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Per quale Terzo settore è pensata la riforma? Nodi, rischi e sfide applicative
La recente riforma del Terzo settore (L. n. 106 del 6 giugno 2016) costituisce un punto di arrivo di un mutamento del mondo associativo avvenuto negli ultimi decenni ma anche il punto di partenza di un processo attuativo che si produrrà nel corso dei prossimi anni. Il presente articolo presenta le caratteristiche salienti della riforma, ne indica alcune delle principali sfide aperte e opportunità e ne mette in luce alcuni possibili rischi, in particolare riguardo al rapporto con il welfare pubblico, al centralismo della governance del nuovo sistema e delle forme di rappresentanza. L’esito di questa sfida dipenderà da quanto gli attori istituzionali chiamati ad attuarla, in particolare governo centrale ed enti locali e quelli dello stesso Terzo settore, sapranno bilanciare il processo di ibridazione col mercato con il mantenimento del radicamento territoriale e culturale del Terzo settore.
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QRS N. 2/2019
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Come votano gli iscritti ai sindacati
Il ruolo dell'indebitamento familiare
Il lavoro autonomo in chiave territoriale
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Il voto «diviso» degli iscritti ai sindacati alle elezioni politiche del marzo 2018
In questo contributo esaminiamo i fattori generali e specifici che, in occasione delle elezioni politiche del 2018, hanno aumentato la crisi di fiducia degli iscritti ai sindacati verso i partiti di sinistra. In particolare, individueremo quali settori, tra i lavoratori associati, hanno privato del loro voto i partiti di sinistra. Concluderemo evidenziando la difficoltà che oggi incontrano i sindacati ad elaborare una rappresentanza unitaria dei differenti bisogni che vivono gli iscritti. Bisogni e ansie che li hanno indotti a esprimere un voto «diviso» in occasione dell’ultimo appuntamento elettorale.
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RGLNEWS 4/2019
• Legittimità costituzionale dei sistemi diversificati di liquidazione del trattamento di fine servizio • Il regime delle spese nel processo del lavoro di nuovo al vaglio della Corte costituzionale • La Cassazione conferma la irripetibilità delle retribuzioni percepite in caso di illegittima cessione ramo aziendale • Il Tribunale di Bari sulla «consumazione» del potere disciplinare e sui suoi effetti in caso di recesso del datore di lavoro • Rilevanti decisioni della Corte di giustizia sui trasferimenti di impresa e sulle modifiche al rapporto • Parere positivo dell’Autorità garante della privacy sul trattamento dei dati del reddito di cittadinanza
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La lotta del movimento del lavoro per la trasformazione della società
La scomparsa dei partiti «operai» ha privato una moltitudine di militanti di un orizzonte politico che costituiva nel contempo la motivazione all’impegno e il criterio di interpretazione della realtà. Il movimento del lavoro, che oggi con la globalizzazione ha di fronte compiti sempre più ampi e complessi, non può rinunciare ad avere una prospettiva politica. Una piattaforma epocale per un salto di qualità della democrazia e del lavoro potrebbe costituire l’obiettivo concreto da proporre, per riaprire un ruolo «politico» del movimento.
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Nuovi lavori, nuova regolazione. La segmentazione del mercato del lavoro creativo e le sfide della rappresentanza
In questo contributo introduttivo si ricostruiscono le trasformazioni di lungo periodo del lavoro creativo nel dibattitto socio-economico. Vengono individuati gli attuali processi di segmentazione all’interno di tale mercato, guardando alle dinamiche dal lato della domanda e dell’offerta. La parcellizzazione del mercato del lavoro creativo inibisce la domanda di rappresentanza da parte dei lavoratori e impone agli attori collettivi di ripensare a logiche, strategie e alleanze. Seppur in un quadro caratterizzato da grande eterogeneità, si individuano esperienze di collaborazione tra lavoratori e di complementarità tra attori della rappresentanza.
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Tribù autonome e co-working
I coworking comunitari sono veri open-source territoriali e zone ristoro abitate da freelance, nomad workers, start up, imprese e lavoratori a distanza. Ma come comunicano questi lavoratori? Come «fanno società»? «Fare rete» è l’obiettivo principale in tali luoghi e praticare il valore della condivisione, per queste comunità meta-professionali, è prioritario. Evitanti ed evitate dai sindacati tradizionali, che le hanno spesso trascurate e ignorate, aderiscono a nuove forme di rappresentanza e solidarietà di tipo cooperativo, ma 2.0, delle «umbrella company» che riuniscono «dipendenti imprenditori», dal consulente al corriere in bicicletta, i quali in cambio ne ricevono busta paga e protezione sociale. La società cooperativa mutualistica Smart è una di esse e valori simili sono impliciti nell’enorme sperimentazione in corso, condotta con la partecipazione di Bernard Stiegler, filosofo e fondatore di Ars Industrialis, nelle banlieue denominate «Plaine Commune», che si pone come obiettivo di riconvertire quei territori (a rischio) all’economia contributiva, passando per la collaborativa. Anche il progetto Millepiani è volto a sviluppare un prototipo nell’ambito delle politiche del lavoro, proponendo la riattivazione di spazi pubblici dismessi, come beni comuni da restituire al territorio in forma articolata e mirata alla sostenibilità.
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Giurisprudenza
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CM 4/5-2019
12.00
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Editoriale
Aldo Tortorella
, La costruzione del popolo
Osservatorio
Romeo Orlandi
, Lanterne rosse in Africa
Anna Maria Merlo
, Macron, un liberal troppo a destra
Iacopo Scaramuzzi
, La chiesa di Francesco, “poliedrica” e terremotata
“Alternative in rete”
Vincenzo Vita
, La dittatura delle tecniche, l’alternativa necessaria
Michele Mezza
, Il dominio del calcolo: un conflitto a casa nostra
Piero De Chiara
, Per una intelligenza europea (non solo artificiale)
Giulio De Petra
, Rivoluzione digitale, una critica da sinistra
Stefano Bocconetti
, Sui social ascoltiamo le parole degli anonimi
Discussioni
Denis Melnik
, Sul Putin-pensiero: il liberalismo è morto, viva il neoliberismo
Francesco Aqueci
, Antonino Laganà, Oltre la frontiera. Analisi e prospettive di un nuovo inizio
Laboratorio culturale
Aldo Tortorella
, Etica e politica in Antonio Banfi
Giuseppe Cacciatore
, Il marxismo di Antonio Banfi
Paolo Ercolani
, Marx, Lenin e la centralità della questione femminile
Sevgi Doğan
, Rosa Luxemburg e la questione femminile
Antonio Di Meo
, Primo Levi. Un centenario
Paolo Desogus
, La «filosofia della praxis» da Labriola a Gramsci
Stefania Pietroforte
, Usi di Leopardi
Schede critiche
Paolo Ciofi
, Rendita e sovranismo nelle città globali
Alberto Leiss
, La politica nell’era digitale
Fabio Vander
, L’egemonia e la sinistra nel XXI secolo
Pasquale Voza
, La (ancora) nuova ragione del mondo
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Prova dottrina
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Prova giurisprudenza
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Ricordo di Giacinto Militello
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È possibile ampliare i confini dell’azione sindacale verso la società e la politica? Presentazione
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Oltre i confini della contrattazione collettiva? Su mercato, gerarchia e subordinazione nella gig economy
I lavoratori della gig economy, in quanto formalmente «autonomi», fanno parte di una «distributed workforce» esterna al perimetro della contrattazione collettiva. La possibilità di ricondurli entro i suoi confini dipende in larga misura dal riconoscimento della loro subordinazione di fatto, a prescindere dal loro contratto formale con le imprese-piattaforme. Sullo sfondo del dibattito giuslavorista in merito, l’articolo si concentra sull’argomentazione a sostegno della presunta autonomia dei gig workers, basata sulla teoria dei costi di transazione, che riduce le piattaforme a semplici «mercati». Un uso analitico e non soltanto persua- Oltre i confini della Qcontrattazione collettiva? 31 sivo della stessa teoria conduce a ben altre conclusioni: le piattaforme sono «mercati gerarchizzati » creati, governati e controllati da un’impresa, dove la «gerarchia» opera attraverso la completa etero-determinazione algoritmica della prestazione lavorativa. E dove c’è gerarchia c’è subordinazione.
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Per un’innovazione tecnologica sostenibile
La rivoluzione tecnologica digitale è un processo in corso. Esso sta trasformando l’economia, il lavoro, i consumi e le abitudini di vita delle persone. Gli esiti quantitativi e qualitativi sull’occupazione e sulle condizioni di vita non sono scontati: dipendono dalle politiche che gli Stati fanno (o non fanno) per indirizzare l’innovazione e dalla tutela che il sindacato può fare (o non fare) con la contrattazione territoriale e sul lavoro. Senza questi interventi l’innovazione tecnologica allargherà le diseguaglianze sociali ed economiche. L’innovazione è un veicolo per realizzare gli obiettivi di una crescita sostenibile (economicamente, socialmente e ambientalmente sostenibile).
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Contrattare l’algoritmo: otto casi aziendali
L’articolo riporta i primi e parziali risultati di una case study research su esperienze di contrattazione della digitalizzazione in alcune aziende afferenti a diversi settori e analizzate con una ricerca di tipo qualitativo. L’articolo è focalizzato sulle dimensioni che sono emerse come le più sensibili nei casi indagati: la trasformazione del lavoro «concreto» (Trentin) con la digitalizzazione, che investe le dimensioni del rapporto con la macchina, dell’autonomia, della collaborazione, dei nuovi tipi di alienazione, e il tema del controllo della produzione e del lavoratore. In generale si riscontra che gli effetti dell’introduzione delle tecnologie cd. 4.0 sul lavoro variano molto a seconda dei contesti, che questi cambiamenti sono affrontati anche con istituti contrattuali tradizionali ma declinati in maniera innovativa e che si sono seguiti diversi approcci alle relazioni industriali per governare questi fenomeni.
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Prova
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Prova giurisprudenza
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Rispondere a innovazioni radicali
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CdLMM – Osservatorio Innovazione digitale. Organizzazione del lavoro e digitalizzazione tra rischi ed opportunità
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I sindacati come agenti di socializzazione politica? Orientamenti ideologici e comportamenti di voto dei lavoratori sindacalizzati in Italia
I sindacati possono contribuire alla formazione degli orientamenti ideologici e delle preferenze politiche dei loro associati? Questo tema non è mai stato esaminato nel nostro paese con l’utilizzo di dati di sondaggio concernenti l’intero universo dei cittadini elettori. Il presente articolo è un piccolo contributo mirante a colmare la carenza di studi sull’argomento. La rilevazione empirica è stata effettuata con l’esame degli orientamenti politici e dei comportamenti di voto degli iscritti ai sindacati italiani utilizzando i dati ricavati da tre round delle survey biennali promosse dal consorzio inter-universitario European Social Survey (Ess), con riferimento agli anni 2001, 2006 e 2013, gli unici finora disponibili relativamente al caso italiano. In particolare sono stati esaminati gli orientamenti della membership sindacale nei confronti della democrazia e delle istituzioni democratiche. È stato, poi, controllato il grado di fiducia che gli iscritti ai sindacati ripongono nei confronti del ceto politico e dei partiti italiani; e quanto interesse mostrano nei confronti della politica. Abbiamo, inoltre, interrogato i sindacalizzati sul tema sensibile della immigrazione. In ultimo, abbiamo affrontato l’esame della autocollocazione politica e dei comportamenti di voto dei lavoratori sindacalizzati. In una sezione conclusiva sono state tirate le somme sui risultati emersi dall’analisi.
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Promuovere la solidarietà di classe in tempi difficili: il ruolo dei sindacati nel contesto dell’avanzata dei partiti della destra radicale populista
La ricerca elettorale indica che i partiti della destra radicale sono riusciti a ottenere un consenso significativo fra i lavoratori. Si tratta di un segnale allarmante per il movimento sindacale, perché la destra radicale è stata il suo nemico peggiore nella storia e la sua agenda politica è ancora diametralmente opposta a quella del movimento sindacale. In questo articolo si sostiene che i sindacati svolgano un ruolo importante nel controbilanciare l’influenza dei partiti della destra radicale tra i lavoratori. Nel promuovere un messaggio di solidarietà di classe tra i lavoratori, i sindacati rappresentano la forza più importante che possa allontanare lavoratrici e lavoratori dal messaggio dei partiti della destra radicale populista. Analizzando i risultati elettorali dal 2009 al 2015 in undici paesi dell’Europa occidentale, l’articolo dimostra come le probabilità che gli iscritti ai sindacati divengano sostenitori della destra radicale siano significativamente inferiori rispetto a quelle di un campione comparabile di persone non iscritte ai sindacati.
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Strategia di partito e voto di classe: lo strano caso del Pd del 2018 «partito delle élite»
L’articolo presenta una riflessione teorica e un’analisi empirica (sulle elezioni politiche del 2018) sul rapporto tra classe sociale e voto, con particolare riferimento al Pd. Il declino del voto di classe in Europa occidentale negli ultimi decenni è stato spiegato da un lato in termini di cambiamenti sociali, dall’altro in termini di cambiamento delle strategie di partito. L’articolo si concentra su questo secondo aspetto. A una riflessione generale sul rapporto tra strategia di partito e classiche fratture sociali (e su come il contesto delle trasformazioni della nostra epoca ha limitato le possibilità strategiche dei partiti mainstream, con un dilemma chiave tra responsiveness e responsibility) ne segue una più specifica sulle scelte strategiche del Pd verso le elezioni del 2018, che conduce all’ipotesi che il profilo del voto di classe per il Pd si sia modificato tra 2013 e 2018. Il quesito viene testato empiricamente stimando modelli di regressione Ols e logistica di intenzioni di voto e preferenze partitiche in base a autopercezione di classe, livelli di istruzione e autopercezione degli standard di vita, sui dati di una survey Cawi condotta dal Cise nel febbraio 2018. I risultati della analisi confermano l’ipotesi, e mostrano come il voto al Pd nel 2018 si sia confinato – con effetti statisticamente significativi – alle classi che si autopercepiscono come più alte, e non in termini di istruzione, ma in termini di standard di vita.
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La frattura economica e la frattura territoriale nelle elezioni del 2018
Le elezioni politiche 2018 in Italia hanno confermato la radicalizzazione delle motivazioni economiche del voto che già si poteva osservare nelle ultime tre elezioni nazionali. Inoltre, si è verificata una divaricazione delle preferenze politiche a base territoriale (Nord, Sud): anche in questo caso non si tratta di una novità assoluta nella geografia elettorale italiana, tuttavia la divisione bipolare Nord/Sud non si era mai tanto acuita come nelle ultime tornate elettorali, sovrapponendosi alla ragioni economiche del voto nel ridisegnare una inedita frattura economico-territoriale del paese. L’articolo esplora le determinanti di questa doppia spaccatura, a partire dalla ri-mobilitazione del voto meridionale e dalle variabili socio-economiche che più influiscono nella concentrazione territoriale del voto. Infine, l’attenzione viene portata su di alcuni aspetti caratteristici del rapporto partiti-elettori nel Meridione, per suggerire come la saldatura inedita della frattura economica con quella territoriale trovi una sua possibile spiegazione in una delle conseguenze della crisi del debito pubblico, ovvero nello spiazzamento dei ceti medi meridionali specializzati nella intermediazione dal centro in periferia dei flussi finanziari e dei consensi politici.
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