• Questo scritto si occupa dei livelli della contrattazioneche determinano il grado di centralizzazione del nostro sistema di relazioni industriali. Si analizzano i passaggi più rilevanti dall’accordo del 1993 a quello del 22 gennaio 2009. Si sottolinea l’opportunità di una maggiore distinzione fra tutela di base (1° livello) e tutela successiva (2° livello).
  • Dopo 15 anni la necessità di un aggiornamento delle regole di contrattazione appare necessaria, ma non può prescindere dal contesto economico in cui la crisi sta dilagando. L’Accordo quadro del 22 gennaio 2009 non mantiene quello stesso spirito “ciampiano” del 1993 e comporta un peggioramento del potere d’acquisto nei Contratti nazionali e della stessa contrattazione. Ma, soprattutto, l’Accordo “separato” rinuncia anche ad una effettiva estensione e qualificazione della contrattazione decentrata, quando proprio la crescita della produttività e la redistribuzione avrebbero dovuto ra
  • Una disamina del rinnovato impegno col quale la CGIL ha posto la formazione sidnacale al centro del proprio progetto di reinsediamento sociale.
  • Una ricognizione delle politiche contrattuali in Europa, nel segno di una pressocché generalizzata tendenza alla moderazione salariale.
  • Il Segreteriio Generale della CGIL presenta il significato che la confederazione intende attribuire al "Progetto Ventimila", per la messa in formazione dei nuovi quadri intermedi, nella prospettiva di un nuovo insediamento sociale del sindacato.
  • Una disamina degli effetti dell’Accordo Quadro separato su due temi fondamentali riguardanti le relazioni industriali: il modello contrattuale e la salvaguardia del potere d’acquisto dei salari. Su entrambi i fronti l’Accordo Quadro disattende le aspettative e lascia nodi irrisolti.
  • Nel programma di lavoro che ha preparato la Conferenza di organizzazione della Cgil, lo Spi ha voluto inserire un momento di riflessione intorno ad alcuni nodi teorici e strategici, organizzando un confronto sul tema Democrazia e rappresentanza sociale nell’era post-ideologica. È un titolo piuttosto ambizioso e impegnativo. Ma credo che sia giusto il proposito di gettare uno sguardo oltre il contingente per mettere a fuoco il contesto, storico e culturale, nel quale siamo immersi, e per misurare gli effetti di questo «passaggio d’epoca» che si sta consumando su scala mondiale. ...
  • Storicamente in Europa la rappresentanza sindacale sorge e si struttura a partire da due postulati forti e, a lungo, vissuti come non contraddittori e autoevidenti. Il primo è quello di una naturale, ovvia, strutturale dicotomia di interessi economici e sociali tra imprenditori e lavoratori. La componente, per così dire, conflittuale e marxista della rappresentanza. Il secondo è che nel vivo dei conflitti concreti tra datori di lavoro e prestatori d’opera la contrapposizione tra capitale e lavoro possa e debba trovare un punto di com- promesso e di formalizzazione. ...
  • Il tema del rapporto tra rappresentanza degli interessi e rappresentanza politica, o più semplicemente tra sindacato e politica, è sempre stato di quelli che suscitano una certa irritazione1, salvo che nei momenti in cui tutto appare chiaro e consolidato, o per coloro che nutrono incrollabili certezze. E ciò sia tra quanti auspicano che il sindacato si limiti a fare il «suo mestiere», e che quindi non abbia a immischiarsi nella politica, sia tra quanti ritengono che il «mestiere del sindacato» non possa non avere anche un risvolto, una rilevanza politici – sul cui significato peraltro...
  • Parlare di «democrazia e rappresentanza sociale nell’era post-ideologica» richiede prima di tutto un chiarimento su un termine evocativo ma carico di ambiguità, quale «era post-ideologica», in secondo luogo richiede di interrogarsi sul significato che, in quell’era, democrazia e rappresentanza sociale possono avere o hanno già avuto: nel primo caso si tratterà di immaginare un futuro, nel secondo cercare di descrivere una realtà vicina, ma già trascorsa. Il compito – come si vede – è impegnativo, e induce a procedere per approssimazioni successive.
  • Negli ultimi anni si è assistito a una ripresa del dibattito sulla democrazia. Si tratta di un problema affrontato da diverse angolazioni, ma che vede nella concezione della cittadinanza e della rappresentanza sociale un punto di snodo particolarmente delicato. Qual è il ruolo dei cittadini nelle democrazie mature? A questo interrogativo gli scienziati sociali tendono a dare risposte differenti, che colgono aspetti parziali e talvolta contraddittori dei mutamenti in atto. C’è, ad esempio, chi intravede una crisi tendenziale della cittadinanza democratica. ...
  • Penso che le questioni della rappresentanza sociale e politica siano da sottrarre a un dibattito che vede contrapposte, l’un contro l’altra armate, le due posizioni di chi sostiene che ormai viviamo in un’epoca post-ideologica e di chi, viceversa, ritiene che il tema del lavoro e della sua rappresentanza sia tutt’ora da declinare dentro i recinti istituzionali tradizionali. Sono convinto che esista un terreno intermedio che ci consenta, nel medesimo tempo, di prendere atto del salto di paradigma rappresentato dalla globalizzazione e, nel contempo, di uscire dalle secche «dell’ideologia...