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Il rallentamento della produttività del lavoro in Italia: cause e soluzioni
L’analisi di Travaglini si concentra sui fattori che assicurano nel tempo una buona occupazione congiuntamente a una alta produttività.
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Il rapporto di lavoro in azienda
35.00
€
Il libro tende a strutturare una Guida alla consapevolezza dei doveri e diritti delle parti nel rapporto di lavoro. Mario Meucci - già docente di Diritto del lavoro e di Relazioni industriali, e con personali esperienze direttive aziendali - ha scelto quale tecnica di trattazione delle più ricorrenti questioni controverse quella di offrire al lettore, non già un tradizionale manuale di diritto del lavoro e sindacale di stampo accademico-istituzionale, bensì aggiornatissimi ed agili saggi sui principali istituti giuridici, che hanno spesso preso spunto dalla loro soluzione giurisprudenziale. Ne è sortito un manuale di diritto del lavoro e sindacale di fatto, diverso solo formalmente da quelli utilizzati nelle aule universitarie ma di pari livello qualitativo dal lato scientifico, con il vantaggio di essere agile e di uso concreto, idoneo alla prospettazione degli aspetti più salienti del rapporto di lavoro nell’impresa e all’auto-soluzione degli interrogativi che esso induce. I cinquanta capitoli dibattono, esemplificativamente, il tema delle corrette modalità di collaborazione in azienda, della libertà di opinione e di critica individuale e sindacale, delle mansioni (equivalenza statica e dinamica), del cd. «assorbimento dei superminimi», degli usi aziendali e dei cd. «diritti quesiti», della successione tra contratti anche in peius, delle ferie, del controllo di malattia, della sorveglianza sull’attività lavorativa, del divieto di indagini sulle opinioni, della prescrizione dei crediti, delle rinunzie e transazioni, della esternalizzazione di rami d’azienda, della violenza e delle molestie sul lavoro, della risoluzione del rapporto del dirigente, dei licenziamenti collettivi e altro ancora.
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Il rapporto padri e figli dopo la separazione: l’istruzione della madre conta?
Gli studi sulla relazione tra padri e figli dopo la separazione suggeriscono che le caratteristiche delle madri, in particolare l’istruzione, siano fattori chiave. Infatti, l’istruzione è un indicatore sia di valori e credenze «moderne» sia di maggiore autonomia economica femminile che tendono a ridurre le tensioni e il maternal gatekeeping dopo la separazione. Utilizzando i dati dell’indagine Famiglia e soggetti sociali condotta dall’Istat nel 2009, viene esplorato quanto frequentemente i padri separati vedano i loro figli minori e quale sia il ruolo del livello di istruzione della madre. L’Italia è un contesto interessante poiché, rispetto ad altri paesi europei, mostra ancora come sia il titolo di studio a guidare comportamenti e atteggiamenti «innovativi» e, inoltre, la legge sulla custodia condivisa è stata introdotta solo nel 2006. I risultati indicano che, controllando per status occupazionale, percezione delle proprie condizioni economiche, età dei figli, presenza di un nuovo partner e vicinanza con ex partner e con i nonni materni, il titolo di studio della madre ha un impatto significativo. Tuttavia, contrariamente alle aspettative, le donne con un livello di istruzione terziaria e secondaria mostrano lo stesso tasso di visite padre-figlio, mentre sono quelle con solo la licenza media ad avere figli con scarsi contati coi padri dopo la separazione.
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Il rapporto sul Mezzogiorno
10.00
€
Con il II Rapporto, l’Ires conferma l’impegno di procedere al costante monitoraggio sugli scenari e le dinamiche del lavoro e dell’impresa nel Mezzogiorno. Quest’area, pur sperimentando nel corso della seconda metà degli anni novanta una spinta propulsiva in grado di innescare una favorevole dinamica del Pil, non è riuscita a eliminare i fattori di debolezza strutturale che la caratterizzano (gravi carenze infrastrutturali, un insufficiente assetto produttivo, un minor grado di apertura al commercio internazionale e interno, una significativa presenza della criminalità organizzata e così via). La ripresa risulta oggi frenata sia da una congiuntura economica sfavorevole, sia dall’incapacità da parte dell’attuale governo di attuare una strategia in grado di produrre una svolta di qualità nel governo dell’economia. Nel realizzare il presente Rapporto l’autore si è posto due differenti obiettivi: da un lato, fornire un quadro sintetico delle principali tendenze economiche che hanno interessato il Mezzogiorno nel corso degli ultimi anni; dall’altro, fotografare - con l’ausilio dei principali dati statistici disponibili - l’assetto economico-produttivo attraverso il quale il Sud si dispone ad affrontare la sfida dell’ampliamento dell’Unione europea.
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Il Rapporto sullo sviluppo sostenibile ASviS. Serve un cambiamento culturale perché le proposte diventino concrete
Con la pandemia abbiamo tutti rivalutato l’importanza dei servizi pubblici e ci siamo resi conto degli altissimi costi, in termini economici, sociali e di vite umane, generati dallo smantellamento del welfare territoriale. Abbiamo anche realizzato quanto sia alto il numero di lavoratori privi di qualsiasi forma di tutela e di ammortizzatori sociali. Eppure, a meno di due anni dal primo lockdown, tutti questi apprendimenti sembrano già quasi dimenticati. Per questo, oggi più che mai, è necessario mantenere vivo e acceso il dibattito su questi temi. Nell’ambito di questo dibattito arrivano spunti importanti, sia in termini di analisi che di possibili proposte di politiche, dal Rapporto annuale dell’ASviS. Alcune di queste proposte sono presentate nella sezione 2 di questo articolo. La sezione 3 sottolinea che, affinché tali proposte diventino praticabili, è necessario un ribaltamento di prospettiva e di approccio della politica su tali tematiche; vengono quindi evidenziati alcuni ambiti, dall’istruzione, al welfare al contrasto alla povertà, in cui serve un cambiamento culturale nel modo in cui pensiamo alle politiche.
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Il rapporto tra sindacati e immigrati in Italia in una prospettiva di lungo periodo
Fin dall’inizio dei processi migratori il rapporto sindacati e immigrati si è mostrato solido. I sindacati attraverso la loro attività di rappresentanza hanno svolto una funzione di difesa dei diritti degli immigrati e ne hanno rivendicato l’estensione. Allo stesso tempo, attraverso l’erogazione di servizi specifici, i sindacati hanno facilitato i percorsi di integrazione di milioni di immigrati. In altri termini i sindacati hanno immediatamente riconosciuto gli immigrati come una risorsa di potere e hanno investito strategicamente su di loro e non è un caso che il tasso di sindacalizzazione degli immigrati in Italia abbia sempre registrato livelli elevati. L’esperienza italiana in questo senso rappresenta un caso eccezionale nel panorama europeo. Negli ultimi anni, tuttavia, il rapporto tra sindacati e immigrati sembra essere soggetto a crescenti criticità. Il presente articolo ricostruisce l’evoluzione del rapporto che i sindacati e gli immigrati hanno instaurato negli ultimi trentacinque anni. L’obiettivo è cogliere e riflettere sulle linee di continuità/discontinuità del rapporto tra sindacati e immigrati e comprendere se e come è cambiato l’investimento strategico delle organizzazioni sindacali sulla questione immigrazione.
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Il ratto di Europa
11.00
€
Quattro crisi che si intrecciano e si rafforzano l’un l’altra, in un vortice che rischia di spazzare via il modello europeo di welfare state e di tutela dei diritti dei lavoratori, punto di arrivo di un percorso avviato dai movimenti politici e sindacali di sinistra nell’Ottocento. Un modello che la sinistra europea non riesce più a difendere. Un modello che l’Europa, costruita finora su un progetto economico più che politico, guarda con crescente insofferenza, come fosse un peso nella sfrenata competizione globale. Il dumping sociale sta deindustrializzando l’Occidente, privandolo di milioni di posti di lavoro ed erodendo le conquiste sociali di due secoli di lotte. Allo stesso tempo, impedisce che le nuove economie «emergano» anche dal punto di vista di uno sviluppo sociale sostenibile, a causa di quella che è stata definita la «corsa al ribasso». I cittadini europei, impauriti e in cerca di un’effettiva rappresentanza, cedono sempre più alle sirene dei populismi, della xenofobia e delle demagogie anti-europeiste, contestando la stessa idea di un’Europa unita sotto l’insegna dell’integrazione. Eppure una risposta alternativa ci sarebbe. La promozione di una clausola sociale nell’ordinamento del commercio internazionale potrebbe rappresentare la prima battaglia veramente politica dell’Europa Unita. Sarebbe una bandiera della sinistra europea del III millennio. Sarebbe una risposta all’altezza delle quattro crisi che stiamo vivendo.
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Il razzismo
15.00
€
È impensabile fare la storia del razzismo senza elaborare un modello teorico che ne delinei concetti e nozioni adeguate, ma ogni modello deve sapersi misurare ed arricchire nel confronto serrato con l’analisi storica. A partire da questa duplice esigenza, il volume ripercorre a maglie larghe le vicende storiche dei due grandi filoni del razzismo moderno, quello antisemita e quello coloniale, culminate ad Auschwitz e nelle società segregate degli Stati Uniti e del Sudafrica, provando quindi a formulare un’ipotesi teorica in grado di descrivere il dispositivo logico sotteso alle ideologie razziste operanti negli eventi narrati. Pur nella diversità dei contesti storici, infatti, risulta possibile riconoscere una configurazione unitaria del discorso razzista: una logica comune alla base dell’invenzione delle «razze umane», individuando la quale la critica teorica e pratica del razzismo (e la sua stessa storia) appaiono sotto una luce diversa. Sulla scorta di questa ipotesi, viene così ripreso il filo della narrazione storica del XIX e del XX secolo, mettendo il dispositivo logico individuato alla prova dei più recenti processi di esclusione: la «razzizzazione» dei cosiddetti «marginali» («zingari» e «devianti», delinquenti e proletari), il razzismo sessista, il controverso tema del razzismo italiano. Infine, lo sguardo si spinge sull’ultimo trentennio, un’epoca in cui il razzismo sembra riemergere con virulenza immutata, ma con caratteristiche in parte inedite.
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Il razzismo [EBOOK]
11.99
€
È impensabile fare la storia del razzismo senza elaborare un modello teorico che ne delinei concetti e nozioni adeguate, ma ogni modello deve sapersi misurare ed arricchire nel confronto serrato con l’analisi storica. A partire da questa duplice esigenza, il volume ripercorre a maglie larghe le vicende storiche dei due grandi filoni del razzismo moderno, quello antisemita e quello coloniale, culminate ad Auschwitz e nelle società segregate degli Stati Uniti e del Sudafrica, provando quindi a formulare un’ipotesi teorica in grado di descrivere il dispositivo logico sotteso alle ideologie razziste operanti negli eventi narrati. Pur nella diversità dei contesti storici, infatti, risulta possibile riconoscere una configurazione unitaria del discorso razzista: una logica comune alla base dell’invenzione delle «razze umane», individuando la quale la critica teorica e pratica del razzismo (e la sua stessa storia) appaiono sotto una luce diversa. Sulla scorta di questa ipotesi, viene così ripreso il filo della narrazione storica del XIX e del XX secolo, mettendo il dispositivo logico individuato alla prova dei più recenti processi di esclusione: la «razzizzazione» dei cosiddetti «marginali» («zingari» e «devianti», delinquenti e proletari), il razzismo sessista, il controverso tema del razzismo italiano. Infine, lo sguardo si spinge sull’ultimo trentennio, un’epoca in cui il razzismo sembra riemergere con virulenza immutata, ma con caratteristiche in parte inedite.
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Il reddito di base
12.00
€
L’attenzione verso il reddito di base è alta anche nel nostro paese. Oltre ai progetti di legge depositati in Parlamento, alle proposte di studiosi e di organizzazioni sociali e alle iniziative adottate a livello locale, è di fine gennaio 2016 l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri di un disegno di legge in materia di contrasto alla povertà. A prescindere dai vincoli finanziari, le obiezioni culturali nei confronti di un reddito di base restano, tuttavia, forti e variegate. Attraverso un’analisi rigorosa, ma di facile lettura, il volume mira a fornire gli strumenti cruciali per orientarsi in questo dibattito. Entra nel dettaglio delle principali configurazioni di reddito di base, dal reddito minimo al reddito di cittadinanza, all’imposta negativa, alle dotazioni di capitale fino alle tante declinazioni che ciascuna forma può assumere. Esamina le più recenti evoluzioni in atto nell’Unione europea e in Italia. Infine, argomenta con forza le diverse ragioni di giustizia e di efficienza a favore di un reddito di base, delineando le principali implicazioni per le politiche pubbliche.
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Il reddito di base – Nuova edizione
15.00
€
Nel 2018 avevamo finalmente cominciato a sanare l’anomalia italiana di non avere uno schema di reddito minimo. Il 2023 segna il ritorno al passato. Il decreto lavoro e la successiva conversione in legge re-introducono misure categoriali di sostegno al reddito, che distinguono pesantemente fra poveri meritevoli e non meritevoli, a dispetto della Raccomandazione europea dello stesso anno relativa a un reddito minimo adeguato. Le responsabilità del governo di centro destra sono evidenti: la sua azione, tuttavia, è stata facilitata dal radicamento e dall’estensione, nel nostro paese, delle resistenze culturali nei confronti del reddito minimo. Attraverso un’analisi rigorosa, ma di facile lettura, il volume mira a fornire gli strumenti indispensabili per cercare di contrastare queste resistenze e cambiare rotta. Entra nel dettaglio delle principali configurazioni di reddito minimo e dei più complessivi redditi di base, intendendo, per reddito di base, un trasferimento monetario, liberamente spendibile, finanziato dalle imposte e finalizzato ad assicurare uno zoccolo di reddito a tutti e tutte. Esamina le più recenti evoluzioni in atto nell’Unione europea e nei paesi membri che la compongono, soffermandosi con particolare attenzione sul caso italiano. Presenta, infine, le tante ragioni che possono essere invocate a favore di un reddito di base, delineando le principali implicazioni per le politiche di contrasto della povertà. Al riguardo, difende con forza quello che viene definito un reddito minimo di cittadinanza.
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Il reddito di base – Nuova edizione [EBOOK]
11.99
€
Nel 2018 avevamo finalmente cominciato a sanare l’anomalia italiana di non avere uno schema di reddito minimo. Il 2023 segna il ritorno al passato. Il decreto lavoro e la successiva conversione in legge re-introducono misure categoriali di sostegno al reddito, che distinguono pesantemente fra poveri meritevoli e non meritevoli, a dispetto della Raccomandazione europea dello stesso anno relativa a un reddito minimo adeguato. Le responsabilità del governo di centro destra sono evidenti: la sua azione, tuttavia, è stata facilitata dal radicamento e dall’estensione, nel nostro paese, delle resistenze culturali nei confronti del reddito minimo. Attraverso un’analisi rigorosa, ma di facile lettura, il volume mira a fornire gli strumenti indispensabili per cercare di contrastare queste resistenze e cambiare rotta. Entra nel dettaglio delle principali configurazioni di reddito minimo e dei più complessivi redditi di base, intendendo, per reddito di base, un trasferimento monetario, liberamente spendibile, finanziato dalle imposte e finalizzato ad assicurare uno zoccolo di reddito a tutti e tutte. Esamina le più recenti evoluzioni in atto nell’Unione europea e nei paesi membri che la compongono, soffermandosi con particolare attenzione sul caso italiano. Presenta, infine, le tante ragioni che possono essere invocate a favore di un reddito di base, delineando le principali implicazioni per le politiche di contrasto della povertà. Al riguardo, difende con forza quello che viene definito un reddito minimo di cittadinanza.
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