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I poveri possono parlare?
13.00
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Sull’onda degli effetti esplosivi di una crisi economica e sociale ormai più che decennale, il tema della povertà è tornato al centro del discorso pubblico e della produzione culturale. Il successo recente di film come Joker o Parasite sta lì a testimoniarlo. Contestualmente, e in parte indipendentemente, un’altra crisi ha investito il piano politico e simbolico. Il vocabolario politico otto-novecentesco sembra non far più presa su una realtà radicalmente trasformata: così, da più parti, si invoca la sostituzione del concetto di classe con quello di popolo, e conseguentemente dell’opposizione orizzontale destra/sinistra con quella verticale alto/basso. Una tale operazione, solo apparentemente plausibile, risulta tuttavia, a uno sguardo più attento, intimamente problematica e logicamente aporetica. Chi è in basso, e chi in alto? Il «basso» può davvero parlare? E in caso, che valore si deve assegnare alla sua parola? Obiettivo di questo volume è usare la categoria di povertà come grimaldello per esporre e far saltare queste aporie. A questo scopo, vengono qui riuniti i contributi di cinque giovani ricercatrici e ricercatori, tutti provenienti da prospettive disciplinari differenti: diritto, sociologia, etnografia, filosofia politica, critica letteraria. La scommessa è che le questioni metodologiche diverse che il confronto con l’oggetto «povertà» pone nei rispettivi campi possano essere utilmente messe al servizio di un lavoro di concettualizzazione politica. L’analisi di singoli casi studio determina infatti, in primo luogo, un effetto di deontologizzazione: non tanto la povertà, ma i poveri. E non tanto ciò che i poveri sono, ma ciò che i poveri fanno. Nel libro sarà cioè questione di pratiche, e non di essenze. Di qui un ulteriore risultato: mostrare come i confini tra i poveri e «noi» siano molto più labili di quel che si crede. E come, dunque, la categoria di povertà possa rivelarsi l’indice di una nuova politica dell’emancipazione.
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RGL N. 2/2020
38.00
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RGL n. 1/2020
38.00
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Separate in casa
15.00
€
Nel contesto italiano del lavoro di riproduzione, quali sono state le definizioni e le rappresentazioni del lavoro e delle lavoratrici domestiche dal secondo dopoguerra a oggi? Ma soprattutto, quali sono state le cause o le contingenze delle mancate o solo potenziali alleanze tra organizzazioni delle lavoratrici domestiche e movimenti femministi? Il volume approfondisce questi interrogativi attraverso un focus sugli anni Sessanta e Settanta: la stagione che in Italia ha rappresentato sia l’apice del percorso di riconoscimento del lavoro domestico e di cura come “vero” lavoro, rimasto tuttora incompleto, sia un laboratorio particolarmente vivace per le analisi femministe sull'occultamento della centralità della riproduzione nell'economia capitalistica. Si tratta quindi di un volume sul lavoro domestico e di cura, ma anche sulle prospettive del movimento femminista italiano generalmente trascurate nella storiografia (come il femminismo sindacale, la campagna internazionale per il salario contro il lavoro domestico o il ruolo delle donne nelle associazioni cattoliche) e sui fenomeni sociali trascurati dallo stesso movimento femminista italiano (come la femminilizzazione delle migrazioni internazionali). Ragionare sulle mancate alleanze del passato, le criticità e i punti di forza sia delle forme di organizzazione delle lavoratrici domestiche salariate sia dei discorsi e delle pratiche femministe sul rapporto tra produzione e riproduzione, può aiutarci a comprendere come riconnettere nel presente la questione politica del lavoro domestico
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Welfare e trasformazioni del lavoro
15.00
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RGL N. 3/2019
38.00
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L’ufficiale e il comunista
12.00
€
La vicenda di Francesco e Peppino Capobianco – padre e figlio, l’ufficiale e il comunista – è emblematica di quel conflitto generazionale che segnò il complesso passaggio dal fascismo alla Repubblica, per divenire poi uno dei tratti peculiari e costanti di gran parte della seconda metà del secolo scorso. Gaeta, splendida città della riviera di Ulisse, appena assegnata per diretto volere del duce Benito Mussolini alla provincia di Roma dopo la soppressione di Terra di Lavoro nel 1927, ne è la principale cornice. La città, dopo aver perduto il ruolo di fortezza del Regno meridionale, attraverso trasformazioni urbanistiche, l’insediamento di una grande vetreria, il rilancio delle attività portuali e la costruzione della città giardino di Serapo, tenta in quegli anni la strada di un nuovo sviluppo fondato sulle risorse del territorio. Ma lungo il faticoso percorso incontra la guerra e la spietata occupazione tedesca che si scatena contro i militari italiani e la popolazione civile in un punto strategico della linea Gustav dopo l’8 settembre 1943. Qui Francesco Capobianco – un ufficiale del Regio esercito, pluridecorato della Grande Guerra, che sceglie a rischio della vita di rimanere fedele al Re – e il figlio Peppino – studente eccellente dall’animo generoso e sensibile – vivono il calvario patito dalla popolazione di Gaeta dopo l’Armistizio; i due riescono a salvarsi con una fortunosa fuga via mare il 17 marzo del 1944, dopo mesi trascorsi sulle montagne tra rifugi di fortuna e inaudite sofferenze. Un’esperienza dura e traumatica che accrescerà la stima reciproca tra padre e figlio ma, al tempo stesso, creerà le premesse di un lungo e doloroso conflitto familiare. Entrambi, infatti, vivranno con estremo rigore, coerenza e determinazione le opposte scelte di vita e i diversi modi di concepire la società nell’Italia liberata.
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Bilateralità tra welfare e nuovi modelli contrattuali
13.00
€
Nel presente testo sono riuniti gli atti del seminario Bilateralità tra welfare e modelli contrattuali che si è svolto a Roma il 22 maggio 2018. Si tratta del più recente del ciclo di eventi che la Cgil nazionale, in collaborazione con la Fondazione Giuseppe Di Vittorio, ha voluto dedicare all’approfondimento dei diversi aspetti che caratterizzano la bilateralità, con lo scopo di evidenziarne la pluralità di sfaccettature e di punti di osservazione e per cercare di leggerne, prospetticamente, lo sviluppo. Al seminario hanno partecipato, in qualità di relatori, esperti provenienti dal mondo della ricerca e della formazione, dirigenti sindacali, segretari generali di alcune importanti categorie, segretari confederali, segretari di altre sigle sindacali e rappresentanti delle parti datoriali. I temi affrontati sono stati: il futuro della bilateralità fra norma contrattuale e norma legislativa, il fenomeno del welfare contrattuale e i fondi sanitari, l’analisi delle prestazioni degli Enti bilaterali. L’evento è stato occasione per approfondire le dimensioni politiche, organizzative e formative connesse a tali tematiche, e si è dimostrato uno spazio discorsivo e di elaborazione utile a sviluppare confronto, orientamenti condivisi e apprendimento.
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Neosocialismo
16.00
€
Sono tre le date che hanno segnato i giorni che stiamo vivendo: dicembre 1989 che decreta il collasso definitivo del socialismo sovietico; agosto 2007 che, con il fallimento della Lehman Brothers, dà avvio alla più grande crisi del capitalismo dell’Occidente; 4 marzo 2018 che segna la più micidiale sconfitta della sinistra italiana nel dopoguerra. Il presente, in Italia e nel mondo, è tuttora dominato dagli effetti disordinanti di questi avvenimenti e l’accumulo di disordine sembra quasi inibire oggi, specie a sinistra, una visione razionale della politica. In tale disordine la destra ha un gioco più facile: l’America first sembra diventato lo scudo dietro cui si nasconde la destra di ogni angolo del mondo. Allo spazio chiuso della destra, la sinistra può rispondere solo con un’idea di spazio aperto ma governabile, che per la sinistra italiana può essere oggi solo lo spazio europeo, uno spazio politico in gran parte da conquistare. Ma questo è possibile solo reinterpretando la crisi innescata dal fallimento della Lehman come dinamica trasformativa dettata dalla rivoluzione informatica, che distorce, confonde e persino acceca la capacità di lettura delle contraddizioni che pure il suo avanzare continuamente produce. Per questo è sommamente necessario un «riarmo teorico» della sinistra sociale e politica. Pena lasciare il campo, nell’acqua sporca della crisi, a giullari e avventurieri di ogni risma. Questo lavoro è dedicato all’analisi della nuova «marca» di capitalismo e ha il suo ancoraggio nel Marx del capitolo dei Grundrisse sulle macchine, nella sua straordinaria e profetica attualità, e nel Gramsci di Americanismo e fordismo, oltre che nell’esperienza di dirigente sindacale e politico del suo autore.
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Il lavoro è dignità
16.00
€
Qualcuno lo chiama «il Papa sindacalista», qualcuno dice che è «il leader della sinistra globale», ma la vera ispirazione di Francesco è il Vangelo. È da questa prospettiva che Francesco guarda ai problemi sociali di oggi, alle vittime della cultura dello scarto e di un’economia che uccide, ai giovani abbandonati alla precarietà, agli anziani trattenuti troppo a lungo al lavoro per pagarsi una pensione spesso non dignitosa, ai migranti che rischiano la vita per trovare un luogo in cui costruire un avvenire per sé e le proprie famiglie e faticano a trovare accoglienza. Francesco ama la concretezza e non ha paura di misurarsi con il conflitto sociale, che ci invita ad assumere. Per questo, quando parla di impresa, investimenti e finanza, non usa giri di parole, anche quando deve andare contro il pensiero dominante. E nella concretezza delle iniziative di solidarietà e di auto-organizzazione di chi sta ai margini sa riconoscere i semi di un’alternativa che sta già germogliando. In questo libro padre Giacomo Costa e Paolo Foglizzo raccolgono e commentano gli interventi più significativi del Papa sul tema del lavoro: ci viene offerto un quadro di riferimento adeguato alla realtà contemporanea, in cui collocare la nostra riflessione sul lavoro e la nostra azione a favore delle donne e degli uomini che lavorano. Come Papa Francesco stesso ha detto, «il nostro dovere è lavorare per rendere questo mondo un posto migliore e lottare».
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Gli spaesati
16.00
€
I terremoti del centro Italia del 24 agosto e del 30 ottobre 2016, insieme a quello del 18 gennaio 2017, hanno devastato e cambiato per sempre uno dei cuori del nostro paese, quella geografia fatta di piccoli centri di montagna tra l’Umbria, il Lazio, le Marche e l’Abruzzo, alcuni dei quali completamente distrutti. Uno scrittore e un fotografo raccontano il loro viaggio durato otto mesi dentro il Cratere. Lo fanno rinnovando la pratica del reportage, che in Italia ha prodotto libri indimenticabili, a cominciare da Un paese di Cesare Zavattini e Paul Strand. Angelo Ferracuti e Giovanni Marrozzini attraversano le zone rosse, dove tutto improvvisamente è cambiato nella vita di intere comunità che per secoli hanno vissuto in simbiosi con la natura. Ma raggiungono anche le frazioni più remote, si spingono dentro il cuore della montagna attraversando luoghi di rara bellezza. Raccontano i paesaggi feriti, le strade abbandonate, le comunità provvisorie fatte da chi è rimasto e cerca di sviluppare strategie di sopravvivenza per non arrendersi alla malora. Lo fanno in modo naturale usando al minimo i mezzi espressivi. Ne viene fuori un racconto onesto nell’intersezione tra parola e immagine, dove la condizione umana vive un profondo spaesamento, tra esodi nelle strutture alberghiere della riviera adriatica e forme di resistenza. Un’epica minore nelle vite di Evaristo, che ha spostato le sue capre a valle, Daniele Testa, agricoltore e allevatore nella piana di Castelluccio di Norcia, il Cesetti, abile raccontatore delle macerie di Amatrice, il vecchio pastore Ezio Pierantozzi che abita in una roulotte a Nottoria, Francesca Leli, la pastora di Mascioni, il monaco Tadeusz Wrona, che vive solo nell’eremo di San Fiorenzo, incastonato dentro la montagna, l’uomo più vicino alla faglia. Un’Italia nascosta e più vera, cuore antico della nazione, che prima del terremoto sembrava non esistere.
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RPS N. 2/2017
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