a livello comunitario nella costruzione di quel modello sociale comune di cui ci ha parlato Adolfo Pepe. ...
  • La vertiginosa crescita delle incarcerazioni nell’ultimo ventennio ha fatto esplodere il problema del sovraffollamento penitenziario, e con esso quello della qualità della pena nel rispetto della dignità della persona detenuta. Tra timide riforme e occasionali provvedimenti deflattivi, la costruzione di nuove carceri e la saturazione di quelle esistenti continuano a dominare l’agenda politica. La struttura architettonica, la qualità edilizia e la collocazione urbanistica del penitenziario corrispondono alla sua funzione e al modo di interpretare la pena privativa della libertà. Chi si propone di riformare la pena non può rinunciare, quindi, a ripensare lo spazio penitenziario, almeno fino a quando il carcere resterà dominante nelle nostre culture e nelle nostre pratiche punitive. Testi di Sebastiano Ardita, Vittorio Borraccetti, Cesare Burdese, Alessandro De Federicis, Patrizio Gonnella, Francesco Maisto, Corrado Marcetti, Alessandro Margara, Mauro Palma, Sonia Paone, Eligio Resta, Leonardo Scarcella, Adriano Sofri, Maria Stagnitta, Grazia Zuffa.
  • Il contributo analizza le connessioni tra mancata misurazione della rappresentanza datoriale e dumping contrat-tuale. Dopo aver rilevato che, lungi dal potersi descrivere come episodici effetti collaterali del volontarismo contrat-tuale, le possibilità di moltiplicazione (e shopping) negoziale sembrano ormai costituirne i principali elementi di appeal, l’A. si sofferma sull’alternativa tra criteri qualitativi e quantitativi di misurazione della rappresentanza datoriale. Nella parte conclusiva della trattazione, l’analisi verte anche sul costo «economico» del dumping contrattuale e in particolare sulle sue connessioni con il tema del lavoro povero o sotto-remunerato – connessioni ri-enfatizzate nel dibattito a margine dell’adozione della Direttiva dell’Ue su salari minimi adeguati e, da ultimo, nel dibattito in corso, nell’ordinamento interno, sulla possibile adozione di strumenti legali di tutela dei minimi salariali.
  • Il tema della produttività nel nostro paese non sembra più di tanto al centro dell’attenzione né dell’analisi economica né delle Autorità della politica economica, né tanto meno dei commentatori delle politiche pubbliche. Ci si limita a richiamarlo, a evocarlo, a citarlo, ma senza che traspaia (salvo poche eccezioni) la consapevolezza che si tratti di un problema risolutivo per la vita economica e lo sviluppo civile del paese1. Eppure la produttività dovrebbe essere l’argomento chiave dell’analisi economica e delle politiche. ...